Caucaso, l’Azerbajian blocca le forniture di gas e tutte le vie di comunicazione con l’Artsakh (La Stampa 18.12.22)
L’allarme dei Difensori dei diritti umani: «Siamo sotto assedio, catastrofe umanitaria imminente: il mondo intervenga»
L’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh è sull’orlo di una catastrofe umanitaria: l’Azerbajian, ignorando l’accordo di cessate il fuoco firmato nel 2020 dopo la sanguinosa Guerra dei 44 giorni (oltre 7000 morti, più di 100.000 sfollati), ha ora bloccato le forniture del gas lasciando l’intera popolazione al freddo, priva della possibilità di affrontare il gelido inverno del Caucaso. Chiuse di conseguenza tutte le scuole, ridotte al minimo le attività degli ospedali, paralizzato il traffico con i distributori di carburante rimasti a secco. Il Paese è praticamente in ginocchio perché da mesi anche le forniture di acqua potabile sono state tagliate dall’Azerbajian. I tentativi di strangolare l’Artsakh per costringerlo alla capitolazione non si fermano qui: il 12 dicembre gli azeri hanno nuovamente bloccato l’unica strada che collega la piccola Repubblica all’Armenia, impedendo di fatto tutti i rifornimenti di cibo e medicinali destinati alla popolazione. Che ora è letteralmente isolata, ostaggio dell’ennesima aggressione. Nei giorni scorsi i ministeri degli Esteri di Armenia e Arstakh si erano appellati al Consiglio di sicurezza dell’Onu e al Gruppo di Minsk dell’Osce, ma il loro monito per l’imminente disastro umanitario fino a questo momento non sembra aver sortito alcun risultato. Ora a lanciare l’allarme alla comunità internazionale sono i Difensori dei diritti umani dei due Paesi con un documento congiunto in cui lanciano l’allarme per la grave situazione in atto: «È un genocidio pianificato, restano pochi giorni: intervenite prima che sia troppo tardi». Nel loro dettagliato report puntano il dito contro Baku, la capitale azera, elencando con dovizia di particolari e testimonianze le numerose violazioni di accordi e trattati internazionali.
L’interruzione della fornitura di gas per costringere la popolazione ad abbandonare l’Artsakh era già stata utilizzata all’inizio di quest’anno. «Con il pretesto di riparare un tratto del gasdotto che transita nel loro territorio, a marzo l’Azerbajian aveva installato una nuova valvola. Dopo i presunti lavori di riparazione, Baku ha poi interrotto la fornitura». Per gli estensori del rapporto non si tratterebbe di un episodio isolato ma, per l’appunto, di una vera e propria strategia “volta alla completa espulsione del popolo armeno dalla loro terra natale”. Dalla Dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco firmata il 9 novembre 2020 da Azerbajian Armenia e Russia, l’Ombudsman dell’Artsakh ha ripetutamente segnalato le minacce e le provocazioni azere. «Negli ultimi due anni l’Azerbajian ha attaccato deliberatamente numerose infrastrutture civili; ha privato la popolazione di acqua, luce e gas; ha messo in ginocchio l’economia agricola colpendo villaggi e aree rurali con bombe a grappolo vietate dalle convenzioni internazionali; ha diffuso panico e disinformazione effettuando attacchi informatici ai principali mezzi di informazione». Ora sta impedendo agli armeni del Karabakh di entrare o di uscire dal loro Paese: sono 120.000 le persone in trappola, un terzo sono bambini.
Per gli Ombdusman «è noto che le crisi umanitarie creano problemi complessi legati alla tutela dei diritti e all’assistenza dei civili. Ma il blocco dell’unica via di comunicazione con l’Armenia e con il mondo sta mettendo a rischio la stessa sopravvivenza degli abitanti dell’Artsakh: ostacolare intenzionalmente i soccorsi, bloccare i rifornimenti medici, così come far patire intenzionalmente la fame alla popolazione è un vero e proprio crimine di guerra».
Il tempo stringe, il documento si conclude con un appello, l’ennesimo. «I governi e gli attori internazionali coinvolti nella risoluzione del conflitto devono utilizzare tutte le possibili misure diplomatiche per fermare l’assedio e rompere l’isolamento dell’Artsakh: è necessario ripristinare tutte le vie di comunicazione e di approvvigionamento per scongiurare l’imminente disastro umanitario. Ma la comunità internazionale deve assumere urgentemente una posizione unanime e inequivocabile. E adottare azioni mirate per impedire all’Azerbajian di raggiungere impunemente il suo obiettivo finale: lo spopolamento dell’Artsakh e lo sterminio di tutta la sua popolazione nativa, gli armeni».