Che ne è dell’Artsakh? Una serata a Breganzona sull’agonia dell’Artsakh, da cuore della civiltà armena, a terra desolata – Il link per la diretta (Korazym 23.11.23)
Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.11.2023 – Vik van Brantegem] – Come abbiamo annunciato, oggi una serata a Breganzona nella Svizzera italiana punta i riflettori sul dramma degli Armeni sfollati con la forza dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh e dimenticati da quasi tutti – dimenticato l’Ucraine, distratti con Gaza e con gli occhi puntati sull’omicidio di Giulia – che le forze armate azere hanno soggiogato completamente il 19-20 settembre scorso, prendendo il controllo di un territorio che sulla carta, per diritto internazionale, dovrebbe stare nei confini azeri, alla faccia del diritto all’ autodeterminazione della popolazione di etnia armena che dall’inizio degli anni ‘90 si era autogovernata in quella regione, sfollata oggi con la forza da quella che per gli Armeni è il cuore della loro ultra millenaria civiltà.
NAGORNO-KARABAKH, LEGA: INTERROGAZIONE SU RISPETTO DIRITTI CIVILI ARMENI IN FUGA
(9Colonne) Roma, 23 nov – “Le tensioni politiche che sono scoppiate nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, territorialmente appartenente allo Stato dell’Azerbajgian ma storicamente popolata in prevalenza da Armeni, sono sfociate in un conflitto che ha generato sangue e violenze ai danni dei civili. Oltre 120mila Armeni sono stati costretti ad abbandonare la loro terra ancestrale, rifugiandosi nella vicina Repubblica di Armenia, temendo azioni di pulizia etnica. I diritti democratici e civili di questa popolazione sono evidentemente in pericolo. Per questo motivo abbiamo presentato un’interrogazione al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, al fine di sapere quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per garantire il rispetto, la tutela e la protezione degli Armeni fuggiti dal territorio del Nagorno-Karabakh”.
Lo dichiarano i deputati della Lega, Erik Pretto, Dimitri Coin, Paolo Formentini e Simone Billi, firmatari dell’interrogazione, e Giulio Centemero, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare di Amicizia Italia-Armenia.
Del dramma degli Armeni dell’Artsakh si parlerà stasera a Breganzona in Svizzera e per chi non potrà partecipare è stata predisposta una trasmissione in diretta su YouTube, dove il video resterà disponibile anche successivamente [QUI].
Cos’è la pace vera, in mezzo a tutte queste guerre? Cosa vogliono dire i 2500 anni di storia armena dell’Artsakh per tutti noi? “L’Artsakh fu crocifisso come Cristo. Nulla succede per caso. Artsakh risorgerà come Cristo”.
Ricordiamo le informazioni aggiornate in riferimento alla conferenza organizzata dall’associazione “Germoglio”, dedicata all’Artsakh/Nagorno-Karabakh con video-testimonianze di persone sfollate, che si svolge stasera, giovedì 23 novembre 2023 alle ore 20.15 nell’Aula Magna del Liceo diocesano in via Lucino 79 a Breganzona, Lugano, Svizzera.
Interverranno:
– Padre Derenik, l’ultimo uomo a lasciare l’Artsakh
– Renato Farina, giornalista ed ex-parlamentare
– Teresa Mkhitaryan, Presidente dell’Associazione “Il germoglio”.
Modera la Dott.ssa Ilda Soldini, Istituto di studi italiani dell’Università della Svizzera italiana
I posti sono limitati. Per la partecipazione inviare un messaggio a Teresa Mkhitaryan via email [QUI] o via SMS o WhatsApp al numero +41792007110.
È stata predisposta anche una trasmissione in diretta su YouTube, dove il video resterà disponibile successivamente [QUI].
«Credo fermamente che al mondo ci sono persone per le quali la giustizia è un valore intangibile; credo ci siano Cristiani che credono che con la grazia di Dio, ci sarà la vittoria. Perché il nostro Dio è un Dio vittorioso. La nostra unica speranza è nell’unità, quando siamo uniti, siamo invincibili. Quelle terre sono armene e devono tornare di nuovo ad essere armene. Cristo è Dio vittorioso e ha donato Amore al mondo e quindi amiamoci l’un l’altro. L’Amore vincerà il mondo. E noi Cristiani abbiamo avuto la grazia di ricevere l’Amore in questo mondo. Amiamoci, rispettiamoci e il mondo sarà più bello. E a quel punto noi non piangeremo più di dolore, avremo lacrime di gioia» (Padre Derenik).
Non c’è libertà senza giustizia. Non c’è giustizia senza libertà (Padre Derenik – Korazym.org, 6 novembre 2023 [QUI]).
Nel contempo, tra oggi e domani, il governo dell’Azerbajgian organizza nell’exclave Nakhichivan – nell’ambito dell’attenzione dichiarata dal Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, al territorio armeno dopo la pulizia etnica dell’Artsakh – un festival Il ritorno all’Azerbajgian occidentale e un congresso La via per il ritorno all’Azerbajgian occidentale“, con musica, arte, cucina “Iravan” e mappe che affermare che tutta Armenia è Azerbajgian.
Un intervista con Renato Farina, uno dei relatori stasera a Breganzona, pubblicato ieri 22 novembre 2023 dal sito svizzero Il Federalista
Renato Farina da due decenni si preoccupa della sorte di quell’angolo del Caucaso meridionale dimenticato da tutti, tanto che recentemente per il suo impegno è stato insignito dalla Repubblica di Armenia della “Medaglia della Gratitudine”.
Renato Farina, qual è oggi la situazione nella regione del Nagorno-Karabakh, vi abitano ancora persone di etnia armena e come vivono?
A me risulta siano ormai rimaste meno di dieci persone dei 120mila presenti prima dell’ultima avanzata azera! Vivere nella regione è divenuto impossibile. L’insistenza con cui, sia da parte del Presidente azero Aliyev sia del suo alleato Erdoğan, si ripetevano proclami minacciosi nei loro confronti non potevano lasciarli tranquilli. Anche durante l’esodo sono stati sottoposti ad angherie di ogni genere. Vi sono documenti e filmati che raccontano le violenze subite dagli Armeni del Nagorno-Karabakh negli scorsi mesi: durante l’incontro pubblico cercheremo di mostrarne alcuni.
Non vi erano proprio le condizioni per una loro permanenza all’interno dello Stato azero?
La condizione è quella di chi ha memoria dello sterminio subito da nonni e padri per mano ottomana e si trova di fronte a chi nega che tale genocidio sia mai avvenuto. Questa, da sola, è una motivazione sufficiente per non voler rimanere in quelle mani. Nel caso odierno non sarà sterminio, ma il diritto internazionale e la storiografia codificano come genocidio anche l’occasione in cui un popolo è estirpato dalla sua terra. Un fatto che io ritengo ampiamente documentato, da diplomatici indipendenti e dalle testimonianze credibili di chi ha perso tutto e si è dovuto portar via anche le ossa dei propri cari. Non bisogna dimenticare infatti che vi è il precedente dell’exclave azera di Naxçıvan (che si trova tra l’Armenia, l’Iran e la Turchia) dove la presenza della plurimillenaria civiltà armena fu cancellata completamente, persino distruggendo i cimiteri. Purtroppo è un tipo di cancellazione della memoria che potrebbe ripetersi anche ora in Artsakh. Gli armeni non potevano pensare di restare, vi sono testimonianze che riportano di spari sui bambini, decapitazioni di soldati dopo la resa, arresti delle persone legate allo “Stato terrorista” del Artsakh (come lo chiamano gli Azeri).
Un conflitto figlio di una situazione creata nell’era sovietica, vero?
Tra il ’21 e il ’23 Stalin fu delegato dai leader dell’Unione Sovietica a disegnare i confini politici di quelle zone. E, temo per odio verso gli Armeni, incluse nell’Azerbajgian la regione che da millenni apparteneva loro ed era il cuore della civiltà armena. Credo che vi fosse anche l’intenzione di creare dinamiche di conflitto, in una logica del divide et impera. Questa situazione si è rivelata naturalmente un problema al disfacimento dell’Unione Sovietica, quando le rivendicazioni nazionaliste da parte azera hanno portato a stermini di Armeni nelle zone controllate dagli Azeri, cui hanno risposto con altrettante crudeltà e stermini gli Armeni. La regione dell’Artsakh, per più del 90% armena, ha cercato di seguire le strade consentite dalla legislazione sovietica per dichiararsi repubblica autonoma e poi indipendente. Attorno a ciò si è consumata una guerra crudelissima. Spinta da uno spirito irredentista e di difesa dell’identità, l’Armenia ha inizialmente prevalso sugli Azeri.
A quel punto, giunti alla tregua nel 1994, l’Armenia non ha provato a risolvere diplomaticamente la questione?
Sì, per trent’anni si è discusso a Minsk, senza esito. Di fatto l’Armenia ha occupato anche una parte di territorio storicamente azero, il Corridoio di Lachin, per garantire una fascia di sicurezza e di rifornimenti all’Artsakh. Repubblica che peraltro non è mai stata riconosciuta dalla stessa Armenia, proprio in considerazione di questa conferenza di Minsk che avrebbe dovuto porre termine alla contesa.
Dunque la situazione è rimasta sospesa finché, negli ultimi anni, con l’Azerbajgian arricchitosi grazie agli idrocarburi, le cose si sono ribaltate?
Sì, decisiva è stata la guerra del 2020, dove la Russia che pure aveva un contratto di “difesa obbligatoria” con l’Armenia, non è intervenuta, salvo dopo dopo 44 giorni a massacri già avvenuti, dando un segnale al governo armeno di Pashinyan ritenuto da Mosca troppo vicino all’Occidente. Dopo di che, nonostante un accordo tra Putin, Pashinyan e Aliyev, le cose sono precipitate con l’Azerbajgian che nell’indifferenza delle truppe russe ha stretto un laccio intorno al collo della popolazione della Artsakh bloccando l’afflusso di merci, medicinali e dell’assistenza medica.
Adesso è ancora aperto il capitolo a sud dove l’Armenia taglia in due l’Azerbajgian (exclave di Naxçıvan, un unico minuscolo lembo di terra cristiana che si frappone al sogno imperialista del rais turco Erdogan di collegare tutte le popolazioni di etnia turca in Asia)?
La disputa è aperta. Il governo armeno, ha rinunciato all’Artsakh, riconoscendo la sovranità azera, sperando in cambio in una definizione certa dei confini attuali a sud. Il problema è che per ora Baku, a parte mezze promesse, sta temporeggiando e continua a condurre piccole provocazioni e occupazioni in villaggi in territorio armeno.
Una parola sulle responsabilità dei Paesi dell’Occidente: cosa non hanno fatto, cosa avrebbero potuto fare?
I Paesi occidentali hanno adottato un doppio standard. Hanno stabilito che la Russia è “cattiva” – con buone ragioni –, ma poi chiudono più di un occhio sull’Azerbajgian. Si pensi che il mio Paese, l’Italia, nel gennaio di quest’anno, in pieno assedio disumano di Stepanakert (capitale dell’Artsakh), ha sottoscritto un accordo militare anche per la fornitura di armi all’Azerbajgian (per altro, credo, in violazione alla legge italiana). Ci sono stati pronunciamenti delle corti internazionali, di ONU e Unione Europea, che condannavano gli atteggiamenti azeri, ma nessuno ha mosso un dito.
Capitolo gas: l’Europa sta già limitando il ricorso ai giacimenti russi, può privarsi di quelli azeri?
E invece sta emergendo, secondo ciò che testimoniano i dissidenti azeri, che buona parte del gas venduto da Baku all’Europa in questo momento viene dalla Russia. Perché lo fanno? Conservano il loro gas per il futuro e intanto lucrano su quello russo. L’Azerbajgian ha firmato un trattato di collaborazione stretta sulle materie prime con la Russia a pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina. Si fa finta di non vedere. Perlomeno la Svizzera, al contrario dell’Italia, ha firmato con USA e Regno Unito (ma solo 33 Stati in tutto), un documento in sede ONU in cui si chiede vigilanza su ciò che avviene in Azerbajgian.
Un punticino a favore del nostro Paese dunque, anche se, come documentato dal Federalista in una passata edizione [QUI] https://ilfederalista.ch/nuova-fiscalita-solite-legnate-alle-famiglie-e-ai-cantoni, l’economia svizzera continua a intrattenere vistosi rapporti di convenienza con Baku (leggi SOCAR), senza che Berna batta ciglio.
«Non riesco ancora a capire perché il ponte aereo dell’Unione Europea possa volare verso Gaza o l’Afghanistan ma non poteva farlo verso il Nagorno-Karabakh per fornire aiuti umanitari agli Armeni affamati nel periodo luglio-settembre 2023. L’Unione Europea ha pensato che i Talebani, Hamas, il governo israeliano non l’avrebbero preso di mira, ma il governo dell’Azerbajgian lo avrebbe fatto?» (Sossi Tatikyan).
«Gli Azeri diffondono un video di Stepanakert e dicono che la città svuotata dei suoi abitanti è molto bella! Comunque lì vedo ancora lettere armene. Tuttavia non potrete amare quella città quanto faccio io» (Marut Vanyan).
«Celebrare il “ritorno” in una città in un video che non mostra una sola persona, con gli edifici vuoti sottoposti a pulizia etnica dei loro abitanti. Questo è davvero l’Azerbajgian» (Neil Hauer).
Sfida del ringraziamento. Simon Maghakyan & Scout Tufankjian for Displaced Artsakh Journalists raccolgono donazioni per i giornalisti freelance rifugiati che hanno perso tutto in seguito all’invasione dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian il 19-20 settembre 2023. Informazioni e link per la donazione [QUI].
«L’azero İCTİMAİ, a cui piace rubare i miei video e i miei servizi in esclusiva, ha pubblicato (3 settimane fa) un’altra esclusiva da Stepanakert. La ♰ è ancora lì, ma non riesco a vedere i piccioni. Se ne sono andati anche di loro “spontanea volontà”. Probabilmente non volevano essere strizzati» (Marut Vanyan).
«Piccioni sul sagrato della chiesa di Stepanakert» (Marut Vanyan).
«Onestamente, non riuscivo a capire perché gli Armeni della diaspora parlassero così tanto della loro casa perduta. Non potevo sentirlo, affinché non ho perso anche io la mia casa. “Sento il mal di denti”. “Due persone non possono sentire lo stesso dolore”. Vivere da qualche parte per secoli e perdere tutto in un giorno…» (Marut Vanyan).
Nel tentativo di mettere a tacere Abzas Media, un tribunale distrettuale di Baku ha deciso di detenere per 4 mesi il suo Caporedattore Sevinj Vagifggizi con l’accusa di trasferimento illegale di denaro. Rischia fino a 8 anni di carcere. Women In Journalism, dandone la notizia, condanna la detenzione ingiusta e chiede il suo rilascio immediato.
La polizia azera ha arrestato il Caporedattore di Abzas Media, Sevinj Vagifgizi nelle prime ore di martedì al suo ritorno in Azerbajgian da Brussel, mentre Mahammad Kekalov, attivista per i diritti dei disabili e stilista di moda adattiva che ha lavorato con Abzas Media, è stato arrestato lunedì.
L’arresto di Vagifgizi è avvenuto il giorno dopo che la polizia ha fatto irruzione negli uffici di Abzas Media e arrestato il loro direttore, Ulvi Hasanli.
Martedì sera, Hasanli e Vagifgizi sono stati condannati a quattro mesi di custodia cautelare da un tribunale di Baku con l’accusa di contrabbando di valuta estera in Azerbajgian. Se giudicati colpevoli rischiano fino a otto anni di carcere. Entrambi i giornalisti negano le accuse e sostengono che i loro arresti riguardano il loro lavoro giornalistico.
Islam Shikhali, un giornalista azerbajgiano, ha detto a OC Media che Vagifgizi è stata arrestata intorno alle ore 03:30 di martedì mattina a casa sua a Baku e che la polizia ha perquisito la sua casa.
Sia Hasanli che Vagifgizi sono stati accusati di contrabbando come parte di un gruppo organizzato, dopo che la polizia avrebbe trovato 44.000 dollari durante un’irruzione negli uffici di Abzas Media. Il quotidiano ha accusato le autorità di aver depositato il denaro per falsificare le accuse contro Hasanli.
Abzas Media è noto per i suoi rapporti investigativi, anche sugli affari della famiglia Aliyev, nonché sulla presunta corruzione nei programmi di ricostruzione intrapresi nel Nagorno-Karabakh dal 2020.
Secondo quanto riferito, Mahammad Kekalov è stato arrestato nella sua abitazione da agenti di polizia in borghese, che hanno confiscato i suoi effetti personali, compreso il computer. Il suo avvocato, Rovshana Rahimli, ha detto martedì a OC Media che non sapeva ancora perché e nemmeno dove fosse detenuto. “Ho presentato domanda a diverse agenzie statali, al capo del dipartimento della polizia della città di Baku, all’ufficio del Commissario per i diritti umani e ad altre istituzioni”, ha affermato. “L’ufficio del Commissario per i diritti umani ha detto che avrebbero svolto le opportune indagini e ci avrebbero ricontattato”.
La repressione di Abzas Media ha attirato critiche da parte di giornalisti e attivisti in Azerbajgian, alcuni dei quali l’hanno vista come uno “spettacolo teatrale” e un’estensione dell’attacco di Baku alla libertà di parola e di stampa. La giornalista investigativa Khadija Ismayil ha sostenuto che gli arresti erano una “assurdità legale” e una “manifestazione della debolezza della leadership del Paese”. “Il governo, come sempre, si è spalmato in faccia la propria bruttezza; non potevano fare nulla, né essere onesti né tollerare la verità quando la loro disonestà veniva smascherata”, ha detto. “Due giovani giornalisti hanno sconvolto l’esercito di funzionari corrotti, compreso il Presidente”.
Più tardi martedì, un gruppo di giornalisti e attivisti Azeri ha rilasciato una dichiarazione congiunta in cui condanna l’arresto del caporedattore e direttore di Abzas Media come parte della “repressione implacabile” della libertà di parola di Baku. «La repressione di Abzas Media […] è un’espressione dell’atteggiamento brutale del sistema politico nei confronti della stampa libera. Riteniamo che la responsabilità di tutte queste repressioni spetti al Presidente Ilham Aliyev, che ha affermato inequivocabilmente che “i media sono liberi” in Azerbajgian in occasione di eventi internazionali.
Anche diverse organizzazioni internazionali hanno condannato gli arresti e hanno chiesto il rilascio di Hasanli e dei suoi colleghi, tra cui Amnesty International, Reporter Senza Frontiere, il Comitato per la Protezione dei Giornalisti e l’Istituto Internazionale della Stampa (Fonte: OC Media).