In risposta alla nota dell’Ambasciatore S.E Sig. Ilgar Mukhtarov inviata ad Alleanza Cattolica (Alleanza Cattolica 24.01.24)

Armenia: inaugurata la nuova sede del Consolato Onorario d’Italia a Gyumri (Aise 24.01.24)

JEREVAN\ aise\ – Il 19 gennaio scorso l’ambasciatore d’Italia in Armenia, Alfonso Di Riso, si è recato a Gyumri per l’inaugurazione della nuova sede del Consolato Onorario d’Italia. L’evento è iniziato con i discorsi dell’ambasciatore e del nuovo console onorario d’Italia a Gyumri, Massimiliano Floriani. Con loro è intervenuta anche la vice governatore della Regione di Shirak, Anna Martikyan. Presenti la vice sindaco di Gyumri, Lusine Sanoyan, e alcuni esponenti del mondo accademico e culturale della Regione di Shirak.
In serata, presso la sala concerti del Centro Tecnologico di Gyumri, ha avuto luogo il concerto del “Gran Duo Italiano”, composto da Mauro Tortorelli al gran violino a 5 corde e Angela Meluso al pianoforte. Al concerto, organizzato dall’Ambasciata d’Italia, erano presenti rappresentanti delle autorità locali e del mondo della cultura.
Il giorno dopo, sabato 20 gennaio, i Maestri Mauro Tortorelli e Angela Meluso hanno tenuto una lezione magistrale per gli studenti della Filiale di Gyumri del Conservatorio Statale “Komitas” di Jerevan. (aise)

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Armenia: a San Marino, venerdì 26 gennaio, incontro sulla “grave situazione” delle 120mila persone “scacciate” dall’Artsakh (SIR 24.01.24)

i terrà venerdì 26 gennaio alle ore 20.45 a Domagnano (San Marino) un incontro sulla “grave situazione armena”. Prenderanno la parola il giornalista Renato Farina, che si è occupato spesso di questa regione, e Teresa Mkhtaryan, responsabile armena di una serie di progetti portati avanti dall’Associazione “Il Germoglio” per aiutare questo popolo martoriato. “La nostra comunità ‘Il Germoglio’ realizza progetti in Armenia volti a migliorare la vita delle persone”, spiega in una nota Teresa Mkhtaryan. “L’idea della nostra comunità è semplice: ognuno di noi dovrebbe fare ciò che dipende da essa. Non cercare i colpevoli, non incolpare nessuno, non discutere di ciò che gli altri dovrebbero fare, ma semplicemente cambiando te stesso e cambiando il mondo intorno a te”. L’incontro è promosso dal Coordinamento delle Aggregazioni Laicali di San Marino per far conoscere la situazione in cui vivono oggi le 120.000 persone che sono state scacciate “dalla terra in cui vivevano da millenni, l’Artsakh, conosciuto come Nagorno – Karabakh, per rifugiarsi in Armenia”. Il Coordinamento sottolinea che “San Marino, l’antica terra della libertà, nel corso della sua storia in molte occasioni ha prestato attenzione ed aiuto alle persone e alle popolazioni in difficoltà, dando rilievo al cuore ospitale che la caratterizza. Per questo motivo viene proposta una serata di ascolto e di testimonianza su quanto sta accadendo in Armenia”.

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San Marino. La situazione del popolo armeno al centro di un incontro promosso dalle Aggregazioni Laicali
Incontro «Armenia-Artsakh. Ritorno al Paradiso» a Domagnano (San Marino)

Un religioso al fianco del popolo armeno (Vaticannews 24.01.24)

Originario di Erzerum, in Turchia, Cirillo Giovanni Zohrabian, è una personalità poliedrica, caratterizzata da umorismo, umiltà, spirito di servizio e profondo senso di giustizia. Si ritiene sia nato il 25 giugno 1881 in una famiglia povera e profondamente cristiana, sterminata, poi, nel genocidio degli armeni. Fa il suo ingresso fra i cappuccini del convento di Istanbul nel 1894.

Ordinato sacerdote, dieci anni dopo è destinato alla missione di Trebisonda, a Erzerum, dove si dedica al ministero pastorale, alla direzione spirituale, all’insegnamento, agli ammalati. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, trovandosi a Istanbul, gli viene impedito di rientrare nella sua missione e si stabilisce nel convento di San Luigi. Finita la guerra, il religioso si occupa delle centinaia di ragazze armene rimaste orfane a causa del genocidio e, nel 1920, a Trebisonda, mette a disposizione dei greci della regione del Ponto espulsi dalla loro terra, la chiesa e il convento. Per questo motivo viene cacciato dalla città e arrestato, poi, ad Istanbul. Sottoposto per tre giorni a torture, è condannato a morte con una falsa accusa, ma, all’ultimo momento, viene liberato ed allontanato dalla Turchia. Giunge così in Grecia, dove si prende cura di migliaia di profughi armeni. Aggregato nella Provincia religiosa dei cappuccini di Palermo, il 21 novembre 1938 è nominato vicario patriarcale dell’Alta Gezira, in Siria e, l’8 giugno 1940, viene eletto vescovo titolare di Acilisene. La sua attività disturba, però, le autorità greche, che decide di sorvegliarlo e di impedirgli di svolgere il suo apostolato, sino a negargli il visto di ingresso e di permanenza in Grecia. Cirillo Giovanni raggiunge così la Siria, dove svolge una intensa azione pastorale e assistenziale, costruendo scuole, chiese e case per i sacerdoti e impartendo lezioni private a numerosi studenti. A causa di difficoltà di salute, presenta poi le sue dimissioni dalla sede vescovile dell’Alta Gezira e si stabilisce a Roma, continuando le sue attività caritative e apostoliche a favore degli armeni. Muore il 20 settembre 1972.

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Sguardi sulle Società: Una Missione Ue in Armenia (Arte.tv 24.01.24)

Il conflitto in corso tra Armenia e Azerbaigian, per il controllo dell’area del Nagorno-Karabakh, ha indotto l’Unione Europea a inviare dei civili nel febbraio 2023 per monitorare la situazione. Il personale è responsabile anche dell’interazione con la popolazione locale, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza e contribuire alla stabilità presso queste zone di confine.

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L’ARMENIA: UNA TRAGEDIA UMANA E CULTURALE ALLE PORTE DELL’EUROPA (Aria Mediterranea 24.01.24)

Nel cuore del Caucaso Meridionale, l’Armenia continua a vivere una tragedia umanitaria senza precedenti, con migliaia di cittadini costretti a fuggire dalle proprie terre, in quello che sembra essere un tentativo sistematico di cancellare la presenza armena nella regione. La comunità internazionale osserva passivamente mentre una cultura millenaria si trova in pericolo di estinzione.

La recente escalation del conflitto tra Azerbaijan e Armenia nel Nagorno Karabakh ha provocato la fuga di oltre 120.000 armeni, tra cui 30.000 bambini, rendendo la situazione umanitaria drammatica. Mescolandosi alle notizie di città abbandonate e luoghi di culto trasformati in moschee, emerge un chiaro tentativo di riscrivere la storia, cancellando ogni traccia della presenza armena.

I 12 milioni di armeni nel mondo oggi affrontano un destino amaro, con nove milioni di essi costretti a vivere in esilio. Una cultura ricca di storia millenaria si trova ora dispersa in tutto il mondo, con solo una piccola parte concentrata nelle minuscole porzioni del Caucaso, compresa la Repubblica d’Armenia.

La questione, tuttavia, non è solo territoriale; gli analisti indicano che dietro questo conflitto si celano interessi geopolitici tra Stati Uniti, Russia, Europa e Turchia. Il Nagorno Karabakh, teatro di questa drammatica vicenda, non esisterà più dal 1° gennaio 2024, e le sue istituzioni saranno presto sciolte. Gli abitanti, nonostante le promesse di protezione dell’Azerbaijan, sono fuggiti in massa, temendo una futura pulizia etnica dopo l’attacco militare del 2023.

La radice del problema sembra essere legata alla volontà di strappare al popolo armeno la terra e cancellare ogni traccia della sua presenza storica. Il cristianesimo, introdotto nel primo secolo dell’era cristiana, è stato ufficializzato come religione di Stato nel 301 d.C. Questa ricca tradizione religiosa e culturale è ora minacciata dal conflitto in corso.

Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per la situazione nel Caucaso Meridionale e ha esortato le parti coinvolte a trovare una soluzione pacifica. La sua preoccupazione si estende anche alla drammatica situazione umanitaria degli abitanti della regione, sottolineando l’urgenza di favorire il ritorno degli sfollati alle proprie case in legalità e sicurezza, rispettando i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose presenti.

In un mondo che spesso priorizza gli interessi politici, è cruciale che la comunità internazionale si unisca per porre fine a questa tragedia umana e culturale, affinché la pace possa tornare nel Caucaso Meridionale e il popolo armeno possa ritrovare la sicurezza e la stabilità nelle proprie terre. Non possiamo restare in silenzio di fronte a un’ingiustizia così evidente e urgente.

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Laura Ephrikian presenta libro “Una famiglia armena” a Potenza (Sassilive 23.01.24)

Lunedì 29 gennaio 2024 alle ore 16,30 nel Polo Bibliotecario in via Don Minozzi a Potenza l’associazione  Le Ali di Frida in collaborazione con il Circolo Radici di Matera, promotore dell’iniziativa, incontrerà Laura Ephrikian per una conversazione sul suo ultimo libro, intitolato “Una famiglia armena”.

Laura appartiene a una famiglia di origini armene e come artista si è formata alla scuola del Piccolo Teatro di Milano. Negli anni sessanta e settanta è stata presentatrice ed annunciatrice della Rai, interprete di numerosi film di successo con il marito Gianni Morandi, nonché protagonista di opere teatrali e di sceneggiati televisivi.

Questo suo ultimo libro racconta delle origini armene della sua famiglia, attraverso le vicende del nonno Akop che fuggito dal suo Paese, trova a Venezia la salvezza e l’amore.

Laura Ephrikian, da più di 30 anni, svolge attività filantropiche in Kenia, dedicandosi soprattutto ai bambini per i quali è impegnata nella costruzione di pozzi di acqua dolce e di scuole.

Si sottolinea che i fondi raccolti con la vendita del libro e dei piatti dipinti saranno devoluti per le attività suddette in Africa.

Dialogheranno con l’autrice Franca Coppola, Olimpia Orioli e Enzo Mori.

Nagorno-Karabakh, quale futuro dopo il conflitto? (Atlante Guerre 23.01.24)

di Ambra Visentin

Nel settembre 2023, l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare su larga scala contro lo Stato separatista autodichiarato di Artsakh, nella regione del Nagorno-Karabakh, internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaigian ma contesa con l’Armenia dal 1993. L’azione ha costretto più di 100.000 armeni che vivevano nell’area a fuggire. La repubblica autoproclamata del Nagorno-Karabakh è stata ufficialmente sciolta il 1° gennaio 2024. Dell’epilogo di questo lungo conflitto e degli attuali negoziati di pace, abbiamo parlato con Nadja Douglas, politologa e ricercatrice presso il Centro di studi internazionali e dell’Europa orientale (ZOiS) di Berlino (nella foto a dx).

Dottoressa Douglas, nella sua pubblicazione del settembre 2023 sostiene che il Nagorno-Karabakh è stato “sacrificato”. Chi ha permesso questo sacrificio e perché?

“All’indomani degli eventi del 19-20 settembre, il Nagorno-Karabakh è stato sacrificato da più parti, in varia misura e per motivi molto diversi. La comunità internazionale non ha reagito con un approccio comune all’uso della forza da parte dell’Azerbaigian per spingere verso una soluzione definitiva tra Azerbaigian e Armenia. La Federazione Russa non è intervenuta a causa della guerra contro l’Ucraina e della necessità di mantenere buone relazioni con l’Azerbaigian come partner per il commercio, il transito e l’elusione delle sanzioni occidentali. Infine, il Nagorno-Karabakh è stato sacrificato dalla stessa Armenia, per la necessità di salvare la propria integrità territoriale. L’Armenia si trova in una posizione molto debole nei confronti dell’Azerbaigian a causa della guerra del 2020 e teme di subire ulteriori aggressioni azere a meno che non si raggiunga un accordo di pace nel prossimo futuro”.

Con la vittoria azera nell’ultima offensiva, si è tornati a parlare del “corridoio di Zangezur”, il tratto di circa 30 chilometri di territorio armeno che separa l’Azerbaigian dalla sua exclave di Nakhchivan. Quali sviluppi possiamo aspettarci?

“Al momento è molto difficile dirlo. L’Azerbaigian ha effettivamente rinunciato, forse in nome dell’accordo di pace, a spingere per il cosiddetto corridoio di Zanzegur. Tuttavia, Baku continua a chiedere una via di trasporto priva di ostacoli che colleghi l’Azerbaigian occidentale con la regione autonoma di Nakhchivan, ricordandolo come un impegno assunto dall’Armenia nell’accordo di pace trilaterale del novembre 2020 con Russia e Azerbaigian. Gli armeni temono che l’Azerbaigian possa imporre una sorta di status exterritoriale del corridoio, tagliando di fatto la regione meridionale del Syunik dal resto del Paese. Attualmente, anche l’Azerbaigian sta cercando alternative attraverso l’Iran. Hanno ancora l’idea di realizzare questa rotta, ma presumo che non cercheranno di ottenerla ad ogni costo”.

A che punto siamo con il processo di pace?

“Entrambe le parti sono piuttosto pragmatiche. L’Armenia vuole questo accordo di pace, soprattutto per mettere in sicurezza i propri confini e per avere un documento che garantisca che l’Azerbaigian non continuerà a fare incursioni militari nel suo territorio. Tuttavia, le prospettive di un accordo di pace sono molto difficili da valutare perché al momento le parti non riescono a mettersi d’accordo se debba essere un accordo mediato o se debba essere realizzato su base bilaterale, cosa che svantaggerebbe l’Armenia.

È innegabile che entrambe le parti lo vogliano, certo per ragioni diverse, ma si tratta del processo di pace più concreto e tangibile a cui abbiamo assistito, almeno nell’ultimo decennio. Tuttavia, guardando la situazione nel complesso, siamo lontani da una pace positiva e sostenibile. L’odio, il risentimento e il desiderio di ritorsione tra le due società sono ancora molto forti. Inoltre, la retorica dell’Azerbaigian è ancora piuttosto aggressiva, il che ovviamente ostacola la comprensione reciproca e il dialogo tra le due popolazioni nel lungo periodo”.

Quali sono le priorità dell’Azerbaigian?

“L’Azerbaigian ha due ragioni principali per continuare i negoziati di pace con l’Armenia. In primo luogo, vuole consolidare la sua vittoria in un documento. Hanno recuperato con successo il Nagorno-Karabakh. Era un obiettivo a lungo termine e una sorta di “ragion di Stato” quella di “riportare il Karabakh a casa”. Questo ha dato legittimità all’intero regime del presidente Ilham Aliyev. Vogliono questo accordo di pace, ma non vogliono che il Karabakh ne faccia parte, perché considerano il conflitto comunque concluso. Il secondo aspetto è quello economico. L’Azerbaigian mira a rilanciare la rete regionale. Insieme alla Georgia, stanno già pensando al futuro, a come una regione del Caucaso meridionale più riunita possa diventare un importante hub di trasporto e transito”.

E le prospettive dell’Armenia?

“L’Armenia vuole la demarcazione dei confini e la restituzione dei prigionieri di guerra, ma è anche interessata a potenziare le connessioni territoriali. Trarrebbe, infatti, enormi benefici dall’apertura dei confini con i suoi avversari a est e a ovest. Questo includerebbe la riapertura di ex linee ferroviarie e nuovi collegamenti stradali in tutta la regione del Caucaso meridionale. Un’altra questione importante è la protezione del patrimonio culturale. Recentemente sono stati lanciati appelli per dividere i negoziati, separando i colloqui di pace dalla demarcazione dei confini. Ma questo probabilmente non andrebbe a vantaggio dell’Armenia”.

All’inizio della nostra conversazione, ha citato gli interessi di esportazione della Russia fra le ragione del non-intervento. Può darci un’idea di come sta crescendo il commercio con l’UE attraverso l’Azerbaigian?

“Come è noto, la Commissione UE ha concluso un accordo sul gas con l’Azerbaigian a metà del 2022 per raddoppiare la quantità di gas importato nell’Unione Europea a partire dal 2027. L’obiettivo era quello di compensare la decisione della Russia di tagliare dell’80% le sue esportazioni di gas verso l’Europa a seguito delle sanzioni occidentali in reazione alla guerra in Ucraina. Di fronte al rischio di rimanere bloccata con il proprio gas e al crollo dei profitti, la Russia ha cercato mercati alternativi. L’esportazione di gas verso Paesi terzi come l’Azerbaigian, la Turchia o l’India, che a loro volta riesportano verso l’UE, ha perfettamente senso per la Russia. Sappiamo bene che l’Azerbaigian da solo non sarebbe mai in grado di soddisfare la sua quota di fornitura senza l’uso del gas russo che, in sostanza, viene riciclato”.

Qual è la situazione dei rifugiati del Nagorno-Karabakh?

“L’Armenia è ancora un Paese molto povero e molto piccolo in termini di popolazione. Integrare più di 100.000 rifugiati rappresenta quindi un onere enorme. Il sostegno del governo non può continuare all’infinito, poiché l’Armenia non ha le stesse risorse dell’Azerbaigian, che sostiene da oltre 30 anni alcuni rifugiati provenienti dal Karabakh e dalle regioni circostanti. Tra il 1992 e il 1994, circa 700.000 persone sono dovute fuggire dalle regioni che sono state poi annesse all’Armenia. Ancora oggi, alcune di queste persone sono sostenute dal governo azero e alcune di loro vivono in condizioni molto difficili, il che è deplorevole anche considrata la prosperità dell’Azerbaigian. L’Unione Europea, da parte sua, ha già stanziato, almeno per il momento*, diversi milioni di euro per gli aiuti di emergenza, soprattutto per aiutare i rifugiati. Tuttavia, sostenere intere famiglie per un lungo periodo di tempo, trovare loro un alloggio, integrarli nel mercato del lavoro e nel sistema educativo è una sfida immensa e richiederebbe un impegno a lungo termine.”

* Nell’ottobre 2023, l’UE ha mobilitato altri 500.000 euro in aggiunta agli 1,17 milioni di euro di aiuti umanitari forniti all’inizio dell’anno per la crisi del Nagorno-Karabakh. Dalla grave escalation del conflitto nel 2020, l’UE ha sostenuto le operazioni umanitarie in Armenia e Azerbaigian con più di 21 milioni di euro, ndr

Le foto di copertina e all’interno sono di Eugene Shalnov. Vedi tutto il servizio fotografico su atlasofwars

Eugene Shalnov, fotografo russo  Sono nato nel 1995 a San Pietroburgo, in Russia.  Dal 2018 è designer delle luci in uno dei teatri di San Pietroburgo e contemporaneamente si occupa di fotografia.  Nel 2022 si è  diplomato alla Scuola di fotografia contemporanea DOCDOCDOC e ha completato il mio primo progetto indipendente sull’assistenza medica volontaria. Nello stesso anno, per via delle sue idee politiche e dell’inizio della guerra in Ucraina, ha dovuto lasciare prima il teatro e, dopo quattro mesi, la Russia. Vive e lavora  come fotografo in Armenia

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Il giro del mondo in sette vini rossi, dall’Australia all’Armenia passando per la California (Gamberorosso 23.01.24)

Una playlist enologica per spaziare con classe in diversi paesi che producono ottimi vini, tra Armenia e California, Spagna e Francia, Australia e Slovenia

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Heritage Sireni 2019 Zorah

Questo splendido rosso ci ricorda un altro conflitto in corso. Dal 2022 non sarà più prodotto, ci racconta Zorik Gharibian, perché le vigne si trovano nel Nagorno-Karabakh dove è in atto una pulizia etnica da parte degli azzeri nei confronti degli armeni. Quasi 150mila armeni hanno dovuto lasciare la regione. La varietà principale è il sireni, con un taglio del 20% di un’altra varietà autoctona, in questo caso a bacca bianca: l’arati. Naso molto puro e fragrante di melograno, fragoline di bosco e limone. La bocca è leggiadra ma incisiva, con uno sfizioso registro speziato di pepe bianco e liquirizia. Chiude lungo e sfumato su toni mandorla tostata. 60 euro.

 

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Megliounlibro: leggere per ricordare la Shoah, le foibe, il genocidio degli Armeni (Resegoneonline 23.01.24)

L’associazione non profit per l’orientamento alla lettura di qualità seleziona 16 titoli per le tre Giornate della Memoria 2024

Il Giorno della Memoria 2024 arriva in un contesto particolare, segnato da un clima di guerre e divisione. Al tempo stesso, il motto “Leggere per non dimenticare” assume un valore ancora più ampio.

Dolori antichi si sovrappongono a quelli recenti. Ostaggi, torture, uccisioni senza fine: l’escalation di odio dimostra che se non si conosce la storia è più arduo raggiungere la pace.

Per il 2024 Megliounlibro propone una selezione, per fasce d’età, di 16 titoli pubblicati di recente e dedicati alle 3 Giornate: 27 gennaio, 10 febbraio, 24 aprile, la Memoria della Shoah, il Ricordo delle foibe, il genocidio degli Armeni. Perché leggere serva davvero a ricordare e a non ripetere.

Megliounlibro è il magazine di orientamento alla lettura edito da 26 anni dalla non profit Il Segnalibro Book Counselling Service, che ha tra i fini la promozione della lettura di qualità tra persone di ogni età. Una redazione tosta e una schiera di collaboratori – tutti volontari e di ogni età -, preparatissimi nel vagliare l’aspetto estetico e formativo delle opere. La sfida è trovare i classici del futuro, le “perle”. Nel 2019 a Bologna, alla Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi, è nato il Premio Megliounlibro, assegnato poi nel 2023 a Bookcity Milano, che vuole valorizzare l’opera di un autore che sappia trasmettere con garbo e originalità. Sempre talenti frizzanti al di là di ogni criterio di marketing e politically correct. Direttore responsabile: Laura Prinetti, già docente di latino e greco nei licei classici, giornalista, docente di Giornalismo in Università Cattolica.