Centodecimo giorno del #ArtsakhBlockade. “Integrazione” dell’Artsakh in Azerbajgian = Genocidio. Il mondo deve agire adesso finché non è troppo tardi (Korazym 31.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.03.2023 – Vik van Brantegem] – L’Azerbajgian continuerà con la violazione sistematica dei diritti umani, l’invasione e i pogrom, finché la Commissione Europea (e la comunità internazionale) sostiene questo Stato terrorista, a favore del gas azero in parte riciclato russo, mentre Ursula von der Leyen pretende di raggiungere emissioni nette zero di gas serra, allo scopo di contenere il riscaldamento climatico. Una barzelletta.
Il Presidente del Consiglio regionale dell’Alvernia-Rodano-Alpi, Laurent Wauquiez, in visita in Armenia, ha chiesto misure pratiche per non permettere che vengano trascurate le violazioni del diritto internazionale dell’Azerbajgian in Armenia, Artsakh e nel Corridoio di Lachin. Oggi 31 marzo 2023 ha incontrato a Yerevan il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh, Sergey Ghazaryan. Parlando in una conferenza stampa congiunta, Wauquiez si è descritto come un amico di lunga data dell’Armenia e dell’Artsakh e ha detto di essere scioccato dalla situazione attuale: «Nel 2019 ci siamo incontrati con i rappresentanti dell’Artsakh e abbiamo firmato un accordo di cooperazione tra la mia regione e l’Artsakh. Avevamo adottato una posizione politica nella mia regione per confermare il diritto all’indipendenza dell’Artsakh, il che ha portato a gravi pressioni da parte delle organizzazioni terroristiche pan-turche contro di me e la mia famiglia. Perché sono qui oggi? Perché so bene che tutta l’attenzione internazionale è sull’Ucraina e che in tutto questo c’è il serio pericolo che l’Armenia e l’Artsakh vengano dimenticati. Sono qui per dire che non ti stiamo dimenticando, non sei solo e non dovremmo permettere che le violazioni del diritto internazionale in Armenia, Artsakh e Corridoio di Lachin passino inosservate in silenzio».
Il Presidente del Consiglio regionale dell’Alvernia-Rodano-Alpi ha visitato l’ingresso del Corridoio di Lachin bloccato per mostrare ai suoi connazionali le violazioni del diritto internazionale, che 120.000 persone dall’altra parte sono private dei diritti umani fondamentali: «Ero con il governatore di Syunik nel momento in cui è stato informato che il giorno prima era avvenuta un’avanzata dove ci trovavamo in quel momento [il villaggio di Tegh]. Ho assistito e posso testimoniare sulla violazione del diritto internazionale. Ho anche visto le bandiere azere issate sulle alture situate nelle terre armene. E ho avuto la possibilità di parlare con gli sfollati dell’Artsakh, le cui parole sono state profondamente toccanti. Come politico, è mio dovere agire ed essere in grado di aiutarti».
Wauquiez ha affermato di voler organizzare un convoglio umanitario insieme alle organizzazioni che rappresentano la comunità armena di Francia e cercare di fornire aiuti umanitari all’Artsakh: «Il convoglio sarà organizzato con il sostegno della nostra regione e porterà la bandiera della nostra regione. Si avvicinerà al Corridoio di Lachin e chiederemo il passaggio per l’Artsakh. O il convoglio passerà e avremo un barlume di speranza, oppure il convoglio sarà bloccato e ci darà l’opportunità di presentare la questione davanti alle organizzazioni internazionali ed europee, che ancora una volta si sta violando il diritto internazionale e che le azioni deve essere asssunte».
Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha aggiunto una serie di foto in prima pagina del proprio sito, annacquando le tante foto dei Presidenti Aliyev e Erdogan postate dopo la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020. Ora foto di commando nei nuovi territori occupati, equipaggiamento militare in parata a Baku e altre (Fonte: Nagorno Karabakh Observer).
Il Presidente della Repubblica di Artsakh ha convocato una sessione straordinaria del Consiglio di Sicurezza per discutere questioni relative alla difesa e alla sicurezza sotto l’attuale blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e il recente aumento delle violazioni del cessate il fuoco lungo la linea di contatto con l’Azerbajgian.
Echi delle montagne: anime dell’Artsakh
«(…) A parte qualsiasi lavoro che svolgiamo qui in Artsakh, siamo anche tutti soldati. Che sia un uomo o una donna, non importa; tutto ciò che conta è lavorare insieme per vivere su questa terra. (…) Il mio più grande desiderio in questo mondo è la pace perché è una vergogna per la gente dell’Artsakh vivere così. Dopotutto, dovrebbero essere in grado di raggiungere i loro obiettivi. Le persone che vivono sotto la costante minaccia della guerra sono costantemente stressate psicologicamente. Se c’è la pace, tutto il resto è gestibile, anche se è difficile. Se le persone sanno che ci sarà la pace, si porranno obiettivi diversi. Se ci fosse la pace, potremmo mettere la nostra forza altrove nell’economia. Viviamo in tempi incerti e non siamo sicuri di cosa porterà il domani. Nessuno sa quando scoppierà la guerra. Nell’aprile 2016, mentre tre bambini stavano andando a scuola, un esplosivo ha colpito nelle vicinanze; un bambino è morto e gli altri due sono rimasti feriti. Personalmente, la guerra non si è mai fermata e non c’è pace. L’uomo deve sempre aiutare coloro che lo circondano, essere un uomo buono e aiutare tutti indipendentemente da chi sia l’altra persona. Devi cercare di non essere indifferente agli altri perché l’indifferenza a volte permette al male di crescere» (Leonard Tonyan, Preside della scuola di Chartar, provincia di Martuni dell’Artsakh, 6 aprile 2018 – Citato da Varak Ghazarian).
Il Ministero della Difesa della Repubblica di Azerbajgian ha definito “diffamatoria e ridicola” la recente affermazione del comandante delle forze di terra dell’esercito iraniano, il Generale di Brigata Kioumars Heydari, sulla presenza di “elementi del regime sionista e terroristi siriani” [vale a dire dell’Israele e mercenari jihadisti siriani] nel territorio della Repubblica di Azerbajgian durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020. La dichiarazione del Ministero della Difesa della Repubblica di Azerbajgian: «L’Iran non ha alcuna prova valida di questi elementi dalla regione e un’altra questione è il cambiamento dei confini geopolitici». Una questione che la Repubblica di Azerbajgian ha respinto con forza già in passato, chiedendo prove all’Iran. La Repubblica di Azerbajgian ha anche dichiarato molte volte che non ci sono basi militari straniere nel suo territorio. La dichiarazione del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha proseguito affermando che «per tre decenni, quando una parte del territorio del Paese era occupata dall’Armenia e più di 130 chilometri dei confini dell’Iran e dell’Azerbajgian erano sotto il controllo dell’Armenia, la Repubblica islamica non solo non si è opposto al cambio di confini, ma al contrario, la fratellanza iraniano-armena si rafforzò durante questo periodo. Oggi non è un segreto per nessuno che l’Armenia abbia due principali alleati nel mondo, uno dei quali è la Francia e il secondo è l’Iran. La Repubblica di Azerbajgian sostiene l’integrità territoriale di tutti i Paesi e non interferisce negli affari interni degli Stati. In risposta all’accusa secondo cui l’Azerbajgian avrebbe utilizzato i terroristi dell’ISIS nella guerra patriottica di 44 giorni, vi informiamo che il glorioso esercito dell’Azerbajgian ha liberato da solo le nostre terre dall’occupazione e ha scritto una cronaca trionfante. Questa affermazione non è altro che un’assurda accusa e calunnia. È ironico e risibile che questa accusa sia stata mossa da un alto ufficiale militare di uno Stato che sostiene il terrorismo e il cui nome è noto per aver commesso atti terroristici in diversi Paesi del mondo».
I rapporti tra l’Iran e l’Azerbajgian sono stati estremamente tesi negli ultimi mesi, soprattutto dopo l’attacco armato all’Ambasciata azera a Teheran. Attualmente le relazioni Iran-Azerbajgian sono al punto più basso dai loro 30 anni di storia diplomatica, al punto che ciascuno accusa l’altro di sostenere attività terroristiche. Ciò può avere un importante effetto geopolitico nel Caucaso meridionale. Inoltre, c’è ulteriore tensione in arrivo tra l’Azerbajgian e l’Iran. Il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian: «Oggi, la fratellanza di Iran e Armenia rimane una minaccia per l’intera regione». «Negli ultimi 30 anni, l’Iran ha, infatti, con il suo tacito consenso, chiuso un occhio sull’occupazione armena dei territori azeri negli ultimi 30 anni». «Queste minacce dell’Iran non intimidiranno mai l’Azerbaigian».
Il Ministero degli Esteri di Israele ha reso nota gli argomenti discussi tra il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu e il Ministro degli Esteri azero, Jehun Bayramov, tra cui «la minaccia che l’Iran rappresenta per la stabilità regionale».
Il Ministro degli Esteri di Israele, Eli Cohen, dopo l’incontro con il Ministro degli Esteri azero, Jehun Bayramov, ha dichiarato: «L’apertura dell’Ambasciata azera in Israele è un’ulteriore prova del rafforzamento delle relazioni tra i nostri Paesi. L’Azerbaigian è un Paese musulmano e la sua posizione strategica rende il rapporto tra di noi di grande importanza e grande potenziale. Il Ministro degli Esteri Bayramov e io abbiamo concordato di formare un fronte unito contro l’Iran e di rafforzare la cooperazione bilaterale nei settori dell’economia, della sicurezza, dell’energia e dell’innovazione».
«Con grande dolore e dispiacere, ho ricordato e onorato la memoria delle vittime dell’Olocausto, il più grave crimine contro l’umanità, a Yad Vashem a margine della mia visita ufficiale in Israele. Contro il genocidio, i crimini contro l’umanità, l’intolleranza, il razzismo e la xenofobia» (Jeyhun Bayramov, Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian).
Il livello di ipocrisia qui è così alto da fa stare male. Quest’agenda politica dell’Azerbajgian riguarda il razzismo, la xenofobia, la pulizia etnica, i crimini e l’intolleranza contro gli Armeni, in particolare gli Armeni dell’Artsakh, le minoranze etniche in Azerbajgian, i cittadini azeri che sono contrari al regime autocrate xenofoba criminale genocida della dinastia Aliyev.
«Non c’è una vera opposizione in Azerbajgian. Solo 3-4 persone… Anche quelli che hanno effettivamente trascorso del tempo in prigione, fanno il tifo con tutto il cuore per il genocidio #ArtsakhBlockade del loro regime e la pulizia etnica degli Armeni. È incredibile. Una società con zero senso di empatia» (Nara Matini).
E fa stare male ancora di più, è prendere atto del fatto che è lo Stato di Israele che sostiene questo. Dai Turchi non si aspetta altro, ma dagli Ebrei!
Subito dopo che le forze armate azere sono avanzate di 100-300 metri nel villaggio di Tegh nella regione di Syunik di Armenia e hanno aperto il fuoco sui civili nel Nagorno-Karabakh, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, Jeyhun Bayramov, in visita ufficiale in Palestina dichiara in una conferenza stampa con il Ministro degli Esteri della Palestina, Riyad Al-Maliki: «Ringraziamo la Palestina per il suo sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità del nostro Paese durante il periodo di 30 anni di occupazione militare dei territori azeri. Azerbajgian sta lavorando alla normalizzazione nel periodo post-conflitto, mentre l’Armenia minaccia le intenzioni di pace con la sua retorica aggressiva». Bayramov ha affermato che non c’è alternativa alla normalizzazione e dovrebbe basarsi sul riconoscimento reciproco dei confini internazionali e dell’integrità territoriale.
Ieri 30 marzo 2023, a Baku si è nuovamente protestato contro il governo dell’autocrate Aliyev. La polizia azera ha attaccato i partecipanti alla protesta e diversi manifestanti sono state arrestate e picchiati dalla polizia. I partecipanti hanno chiesto la libertà per i prigionieri politici e le dimissioni di Aliyev. La dinastia Aliyev è al potere da 30 anni. La moglie di Aliyev è il Vicepresidente. I diritti umani vengono violati in Azerbaigian, ci sono prigionieri politici, i cittadini del Paese del petrolio e del gas hanno fame e sete.
«Il 31 marzo è la Giornata del genocidio azero. I massacri perpetrati dagli Armeni nel 1918-20 a Baku, Guba, Chamakhy così come a Shusha e in altre regioni causarono lo sterminio di 100.000 Azeri e l’espulsione di oltre 1 milione di Azeri dalle loro terre natali» (Leyla Abdullayeva, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Francia).
Essere carnefici non è sufficiente per i tirapiedi dell’autocrazia della dinastia Aliyev in Azerbajgian. Si appropriano pure attraverso la menzogna della sofferenza che hanno imposto alle loro vittime e gli attenti lettori che ci seguono lo sanno da tempo. Sempre più ignominiosi.
Abbiamo lo strumento giusto per fare pressione sull’Azerbaigian sul Nagorno-Karabakh | Opinione
di Sam Brownback e Peter Burns [*]
Newsweek, 30 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Dalla guerra del 2020 per il Nagorno-Karabakh, è diventato evidente che l’Azerbajgian è deciso a riconquistare la regione, chiamata anche Artsakh, anche a rischio di sfollare i 120.000 Armeni di etnia indigena che vi abitano.
L’Armenia e l’Azerbajgian si trovano in una posizione strategica all’incrocio tra Iran e Russia, quindi è nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti garantire una soluzione soddisfacente a questo conflitto. È anche in linea con il nostro impegno nazionale per la promozione della libertà religiosa garantire che le minoranze religiose in pericolo ricevano protezione.
Per fortuna, gli Stati Uniti hanno forti relazioni sia con l’Armenia che con l’Azerbajgian e abbiamo uno strumento nella rinuncia alla Sezione 907 per fare pressione sull’Azerbajgian affinché interrompa il suo comportamento aggressivo. Questo consente al Presidente di rinunciare a una legge che blocca gli aiuti statunitensi all’Azerbajgian. Ciò offre anche l’opportunità di invitare l’Armenia a rivalutare le sue relazioni con la Russia e l’Iran.
L’Azerbajgian basa la sua rivendicazione sul Karabakh sui confini tracciati dal dittatore Josef Stalin nei primi giorni dell’Unione Sovietica. In generale, la comunità internazionale non ha confutato tale affermazione, sebbene ci siano ragioni per pensare che Stalin abbia collocato questa enclave di montagna armena all’interno dell’Azerbajgian per indebolire entrambi gli Stati e tenerli legati all’Unione Sovietica. Dopo il crollo dell’URSS, l’Armenia e l’Azerbajgian hanno combattuto per il Karabakh e l’Armenia ha ottenuto una vittoria limitata, in quello che alla fine è diventato un conflitto congelato. L’Azerbajgian non ha fatto mistero di voler riprendere il controllo dell’area, aumentando negli ultimi anni la pressione sugli abitanti.
L’attuale blocco azerbajgiano del Corridoio di Lachin, l’unica strada per il commercio dentro e fuori il Karabakh, ha creato difficoltà insopportabili per gli Armeni etnici che vi abitano. Il cibo e le medicine stanno finendo e le interruzioni nel flusso di gas naturale sono state attribuite all’Azerbajgian. Per ospedali e anziani la situazione è critica.
La pulizia degli Armeni etnici dall’Azerbajgian non è senza precedenti. In vista della prima guerra del Nagorno-Karabakh, gli Armeni furono cacciati dal resto dell’Azerbajgian, con un’analoga eradicazione degli Azeri dall’Armenia avvenuta nello stesso momento.
Alla pressione sull’attuale blocco, la risposta delle autorità azere è di eludere la responsabilità, incolpando i manifestanti ambientalisti organizzati organicamente e le forze di mantenimento della pace russe per la chiusura della strada. Queste scuse non sono molto convincenti in quanto il governo ha ordinato agli Azeri di non entrare nei territori contesi senza aver ottenuto un permesso per farlo. Alcuni trasgressori sono stati arrestati. Le proteste sembrano arrivare con l’approvazione del governo e con i manifestanti che arrivano su autobus charter.
L’Azerbaigian ha anche firmato un importante trattato con la Russia alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina. Il Presidente Ilham Aliyev l’ha definita una piena alleanza tra i due Paesi. Spostare la responsabilità non lo taglierà.
Il Dipartimento di Stato americano e la Corte Internazionale di Giustizia hanno entrambi riconosciuto la responsabilità dell’Azerbajgian per il blocco, invitandoli a risolvere la crisi. Anche così, l’Azerbajgian si rifiuta di farlo, mostrando fiducia che gli Stati Uniti non li riterranno responsabili. Dovremmo vedere il loro bluff.
Gli Stati Uniti hanno un’importante relazione strategica con l’Azerbajgian, sbocciata durante la Guerra al Terrorismo. Nel 2002, il Congresso ha concesso al Presidente degli Stati Uniti il diritto di rinunciare a una legge approvata nel 1992 che limita la maggior parte dei tipi di aiuti all’Azerbajgian (l’allora senatore Sam Brownback ha sponsorizzato l’emendamento per fornire al Presidente questa autorità di rinuncia). Da allora, i Presidenti hanno costantemente applicato questa deroga e fornito un’ampia gamma di aiuti militari all’Azerbajgian. L’Aliyev è stato un partner chiave nel contenere le ambizioni iraniane e questo non dovrebbe essere ignorato, ma il valore del rapporto con l’Azerbajgian non dà loro la licenza di strangolare impunemente un gruppo di minoranza etnico-religiosa.
Invece, la nostra stretta relazione dà agli Stati Uniti il diritto di chiamarli a rendere conto delle loro azioni.
Il Presidente dovrebbe agire immediatamente per revocare la deroga della Sezione 907 che ha esteso e sospendere qualsiasi aiuto fino a quando l’Azerbajgian non dimostrerà che lavorerà con mezzi pacifici per risolvere il conflitto.
La revoca della deroga della Sezione 907 invierebbe anche un forte messaggio al Dipartimento di Stato che la Casa Bianca e il Congresso si affidano a loro per soddisfare in modo efficace e accurato i loro obblighi di segnalazione statutari. Un rapporto del Government Accountability Office ha rilevato che il Dipartimento di Stato era tristemente inadempiente con una disposizione dell’emendamento della Sezione 907 che richiedeva loro di fornire informazioni sull’eventuale impatto degli aiuti statunitensi sull’equilibrio del potere militare tra Armenia e Azerbajgian.
Non dovremmo perdere questa occasione per invitare anche l’Armenia a riconsiderare le sue amicizie regionali con la Russia e l’Iran. Mentre ci sono poche buone opzioni disponibili per una piccola nazione senza sbocco sul mare come l’Armenia, cercare protezione in Russia e Iran è invitare la volpe a proteggere il pollaio. Se l’Armenia vuole sopravvivere in questo difficile quartiere, deve cercare di espandere la propria rete di alleanze e partenariati.
Gli Stati Uniti sono ben posizionati per essere un arbitro in questo conflitto, ponendo fine a un’urgente crisi umanitaria e sostenendo il nostro impegno per la protezione delle minoranze religiose, ma per farlo dovremo dimostrare a Baku che facciamo sul serio. Revocare la deroga della Sezione 907 è il modo migliore per farlo.
[*] Sam Brownback è l’ex Ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale e co-Presidente del vertice dell’International Religious Freedom Summit. Peter Burns è Direttore esecutivo dell’International Religious Freedom Summit.
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]