COMUNICATO STAMPA: L’Azerbaigian viola il confine dello Stato sovrano dell’Armenia

COMUNICATO STAMPA

Azione militare dell’Azerbaigian contro l’Armenia.

l’Azerbaigian viola il confine dello Stato sovrano dell’Armenia

”Condanniamo con fermezza le azioni militari messe in atto dall’Azerbaigian nel tentativo di infiltrazione nel confine dello Stato sovrano dell’Armenia, che hanno  causato diverse perdite umane”. E’ quanto si legge in un comunicato diramato dal Ministero degli Esteri armeno dopo che truppe azere hanno cercato di penetrare il confine armeno nella provincia nord orientale di Talish,  causando la morte di tre militari armeni, mentre gli aggressori  hanno lasciato sul terreno sette soldati.

Non è la prima volta che il dittatore Aliyev ricorre a simili «provocazioni» nel tentativo di far fallire tutti gli accordi di cessate il fuoco e far saltare il tavolo di trattative avviato dal Gruppo Minsk il quale vede come unica soluzione del conflitto Armeno-Azero quello del negoziato pacifico. Soluzione alla quale l’Armenia ha dato piena adesione ma che  il regime di Aliyev continua ad ostacolare con tutti i mezzi a disposizione.

E’ notizia di qualche ore fa, la firma da parte del Presidente azero del bilancio preventivo per le spese militari per l’anno 2017 che sono in netto aumento e raggiungono quota 1,6 miliardi di dollari (nel 2016 ammontavano ad 1,43 miliardi), e sono il  segno che Baku è intenzionata a perseverare nella sua politica belligerante infischiandosi delle raccomandazioni della comunità internazionale.

Sono anni che sulla stampa internazionale vengono segnalate violazioni dei diritti umani da parte del dittatore di Baku, giornalisti incarcerati senza ragione, cittadini privati della loro libertà,  perseguitati e torturati dal regime, per non parlare poi delle migliaia di profughi azeri che non ricevono alcun aiuto da parte dello Stato mentre la famiglia Aliyev continua a sperperare il denaro pubblico ed arricchirsi sulle spalle degli ignari cittadini, cercando di «comprare» all’estero una reputazione a suon di caviale.

Nel clima delle festività natalizie e di capodanno il Consiglio per la comunità armena di Roma nel condannare fermamente le azioni militare intraprese da tempo dal Governo di Baku ed in particolare dal dittatore Aliyev, si appella alla comunità internazionale ed in particolare a tutte le forze politiche italiane ed alla società civile affinché  facciano sentire la loro voce nelle sedi opportune per far tacere, una volte per tutte, le armi del dittatore Aliyev, e le provocazioni dallo stesso avanzate e scongiurare che il Caucaso possa diventare teatro di altre atrocità disumane che la guerra provoca.

Noi diciamo no alla guerra. No all’odio. No al prevalere degli interessi personali e statali sui valori umani. Diciamo no, con forza, alle azioni militari. Diciamo no alla violenza.

E diciamo si alla convivenza tra i popoli, al rispetto delle regole e delle leggi internazionali.

Diciamo si alla pace.

Consiglio per la comunità armena di Roma

Progetto “Memoria 100” testo base della risoluzione

CONSIGLIO DI …

ORDINE DEL GIORNO …

Il Consiglio di ………………………………

 

vista la richiesta del “Consiglio per la Comunità Armena di Roma” per un atto ufficiale di riconoscimento del genocidio del popolo armeno in occasione delle commemorazioni del centenario di tale tragedia;

considerato che tale dramma storico è stato riconosciuto come genocidio dalla Sottocommissione per i diritti umani dell’ONU nel 1973 e 1986, dal Parlamento Europeo nel 1987, dal Parlamento Italiano (da tutti i gruppi parlamentari) in data 17 novembre 2000 e financo dalla stessa Corte Marziale ottomana nel 1919;

ricordato che il Tribunale Permanente dei Popoli ha riconosciuto fra l’altro che “lo sterminio delle popolazioni armene con la deportazione e il massacro costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della convenzione del 9/12/1948 per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio”;

tenuto conto che lo stesso Parlamento Europeo il 15 novembre 2000 ha approvato a larga maggioranza una risoluzione sulla relazione periodica 1999 della Commissione Europea sui progressi della Turchia verso l’adesione e che tale risoluzione affronta questioni che riguardano il popolo armeno in paragrafi significativi, invitando al riconoscimento del genocidio ai danni della minoranza armena commesso anteriormente alla nascita della moderna Repubblica Turca;

rilevato che il genocidio è il più feroce e disumano fra i crimini in quanto tende all’eliminazione di tutto un popolo, della sua identità, della sua cultura, della sua storia e della sua religione;

riconosciuta la necessità che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno affinché tali tragedie della storia siano di monito soprattutto alle giovani generazioni;   Dispone

la propria piena solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del “Grande Male”.

Esprime

la diffusione del presente ordine del giorno a mezzo comunicato stampa affinché l’intera cittadinanza sia partecipe del sentimento di solidarietà verso il popolo armeno;

la comunicazione dell’approvazione della mozione al “Consiglio per la comunità armena di Roma” affinché la trasmetta alla Direzione del Memoriale del genocidio della capitale armena Yerevan ed il nominativo del comune sia inserito nella lista dei “Giusti” per la Memoria del Metz Yeghern (il Grande Male) insieme a tutti gli altri che hanno adottato simili risoluzioni.

LA RAI CENSURA IL GENOCIDIO ARMENO SU PRESSIONE DELLA TURCHIA?

Ecco perché l’Italia è scesa al 77° posto nella classifica della libertà di informazione nel mondo.

Nessuna risposta è pervenuta dalla Rai riguardo alla richiesta di spiegazione per la mancata messa in onda, sabato scorso, di un documentario sul genocidio armeno la cui emissione sul canale Rai Storia era stata annunciata dalla stessa azienda in un comunicato di lancio.

Gli inviti (mail e telefonate) del “Consiglio per la comunità armena di Roma” a fornire una giustificazione riguardo la cancellazione del programma ad oggi sono rimasti disattesi.

Dobbiamo presumere  che a viale Mazzini siano arrivate  pressioni diplomatiche turche per la cancellazione del documentario. Una diversa spiegazione di natura tecnica sarebbe immediatamente pervenuta e sarebbe stata accompagnata  dalla segnalazione della nuova programmazione. Ma così non è stato.

Dobbiamo pertanto pensare  che  il servizio televisivo pubblico italiano si piega ai desideri di uno Stato la cui deriva autoritaria è sotto gli occhi di tutti?

Non dobbiamo allora meravigliarci se l’ultima classifica sulla libertà di informazione nel mondo appena pubblicata da “Reporter Senza Frontiere” fa scivolare l’Italia al 77° posto.  E le pressioni arrivano proprio dalla Turchia che, insieme all’Azerbaigian, occupa gli ultimi posti di questa lista del disonore.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma”, alla vigilia della Giornata della memoria (24 aprile, a Roma sarà ricordata con una manifestazione al Pantheon alle ore 15),  si ritiene profondamente sconcertato dalla vicenda e rinnova alla Rai ed all’organo di Vigilanza la richiesta di chiarimenti oltre che l’invito a fornire al pubblico un’adeguata informazione sull’argomento.

Il presente comunicato viene inoltrato per opportuna conoscenza alla Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi  per gli opportuni passi che vorrà intraprendere.

Roma 21.04.2016

                                   Consiglio per la comunità armena di Roma

COMUNICATO STAMPA – PREOCCUPAZIONE DEGLI ARMENI E CONDANNA PER L’AGGRESSIONE AZERA AL NAGORNO KARABAKH

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” esprime profonda preoccupazione per gli attacchi azeri di queste ultime ore al Nagorno Karabakh e nel condannare l’accaduto, chiede la massima attenzione delle istituzioni italiane e dei media affinché l’ennesima grave violazione azera del cessate-il-fuoco abbia immediato termine.

A partire dalla notte scorsa, su tutta la linea di contatto tra Azerbaigian e repubblica del Nagorno Karabakh, vi sono stati numerosi tentativi di penetrazione azera nel territorio armeno anche con utilizzo di carri armati, artiglieria pesante e mezzi aerei leggeri. Numerosi razzi BM 21 Grad sono stati lanciati su insediamenti abitativi prossimi alla linea di confine; queste criminali azioni hanno prodotto la morte di un bambino di dodici anni, il ferimento di altri due (di 15 e 16 anni) nonché di altri quattro adulti in altre villaggi del NK.

La tensione resta altissima e le autorità armene si sono appellate alla comunità internazionale affinché condanni in modo inequivocabile l’aggressione dell’Azerbaigian dietro la cui attività bellica si cela il tentativo di nascondere i gravissimi problemi di libertà e rispetto dei diritti umani del regime di Baku, sordo a tutti i recenti appelli della comunità internazionale e dei mediatori per una composizione pacifica  del contenzioso.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” auspica che anche l’Italia si unisca alla condanna di tale aggressioni che rischiano di far precipitare la regione in una guerra che oltre a causare immani distruzioni e migliaia di vittime avrebbe conseguenti pesantissime per il comparto energetico da cui l’Italia stessa dipende. Non sarà nascondendo la testa sotto la sabbia o parteggiando per l’Azerbaigian che si potrà evitare la distruzione delle pipe line in caso di conflitto globale.

CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA

www.comunitaarmena.it

Roma, 2 aprile 2016

A proposito del dietrofront vaticano sulla questione del “Genocidio Armeno”

Abbiamo letto in questi giorni e continuiamo a leggere sia sulla stampa nazionale armena che quella italiana circa la notizia di un comunicato stampa con il quale il Vaticano avrebbe fatto dietrofront sulla questione armena ed avrebbe declassato il genocidio a “tragici eventi del 1915”.
Incuriositi della notizia siamo andati a verificare il contenuto del “comunicato” in questione ed abbiamo appurato che è stato diramato il 3 Febbraio u.s., a margine dell’udienza generale in San Pietro, in occasione della presentazione al Papa di una copia del volume “La Squadra Pontificia ai Dardanelli 1657 / İlk Çanakkale Zaferi 1657”, da parte dell’autore, Rinaldo Marmara.

Nel comunicato di cui sopra, oltre alla presentazione del volume si fa cenno all’importanza delle “ricerche erudite e dell’apertura degli archivi alle investigazioni storiche al servizio della verità…”.
Poi si aggiunge che “è stato notato e apprezzato il rinnovato impegno della Turchia a rendere i propri archivi disponibili agli storici e ai ricercatori delle parti interessate, con l’intenzione di arrivare congiuntamente ad una migliore comprensione degli eventi storici …. inclusi i tragici eventi del 1915”.
La stessa nota poi prosegue “La memoria della sofferenza e del dolore, sia del lontano passato che di quello più recente, come nel caso dell’assassinio di Taha Carım, Ambasciatore della Turchia presso la Santa Sede, nel giugno del 1977, per mano di un gruppo terroristico, ci esorta a riconoscere anche la sofferenza del presente e a condannare ogni atto di violenza e di terrorismo, che continua a causare vittime ancor oggi”.
La nota conclude definendo “particolarmente odiosa e offensiva” la violenza e il terrorismo “commesso in nome di Dio e della religione”.

A seguito di questa “nota” l’astuta diplomazia turca ha dichiarato che il Papa avrebbe fatto dietrofront ed avrebbe declassato il genocidio in “tragici eventi del 1915”, e soddisfatti del passo compiuto, il Ministro degli Esteri ha permesso all’Ambasciatore turco presso la Santa Sede di fare ritorno a Roma, dopo che era stato richiamato per protesta, lo scorso 12 aprile 2015.

A nostro modesto parere, il comunicato stilato in occasione di una semplice presentazione di un libro al Papa, non ha una connessione chiara con le dichiarazioni fatte dal Pontefice, lo scorso 12 aprile 2015, a seguito delle quali uno “tsunami” senza precedenti si abbatte contro la Turchia ed i suoi governanti. Uno tsunami che ancora oggi continua ad avere il suo effetto devastante sulla Turchia che oltre a non voler riconoscere la verità storica del suo passato, viene additata come complice dei gruppi armati dell’ISIS e delle nefandezze da questi compiute, incluse le distruzione dei luoghi di culto dei cristiani, la confisca dei loro beni e la persecuzione attuata nei loro confronti e nei confronti di altre minoranze etniche e religiose.

Alla luce di ciò, riconoscendo che la Santa Sede, per l’alta istituzione morale che rappresenta, non vuole innemicarsi nessuno e vuole intrattenere sani rapporti diplomatici con tutti, anche perché il suo ruolo, per dirla con il Papa, è quello di costruire ponti e non muri, appoggiamo pienamente quanto riportato nel comunicato di cui sopra.

Non vi è dubbio che le “ricerche erudite e l’apertura degli archivi alle investigazioni storiche al servizio della verità” siano di una grande importanza ed a tal fine apprezzeremmo anche noi “il rinnovato impegno della Turchia a rendere i propri archivi disponibili agli storici e ai ricercatori delle parti interessate” e di conseguenza condanniamo “ogni atto di violenza e di terrorismo, che continua a causare vittime ancor oggi” inclusi ovviamente ” la violenza e il terrorismo “commesso in nome di Dio e della religione”.

Altro che dietrofront, questa non è altro che un’altra mossa tattica della diplomazia turca ed una ricostruzione dei fatti studiata a tavolino, nella ricerca di arginare la grave situazione in cui versa la diplomazia turca che negli ultimi mesi sta perdendo colpi e terreno nel consenso internazionale e non sa più a cosa aggrapparsi per non vedersi sottrarre quel ruolo importante che il Sultano Erdogan vorrebbe ritagliarsi nello scacchiere mediorientale, ma che di giorno in giorno diventa sempre più faticoso e complicato.

Ora se la Turchia e la sua diplomazia si accontentano di una “nota” pubblicata a margine di un dono fatto al Papa, ne prendiamo atto.

Però permetterci di fare due precisazioni: quei “eventi tragici del 1915”, il Santo Padre, Papa Francesco, proprio per amore “della verità” e basandosi su documentazione storica inconfutabile, presente anche negli archivi storici vaticani, li ha chiamati per nome e li ha definiti “il primo genocidio del XX secolo”. Non lo ha fatto di nascosto, ma durante una celebrazione pubblica in Vaticano, trasmessa in mondovisione, da Lui stesso presieduta, in occasione del centenario del genocidio armeno ed in onore dei martiri armeni.

La seconda è che nello stesso momento in cui veniva diramato il “comunicato” di cui sopra, Papa Francesco, a termine dell’udienza generale del mercoledì, evocava il Santo del giorno, San Biagio, vescovo di Sebaste, definendolo “Martire dell’Armenia”, anche se oggi Sebaste (Sivas) è in territorio turco. Anche questo lo ha fatto in un contesto pubblico.

Altro che dietrofront. Ci viene da pensare: vuoi vedere che Papa Bergoglio, in barba alla real-politik, ha voluto ancora una volta sottolineare il suo amore per la verità ed la sua condanna ad ogni atto di violenza compiuto nei confronti di esseri innocenti?

Chi si accontenta gode, recita il detto. La Turchia si accontenta di una “nota diplomatica”.
Lo abbiamo detto: ne prendiamo atto.

Noi invece continueremo a difendere sempre la verità, costi quel che costi.

UNA PETIZIONE SU CHANGE.ORG CONTRO LE MOZIONI FILO AZERE DELL’ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL CONSIGLIO D’EUROPA

UNA PETIZIONE SU CHANGE.ORG CONTRO LE MOZIONI FILO AZERE DELL’ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL CONSIGLIO D’EUROPA
https://www.change.org/p/parliamentary-assembly-of-the-council-of-europe-pace-no-to-hate-filled-war-rhetoric-on-nagorno-karabakh-conflict-and-favoritism
L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) dovrebbe votare sui seguenti due progetti di risoluzione sul Nagorno Karabakh all’ordine del giorno del 26 gennaio 2016:

Progetto di risoluzione sul tema “Escalation della violenza in Nagorno-Karabakh e gli altri territori occupati dell’Azerbaigian”, relatore Robert Walter (UK)
Progetto di risoluzione sul tema “Gli abitanti delle regioni di frontiera dell’Azerbaigian sono volutamente privi di acqua”, relatore Milica Marković (Bosnia ed Erzegovina)
Quello del Nagorno Karabakh è un conflitto complesso la cui soluzione pacifica non ha alternativa. Purtroppo questi due progetti di risoluzione alimentano la guerra retorica di odio dell’attuale governo azero sul Nagorno Karabakh e promuovono favoritismi. Entrambi i progetti di risoluzione evidentemente mancano di un’approfondita, imparziale ricerca, specificatamente lasciano fuori fatti cruciali e causano danni al processo di negoziazione.
Con la presente faccio sentire la mia voce contro questi due progetti di risoluzione caratterizzati da un contenuto infiammatorio e che poco hanno a che fare con la vera e propria risoluzione del conflitto e la costruzione della pace ma piuttosto con la promozione di interessi personali ed economici di una manciata di membri della PACE.
Ulteriori dettagli sui progetti di risoluzione:

Progetto di risoluzione sul tema “Escalation della violenza in Nagorno-Karabakh e gli altri territori occupati dell’Azerbaigian”, relatore Robert Walter (UK)
Come relatore Walter ha violato diverse norme del codice di condotta dei membri PACE, come 1. il principio di neutralità, imparzialità e obiettività (norme 1.1; 1.1.1 .; 1.1.4), 2. il principio di evitare il conflitto di interesse (regola 8), 3. il principio di non utilizzare la propria posizione come membro PACE per promuovere il proprio, l’interesse di entità (regola 12) di un’altra persona o, 4. nonché il principio del rispetto dei valori del Consiglio d’ Europa (regola 7).
Mr. Robert Walter e sua moglie Feride Alp-Walter, responsabile marketing della Associazione Medio Oriente, hanno mantenuto stretti rapporti con le autorità e le élite dominanti dell’Azerbaigian per un lungo periodo, tra cui l’aver acquisito una missione di alto livello del commercio britannico a Baku in stretta collaborazione con l’Ambasciata di Azerbaigian e la Società europea Azerbaigian (TE) – un’organizzazione di lobbying che ha forti legami con il governo azero e la cerchia ristretta di Ilham Aliyev.
L’appoggio di Walter per il governo di Ilham Aliyev, chiudendo un occhio sui processi democratici del paese, è stata spesso criticata da attivisti per i diritti umani in Azerbaigian [1], come Corporate Europe Observatory [2], nonché come i vari media internazionali ben noti.

Purtroppo, solo un primo sguardo al progetto di risoluzione è sufficiente per rendersi conto che si tratta di una riflessione parola per parola della posizione ufficiale azera e turca sul Nagorno Karabakh. Ufficialmente la Turchia ha sempre sostenuto apertamente l’Azerbaigian nel conflitto del Nagorno Karabakh. Walter e sua moglie, entrambi cittadini turchi, hanno avuto legami accoglienti con il governo turco. Walter ha ricevuto la propria carta di identità personalmente dal ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu. Nel 2011 il signor Çavuşoğlu era tra gli ospiti al matrimonio del signor Walter e della signora Feride Alp.
Nonostante il titolo del progetto di risoluzione prodotta da Robert Walter, questa è ben lungi dal riflettere la realtà sull’escalation di tensione sulla linea di contatto tra l’Armenia e l’Azerbaigian e intorno al Nagorno-Karabakh negli ultimi mesi che ha portato a tragiche morti di civili.
Il progetto di risoluzione da Walter omette selettivamente le informazioni cruciali. Per esempio si omette di menzionare fatti importanti, come quello che, a differenza l’Armenia, l’Azerbaigian il 27.09.15 ha respinto la proposta del gruppo di Minsk dell’OSCE ad accettare un meccanismo OSCE per indagare sulle violazioni del cessate il fuoco. Il meccanismo consentirebbe di identificare l’iniziatore delle violazioni del cessate il fuoco e renderebbe più difficile per le parti incolparsi l’un l’altro per l’avvio di attacchi mortali. La risposta logica alla domanda perché l’Azerbaigian che accusa continuamente la parte armena per aver violato il cessate il fuoco non è interessato a un tale meccanismo, è evidente.
Questo progetto di relazione è anche un tentativo piuttosto pericoloso e irresponsabile di creare un meccanismo parallelo, senza avere la necessaria legittimità e il mandato dalle parti coinvolte nel conflitto. La reazione critica puntuale dei co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE – l’unico organo ufficiale con il mandato di mediare – al progetto di risoluzione del relatore Walter sottolinea il danno che provoca al processo negoziale e quindi alla soluzione pacifica del conflitto.

2. Progetto di risoluzione sul tema “Gli abitanti delle regioni di frontiera dell’Azerbaigian sono volutamente privi di acqua”, relatore Milica Marković (Bosnia ed Erzegovina)
– Purtroppo il progetto di risoluzione scritto dalla signora Milica Marković manca di un’imparzialee approfondita ricerca. Nonostante il pronto invito delle autorità armene e del Nagorno-Karabakh a visitare Sarsang (in “qualsiasi momento conveniente per il relatore”) come inizialmente richiesto dal relatore Milica Marković, né la signora Marković né l’esperto tecnico Dr. Lydia S. Vamvakeridou- Lyroudia furono sulluogo di indagine. Pertanto, sia il progetto di risoluzione che la relazione tecnica (che dovrebbe essere alla base del progetto di risoluzione) si basano su simulazioni piuttosto approssimative del corrispondente ministero azero sulla base dei dati del 1993 e per sentito dire, anche se c’era chiaramente l’opportunità di visitare il bacino e fare la conoscenza con lo stato attuale delle cose.
– Il relatore Marković utilizza evidentemente la questione umanitaria come pretesto per fare dichiarazioni altamente distorte sul Nagorno Karabakh in generale. Un breve confronto della relazione tecnica e la proposta di risoluzione, che dovrebbe essere basata sulla relazione tecnica, fa chiaramente capire che la signora Marković ha deliberatamente esagerato le conseguenze di potenziale pericolo o fatti importanti lasciati esposti nella relazione tecnica di progetto risoluzione, dal momento che queste informazioni non in sintonia con le sue intenzioni di parte.
La relazione tecnica redatta dall’esperto Dr. Lydia S. Vamvakeridou-Lyroudia specifica chiaramente: “Anche se Sarsang è una diga di terra di riempimento, che è molto meno pericolosa e molto più sicura quando si tratta di crollo improvviso in linea di principio (ad esempio rispetto a dighe ad arco), va sottolineato che senza un controllo visivo della diga non vi è alcun modo di valutare la sua condizione e ogni rischio potenziale dal punto di vista tecnico “.
Nonostante questo, il relatore e l’esperto tecnico hanno scelto di ignorare l’invito delle autorità del Nagorno Karabakh di visitare Sarsang ed esaminare lo stato di ispezione e manutenzione del bacino idrico. Invece, la signora Markovic ha prodotto una relazione che si riferisce alle simulazioni piuttosto approssimative del ministero delle Situazioni di emergenza, sulla base di informazioni azere di oltre venti anni or sono.
Secondo la relazione tecnica: “Sarsang da sola non può causare una grande alluvione nella regione problematica più bassa Kura, ma la mancanza di comunicazione tra l’Armenia e l’Azerbaigian fa temere che l’inspettato afflusso di acqua rilasciata da Sarsang possa aggiungersi alle conseguenze inondazioni causate da periodi di piogge eccessive nell’area”. Tuttavia, invece di sollecitare le parti a impegnarsi in un dialogo al fine di garantire una gestione sicura del bacino, la signora Markovic esige un “ritiro immediato delle forze armate armene dalla regione interessata”.

[1] https://www.youtube.com/watch?v=qOgCrsCKXt4, raggiunto il 2015/07/12
[2] “Spin medici per gli autocrati: how europeo PR ditta calce repressivo regime”, pp 22-25; http://corporateeurope.org/sites/default/files/201500303_spindoctors_lr.pdf, raggiunto il 2015/07/12

TURKISH AIRLINES SPONSOR DELLA A.S. ROMA lettera aperta del “Consiglio per la comunità armena di Roma” alla A.S Roma

Si è diffusa la notizia che la A.S. Roma sarà sponsorizzata per la stagione entrate dalla compagnie aerea Turkish Airlines.

(leggi qui la notizia)

Il Consiglio per la comunità armena di Roma ha inviato alla A.S. Roma la seguente lettera aperta (a ufficio.stampa@asroma.it )

 

Spett. Azienda Sportiva Roma,

apprendiamo da organi di stampa che si sarebbero concluse le trattative per la sponsorizzazione nella prossima stagione con la Turkish Airlines, compagnia di bandiera turca.
Tali voci sembrerebbero confermate e, naturalmente, non  possiamo entrare nello stretto merito delle vostre strategie aziendali.
Ci permettiamo, come romani di origine armena, di consigliare alla “nostra” Roma la massima cautela in tale operazione e, laddove la stessa si sia effettivamente conclusa, di mantenere comunque una “distanza” tra sponsor e società evitando per quanto possibile qualsiasi coinvolgimento che vada oltre il normale rapporto commerciale.
Non crediamo infatti, che da un mero punto di vista di marketing sia strategico acquisire una sponsorizzazione turca (tra l’altro, a quanto pare, con ricavi più bassi di quanto ipotizzabile in passato) proprio nell’anno in cui in tutto il mondo si è commemorato il centenario del genocidio armeno e il “prodotto” Turchia, anche per gravi vicende politiche interne, ha subito una pressione mediatica negativa.
Nel 2015, esattamente un secolo dopo il massacro di un milione e mezzo di armeni cristiani, la negazionista Turchia (e tutti i brand ad essa associati) sono stati negativamente sotto i riflettori mondiali. E francamente, da armeni, romani (e tanti anche romanisti), ci fa molto male vedere sulla divisa giallorosa, proprio nell’anno di un così triste anniversario, nomi e simboli riconducibili a coloro che ancora oggi rifiutano di riconoscere il Metz Yeghern, il nostro Grande Male.
In queste settimane la Turchia è al centro dell’attenzione mondiale per la campagna bellica lanciata contro il popolo kurdo, è pesantemente sospettata di aver quanto meno tollerato le infiltrazioni di militanti dell’ISIS, vive una crisi politica ed economica senza precedenti.
Ci rendiamo conto che le sponsorizzazioni sono importanti per una squadra di calcio di alto livello, che i soldi in arrivo serviranno a potenziare ancora di più la Roma, ma ci interroghiamo, preoccupati, sul ritorno di immagine che potrebbe avere la nostra A.S.Roma. Davvero non era possibile trovare un altro sponsor non riconducibile a un Paese che “Reporter Senza Frontiere” colloca agli ultimissimi posti nella classifica mondiale sulla libertà di informazione ed espressione? Pecunia non olet ma…
Con i nostri migliori saluti e auguri di buon lavoro.

Consiglio per la comunità armena di Roma

 

LACRIME (TURCHE) DI COCCODRILLO

La turchia di Erdogan non si smentisce…negazionista è, e negazionista rimane.

Alla vigilia del 99° anniversario del Genocidio armeno il premier turco Erdogan ha rilasciato un comunicato,  diramato in ben sette lingue, armeno compreso, nel quale si lascia andare a talune considerazioni sugli “accadimenti della prima guerra mondiale”.

La stampa internazionale ha dato ovviamente molta enfasi alle suddette dichiarazioni che taluni, molto affrettatamente, hanno giudicato una apertura turca sulla questione armena.

In realtà una attenta lettura del testo evidenzia, accanto a qualche timida frase di circostanza, la consueta impostazione negazionista della Turchia.
Che anzi esce rafforzata proprio dalle frasi del leader turco condite dai soliti distinguo e prese di circostanza.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma”
si associa alle reazioni negative che giungono dagli armeni di tutto il mondo ed invita a vigilare contro il negazionismo turco che, a pochi mesi dal centenario del Genocidio armeno, continua a caratterizzare la politica di Ankara.

Il messaggio di Erdogan, a parte le “condoglianze ai nipoti” degli armeni, rafforza ancor di più l’antistorica posizione turca, cerca di mettere sullo stesso piano un milione e mezzo di armeni trucidati con alcune decine di migliaia di soldati turchi
caduti nel corso delle avventate campagne militari dei generali ottomani;
addita, inequivocabilmente, agli armeni la responsabilità se ancora oggi la questione del Grande Male non è risolta e getta nello stesso calderone della Grande Guerra un popolo sterminato dalla ferocia dei Giovani Turchi e tutti coloro che hanno perso la vita nel corso della guerra. Guerra che diviene, ancora una volta, una cortina fumogena dietro alla quale celare la grande strage armena.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” rifiuta con fermezza ogni atto
che non sia un pieno e formale riconoscimento di responsabilità per il genocidio del popolo armeno

Nessun tentativo di “depistaggio” diplomatico potrà mai arrestare il diritto alla Memoria  che gli armeni in ogni angolo del mondo reclamano a gran voce; il 24 aprile ed ogni giorno dell’anno.

Limes Oggi

Il messaggio di Erdoğan agli armeni sugli eventi del 1915 (testo integrale)

“The 24th of April carries a particular significance for our Armenian citizens and for all Armenians around the world, and provides a valuable opportunity to share opinions freely on a historical matter.

It is indisputable that the last years of the Ottoman Empire were a difficult period, full of suffering for Turkish, Kurdish, Arab, Armenian and millions of other Ottoman citizens, regardless of their religion or ethnic origin.

Any conscientious, fair and humanistic approach to these issues requires an understanding of all the sufferings endured in this period, without discriminating as to religion or ethnicity.

Certainly, neither constructing hierarchies of pain nor comparing and contrasting suffering carries any meaning for those who experienced this pain themselves.

As a Turkish proverb goes, “fire burns the place where it falls”.

It is a duty of humanity to acknowledge that Armenians remember the suffering experienced in that period, just like every other citizen of the Ottoman Empire.

In Turkey, expressing different opinions and thoughts freely on the events of 1915 is the requirement of a pluralistic perspective as well as of a culture of democracy and modernity.

Some may perceive this climate of freedom in Turkey as an opportunity to express accusatory, offensive and even provocative assertions and allegations.

Even so, if this will enable us to better understand historical issues with their legal aspects and to transform resentment to friendship again, it is natural to approach different discourses with empathy and tolerance and expect a similar attitude from all sides.

The Republic of Turkey will continue to approach every idea with dignity in line with the universal values of law. Nevertheless, using the events of 1915 as an excuse for hostility against Turkey and turning this issue into a matter of political conflict is inadmissible

The incidents of the First World War are our shared pain. To evaluate this painful period of history through a perspective of just memory is a humane and scholarly responsibility.

Millions of people of all religions and ethnicities lost their lives in the First World War. Having experienced events which had inhumane consequences – such as relocation – during the First World War, should not prevent Turks and Armenians from establishing compassion and mutually humane attitudes among towards one another.

In today’s world, deriving enmity from history and creating new antagonisms are neither acceptable nor useful for building a common future.

The spirit of the age necessitates dialogue despite differences, understanding by heeding others, evaluating means for compromise, denouncing hatred, and praising respect and tolerance.

With this understanding, we, as the Turkish Republic, have called for the establishment of a joint historical commission in order to study the events of 1915 ina scholarly manner. This call remains valid. 

Scholarly research to be carried out by Turkish, Armenian and international historians would play a significant role in shedding light on the events of 1915 and an accurate understanding of history.

It is with this understanding that we have opened our archives to all researchers. Today, hundreds of thousands of documents in our archives are at the service of historians.

Looking to the future with confidence, Turkey has always supported scholarly and comprehensive studies for an accurate understanding of history. The people of Anatolia, who lived together for centuries regardless of their different ethnic and religious origins, have established common values in every field from art to diplomacy, from state administration to commerce.Today they continue to have the same ability to create a new future.

It is our hope and belief that the peoples of an ancient and unique geography, who share similar customs and manners will be able to talk to each other about the past with maturity and to remember together their losses in a decent manner. 

And it is with this hope and belief that we wish that the Armenians who lost their lives in the context of the early twentieth century rest in peace, and we convey our condolences to their grandchildren.

Regardless of their ethnic or religious origins, we pay tribute, with compassion and respect, to all Ottoman citizens who lost their lives in the same period and under similar conditions.”

Traduzione non ufficiale dal turco. Fonte: Today’s Zaman

 

Ennesimo affronto alla Memoria del popolo armeno da parte del Presidente Turco Erdogan

In data 16 gennaio 2015 il Presidente Turco Erdogan ha invitato il Presidente Armeno Sarkissian a partecipare il prossimo 24 aprile 2015 alla cerimonia del centenario della battaglia di Gallipoli.

L’invito ovviamente oltre ad essere inopportuno suona come una provocazione ed un ulteriore presa in giro dal momento che quest’anno ricorre il centenario del genocidio ed il 24 aprile si sa, è internazionalmente riconosciuta come la data della commemorazione del genocidio del 1915 perpetrato dal governo turco di allora di cui Erdogan non è altro che legittimo erede.

Il Presidente Armeno ovviamente non ha ritardato la sua risposta a questo ennesimo affronto alla Memoria del popolo armeno.

Di seguito pubblichiamo la lettera del Presidente Sarkissian tradotta a cura del Prof Gergorio Zovighian con un breve commento dello stesso.

COMMENTO DEL PROF ZOVIGHIAN

Non so se il presidente turco, Erdogan, sia più sfacciato o più arrogante. Ecco perché.

Nel corso della prima guerra mondiale gli anglo-francesi fecero uno sbarco a Gallipoli, presso i Dardanelli, in Turchia. Vi furono cruente battaglie nel corso delle quali un armeno , Sarkis Torossian, capitano di artiglieria nell’esercito turco, affondò una nave nemica e per questa ragione il ministro della guerra turco, Enver pascià (uno dei triumviri dei Giovani Turchi), presentandolo a degli ufficiali tedeschi, lo definì “l’eroe armeno”.

Orbene, Erdogan, , al chiaro scopo di offuscare le commemorazioni del centenario del genocidio armeno, ha invitato i capi di stato di tutto il mondo, fra cui l’Armenia, a partecipare alla cerimonia commemorativa della battaglia di Gallipoli; cerimonia che, guarda caso, è stata indetta per il 24 aprile 2015!

Anche la sfacciataggine dovrebbe avere un limite, ma ormai il presidente turco non ha più freni. Basti vedere il palazzo presidenziale che si è fatto costruire: mille stanze! Evidentemente non voleva più stare nel vecchio palazzo presidenziale che, fra le altre, sorge su un terreno requisito alla famiglia armena Kassabian.

Comunque quest’ennesima uscita del presidente turco deve far meditare tutti coloro che, senza fare i conti con la dura realtà,chiedono agli armeni di tendere una mano alla Turchia.

In allegato invio la traduzione della risposta del presidente dell’Armenia all’invito di Erdogan a presenziare alla commemorazione della battaglia di Gallipoli. Dopo la sua lettura non viene che da dire: “Bravo, presidente !”.

Gregorio Zovighian

Traduzione della lettera del Presidente Sarkissian

Egregio signor Presidente,

Ho ricevuto il Vostro invito, a me diretto, per partecipare alle manifestazioni in ricordo del centenario della battaglia di Gallipoli. Effettivamente la prima guerra mondiale è una delle pagine più terribili della storia dell’umanità, che fu causa di milioni di perdite di uomini innocenti e di destini rovinati.

Alla battaglia di Gallipoli partecipava anche un artigliere armeno delle forze armate dell’Impero Ottomano, il capitano Sarkis Torossian,un ufficiale che si era dedicato a difendere e a tutelare la sicurezza dell’Impero(Ottomano) e che, per il suo fedele servizio ed il coraggio (dimostrati), si meritò delle ricompense militari, da parte dell’Impero Ottomano. Mentre, nello stesso periodo l’ondata di massacri di massa e di deportazioni -precedentemente pianificati ed attuati nei confronti degli armeni da parte dell’Impero Ottomano- giunta al culmine, non risparmiò persino Sarkis Torossian. Nel novero del milione e mezzo di armeni vittime del genocidio vi erano i suoi genitori che furono ferocemente uccisi, mentre la sorella morì nel deserto di Siria. Ed è proprio in seguito a questo eccidio senza precedenti che Raphael Lemkin creò il termine “genocidio”, ed è stata la sua impunità che preparò il terreno all’Olocausto ed ai genocidi di Ruanda, Cambogia e Darfur.

Secondo Voi la battaglia di Gallipoli è un particolare esempio, non solo per la Turchia, ma anche per il mondo intero, dei rapporti d’amicizia sorti dalle guerre; mentre il campo di battaglia è un monumento di pace e di amicizia, che ricorda l’amara eredità della guerra. Tralasciando l’importanza, a tutti ben nota, della battaglia di Gallipoli, oppure la discutibile condotta della Turchia nel corso della prima e della seconda guerra mondiale, è necessario ricordare che la pace e l’amicizia devono innanzitutto basarsi sul coraggio di confrontarsi con il proprio passato, sulla giustizia storica, come pure sul riconoscimento totale, e non selettivo, della memoria dell’intera l’umanità.

Ahimé , la Turchia continua la sua tradizionale politica negazionista e di anno in anno “perfezionando” il suo strumentario di mistificazione storica, quest’anno ricorda il centenario delle battaglie di Gallipoli, per la prima volta il 24 aprile, mentre quelle sono iniziate il 18 marzo del 1915 e sono proseguite fino alla fine di gennaio del 1916 e lo sbarco degli alleati ed i combattimenti di terra sono iniziati il 25 aprile.

Che fine persegue tutto ciò, se non il banale scopo di deviare l’attenzione del pubblico mondiale dalle manifestazioni del centesimo anniversario del genocidio armeno?!.

Mentre, prima di intraprendere iniziative commemorative, la Turchia aveva un dovere molto più importante, nei confronti del proprio popolo e dell’intera umanità, cioè il riconoscimento e la condanna del genocidio armeno.

Quindi Vi consiglierei di non dimenticare, nei Vostri appelli ad una pace mondiale, di inviare al mondo un invito al riconoscimento del genocidio armeno, evocando il ricordo di un milione e mezzo di vittime innocenti.

E’ il dovere di ciascuno di noi trasmettere, alle generazioni future,la vera storia, scevra da mistificazioni; così prevenendo la ripetizione di delitti e preparando il terreno all’avvicinamento ed alla successiva cooperazione fra le nazioni, in particolar modo fra le nazioni vicine

P.S. Vostra eccellenza, ancora alcuni mesi fa Vi avevo invitato a Yerevan, per onorare assieme,il 24 aprile 2015, la memoria delle innocenti vittime del genocidio armeno. Presso di noi non è norma essere ospitati dall’invitato, senza aver ricevuto la risposta all’invito.

L’Italia condanni l’agressione Azera

L’abbattimento dell’elicottero armeno privo di munizioni delle forze armate del Nagorno Karabakh da parte dell’esercito azero lungo la linea di demarcazione tra l’Azerbaigian e la repubblica del Nagorno Karabakh non è stata solo una gravissima violazione dell’accordo di cessate il fuoco del 1994 e un atto vile costato la vita a tre aviatori armeni, ma rappresenta una pericolosissima scintilla nella polveriera del Caucaso.

Solo una dittatura come quella azera poteva arrivare ad abbattere un velivolo avversario dopo che negli ultimi mesi si è più volte sfiorata la ripresa di quel conflitto armato che agli inizi degli anni Novanta insanguinò la regione.

I video postati sulla rete hanno stroncato il puerile tentativo degli azeri di giustificare l’atto come la difesa da una aggressione armena.
Nel filmato realizzato dallo stesso gruppo di soldati azeri che hanno sparato il missile terra aria che ha abbattuto l’elicottero si vedono due elicotteri che procedono lontani, molto lontani, in parallelo lungo la linea di confine. Distanza e lontananza testimoniano che non avevano alcun intento aggressivo ma solo dimostrativo dal momento che si stavano svolgendo esercitazioni su vasta scala come spesso durante l’anno si effettuano da una parte e dall’altra.
I soldati azeri sono eccitati alla vista dei due elicotteri, peraltro la lontananza degli stessi rende difficile all’inizio l’inquadratura video. Il missile colpisce il secondo mezzo che si schianta al suolo nella terra di nessuno che separa le postazioni armene da quelle azere.
Per tutto il pomeriggio gli azeri hanno bersagliato con armi di medio calibro quell’area per impedire i soccorsi.
In un altro video realizzato dalla sponda del Nagorno Karabakh si vede l’apparecchio che sta precipitando in fiamme al suolo, vicinissimo alle postazioni armene e sempre con traiettoria parallela alla linea di confine.

L’abbattimento dell’elicottero è un atto gravissimo che, dopo la tempestiva condanna dell’UE, l’Italia deve condannare con fermezza per evitare le conseguenze di una nuova guerra regionale che avrebbe effetti devastanti non solo su tutta l’area caucasica ma anche per il nostro continente soprattutto da un punto di vista energetico.

Chiediamo alle istituzioni, ai partiti, alle associazioni italiane di solidarizzare con il popolo armeno in difesa della libertà del Nagorno Karabakh- Artsakh e per la sicurezza e stabilità dell’intera regione.