Charles Aznavour incanta Roma (Messinawebtv 23.07.17)
Le passioni si seguono, spesso si inseguono, non sempre si appagano e quelle che sono state stemperate dal tempo, di certo, non erano grandi passioni.
Ma quelle che ci portiamo dentro e custodiamo come gioielli, vivono con noi, invecchiano con noi e segnano il percorso che chiamiamo vita.
E’ questa la passione che ha richiamato tanto pubblico da tutta Italia all’Auditorium della Musica di Roma per ascoltare Charles Aznavour nel primo dei tre concerti che effettuerà in Italia.
Le prossime tappe lo porteranno, eterno viaggiatore, a Cagliari il 18 agosto e a Milano il 13 novembre, al Teatro degli Arcimboldi.
Settantanni di carriera e novantatre di vita, un romanzo difficile da immaginare anche per il più prolifico degli scrittori. Un artista immenso che ha spaziato dal mondo della musica, scrivendo ed interpretando canzoni indimenticabili a quello del cinema. Truffaut, Chabrol, Lelouch sono alcuni dei registi che lo hanno scelto e diretto. Un artista che non teme di mostrare, anzi condivide con il pubblico, ammettendole apertamente, le fragilità dell’età avanzata.
La voce meno possente, la memoria che va aiutata dal “gobbo”, ma nulla intacca la sua presenza in scena. Scordatevi il concerto d’addio. Aznavour entra in scena, con l’esperienza di un “mostro sacro” e la passione di un debuttante. È lui “Le Cabotin” l’Istrione “cui la scena da’ la giusta dimensione”; bastano le prima note di questa canzone per far partire un’ovazione di applausi.
Il testo scritto da Aznavour nel 1968 (la musica di George Garvarentez) oggi appare come una straordinaria testimonianza della sua vita di artista. Animato dal sacro fuoco dell’arte, si proietta in quell’abisso buio che è la scena, per rivivere il “sogno sempre uguale”.
Istrione, ma non saltimbanco nella vita, oggi ancora di più può dirlo forte:“Non e’ per vanità, quel che valgo lo so’ e ad essere sincero solo un vero istrione e’ grande come me. Ed io ne sono fiero”. Grande anche Giorgio Calabrese, ricordato da Aznavour, che nel 1970 ha tradotto per il mercato italiano questo successo.
Il concerto ha avuto inizio con la canzone “Les migrantes”, che tocca un tema caro ad Aznavour, di origine armena e da sempre attivo nella protezione della comunità caucasica, vittima di diversi genocidi. Il messaggio “Avec leurs mains, iIls ont travaillé pour demain” (con le loro mani, hanno lavorato per il domani) supera le domande “ da dove provengono, come rimangono” per lasciarne altre aperte: “cosa hanno temuto, cosa hanno mangiato, cosa hanno sofferto”.
Di seguito Morire d’amore, La vie est faite de hasard (2011 album Toujours) e dopo Paris au mois d’août, Devi sapere (Il faut savoir) e Je voyage (2003 omonimo album), Sa jeunesse, Lei, Désormais Mon ami, mon Judas” hanno preparato la strada a brani immortali quali: l’istrione, Ave Maria, Ieri sì (Hier encore).
La musica di Aznavour trasporta in un mondo di “Plaisirs démodés”, il ritmo zigano di “Les deux guitars” coinvolge il pubblico, infine, la Bohème, Com’è triste Venezia e Emmenez-moi concludono il programma, interpretato senza interruzioni.
Forse troppo classico o déjà vu? Assolutamente no, meno che mai per chi, ha potuto assistere ad una lezione di vita e d’arte e, in piedi, ha tributato scroscianti applausi a questo Artista vero.
Chapeau, Monsieur Aznavour e … arrivederci.