Persone armate in stazione di polizia in Armenia, feriti (Ansa e altri 24.03.24)

Una fonte della polizia ha riferito alla Tass che persone armate hanno fatto irruzione in una stazione di polizia a Erevan in Armenia.

Secondo i dati preliminari, sono stati uditi rumori di esplosioni e spari. Diverse persone sarebbero rimaste ferite.

Al momento non sono disponibili commenti ufficiali. Secondo il ministero dell’Interno armeno, citato dall’agenzia russa Ria Novosti, l’attacco è stato compiuto da tre persone, due delle quali sono rimaste ferite per l’esplosione di una granata che portavano con sé. Una persona in possesso di un’altra granata è ancora barricata nell’edificio.


Attentato con granate a Erevan: feriti nella capitale dell’Armenia, sospetti sulla Fratellanza dei reduci della guerra in Karabakh Video (Il Messaggero)


Armenia, un commando armato fa irruzione in un commissariato di Yerevan (Agi)


Armenia, attacco a stazione di polizia (Rainews)


Armenia, tre uomini armati fanno irruzione in una stazione di polizia a Erevan e fanno esplodere una granata: ci sono feriti (Il Fatto Quotidiano)


Armenia: uomini armati fanno irruzione in un commissariato a Erevan (Corriere della Sera)


Armenia, uomini armati fanno irruzione in un commissariato a Erevan: l’esplosione di una granata (La Stampa)


Armenia, persone armate fanno irruzione in commissariato a Yerevan: ci sono feriti (Skytg24)


Alta tensione anche in Armenia, assalto in una stazione di polizia di Erevan. Allarme bomba a San Pietroburgo. Caccia russo intercetta due bombardieri Usa (L’Unità)


Armenia, spari e esplosioni in una stazione di polizia a Erevan: un arresto (TgLa7)


Armenia, commando armato assalta un commissariato: blitz delle forze speciali (Quotidiano Nazionale)

 

L’Armenia guarda a ovest e valuta lo strappo con Mosca (Nicolaporro.it 23.03.24)

Gli equilibri geopolitici del Caucaso meridionale stanno subendo dei mutamenti significativi, potenzialmente in grado di sfaldare l’architettura di sicurezza post-sovietica. Da un lato, Mosca prosegue l’offensiva ai danni dell’Ucraina – non senza ostacoli, come la recente incursione terrestre dei dissidenti filo-Kiev tra le oblast di Kursk e Belgorod; dall’altro, le nazioni che orbitano nella sfera d’influenza russa manifestano il loro disappunto nei confronti del tradizionale alleato.

La svolta dell’Armenia

In un quadro segnato dall’instabilità, l’Armenia considera l’ipotesi di un graduale allontanamento dal Cremlino. Le relazioni tra Mosca e Erevan hanno mostrato le prime crepe con l’ascesa del premier Nikol Pashinyan nel 2018 e sono precipitati dopo il mancato intervento delle forze di peacekeeping russe durante l’attacco azero del settembre 2023 in Nagorno-Karabakh, un’area sottoposta al controllo dei separatisti armeni.

Il primo ministro armeno ha un obiettivo ambizioso: liberare il Paese dagli artigli dell’orso russo per spostare il baricentro della sua politica estera verso ovest. L’Armenia è infatti alla ricerca di nuove partnership strategiche e punta a una maggiore sinergia con le potenze occidentali. Sembrano lontani i tempi in cui la Repubblica caucasica si affidava quasi esclusivamente alla Russia. L’adesione formale dell’Armenia alla Corte penale internazionale (Cpi) ha certificato la clamorosa svolta, suscitando il malcontento di Mosca.

Il ritiro dall’Otsc

Lo scorso 17 febbraio Pashinyan ha annunciato di voler congelare la partecipazione dell’Armenia dall’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Otsc), un’alleanza militare guidata dalla Russia che assomiglia a una “contro-Nato” (in miniatura, dal momento che include solo sei membri). Il leader di Contratto civile ha motivato la scelta denunciando l’inadeguatezza dell’Otsc nella difesa degli interessi nazionali armeni: una presa di posizione netta e incontrovertibile.

Non è un caso che a fine febbraio il ministro della difesa francese, Sébastien Lecornu, abbia fatto tappa a Erevan per sottoscrivere insieme al suo omologo Suren Papikyan nuovi accordi sugli armamenti. La Francia, che già nell’ottobre 2023 aveva consegnato all’Armenia tre sistemi radar GM-200, si è ora impegnata a fornire missili antiaerei Mistral a corto raggio per rafforzarne la capacità difensiva.

Le incognite economiche

Merita un discorso a parte l’economia. Sebbene il Pil armeno sia cresciuto del 10,5 per cento nella prima metà del 2023, l’Armenia deve fare fronte alla dipendenza dalla Russia. Il deterioramento dei rapporti tra i due Paesi risulta inversamente proporzionale alla cooperazione che hanno cementato negli ultimi decenni.

A partire dall’inizio degli anni Novanta, quando l’Armenia è diventata una repubblica indipendente, la Federazione russa figura come il principale partner del Paese nei settori del commercio, della siderurgia e della sicurezza alimentare. Per non parlare del monopolio esercitato nell’approvvigionamento energetico: Gazprom Armenia, la filiale locale della compagnia di stato russa, possiede tutte le infrastrutture di distribuzione del gas naturale in territorio armeno.

Bisogna ricordare, inoltre, che l’economia di Erevan è fortemente legata ai lavoratori emigrati in Russia, i quali spesso e volentieri rimandano i loro salari in patria. Nel 2022 i trasferimenti di denaro hanno raggiunto quota 3,6 miliardi di dollari (sui 5,1 miliardi totali entrati nel Paese). Queste circostanze sfavorevoli hanno spinto l’Armenia a valutare una diversificazione del suo sistema produttivo.

Primi passi verso l’Occidente

Il cambio di postura del governo di Pashinyan è un’opportunità che l’Europa e gli Stati Uniti non devono sottovalutare. La sua leadership illuminata (contro la guerra in Ucraina, a favore dell’integrazione comunitaria e della Nato) sta migliorando la reputazione dell’Armenia nello scenario euroatlantico.

Come scrivevo all’indomani delle elezioni in Estonia, nel marzo 2023, i popoli che hanno conosciuto la repressione sovietica desiderano vivere lontano dal regime di Vladimir Putin. Ed è grazie al mix democrazia-capitalismo che le ex repubbliche satellite dell’Urss possono coronare il sogno di affrancarsi dalla tirannide. C’è ancora molta strada da fare, ma le premesse appaiono incoraggianti.

Il futuro dell’Armenia è un gioco a somma zero. Se Nikol Pashinyan riuscirà ad avvicinare Erevan all’Unione europea e alla Nato, intraprendendo un iter di democratizzazione e di riforme, l’egemonia della Russia nella regione caucasica subirà una battuta d’arresto. Viceversa, l’Armenia continuerà ad essere vincolata alle decisioni del Cremlino senza sviluppare un indirizzo politico autonomo.

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L’Armenia è come l’Ucraina. Ma a nessuno interessa (Tempi 22.03.24)

Ora l’Azerbaigian pretende otto villaggi armeni, senza offrire in cambio i territori di Erevan che occupa illegalmente. Pashinyan ammette: «Se non cediamo, ci invadono». La comunità internazionale non ha niente da dire?

Sabato 23 marzo il Viotti Festival presenta per la prima volta Sergey Khachatryan (Citta di Vercelli 22.03.24)

Sabato 23 marzo 2024 (ore 21)
Teatro Civico
Via Monte di Pietà, 15 – Vercelli

Concerto in abbonamento

Sergey Khachatryan violino
Guido Rimonda direttore
Camerata Ducale

Il programma sarà il seguente:
L. van Beethoven – Concerto per violino e orchestra in re maggiore, op. 61 L. Cherubini – Sinfonia in re maggiore, ParC 54
Punto di svolta per il XXVI Viotti Festival, che dopo l’apertura del ricco programma delle celebrazioni per il bicentenario viottiano propone subito un altro concerto di assoluta importanza: sabato 23 marzo, infatti, al Teatro Civico (ore 21, concerto in abbonamento) si esibirà per la prima volta a Vercelli uno dei più grandi violinisti del mondo, ovvero l’armeno Sergey Khachatryan. Davvero difficile condensare in poche parole l’eccelso curriculum di questo interprete, il quale fin dalle prestigiose vittorie al Sibelius e al Queen Elisabeth incanta gli spettatori di ogni Paese, esibendosi con le migliori orchestre del mondo e continuando a stupire grazie a un’espressività e a un carisma inimitabili.

Considerato oggi tra i più importanti violinisti del mondo, l’armeno Sergey Khachatryan si è imposto sulla scena internazionale con l’affermazione al Sibelius di Helsinki nel 2000, diventando il più giovane vincitore nella storia del Concorso, e nel 2005 si è imposto al Queen Elisabeth di Bruxelles. Da allora ha collaborato con Berliner Philharmoniker, Royal Concertgebouw, London Symphony, London Philharmonic, Philharmonia Orchestra, esibendosi anche con New York Philharmonic, Boston Symphony, Bilbao Symphony Orchestra, Orchestre Philharmonique de Montecarlo e Orquesta de Valencia. In duo con sua sorella, la pianista Lusine Khachatryan, ha tenuto recital alla Wigmore Hall (Londra), al Théâtre des Champs-Élysées e alla Cité de la Musique (Parigi), al Concertgebouw di Amsterdam, al Palais des Beaux Arts (Bruxelles), alla Victoria Hall (Ginevra) e alla Carnegie Hall (New York). My Armenia (Naïve Classique), l’album di Sergey e Lusine dedicato alla commemorazione del genocidio armeno, è stato premiato con l’Echo Klassik per la musica da camera.

Per non perdere questo importante concerto del XXVI Viotti Festival, ricordiamo che è possibile effettuare prenotazioni o ricevere informazioni scrivendo a biglietteria@viottifestival.it, telefonando al 329 1260732 o presentandosi alla biglietteria presso il Viotti Club (via G. Ferraris 14 a Vercelli) mercoledì e venerdì dalle ore 14 alle ore 19, giovedì dalle 14 alle 16 e sabato dalle 14 alle 18 (gli stessi orari valgono anche per la reperibilità telefonica e via email).

Il prossimo appuntamento con il XXVI Viotti Festival è in programma Sabato 13 aprile 2024 (ore 21) al Teatro Civico di Vercelli.

ARMENIA. CAMPAGNA DI DISINFORMAZIONE CONTRO IL RIAVVICINAMENTO FRANCO-ARMENO (Notizie Geopolitiche 22.03.24)

di Giuseppe Gagliano 

Nel cuore di Erevan, la capitale dell’Armenia, recenti manifesti hanno sollevato polemiche criticando la Francia e l’ambasciatore francese, Olivier Decottignies, accusandolo di corruzione e sollecitando la Francia a ritirarsi dall’Armenia. Numerosi poster apparsi lungo la vivace Northern Avenue hanno stimolato discussioni sull’influenza esterna e le campagne di disinformazione che si stanno diffondendo ben oltre i confini nazionali. Attivisti che appoggiano l’occidente ritengono che dietro queste azioni ci sia la mano della Russia, intenta a minare i tentativi di Erevan di avvicinarsi all’occidente, un processo che la Francia cerca di facilitare fornendo supporto militare all’Armenia, in previsione di tensioni riaccese con l’Azerbaigian.
In questo scenario non solo l’ambasciatore francese, ma anche altre figure francesi presenti in Armenia come i dirigenti del gruppo Veolia, attivo nel settore della gestione dei rifiuti e dell’acqua, hanno subito campagne di disinformazione. Un episodio rilevante ha visto la diffusione di un video, manipolato con tecniche deepfake, per infangare l’immagine di Decottignies.
L’Armenia assiste a una lotta per l’influenza che coinvolge sia Mosca che Baku, entrambe critiche nei confronti del crescente riavvicinamento franco-armeno. Tuttavia il rapporto tra l’Armenia e la Russia ha subito tensioni specialmente dopo i conflitti del Nagorno-Karabakh, durante i quali il Cremlino non ha fornito l’assistenza attesa, nonostante l’Armenia faccesse parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva guidata dalla Russia.
Nel contesto di queste dinamiche a Erevan si osserva un aumento dell’attivismo che promuove un riavvicinamento dell’Armenia con l’occidente. L’Alleanza Nazionale Democratica, guidata da Jirayr Sefilian, si posiziona come voce critica contro l’influenza russa, sostenendo una maggiore apertura verso gli Stati Uniti e la Francia. Questo gruppo si è impegnato anche a livello internazionale, cercando sostegno attraverso il lobbista The Livingston Group negli Stati Uniti, e ha ricevuto attenzioni da parte di alcuni membri del Congresso Usa sensibili alle sue posizioni.
In un contesto di crescente tensione e lotta informativa l’Armenia si trova al centro di un complicato gioco geopolitico che coinvolge potenze regionali e globali, in un momento cruciale per definire le sue alleanze e la sua posizione sullo scacchiere internazionale.

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L’Armenia pronta a cedere i villaggi contesi per avere la pace, e non una guerra che non potrebbe sostenere (Scenari Economici 22.03.24)

Il Primo Ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan ha detto che il suo Paese potrebbe affrontare una guerra con il vicino Azerbaigian se non scenderà a compromessi e non restituirà quattro villaggi azeri che detiene dall’inizio degli anni Novanta.

Nel video pubblicato martedì, Pashinyan parlava durante un incontro con i residenti della regione Tavush, nel nord dell’Armenia, vicino a una serie di villaggi azeri abbandonati che l’Armenia controlla dall’inizio degli anni ’90. Cercava di convincere gli abitanti dell’area della necessità di restituirli per impedire una guerra che, in questo momento, senza l’appoggio militare diretto russo, l’Armenia avrebbe già perso.

Ecco dove si trova la regione di Tavush:

Armenia, regione di Tavush

I quattro villaggi, disabitati da oltre 30 anni, hanno un valore strategico per l’Armenia, poiché si trovano a cavallo della strada principale tra Yerevan e il confine georgiano.

L’Azerbaigian ha affermato che la restituzione delle sue terre, che comprendono anche diverse piccole enclavi interamente circondate dal territorio armeno, è una condizione necessaria per un accordo di pace che ponga fine a tre decenni di conflitto sulla regione del Nagorno-Karabakh, che le forze dell’Azerbaigian hanno ripreso lo scorso settembre.

Pashinyan ha detto alla gente del posto lunedì, nella clip video diffusa dal suo governo, che il mancato compromesso sui villaggi potrebbe portare alla guerra con l’Azerbaigian “entro la fine della settimana”, ha riferito l’agenzia di stampa statale russa TASS.

“Ora possiamo andarcene da qui, andiamo a dire [all’Azerbaigian] che no, non faremo nulla. Questo significa che alla fine della settimana inizierà una guerra”, ha dichiarato l’autore citato dalla TASS.

L’Armenia ha subito una grave sconfitta a settembre, quando le forze dell’Azerbaigian hanno ripreso il Nagorno-Karabakh con un’offensiva lampo, spingendo quasi tutti i circa 100.000 armeni della regione a fuggire in Armenia.

Sebbene il Nagorno-Karabakh sia riconosciuto a livello internazionale come territorio azero, l’etnia armena della regione gode di un’indipendenza de facto dall’Azerbaigian dalla guerra dei primi anni Novanta.

Trattato di pace

L’Azerbaigian e l’Armenia hanno dichiarato di voler firmare un trattato di pace formale, ma i colloqui si sono impantanati in questioni che includono la demarcazione del loro confine condiviso di 1.000 km, che rimane chiuso e pesantemente militarizzato.

Nelle ultime settimane Pashinyan ha segnalato di essere disposto a restituire i terreni azeri controllati dall’Armenia e ha suggerito di deviare la rete stradale armena per evitare il territorio azero, pur di concludere una pace vera fra i due paesi.  Il problema però rischia di essere la pubblica opinione armena che ptrebbe intendere la cessione dei territori come una resa all’Azerbaigian

L’Azerbaigian, a maggioranza musulmana, continua a controllare aree riconosciute a livello internazionale come parte dell’Armenia a maggioranza cristiana.

Il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha detto domenica che il suo Paese è “più vicino che mai” alla pace con l’ArmeIl nia, nelle osservazioni fatte dopo aver avuto colloqui con il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, a Baku.

Stoltenberg ha avuto colloqui martedì con Pashinyan in Armenia, che è nominalmente un alleato della Russia, anche se le sue relazioni con Mosca si sono deteriorate negli ultimi mesi a causa di ciò che l’Armenia afferma essere la mancata protezione della Russia dall’Azerbaigian.

Di conseguenza, l’Armenia ha orientato la sua politica estera verso l’Occidente,  e ha congelato il trattato militare CSI con la Russia .

Parlando ad una conferenza stampa a Yerevan con Pashinyan, Stoltenberg ha accolto con favore quella che ha definito la solidarietà dell’Armenia con l’Ucraina.

Commentando la visita di Stoltenberg, il Cremlino ha detto che è improbabile che gli sforzi del blocco per espandersi in quel Paese contribuiscano a portare stabilità.

In una dichiarazione pubblicata martedì sull’applicazione di messaggistica Telegram, la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha suggerito che i legami sempre più stretti dell’Armenia con l’Occidente sono il motivo per cui deve fare concessioni all’Azerbaigian. In realtà proprio il mancato appoggio russo è stato alla base della perdita del Nagorno Karabakh.

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Armenia premiata a Berlino dalla Parwa come “migliore destinazione storica” (Travelquotidiano 22.03.24)

L’Armenia è stata premiata durante la recente Itb di Berlino in qualità di migliore destinazione nella categoria “Storia” dalla Pacific Area Travel Writers Association (Patwa).

«Questo riconoscimento – ha commentato Susanna Hakobyan, vicedirettrice del Tourism Committee of Armenia – evidenzia il patrimonio culturale e il significato storico dell’Armenia. Estendiamo la nostra gratitudine a Patwa per questo premio e restiamo impegnati a condividere la nostra ricca storia con viaggiatori provenienti da tutto il mondo».

L’Armenia ha una storia di quasi tre millenni che si è preservata fino ad oggi attraverso un ricco patrimonio storico e culturale, che ha forgiato l’identità dei suoi abitanti. Primo stato al mondo ad adottare il Cristianesimo come religione di stato nel 301, l’Armenia conserva siti archeologici, monumenti e monasteri medievali che testimoniano il suo importante passato. Alcuni dei principali luoghi storici sono parte dei tre siti patrimonio Unesco: i due monasteri di Haghpat e Sanahin, il monastero di Geghard e l’Alta Valle dell’Azat, e la cattedrale e le chiese di Etchmiatzin insieme al sito archeologico di Zvartnots.

I premi di viaggio internazionali Patwa sono stati istituiti in modo indipendente e sono giunti alla loro 24° edizione. I premi riconoscono governi, organizzazioni, brand, ministri e individui che si sono distinti nella promozione del turismo. Il segretario generale dell’associazione, Yatan Ahluwalia, ha affermato: «Quest’anno l’attenzione della giuria si è concentrata sulla regione del Mediterraneo e del Sud America, oltre all’India. La sostenibilità è stata un fattore chiave per la nostra selezione. Oltre a riconoscere organizzazioni e individui, la nostra eccellenza nella categoria governance includeva premi per otto ministri del turismo di tutto il mondo che hanno avuto un impatto con le loro politiche e visione».

 

Armenia, un passo verso l’UE (Osservatorio Balcani e Caucaso 21.03.24)

Una risoluzione del Parlamento europeo sottolinea l’avvicinamento dell’Armenia all’UE. L’Unione europea pensa che Yerevan potrebbe presentare domanda di adesione, ma rimangono molti interrogativi

21/03/2024 –  Onnik James Krikorian

Venerdì scorso, il portavoce dell’Unione europea Peter Stano ha annunciato che l’Armenia potrebbe presentare domanda di adesione. La dichiarazione segue una risoluzione non vincolante del Parlamento europeo del 13 marzo, che aveva invitato gli organi superiori a prendere in considerazione un’eventuale richiesta di adesione di Yerevan.

“Se l’Armenia fosse interessata a richiedere lo status di paese candidato e a continuare il suo percorso di consolidamento della democrazia tramite riforme durature, ciò potrebbe gettare le basi per una fase di trasformazione nelle relazioni UE-Armenia”, si legge nella risoluzione.

Il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan si è mostrato più cauto: “Quando l’Armenia avrà intenzione di chiedere l’adesione all’UE, sarete i primi a saperlo”, ha detto. Ciononostante, e sebbene la maggior parte degli analisti armeni respinga questa possibilità, la risoluzione ha evidenziato i crescenti rapporti tra Armenia e UE a fronte del peggioramento delle relazioni tra Yerevan e Mosca, il tradizionale partner politico, economico e di sicurezza dell’Armenia.

Tuttavia, la prospettiva di una richiesta di adesione all’UE rimane discutibile. La settimana scorsa il primo ministro Nikol Pashinyan ha incontrato i parlamentari del suo partito del Contratto civile per discutere la questione, ma alcuni nutrirebbero serie riserve.

Yerevan, si sa, è infastidita dalla posizione di Mosca nel conflitto armeno-azerbaijano, ma la diversificazione della sua politica di sicurezza è necessaria dato che la Russia, impegnata in Ucraina, è difficilmente in grado di fornire sicurezza o armi. L’economia, tuttavia, è un’altra questione. La Russia non solo possiede e controlla settori chiave in Armenia, ma è anche il principale mercato per le esportazioni.

Molte famiglie in Armenia fanno affidamento sulla Russia per le rimesse. In ottobre, in un discorso al Parlamento europeo, Pashinyan si era limitato a dichiarare che l’Armenia voleva avvicinarsi all’UE solo “nella misura in cui l’UE lo ritiene possibile”. La sua attuale adesione all’Unione economica eurasiatica (EAEU) guidata dalla Russia sarebbe un grosso ostacolo da superare.

Nel 2013, ad esempio, l’allora presidente Serzh Sargsyan scelse di non firmare un accordo di associazione con l’UE (AA UE) e un accordo di libero scambio globale e approfondito (DCFTA) a favore di uno con l’EAEU. Da allora, anche con Pashinyan, l’importanza della EAEU per l’Armenia non è cambiata. Pochi credono che l’UE potrebbe sostituirla nel prossimo futuro.

L’Armenia fa affidamento anche sul gas russo, fortemente sovvenzionato e venduto a prezzi ben inferiori a quelli di mercato, cosa che potrebbe rivelarsi impossibile da sostituire o compensare. Inoltre, il nuovo ministro dell’Economia armeno, Gevorg Papoyan, ha citato solo l’Egitto come esempio di potenziali nuovi mercati, e comunque senza dati a sostegno di tali affermazioni.

Secondo Eurasianet, lo scorso anno circa il 40% delle esportazioni armene è andato in Russia, che è anche il principale riferimento per le importazioni di grano e petrolio. Nel 2022, i trasferimenti di denaro dei lavoratori migranti dalla Russia all’Armenia hanno raggiunto i 3,6 miliardi di dollari.

Per ora, non è nemmeno chiaro se ci si aspetta che l’Armenia metta fine alle sue relazioni con l’EAEU prima, durante o dopo eventuali colloqui sullo status di candidato. C’è anche il fattore tempistiche. La vicina Georgia ha firmato l’accordo di associazione con l’UE nel 2014, ma solo alla fine dello scorso anno ha finalmente ricevuto l’ambito status di paese candidato, e anche con probabile riluttanza.

Tuttavia, Pashinyan ha accolto con favore la risoluzione non vincolante e annunciato l’intenzione di fare dell’adesione all’UE un “oggetto di discussione pubblica in Armenia”, cosa che sarà cruciale prima che si possa prendere qualsiasi decisione ora o in futuro.

L’ambasciatore dell’Armenia presso l’UE, Tigran Balayan, si è espresso in termini più chiari durante una conferenza a Bruxelles il 16 marzo. “La politica estera armena non è né una svolta verso l’Occidente, né una svolta verso l’Oriente”, ha affermato. “La politica estera armena è una svolta verso gli interessi statali degli armeni”.

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48 ore in Armenia, la Pasqua in una culla del Cristianesimo (Lastampa 21.03.24)

L’Armenia è una destinazione ideale per Pasqua perché in quest’isola di cultura europea nel Caucaso nel 303 fu fondata la prima Chiesa nazionale cristiana. L’Apostolica Armena, detta anche Gregoriana in onore del suo fondatore San Gregorio Illuminatore (240-332), una chiesa autonoma con riti cantati, croci scolpite nella pietra, occasionali sacrifici di animali sugli altari e simboli zoroastrici (antica fede persiana) nei templi. Sacerdoti armeni sono tra i custodi del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Bistrattata dalla storia, oggi è un piccolo Paese: grande come Piemonte e Liguria con meno di 3 milioni di abitanti. L’Armenia fu però una culla della civiltà occidentale. Nell’antichità andava dal Caspio al Mediterraneo su un territorio undici volte maggiore dell’attuale che comprendeva Caucaso, Anatolia orientale, Libano e Siria settentrionali. Il suo principale interlocutore era la Grecia classica.

Gli armeni condividono molti caratteri con i greci: dalla cucina all’avversione per i turchi, dal calore umano al cristianesimo in una regione dominata dall’islam. Atene fu la prima capitale a riconoscere l’Armenia indipendente nel 1991 (era una repubblica dell’Unione Sovietica). Povero ma dignitoso con forte carattere nazionale – ha lingua e alfabeto propri – il Paese è rinato dalla crisi seguita alla fine dell’Unione Sovietica, anche grazie alla diaspora armena che investì a Yerevan e creò un fondo per il recupero del patrimonio artistico. Tra Europa e Stati Uniti sono 7 milioni i cittadini di origine armena.

 

Yerevan, piazza della Repubblica (foto Marco Moretti)

 

PRIMO GIORNO
Il fulcro di Yerevan è piazza della Repubblica, ellittica e circondata da monumentali edifici in tufo e basalto rosa in cui si mescolano gli stili architettonici armeno e Soviet Empire, il neoclassico staliniano. Qui c’è la Galleria Nazionale di Arte con molte tele che raffigurano Venezia. Nasi importanti su volti familiari, gli armeni erano mercanti sulla Via della Seta, trafficavano tra Venezia e India, tra Baltico e Africa orientale. Fabbricano ancora preziosi tappeti: li si acquista nei negozi di Abovyan, la via dello shopping. Il volto più orientale di Yerevan è lo Shuka, il mercato alimentare con banchi di miele, spezie e frutta secca: noci, albicocche, fichi, pere e pesche sono interpreti di colorate creazioni gastronomiche. Il fulcro dell’identità è il Museo del Genocidio, eretto nel 1967 per non dimenticare il primo olocausto del Novecento. L’Armenia venne annessa dagli Ottomani nel 1502. Ai desideri d’indipendenza, seguiti alla crisi dell’Impero, i nazionalisti turchi risposero nel 1909 con massacri in Cilicia. All’entrata in guerra della Turchia, nel 1915, un milione di uomini furono uccisi e mezzo milione di donne e bambini deportati a morire di stenti nel deserto siriano.

 

Yerevan, mercato Shuka (foto Marco Moretti)

 

Il suo cuore antico è invece al Matenadaran, il Museo dei Manoscritti di Yerevan: custode di 17.500 opere autografe tra cui i primi Vangeli illustrati del V secolo. A 22 km dalla capitale si trova

Echmiadzin, il centro spirituale del Paese con frotte di seminaristi che sfilano davanti alla più antica cattedrale del mondo. Qui San Gregorio fondò la prima chiesa cristiana, motivo per il quale in Armenia cristianesimo fa rima con identità. A 20 km da Yerevan, a Garni, si trova invece un intatto tempio ellenistico del I secolo d.C.

 

Tempio di Garni (foto Marco Moretti)

 

CENA, VINI E LIQUORI
Il brandy Ararat, distillato dal 1887, era il liquore più pregiato nell’Unione Sovietica. Stalin lo offrì a Truman e Churchill al meeting di Yalta che segnò la fine della Seconda Guerra Mondiale. Da allora fu sempre presente nel bar del premier inglese. La distilleria Ararat di Yerevan (2 Isakov Poghots) è aperta al pubblico per la degustazione: si sorseggiano brandy a 42 gradi di 3 anni, 10 anni e 20 anni. Si produce anche vino rosso, ma di qualità inferiore ai nettari della vicina Georgia. Ben più infuocata la vodka (70 gradi), erede del lungo rapporto con i russi. A tavola, brandy e vodka innaffiano mezzé (stuzzichini) in stile mediorientale: foglie di vite farcite con riso, insalate, melanzane alla griglia, peperoni, olive, salse allo yogurt, sfoglie al formaggio. Segue una zuppa di verdura: la più comune è la vellutata di zucca. E carne – ovina, suina, bovina e pollame – allo spiedo con erbe aromatiche. I pasti terminano con frutta fresca, soprattutto i melograni.

Tra i migliori ristoranti di Yerevan. Ayas-Kilikia (Hanrapetutyan 78): cucina tradizionale innaffiata da vini locali e accompagnata da band di musica tipica. The Club in Tumanyan 40: cucina armena rivisitata in chiave moderna.

 

Armenia, mezzè (foto Marco Moretti)

 

SECONDO GIORNO
La meraviglia dell’Armenia sono il centinaio di chiese romaniche in tufo sparse per il Paese. Viaggiando tra rilievi, laghi e altopiani del Caucaso, in un paesaggio corrugato, tra montagne brulle, su strade tortuose che attraversano valli e canyon si scoprono magnifici monasteri in pietra. Tatev dell’XI secolo affacciato sulla Gola del Vorotan: spettacolare la strada che lo raggiunge al confine con l’Iran. Geghard, il ‘monastero della lancia’ in riferimento all’arma che ferì Gesù sulla croce, con la cappella principale costruita nel 1215 nel luogo dove San Gregorio fondò nel IV secolo il monastero in una grotta con una sorgente sacra. Noravank del XIII secolo con la chiesa a due piani di Santa Astvatsatsin (Madonna in armeno), importante centro religioso fino al Cinquecento: si sale al secondo piano su una stretta scala di pietre sporgenti dalla facciata. Haghartsin, significa ‘danza delle aquile’, costruito nel XII secolo con due chiese: quella di San Gregorio ha meridiane sui muri e nel refettorio un incrocio di travi arcuate in pietra.

 

Monastero di Noravank (foto Marco Moretti)

 

E soprattutto Khor Virap, legato alle vicende di San Gregorio: è ciò che resta di Artashad, capitale armena fino al II secolo d.C. Il campanile di Khor Virap si staglia contro i 5165 metri del monte Ararat: simbolo dell’Armenia ma in Turchia. Per la Bibbia sulla sua vetta s’incagliò l’arca di Noè, mentre ai suoi piedi sorgeva il Giardino dell’Eden. I vigneti sul versante armeno richiamano le sacre scritture e Noè che qui piantò le prime viti dopo il Diluvio universale.

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Armenia, un altro passo verso la NATO (Casadelsole 21.03.24)

di Gionata Chatillard

L’offensiva lampo dello scorso settembre, grazie alla quale l’Azerbaigian ha recuperato il controllo del Nagorno-Karabakh spingendo oltre 100.000 persone ad abbandonare le proprie case per rifugiarsi in Armenia, non è bastata a mettere un punto finale all’annoso conflitto fra questi due paesi. Per arrivare alla firma di un accordo di pace duraturo, Baku esige infatti a Erevan la restituzione di altri quattro villaggi. Una richiesta presa molto sul serio dal Governo armeno, che si è detto disposto ad accontentare le pretese territoriali azere per evitare di indispettire ulteriormente il paese vicino, attualmente in netta posizione di forza a livello militare. Secondo il primo ministro Nikol Pashinyan, se i villaggi non dovessero essere restituiti nelle prossime ore, Baku potrebbe scatenare una nuova offensiva prima della fine di questa settimana.

Il Governo armeno, in sostanza, dice quindi di non avere scelta sul da farsi: o cede i territori, o verrà di nuovo attaccato dal potente esercito azero, fortemente sostenuto dalla Turchia. Ma la responsabilità di quanto sta succedendo, per Erevan, è anche di Mosca, storico alleato dell’Armenia accusato più volte dalle autorità di questo paese di non aver saputo o voluto difenderlo dall’offensiva lanciata da Baku la scorsa estate.

Per il Cremlino, ovviamente, le cose stanno in modo diverso, e quello che sta succedendo risponde semplicemente a manovre occidentali volte a destabilizzare il Caucaso per portare un’ennesima guerra alle porte della Russia. Ipotesi, questa, che sembrerebbe confermata dalla presenza, ieri, a Erevan, di Jens Stoltenberg. Il segretario generale della NATO, alla sua prima visita ufficiale nell’ex repubblica sovietica, non ha perso l’occasione di ringraziare personalmente il Governo armeno per la solidarietà mostrata nei confronti dell’Ucraina. Una solidarietà che sta portando Erevan sempre più nell’orbita occidentale. Prova ne sia la decisione appena annunciata dal Governo Pashinyan di non accettare più il sistema di pagamento russo MIR a partire dalla fine di questo mese.

La scelta di campo, insomma, sembra ormai già essere stata presa, nonostante il precedente ucraino non inviti a pensare a esiti particolarmente felici per il futuro dell’Armenia. Per questa ragione, Mosca ha ripetutamente avvisato Erevan che l’espansionismo della NATO non è in genere foriero di stabilità. Anzi, se  l’Armenia si vede adesso costretta a cedere territori all’Azerbaigian, è secondo la Russia proprio a causa dei legami sempre più profondi che uniscono il Governo di Pashinyan all’Occidente.

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