Il 24 gennaio presentazione del libro “Giustificare il genocidio La Germania, gli Armeni e gli Ebrei” (mosaico-cem 15.01.24)

L’associazione Amici di Israele (ADI) in collaborazione con AMPI (Associazione Milanese Pro Israele) organizza per mercoledì 24 gennaio, alle 18.30, presso il Centro Brera di via Formentini 10 – Milano, la presentazione del libro Giustificare il genocidio.  La Germania, gli Armeni e gli Ebrei, da Bismarck a Hitler, di Stefan Ihrig (Guerini).

Parteciperà in collegamento audio-video la grande scrittrice di origine armena ANTONIA ARSLAN, autrice di “La Masseria delle allodole” e curatrice del saggio.

La recensione

“Il genocidio armeno è l’inizio degli orrori del Novecento, e la sua connessione con la Shoah è ormai indiscutibile”. Così la filosofa americana Siobhan Nash-Marshall introduce “Giustificare il genocidio”, un libro di grande rilievo storiografico, che meriterebbe di essere studiato in tutte le università del mondo. L’autore, Stepan Ihrig, è uno storico tedesco, attualmente direttore del Centro di studi germanici ed europei di Haifa, Israele. Pubblicato nel 2016 dall’Università di Harvard, il corposo volume (quasi 500 pagine) esce ora in Italia edito da Guerini, con il sottotitolo “La Germania, gli Armeni e gli Ebrei da Bismarck a Hitler”.

Solo se si approfondiscono le lontane origini del nazionalismo tedesco, della sua malintesa “realpolitik”, del suo disprezzo razziale che accomuna armeni ed ebrei, si riesce a rintracciare il filo rosso che conduce dai massacri ottomani di fine Ottocento ai forni di Aushwitz.

Già nella Germania guglielmina, infatti, Bismarck è il grande protettore del Sultano, difende a ogni costo il suo operato, tutela l’impero in disfacimento dagli appetiti delle potenze europee. Quando nel “biennio rosso” 94/96 Abdul Hamid dà il via ai massacri su larga scala degli armeni, la stampa nazionalista tedesca tende a occultare e minimizzare, parla di fatti di lieve entità, scarica le responsabilità sui “predoni curdi”. I morti sono fra i cento e duecentomila, e proprio l’impunità garantita al sanguinario Sultano indurrà i suoi successori all’ideazione del progetto genocidario.

Secondo la propaganda nazionalista e filo-turca, gli armeni sono gli “ebrei d’Oriente”, anzi “super-ebrei”: gente falsa, infida, mercanti dediti a loschi traffici, allo sfruttamento e all’usura. Come gli ebrei, anche gli armeni sono gente senza patria, pronta a tradire. I massacri rappresentano dunque una risposta necessaria, e pertanto giustificabile, al rischio reale di disfacimento dell’impero.

Allo scoppio della guerra, il regime dei Giovani Turchi avvia processo di sterminio e di nuovo la Germania sostiene l’alleato, allineandosi al negazionismo ufficiale. I massacri avvengono sotto gli occhi dei militari e dei diplomatici tedeschi. Le “deportazioni” sono lo strumento preordinato, intenzionale e sistematico per la completa cancellazione del popolo armeno.

La stampa tedesca – con poche eccezioni – giustifica l’operato dei turchi, accusa gli armeni di tradimento e di intelligenza con il nemico russo. Non esistono prove di una corresponsabilità diretta nella decisione di sterminare gli armeni, ma certo la Germania è “lo spettatore silenzioso, lo scudo protettivo, il facilitatore degi ottomani”.

Dopo la guerra, grazie soprattutto agli scritti di Johannes Lepsius e Armin Wegner, l’opinione pubblica tedesca viene messa al corrente dell’accaduto. Il libro ricostruisce minuziosamente il processo e l’assoluzione di Soghomon Tehlirian, l’armeno che ha giustiziato il triumviro Talat Pasha nelle strade di Berlino (1921). La Germania è scossa. Poiché il genocidio non può più essere negato, la propaganda nazionalista passa dal negazionismo al giustificazionismo. Agli armeni si imputa la famigerata “pugnalata alle spalle” – la stessa accusa che sarà poi rivolta agli ebrei. Di nuovo, si sottolineano le caratteristiche “razziali” degli armeni, accomunati ai loro “cugini semiti”. Il genocidio è apertamente riconosciuto come atto di “legittima difesa”, preparando il terreno per la Shoah.

Hitler detesta gli armeni quasi quanto gli ebrei, ammira svisceratamente Kemal Ataturk, afferma e scrive in varie circostanze – qui rigorosamente documentate – di ispirarsi alla “soluzione turca”. Il rapporto fra nazionalismo turco e nazismo tedesco è di centrale importanza, dal punto di vista ideologico, e questo collegamento viene analizzato in dettaglio nel corso del volume.

“Come questo libro ha dimostrato – scrive Ihrig nelle conclusioni – il genocidio armeno deve aver insegnato ai nazisti che crimini così incredibili potevano restare impuniti (…) Il fatto che si potesse ‘farla franca’ deve avere costituito un precedente di grande ispirazione (…) Il genocidio armeno aveva reso il genocidio pensabile e, a quanto pare, giustificabile”.

Franz Werfel termina il suo romanzo in tutta fretta, fra il ’32 e il ’33, nel tentativo di metter in guardia il popolo tedesco, ma ormai è troppo tardi: i nazisti sono al potere e il libro finisce al rogo. I quaranta giorni del Mussa Dagh sarà però di ispirazione per gli ebrei e per la loro disperata resistenza, nei ghetti di tutta Europa.

di Alessandro Litta Modignani

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Nagorno Karabakh. Il dolore di un popolo senza terra e sotto assedio di cui “nessuno più parla” (SIR 15.01.24)

Il Nagorno Karabakh appare sempre più come una “partita” giocata tra Russia, Stati Uniti, Europa e Turchia, sulla pelle delle 100mila persone costrette a lasciare la loro terra e a rifugiarsi in Armenia, senza casa e senza futuro. “Il mondo – dice padre Tirayr Hakobyan, archimandrita della Chiesa apostolica armena in Europa occidentale – non può chiudere la bocca di fronte a quanto sta accadendo e celare la verità. La giustizia non può rimanere ostaggio degli interessi. Questo silenzio renderà le guerre più prepotenti ma quel punto nessuno riuscirà più a fermarle”

(Foto ANSA/SIR)

100mila armeni in fuga dal Nagorno Karabakh, di cui 30mila bambini. Hanno lasciato tutto. Dopo mesi di assedio, senza acqua e cibo, sono stati obbligati a scappare nel giro di 24/48 ore senza poter prendere nulla. Chi in macchina, chi sui camion. “I soldati, sono entrati nelle loro case. Hanno svuotato e rubato tutto. Hanno distrutto anche il patrimonio ecclesiale, spirituale e culturale del popolo armeno. Hanno distrutto chiese, monumenti, cimiteri”. “Questo è odio, odio verso tutto quello che rappresenta l’Armenia. E nessuno ne parla”.“Il mondo deve fermare tutto questo. Non è possibile che gli interessi siano più importanti della giustizia. Non è giusto rimanere in silenzio”.

Padre Tirayr Hakobyan, archimandrita della Chiesa Apostolica Armena in Europa Occidentale (Foto Sir)

A dare voce alla sofferenza del popolo cristiano armeno e alla grave emergenza umanitaria che si è aperta con il conflitto in Nagorno Karabakh, è padre Tirayr Hakobyan, archimandrita della Chiesa Apostolica Armena in Europa Occidentale, in un incontro per giornalisti organizzato a Roma dall’Associazione Iscom della Pontificia Università della Santa Croce. Il Nagorno Karabakh appare sempre più come una “partita” giocata tra Stati Uniti, Russia, Europea e Turchia, sulla pelle però delle 100 mila persone, uomini, donne, bambini, anziani, costrette a lasciare la loro terra e a rifugiarsi in Armenia. “Lì – spiega l’archimandrita – ricevono un piccolo contributo dal governo armeno, ma può essere una situazione provvisoria. Questa gente deve trovare un lavoro, ricominciare una vita da zero. Nei loro occhi si legge la mancanza di speranza. Abbiamo perso tutto, dicono. Occorre quindi aiutarli non solo materialmente, ma anche sostenerli psicologicamente”.La preoccupazione è soprattutto per i bambini costretti a fuggire, strappati alle loro case, alla loro vita. Molte famiglie hanno deciso di non allontanarsi dal confine, con l’intenzione di poter un giorno tornare alle loro case.

L’archimandrita tiene subito a precisare che non si tratta di un “conflitto” di matrice religiosa ma territoriale perché l’obiettivo è quello di strappare al popolo la terra e cancellare una presenza storica. Per questo, hanno preso di mira e attaccato chiese e cimiteri, i monumenti storici. Hanno strappato ogni segno di scrittura e appartenenza alla cultura armena. Hanno addirittura colpito e distrutto la cattedrale di Cristo San Salvatore di Ghazanchetsots, nella citta di Shushi, luogo simbolo della cristianità armena sin dal XIX secolo. L’appello di padre Hakobyan è forte: “salvate il nostro patrimonio e le nostre Chiese. Fanno parte di tutto ciò che siamo”. La religione è da sempre una “componente fondamentale dell’identità armena”. Il paese è sempre stato una terra di passaggio e di confine ma è stata la Chiesa a mantenere forte e solda l’identità e la cultura armene. Colpirle oggi significa anche cancellare una storia e l’esistenza stessa di un popolo.“Il mondo ha giustamente condannato la Russia per l’invasione in un Paese indipendente. Ora che l’Azerbaigian lo sta facendo con gli armeni, il mondo sta zitto e dice che va bene”, osserva l’archimandrita. “Dov’è la verità? E quali sono gli interessi per sottacere la giustizia”.Il quadro è complesso. La Turchia e l’Iran sono impegnate con la guerra in Medio Oriente. La Russia è interessata a consolidare e proteggere la sua “geografia” dei passaggi di gas e petrolio verso l’Europa. “Cosa ha l’Armenia?”, chiede padre Hakobyan. “Niente, se non la sua identità e la sua storia”. “Siamo rimasti soli”. Solo Papa Francesco ha saputo pronunciare parole chiare. L’ultimo appello – molto apprezzato – lo ha lanciato parlando ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la santa sede l’8 gennaio scorso. “È urgente trovare una soluzione alla drammatica situazione umanitaria degli abitanti di quella regione”, ha detto il Papa, “favorire il ritorno degli sfollati alle proprie case in legalità e sicurezza e rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti. Tali passi potranno contribuire alla creazione di un clima di fiducia tra i due Paesi in vista della tanto desiderata pace”. Gli fa eco oggi l’archimandrita: “Il mondo – dice – non può chiudere la bocca di fronte a quanto sta accadendo e celare la verità. La giustizia non può rimanere ostaggio degli interessi. Questo silenzio renderà le guerre più prepotenti e a quel punto nessuno riuscirà più a fermarle”.

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Nessuna missione Ue per le elezioni in Azerbaigian (Ansa 15.01.24)

STRASBURGO – Il Parlamento europeo ha comunicato che non osserverà il processo elettorale per le presidenziali in Azerbaigian previste il prossimo 7 febbraio e di conseguenza non commenterà né il processo né i risultati che saranno annunciati successivamente. Nessun singolo membro del Parlamento europeo è stato autorizzato a osservare o commentare questo processo elettorale a suo nome. Pertanto, “se un membro del Parlamento europeo decidesse di commentare queste elezioni, lo farebbe di propria iniziativa e non dovrebbe, in nessun caso, rappresentare o impegnare il Parlamento europeo con dichiarazioni o azioni”, spiega l’Eurocamera in una nota.

VIDEO GERUSALEMME. A rischio lo storico quartiere armeno (Pagine Esteri 14.01.24)

Pagine Esteri, 14 gennaio 2023. Lo storico quartiere armeno di Gerusalemme è a rischio demolizione. Una società immobiliare israeliana, la Xana Gardens Ltd, afferma di aver ottenuto dal patriarca armeno un leasing di 99 anni che le permetterebbe di costruire un hotel di lusso su tutta l’area, cinque dei quali sono stati arrestati con l’accusa di aver provocato disordini.

Gli armeni hanno alzato una piccola recinsione per proteggere le loro case e gestiscono un presidio permanente per il timore di nuove incursioni da parte della società immobiliare e degli estremisti israeliani.

La contesa immobiliare non è finita in tribunale ma con le ruspe della società e con decine di coloni israeliani che hanno tentato di cacciare con la forza i membri della comunità armena. Servizio video di Eliana Riva

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IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI Marcello Flores (Unlibrotiralaltro 14.01.24)

Ho saputo di quel che era successo agli Armeni durante la Grande Guerra, nel 1915, quando mi capitò di leggere con grande partecipazione, “I quaranta giorni del Moussa Dagh” di Franz Werfel. Si tratta di un romanzo, ricco però di riferimenti storici reali che narra di un fatto realmente avvenuto.

Quello che c’è di bello in questa epopea è che gli armeni che si erano rifugiati sul Mussa Dagh non solo riuscirono a evitare la deportazione e l’eliminazione fisica delle marce nel deserto ma addirittura tennero valorosamente testa ai Turchi e riuscirono infine a salvarsi in gran numero.

Quello toccato agli Armeni è un genocidio, che per varie ragioni viene ricollegato alla Shoah degli Ebrei. “Il genocidio degli Armeni” di Marcello Flores ricostruisce assai bene le due principali persecuzioni turche anti-armene: quella del 1894-96, quando al potere dell’Impero ottomano c’era un sultano e quella del 1915-16 a opera del governo dei Giovani Turchi. A suo avviso si può parlare di genocidio solo in riferimento a quest’ultima, avvenuta durante la prima guerra mondiale.

Le ragioni del “Grande Male” (così lo chiamano gli Armeni, che lo ricordano il 24 aprile di ogni anno), gli avvenimenti, gli schieramenti politici, le idee politiche e le relazioni internazionali del genocidio vengono ricostruiti e messi in rapporto alle diverse interpretazioni storiografiche. Queste ultime sono andate nel tempo evolvendosi e maturando sotto il profilo sia metodologico che epistemologico. A parte quella negazionista, le più varie interpretazioni convergono comunque sul fatto che di genocidio si sia trattato; per quanto differiscano fra loro in relazione alla datazione del suo inizio e all’individuazione delle motivazioni e delle intenzionalità dei responsabili.

Un’appendice fotografica, compresa di ricostruzione storica specifica, chiude il libro.

Recensione di Ettore Martinez

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Starlink in Armenia: una nuova era di connettività (Ultimometro 14.01.24)

L’Armenia, un paese montuoso situato nella regione del Caucaso, ha sempre avuto difficoltà ad avere una connessione internet affidabile e veloce. Tuttavia, grazie all’introduzione di Starlink, la situazione sta cambiando radicalmente.

Starlink è un servizio di internet satellitare fornito da SpaceX, l’azienda di Elon Musk. Il servizio utilizza una rete di satelliti in orbita bassa per fornire connessioni internet ad alta velocità e bassa latenza in tutto il mondo. Starlink è stato lanciato per la prima volta nel 2018 e, da allora, ha continuato a espandersi in tutto il mondo.

In Armenia, Starlink è stato introdotto per la prima volta nel 2021. Il servizio ha immediatamente attirato l’attenzione degli armeni che hanno sofferto per anni a causa della scarsa connettività internet. Con Starlink, gli armeni possono finalmente godere di una connessione internet veloce e affidabile, indipendentemente dalla loro posizione geografica.

Uno dei principali vantaggi di Starlink è la sua velocità. Il servizio promette velocità di download fino a 300 Mbps e velocità di upload fino a 30 Mbps. Questo è molto più veloce della maggior parte delle connessioni internet disponibili in Armenia. Inoltre, Starlink offre anche una bassa latenza, il che significa che la connessione è molto più reattiva e fluida rispetto ad altre opzioni.

Ma non è solo la velocità che rende Starlink così attraente per gli armeni. Il servizio è anche molto affidabile. A differenza delle connessioni internet tradizionali, che possono essere interrotte da problemi di rete o da eventi atmosferici, Starlink utilizza una rete di satelliti in orbita bassa che sono meno suscettibili a interruzioni. Ciò significa che gli utenti di Starlink possono godere di una connessione internet costante e affidabile, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche o di rete.

Inoltre, Starlink è anche molto conveniente. Il servizio richiede solo un’installazione iniziale e un abbonamento mensile. Non ci sono costi nascosti o sorprese. Questo lo rende un’opzione molto attraente per le famiglie e le piccole imprese che cercano di risparmiare sui costi di connettività internet.

Ma come funziona esattamente Starlink in Armenia? Gli utenti di Starlink ricevono un kit di installazione che include un’antenna satellitare, un modem e un cavo di alimentazione. L’antenna satellitare deve essere installata all’aperto, in modo che possa ricevere un segnale diretto dai satelliti Starlink in orbita bassa. Una volta installata, l’antenna satellitare si connette al modem, che a sua volta si connette al computer o al router.

Una volta che il kit di installazione è stato configurato correttamente, gli utenti di Starlink possono godere di una connessione internet veloce e affidabile. Il servizio è disponibile in tutto il paese, anche nelle zone rurali e montuose che in passato avevano difficoltà ad avere una connessione internet affidabile.

Inoltre, Starlink offre anche una serie di funzionalità avanzate che lo rendono ancora più attraente per gli utenti armeni. Ad esempio, il servizio supporta la videoconferenza ad alta definizione, il che lo rende ideale per le famiglie e le imprese che lavorano da remoto. Inoltre, Starlink offre anche una vasta gamma di opzioni di sicurezza, tra cui la crittografia end-to-end e la protezione contro gli attacchi informatici.

In sintesi, Starlink sta cambiando radicalmente la connettività internet in Armenia. Il servizio offre velocità di download e upload incredibilmente veloci, una bassa latenza e una connessione affidabile in qualsiasi condizione meteorologica. Inoltre, Starlink è anche molto conveniente e offre una serie di funzionalità avanzate che lo rendono ideale per le famiglie e le imprese che cercano di risparmiare sui costi di connettività internet. Con Starlink, l’Armenia sta entrando in una nuova era di connettività, che promette di migliorare la vita di milioni di persone in tutto il paese.

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Israele a Erdogan: Turchia responsabile genocidio armeni (Ilmionapoli 13.01.24)

Polemiche dopo il sostegno turco al Sudafrica all’Aja

Aspra polemica fra Israele e Turchia dopo che il presidente Recep Tayyp Erdogan si è schierato con le tesi avanzate dal Sudafrica all’Aja. “Il presidente della Turchia, lo Stato responsabile del genocidio degli armeni, che pensava che il mondo avrebbe assistito in silenzio – ha replicato su X il ministro degli esteri israeliano, Israel Katz – si ‘vanta’ di aver inoltrato all’Aja documenti che accusano Israele di genocidio”.”Ti conosciamo bene – ha proseguito Katz rivolgendosi ad Erdogan.- Non dimentichiamo il genocidio degli armeni nè le stragi contro i curdi. Avete distrutto un popolo. Noi ci difendiamo dai vostri barbari amici”.


Aja, tensioni intorno a Israele

101 poesie di poeti armeni di fine Ottocento e del Novecento. Un’epoca per niente serena, a dir poco (Korazym 12.01.24)

È appena uscito RINASCITA. 101 poesie armene 1890-1989, a cura e traduzione di Mariam Eremian, con la Prefazione di Marco Bais (Fuorilinea 2023, 160 pagine [QUI]). Il libro vuole offrire una finestra sul variopinto mondo letterario armeno, nello specifico sulle poesie di Hovhannes Tumanian, Vahan Terian, Yeghishe Charents [QUI e QUI], Hamo Sahyan, Hovhannes Shiraz, Gevorg Emin, Paruyr Sevak, Metakse, Razmik Davoyan. Tutti loro hanno dato il meglio di sé sia come intellettuali che come combattenti, hanno alzato con forza la propria voce per proclamare la verità, per difendere e sostenere i propri connazionali e, soprattutto, per ispirare la pace e l’amicizia tra i popoli.

«L’armeno è una lingua ricca
e ripagherebbe ampiamente
a chiunque il problema d’impararlo»
(George Gordon Byron).

Le 101 poesie raccolte nel volume si differenziano per stile, linguaggio, periodo, ma convergono per alcuni temi. Il protagonista è l’amore nostalgico, non mancano, però, riflessioni su misteri dell’universo, fragilità e grandezza dell’uomo, odi alla natura, alla madre e alla patria. Completano il volume brevi note sulle vite dei poeti che si snodano tra la fine dell’Ottocento e il Novecento. Un’epoca per niente serena, a dir poco, che inizia col genocidio armeno perpetrato dall’Impero ottomano e attraversa il periodo sovietico e staliniano, di illusioni e nuove sfide. Infine si arriva all’indipendenza dell’Armenia dall’URSS in cui gli Armeni, finalmente liberi, avrebbero fatto i conti con il devastante terremoto del 1988 e la guerra del Nagorno-Karabakh.

«La mia rabbia è colma d’amore, la mia notte colma di stelle»
«In un mondo diviso in bianco e nero, in cui “contano due poli soltanto” e dove le parole importanti sembrano essere solo “sì” e “no”, il poeta opta per l’astensione, ma la sua non è indifferenza né disimpegno, bensì una posizione terza, che si oppone a una visione conformistica delle cose e invita a cogliere le miriadi di sfumature esistenti tra il bianco e il nero e tra il sì e il no. È una riflessione, questa, che trascende le circostanze personali o storiche che l’hanno provocata per acquisire una valenza universale ed eterna. In un certo senso il poeta sfiora qui l’essenza della poesia, che è una forma peculiare di confronto dialettico tra l’uomo e il mondo ed è un tipo particolare di dialogo tra gli uomini, dove a entrare in contatto sono i mondi interiori e il linguaggio non può essere quello formalizzato, univoco, tecnico che solo sembra avere cittadinanza nel nostro mondo moderno, tecnologico e aspirante alla globalizzazione. La lingua del mondo interiore è ambigua, equivoca, evocativa. E dunque la poesia è una forma di resistenza rispetto a un mondo che predilige la semplificazione, la generalizzazione, la riduzione della complessità a sistema binario, l’affermazione del presente come metro su cui misurare non solo il futuro, ma addirittura il passato, da leggersi secondo i principi che regolano, o che si pretende regolino, la nostra vita attuale, secondo una prassi che abolisce qualsiasi sforzo di comprensione, consentendo solo di esprimere giudizi, ma impedendo di comprendere le ragioni» (Marco Bais).

«Figliolo se vuoi che sia
Lieve su di me la terra
Non lasciar incompleta la casa mia»
(Hovhannes Shiraz).

«Chiudo i miei occhi,
Chiudo le mie labbra,
E dentro me chiudo me stesso
Per tenere dentro sospiri e tristezza.
Tu mi sfiori
E tutte le mie chiusure tremano
Davanti al potere della tua carezza»
(Razmik Davoyan).

«Eravamo il mare, la notte, io e te
Solo noi quattro e nessun altro,
Se solo sapesse ciò che ci toglie
Anche l’alba non sorgerebbe di sicuro.
L’uno nell’altra ci cercavamo,
Tessevamo intesa le nostre anime,
Sospesi alle stelle ci cullavamo,
Eravamo il mare, la notte, io e te»
(Hamo Sahyan).

«Quei lumi che un tempo
io dentro m’accesi
per tenere lontano il terrore,
oggi ancora mi danno
un minuscolo raggio di speme
una piccola luce d’orgoglio»
(Yeghishe Charents).

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Un genocidio culturale dei nostri giorni (Osservatorio Balcani e Caucaso 12.01.24)

Presentazione presso la Camera dei Deputati del volume curato da A. Arslan e A Ferrari, Un genocidio culturale dei nostri giorni. Nakhichevan: la distruzione della cultura e della storia armena, edito da Guerini e Associati, Milano 2023.

Intervengono:

Antonia Arslan, scrittrice, saggista e curatrice del libro

Giulio Centemero, Presidente Gruppo Parlamentare di Amicizia Italia Armenia

Aldo Ferrari, professore presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e curatore del libro

Marco Pizzo, Direttore del Museo Centrale del Risorgimento di Roma

Posti limitati
RSVP – ufficiostampa@guerini.it

https://webtv.camera.it/conferenze_stampa

Erevan conta sull’Unione europea nel negoziato con Baku (Asianews 12.01.24)

Erevan (AsiaNews) – Secondo quanto dichiarato durante un briefing dal ministro degli esteri armeno Ararat Mirzoyan, la missione civile degli osservatori dell’Unione europea in Armenia ha una “importanza vitale” per la sicurezza di tutto il Paese, e soprattutto sulle frontiere con l’Azerbaigian. Egli ha espresso la soddisfazione del governo di Erevan per la decisione della Ue di ampliare la missione, aumentando il numero dei suoi membri e allungando il periodo del suo mandato.

La missione Euma era iniziata il 20 febbraio 2023 di fronte all’acuirsi delle tensioni tra Armenia e Azerbaigian, che hanno portato poi all’occupazione del Nagorno Karabakh, reintegrato nella repubblica azera dopo una guerra durata trent’anni, e riaccesasi in parallelo con i conflitti della Russia con Georgia e Ucraina. Proprio la passività delle forze di pace di Mosca sulle frontiere ha spinto gli armeni a cercare maggiore sostegno da parte dell’Europa, che ha deciso di rispondere secondo i principi di Politica comune di difesa e sicurezza (Csdp) con un gruppo di 138 osservatori per una missione di due anni, che lo scorso 11 dicembre sono stati integrati con altri membri fino a 209 persone, aggiungendo altri due anni di attività sul campo.

Il centro operativo della missione europea si trova a Ekhegnadzor, nella regione armena di Bajots-Dzorsk, ed è attiva anche un’altra base a Idževan nella regione di Tavuš. Lo scopo dell’iniziativa è l’aiuto alla stabilizzazione della situazione nelle zone di frontiera dell’Armenia, il rafforzamento della fiducia e della sicurezza delle persone rimaste vittime in vario modo del conflitto, ora soprattutto dei profughi armeni che hanno abbandonato il Nagorno Karabakh, e anche la ricerca di condizioni che favoriscano la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaigian con il sostegno della Ue.

Baku ha più volte contestato il sostegno europeo all’Armenia, ritenendo sufficiente la presenza dei militari russi, che secondo gli azeri dovrebbero occuparsi della de-militarizzazione della zona. La presenza di forze armate armene, secondo l’Azerbaigian, è il fattore che impedisce di arrivare rapidamente a un accordo di pace, permettendo di giungere a una demarcazione condivisa delle frontiere. I russi vogliono mostrarsi neutrali tra i due contendenti, fungendo di fatto da copertura delle azioni militari dell’Azerbaigian, ma senza esercitare eccessive pressioni a loro volta sull’Armenia, non volendo considerarla “in uscita” dalle storiche alleanze post-sovietiche, concedendola all’influenza europea.

Mirzoyan ha invece insistito proprio sugli sviluppi della collaborazione di Erevan con la Ue, che prevedono la realizzazione di diversi altri progetti. A suo parere, “le relazioni tra l’Armenia e l’Unione europea sono in una fase di apertura di nuovi processi a lungo termine, e gli argomenti di cui discutere si stanno accumulando sui tavoli delle trattative”. Alcuni progetti dipendono dall’Accordo di partenariato “onnicomprensivo e ampliato” già esistente, altri si aggiungono anche al di fuori del documento approvato. Il ministro ha concluso assicurando che “nonostante tutte le sfide che stiamo affrontando, l’Armenia continua sulla strada di ampie riforme democratiche, che ci avvicinano sempre di più all’Europa”.

Alle affermazioni di Mirzoyan fanno eco le parole del suo omologo della Grecia, Yorgos Gerapetritis, presente a Erevan in rappresentanza della Ue, secondo il quale questi progetti sono molto importanti non soltanto per l’Armenia, ma per tutta l’Unione europea, che considera il Paese caucasico “una parte importante dell’Europa”, e garantendo il pieno sostegno al cammino intrapreso. Un’azione comune messa a punto di recente è quella del cosiddetto “Incrocio della pace”, un piano funzionale allo sblocco delle comunicazioni e degli itinerari di trasporto in tutte le zone sensibili. Il ministro armeno garantisce che l’Armenia “è decisa in modo inequivocabile sulla questione del ristabilimento della pace, nonostante gli ostacoli, i rallentamenti e gli atteggiamenti distruttivi, e raggiungeremo l’obiettivo il più rapidamente possibile”.

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