Caucaso inquieto, l’Armenia delusa da Mosca manovra con gli Usa (Remocontro 08.09.23)
Dall’11 settembre via alle manovre di Erevan con gli Stati Uniti per «favorire la cooperazione». Resta aperta la questione del Nagorno Karabakh e della popolazione armena che vive qui, di fatto prigioniera nella sua enclave, la cui libera circolazione doveva essere garantita dai ‘caschi blu’ russi. E la irriducibile Nancy Pelosi, dopo Taiwan e ormai senza carica, marca il territorio delle nuove e prossime tensioni internazionali americane
Amicizie di convenienza
«Un’esercitazione congiunta con gli Stati Uniti a partire dalla prossima settimana», a stupire persino Nello Scavo su Avvenire, visto che si tratta dell’Armenia, legate da sempre con Mosca, ma in un momento di crescente tensione militare con i vicini dell’Azerbaigian. ‘Colpa di Putin’, tra le molte in altre parti del mondo, non aver saputo proteggere la minoranza armena nella enclave del Nagorno Karabakh, in Azerbaigian, garantendo la libera circolazione lungo il corridoio di Lachin, unica via d‘accesso per viveri e farmaci ai 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh. E ora Yerevan, politicamente ‘duttile’, sembra stia per lasciare la Csto, l’organizzazione di assistenza militare reciproca dei Paesi ex Urss. Salvo il problema che il nemico Azerbaigian gode del sostegno militare turco e di sponda e golosità Nato.
‘Eagle Partner 2023’
Il Ministero della Difesa armeno ha poi cercato di ridimensionato l’operazione militare molto ‘di mercato’ col nome ‘Eagle Partner 2023’, che si terrà dall’11 al 20 settembre. Certo, la collaborazione con l’ex nemico Usa, ma per preparare le forze armate armene a partecipare a missioni internazionali. Comunque, piccola cosa, salvo la portata politica del gesto. 85 soldati statunitensi e 175 armeni, annuncia il portavoce dell’esercito americano che, a ridurre ulteriormente la portata del gesto, ha ricordato che sarà coinvolta la Guardia Nazionale del Kansas, legata da amicizia storica con Yerevan. Peso militare quasi zero, sgarbo politico a rischio.
Frustrazione armena
«La mossa arriva in un momento di forte frustrazione armena nei confronti dell’alleato Mosca», segnala Avvenire. Mentre il primo ministro Nikol Pashinyan, in situazione politica personale precaria, accusa la Russia, impegnata nella guerra con l’Ucraina, di non essere riuscita a proteggere l’Armenia da ciò che ha definito «la continua aggressione da parte dell’Azerbaigian». Nonostante le dimensioni ridotte dell’esercitazione, poco oltre la cerimonia, la Russia ha detto che ‘avrebbe osservato da vicino le operazioni e «monitoreremo la situazione», ha reagito il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. Tono blandi a non troppo peso ad una partita politica più interna armena che internazionale.
Le basi russe del Caucaso
Mosca dispone di una base militare in Armenia e di alcuni presidi militari territoriali che fanno della Russia la potenza preminente nella regione del Caucaso meridionale, che fino al 1991 faceva parte dell’Unione Sovietica. Olesya Vartanyan, analista senior per il Caucaso meridionale del ‘Crisis Group’ per la prevenzione dei conflitti, spiega che quello inviato a Mosca è un segnale molto forte, come se il governo armeno dicesse a Putin che «la vostra distrazione e il fatto di essere così inattivi gioca a favore del nostro nemico». La Russia mantiene una forza di ‘mantenimento della pace’ per sostenere l’accordo che ha posto fine alla guerra tra Armenia e Azerbaigian nel 2020, la seconda che hanno combattuto dal crollo dell’Unione Sovietica.
Presidente armeno ‘maleducato’
Mosca questa settimana ha accusato il presidente armeno Pashinyan di «retorica pubblica al limite della maleducazione» anche se secondo l’analista Vartanyan l’Armenia e l’Azerbaigian sono più vicini a un possibile accordo di pace «di quanto non lo siano stati in passato». Tuttavia proprio le tensioni con Mosca e la situazione nel Nagorno potrebbero innescare una nuova escalation alimentata anche dall’atteggiamento della Turchia, che storicamente sostiene l’Azerbaigian. Molto dipenderà dalle scelte del Dipartimento di Stato Usa e dell’influenza che potrà esercitare sul governo azero.
Zampino Nato anti Mosca
Lunedì il presidente del Comitato europeo per lo sviluppo della Nato, Günther Fehlinger, ha dichiarato che l’Armenia dovrebbe aderire all’Alleanza. Sempre lunedì, il vice ministro degli Esteri armeno Vahan Kostanyan ha detto che il Paese sta collaborando con la Nato ed è pronto a continuare la sua cooperazione. A segnare ulteriormente la distanza da Mosca il primo invio di aiuti umanitari armeni a beneficio della popolazione ucraina.
Nagorno Karabakh, terra contesa dal ‘91
Nel settembre 2020 si è aperto un nuovo capitolo del conflitto tra Armenia ed Azerbaijan sul Nagorno Karabakh. La guerra ebbe inizio nel 1988, con rivendicazioni irredentiste nella regione azera del Nagorno Karabakh, la cui popolazione era costituita per il 75% da armeni. Nel 1991 scoppiò una guerra tra Azerbaijan storico alleato della Turchia e l’Armenia, tradizionalmente sostenuta dalla Russia, che terminò con un cessate il fuoco nel ‘94, lasciando il Nagorno Karabakh sotto l’occupazione dell’Armenia. La «Guerra dei quattro giorni» nell’aprile del 2016, aveva portato ad un armistizio che non ha però mai fermato gli scontri.