L’origine dei genocidi (Lincontronews 05.04.24)

Assai numerosi sono stati, nella storia dell’Umanità, i genocidi messi in atto da popoli o etnie contro altri con le più disparate motivazioni. Sino a quelli più recenti del XX secolo. Ricordiamo innanzitutto che per “genocidio” si intende (Gabrielli – Gran Dizionario della Lingua Italiana) “… la sistematica distruzione di un gruppo etnico, religioso, razziale o di una intera stirpe”.

L’Accordo Internazionale ne sancì la condanna

Il termine, creato dal giurista polacco Raphael Lenkin nel 1945, venne ufficialmente usato per la prima volta nell’ “Accordo Internazionale” siglato a Londra l’8 agosto 1945 nel corso del quale venne istituito il Tribunale Militare Internazionale.  Tribunale istituito con rappresentanti degli Stati Uniti, del Regno Unito , della Russia e della Francia. Lo scopo era quello di giudicare i grandi criminali della Seconda guerra mondiale, imputati di “crimini contro l’umanità”( ai quali il genocidio era assimilato). Il termine “genocidio” venne usato nel corso del Primo Processo di Norimberga (novembre 1945/ottobre 1946) contro i principali capi nazisti. E da allora entrò nell’uso comune. Nel dicembre 1948 venne fondata da 123 Paesi (assenti Usa, Russia e Cina) la “Corte penale internazionale” (I.C.C.) all’Aja (Paesi Bassi) competente a indagare e giudicare crimini internazionali (compreso genocidio) compiuti da singole organizzazioni.

L’O.N.U stabilì la sua punibilità

Contestualmente l’Assemblea Generale dell’O.N.U., con la Risoluzione 260 A (III) , stabilì la “Convenzione internazionale per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio” sia in tempo di pace che in tempo di guerra. Nell’art. 2 la definizione di “genocidio” veniva estesa. Comprendeva “le lesioni gravi dell’integrità fisica o mentale di gruppi di individui, la loro sottomissione a condizioni di vita estreme. Nonché le misure tese a impedire nuove nascite nel loro seno (ad esempio l’ aborto obbligatorio e la sterilizzazione femminile). E inoltre il trasferimento forzato di fanciulli minori fuori dai gruppi”. Gli assunti di questa Convenzione sono stati immessi nell’art. 6 dello Statuto della Corte penale Internazionale firmato a Roma il 17/7/1988.

L’Italia li ha introdotti nel suo Codice penale con la legge 153 del 11/3/1952 e la Francia nel suo stesso Codice nel 1994. Nell’Occidente i genocidi più orrendi del XX secolo furono quelli compiuti dal Governo della Germania nazista (1939/1945) contro gli ebrei in alcune Nazioni europee. E quelli del Governo ottomano (1915/1916) contro il popolo armeno in Turchia.

I disastri dai primi secoli dopo Cristo

La “Shoah” (catastrofe, disastro) del popolo ebraico è stata ampiamente descritta, studiata e condannata dalla comunità internazionale alla fine della II Guerra mondiale. Mentre meno noto è il “Medz Yegern” (Grande Male) del popolo armeno. In merito ricordiamo innanzitutto che oggi l’Armenia è – dal 21/9/1991 – una Repubblica parlamentare indipendente, ammessa all’O.N.U. nel 1992. Dal 2001, fa parte del Consiglio d’Europa. Ha una popolazione di circa 3.000.000 di abitanti con capitale Yerevan. Vahan Khachaturyan ne è il Presidente e Nikol Pashinyan come Primo Ministro. In precedenza gli Armeni erano vissuti per secoli nell’Anatolia orientale (attuale Turchia), primo Stato al mondo ad aver adottato nel 310 d.C. – con San Gregorio e il Re Trididate III – il Cristianesimo.

Quel territorio venne conquistato dagli Ottomani nel XV secolo ed essi lo tennero sino al 1920, allorchè fu invaso da truppe dell’U.R.S.S.. In quell’anno vi fu proclamata la Repubblica socialista sovietica armena. Nel 1922, andò a formare – con la Georgia e l’Azerbaijan – la Repubblica federativa sovietica di Transcaucasia. Questa venne divisa, nel 1930, in tre Repubbliche distinte facenti tutte parte dell’U.R.S.S.. Caduta quest’ultima nel 1991, l’Armenia si proclamò Repubblica indipendente.

Genocidi dall’Armenia alla Shoa

La “Questione armena” si era posta per la prima volta nell’Impero ottomano alla fine del XIX secolo quando la popolazione armena cristiana cominciò a manifestare intenti separativi dall’Impero a favore di un avvicinamento alla Russia. La “Sublime Porta” ottomana reagì con una serie di massacri di armeni perpetrati tra il 1894 e il 1896 dal Sultano Abdul Hamid II. A Istanbul e a Urfan (30.000 Armeni uccisi) e ad Adana in Cilicia (20.000 Armeni uccisi) noti come “Massacri hamidiani”. Ma fu dall’inizio della Prima guerra mondiale (luglio 1914) che ebbe inizio in Turchia il sistematico”Medz Yegern” , Grande Male, genocidio armeno.

La trasformazione della Turchia

In quel momento la Turchia si era alleata alla “Triplice Alleanza “ (Germania, Italia, Austria) contro la “Triplice Intesa “(Russia, Francia e Regno Unito). Molti Armeni disertarono dalle file dell’esercito turco aggregandosi a quello russo. Il loro intento era quello di riuscire a ottenere – a guerra finita -un appoggio da Mosca per conseguire l’autonomia dalla Turchia. Il Sultano Mehemet V, succeduto a Abdul Hamid, diede allora inizio a un nuovo progetto che prevedeva l’organica soppressione dell’intera etnia armena nell’Impero.

Nel 1914, al Governo della Turchia c’era il Partito”Unione e Progresso” (“Itthad ve Terraki Comijeti”) retto dai “Tre Pascià Djemal, Enver e Talat, quest’ultimo alla direzione del movimento modernista dei “Giovani Turchi”. Sorto nel 1889, questo movimento proponeva di trasformare l’Impero in una monarchia costituzionale, liberale e moderna. E nel 1908 aveva contribuito in modo fondamentale alla costituzione del Partito “Unione e Progresso”.

Il Panturchismo, le lotte interne, gli arresti e i genocidi taciuti

Il Governo diede origine a un Organismo speciale” (“O.S.”) dipendente dai Ministeri della Guerra, dell’Interno e della Giustizia al comando di due medici Nazim e Behaeddin Chakir. E con l’assistenza di Consiglieri militari dell’alleata Germania (Baroni von der Golz e von Ditfurth). Il suo scopo era quello di raggiungere in Turchia una omogeneità etnica, politica e religiosa su base nazionalistica (“Panturchismo”) alla quale gli Armeni cristiani erano estranei. Il 29/5/1914 il Comitato Centrale del Partito al potere fece approvare dal Parlamento una legge (“Techir”) che autorizzava la deportazione (“Aksor”) di chiunque fosse percepito come “minaccia per lo Stato”, indirizzata elettivamente contro gli Armeni.

Ma già nella notte tra il 23 e il 24 aprile avevano avuto inizio a Istanbul i primi arresti di personaggi eminenti e di intellettuali (giornalisti, scrittori, poeti) armeni. Gli arresti erano stati effettuati da truppe dell’esercito turco agli ordini del generale tedesco Frederich Bronsart von Schellendorf . Fu lui che provvide anche a disarmare tutti i militari armeni che militavano nell’esercito.

A caccia degli Armeni

Tra il dicembre 1914 e il febbraio 1915 vennero istituiti i “Creati Tchetè”, battaglioni speciali incaricati di eseguire la cattura di tutti gli Armeni a qualunque categoria appartenessero. E inoltre di consegnarli ai membri della “Teksilat i Mahusa” (Organizzazione speciale), gruppi formati da criminali comuni prelevati dalle carceri statali. Costoro erano incaricati – con la promessa di essere successivamente liberati – di uccidere tutti gli Armeni che venivano loro consegnati.

Ebbe così inizio il “Grande genocidio” armeno ( “Medz Yegern” noto come “Ermeni Soykirimi” massacro armeno, dai turchi). Gli Armeni venivano inviati, con appositi convogli controllati dai criminali liberati, ai lavori forzati nella costruzione della ferrovia Konya (Turchia) – Bagdad (Iraq) . Poi vennero deportati – con marce estenuanti note come “marce della morte” – in campi di raccolta situati nell’Anatolia interna. Il più tristemente famoso era quello di Dar es Zor nel cuore del deserto.

Milioni di persone massacrate e mai più ritrovate

Durante le marce della morte e la prigionia nei campi morirono centinaia di migliaia di prigionieri per sfinimento, denutrizione, malattie, sevizie e annegamenti. Altre centinaia di migliaia morirono uccisi direttamente dai carcerieri. Complessivamente si calcola che, tra il 1915 e il 1916, vennero uccisi dai Turchi 1.500.000 Armeni. Pari a circa i 2/3 di tutti gli Armeni presenti all’epoca nell’Impero ottomano. Arnold J.Toynbee, agente dell’Intelligence britannica in Anatolia (1916) calcola tale massacro tra 1.200.000 e 2.000.000 individui. E  l’“Enciclopedia britannica” (2010) in 1.750.000. Alla vigilia della Prima Guerra mondiale gli Armeni in Turchia assommavano a circa 2.000.000 e nel censimento del 1922 risultavano solo 400.000. Questo massacro viene ricordato dagli Armeni ogni anno il 24 aprile, giorno dell’inizio del “Medz Yegern” a Istanbul.

Un Monumento mausoleo è stato eretto nel 1967 a Yerevan sulla “Dzidzernagapert ” (Collina delle rondini) con una cuspide alta 42 metri e con un museo sotterraneo in memoria del genocidio. Altro Monumento si trova, formato da una corolla di 12 colonne – a ricordo delle 12 Provincie turche nelle quali ebbe luogo il genocidio – nel Sunset Park di Las Vegas (Nevada). Eretto dagli emigrati armeni negli Stati Uniti nel 2023.

‘Operazioni di sicurezza nazionale contro gruppi di ribelli’

I fatti che vennero a costituire la definizione di “Genocidio Armeno” sono stati, nel tempo, variamente interpretati. Numerosi interventi hanno sostenuto che i massacri del 1915/1916 in Turchia non rientrano nella categoria dei crimini definiti come “Genocidio”, ma sono da considerarsi come “Operazioni di sicurezza nazionale contro gruppi di ribelli”. In tal senso si sono espressi lo storico negazionista Bernard Lewis della “British Academy”(2010) e l’arcivescovo cattolico Boghos Levon Zekiyan (1997 e 2000), ma soprattutto i rappresentanti dei vari Governi succedutisi in Turchia dal 1915 ad oggi.

Tra questi ricordiamo il Ministro degli Interni ottomano Pascià Ahmed Talat (“ Gli armeni vanno distrutti come microbi tubercolotici di danno ai turchi onesti”- 1918), il Presidente turco Mustafà Kemal Ataturk (“Nessuna responsabilità governativa può essere dimostrata nella tragedia armena”-1925) e l’attuale Presidente della Turchia Recer Tayyip Erdogan ( “Non si dicano stupidaggini sulla questione armena del 1915” – 2015).

Giornalisti e scrittori incarcerati perchè contro il genocidio

Gli scrittori Orhan Pamuk e Taner Akam sono stati incarcerati e il giornalista Hrgnt Dink è stato ucciso per aver scritto che “ in Turchia nel 1915 venne perpetrato un eccidio”. Ancor oggi, in base all’articolo 301 del Codice penale turco, vengono puniti con la reclusione sino a 3 anni coloro che menzionano la parola “genocidio” nei loro scritti in quanto il fatto rientra nel reato di “vilipendio dell’identità nazionale”. Quanto accaduto nel biennio 1915/1916 in Turchia è stato riconosciuto come “genocidio” da 29 Stati del mondo. Ricordiamo fra questi l’Italia ( 17/11/2000 – Presidente Giuliano Amato), la Francia ( 6/2/2001 Presidente Francois Hollande) , la Germania ( 22/4/ 2015 – Presidente Angela Merkel, gli Stati Uniti (6/10/2019 – Presidente Barak Obama).

La condanna della S.Sede, con Papa Bergoglio

Anche la S.Sede, con Papa Bergoglio (20/4/2915), ha condannato apertamente il genocidio armeno come primo del XX secolo citando la stessa condanna espressa in precedenza nel 2001 da Papa Giovanni Paolo II. Questa presa di posizione del Vaticano aveva portato al richiamo in Patria dell’Ambasciatore turco presso la S.Sede. Papa Bergoglio parlò tuttavia ancora di “genocidio armeno” nel corso del suo viaggio apostolico in Armenia (2016), provocando le rimostranze del Vice Primo Ministro turco Canikli Nurettin. Questa persistente negazione di genocidio a carico della popolazione armena da parte del Governo turco è una delle cause che ostacola il procedimento di ingresso della Turchia nell’Unione Europea.

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Monza: al Binario 7 per il popolo armeno (Ilcittadinomb 05.04.24)

Domenica 7 aprile al Binario 7 di via Turati 8 a Monza, in sala Picasso, alle 17.30, lo spettacolo di musica e poesia armena “Il canto spezzato del popolo armeno: ieri e oggi”.

Monza: al Binario 7 per il popolo armeno, «storia e memoria»

Una serata dedicata «alla storia e alla memoria del popolo armeno, fino alla recente pulizia etnica compiuta in Nagorno K.-Artsakh, spiegando in dettaglio attraverso letture, musica e gli interventi dei relatori, la questione armena e i pericoli della destabilizzazione del Caucaso, uno dei punti più critici e a rischio del pianeta».

Monza: al Binario 7 per il popolo armeno, in scena

Intervengono l’ambasciatore Bruno Scapini, diplomatico, già ambasciatore d’Italia in Armenia, Cristina Carpinelli, CESPI – Centro Studi Problemi Internazionali; Ani Balian, Unione Armeni d’Italia.
In scena Luca D’Addino, reading, Ani Balian, canto, il maestro Gianfranco Iuzzolino al pianoforte.

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Pessima figura diplomatica del Viceministro Cirielli in difesa dell’autocrate azero Aliyev. Intervista al Presidente dell’Artsakh (Korazym 05.04.24)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.04.2024 – Vik van Brantegem] – Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime ferma condanna per le ultime dichiarazioni rilasciate dal Viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, che ancora una volta fa da cassa di propaganda al regime dell’Azerbajgian [QUI]. L’esponente di governo è arrivato ad attaccare il Ministro francese Stephane Sejourne, perché in una conferenza stampa congiunta con il Segretario di Stato USA Blinken aveva invitato l’Azerbajgian a cessare la sua retorica di minaccia contro l’Armenia.

Il viceministro italiano si allinea così, ancora una volta, nella linea della lobby pro Azerbajgian, alla retorica minacciosa del regime autocratico di Ilham Aliyev che in queste ultime settimane sta attaccando pesantemente la Francia per il suo sostegno all’Armenia, contrasta la recente politica dell’Unione Europea nel Caucaso meridionale e, di fatto, scavalca il ministro Tajani.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma chiede al Ministro degli Esteri, Antonio Tajani se:

  • è al corrente di queste dichiarazioni fatte dal suo vice che vasta eco, negativa, stanno avendo non solo da parte armena e francese;
  • condivide questo attacco rivolto a un Paese membro dell’Unione Europea;
  • non ritiene opportuno rettificare le stesse ed esprimere solidarietà alla Francia per l’attacco rivolto al ministro di Parigi;
  • non ritiene che il Viceministro Cirielli debba essere rimosso dal suo incarico in quanto incompatibile a quel principio di imparzialità e correttezza che dovrebbe contraddistinguere la sua missione diplomatica.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma chiede al parlamento italiano di condannare questo ennesimo sostegno di Cirielli, eventualmente sollecitando un’audizione del viceministro al fine di chiarire le ragioni “personali” di tali ripetute esternazioni a favore del regime di Aliyev.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma ricorda, a questo riguardo, che qualsiasi rapporto economico e commerciale tra Italia e Azerbajgian non implica la sottomissione alla propaganda di quella che è la nona peggiore dittatura al mondo (fonte Freedom house).

Il Consiglio per la comunità armena di Roma chiede ai media di porre in giusta evidenza il comportamento di Cirielli che, oltretutto, rilascia dichiarazioni proprio in un momento di grave crisi su più fronti mondiali.

Intervista al Presidente della Repubblica di Artsakh

Lo Stato di Artsakh opera in esilio e il decreto di scioglimento fu annunciato per garantire una uscita sicura della popolazione

Il Presidente della Repubblica di Artsakh, Samvel Shahramanyan, in una recente intervista rilasciata al quotidiano francese Le Figaro [QUI], ha fatto riferimento al documento di “scioglimento” dell’Artsakh, al ritorno dei cittadini dell’Artsakh in patria e ad altre questioni.

In particolare, ha notato che nell’Artsakh ci sono ancora 10-11 persone malate o disabili, che non possono muoversi liberamente e non vogliono lasciare le tombe dei loro parenti. Dopo l’attacco terroristico dell’Azerbajgian del 19-20 settembre 2023, il numero dei rimasti è stato leggermente più alto (varie fonti parlavano di 50), ma la maggior parte di loro se n’è andata tramite la Croce Rossa.

Parlando dell’eventuale contatto con i prigionieri, il Presidente dell’Artsakh ha osservato che oltre agli 8 leader dell’Artsakh, ci sono anche 7 militari catturati a settembre. Ha detto che al momento non esiste una data chiara per il cosiddetto processo giudiziario. Ha anche fatto riferimento al tema della cosiddetta “intervista” dell’ex Presidente Harutyunyan, osservando che è stata fatta sotto coercizione. Allo stesso tempo, il Presidente della Repubblica di Artsakh ha chiesto alla Francia di esercitare pressioni sull’Azerbajgian, chiedendo il rilascio di tutti i prigionieri. «Chiedo il loro rilascio immediato e incondizionato, così come il rilascio di tutti i detenuti Armeni, arrestati arbitrariamente, ingiustamente imprigionati con accuse infondate. E chiedo alla Francia di fare pressione su Aliyev», ha detto Shahramanyan.

Rispondendo alla domanda se esiste un collegamento tra l’elezione della sua elezione a quinto Presidente della Repubblica di Artsakh e il successivo attacco terroristico azero, Shahramanyan ha negato, ricordando che gli Azeri avevano già accumulando truppe sulla linea di contatto: «Era chiaro che dopo un assedio di nove mesi per indebolirci, avrebbero attaccato».

Riferendosi al tema dello “scioglimento” dello Stato e al successivo decreto sulla cancellazione di quel “documento”, Shahramanyan ha dichiarato: «Il 19 settembre, fin dall’inizio dell’aggressione, abbiamo capito che saremmo stati soli a difenderci e che anche i Russi presenti sul posto non sarebbero intervenuti. A causa dello squilibrio delle forze non abbiamo avuto la possibilità di opporre resistenza, per questo motivo abbiamo stabilito rapidamente un contatto con gli Azeri, in modo che la popolazione civile fosse quanto più libera possibile dalle operazioni di combattimento. Dopo dodici ore di trattative abbiamo posto fine alle ostilità. Il giorno successivo, i cittadini dell’Artsakh hanno chiesto di evacuare in Armenia, temendo omicidi di massa da parte degli invasori. Quindi abbiamo avviato un secondo ciclo di trattative per rendere la loro evacuazione il più agevole possibile. Baku ci ha inviato un documento in cui l’Assemblea Nazionale doveva dichiarare che “il popolo dell’Artsakh rinuncia ai propri diritti, alla propria sovranità, ai propri simboli”. Ma perché quel documento fosse valido, il Parlamento doveva votare. Ho fatto una controproposta che il Presidente, cioè io, annunciassi lo scioglimento dell’Artsakh il 1° gennaio. Era una garanzia di un’evacuazione relativamente sicura. Sapevo benissimo che quel documento era illegale e incostituzionale, perché doveva essere ratificato dalle strutture giuridiche della Repubblica di Artsakh, ma era l’unico modo per salvare i miei connazionali».

Alla domanda di Le Figaro se esista uno Stato e un governo di Artsakh in esilio, Shahramanyan ha dato una risposta positiva, dicendo: «Sì, nell’edificio in cui vi ospito a Yerevan si trovano l’ufficio del Presidente dell’Artsakh e gli uffici delle strutture giudiziarie e legislative. I parlamentari possono riunirsi qui per votare. In ottobre ho firmato un decreto che prevede che tutti i ministri del governo rimangano al loro posto su base volontaria». Shahramanyan ha parlato anche del possibile ritorno dei cittadini dell’Artsakh. A questo proposito ha detto: «Nella situazione attuale, non è realistico pensare di tornare nel nostro territorio occupato dagli Azeri. È necessario tenere conto delle realtà dei popoli dell’Azerbajgian e dell’Artsakh che si considerano nemici. A Baku, ai giovani Azeri viene insegnato a scuola che gli Armeni sono nemici. Ci vorranno anni perché la mentalità del popolo azerbajgiano cambi e la convivenza pacifica tra i vicini diventi possibile. E qui penso tanto agli Armeni dell’Armenia quanto agli Armeni dell’Artsakh. Come possono le autorità di Yerevan considerare sicuro il loro Paese, quando alcune parti del suo territorio sono già occupate dagli Azeri, e i leader di Baku dichiarano pubblicamente i loro diritti sugli altri?».

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Il canto spezzato del popolo armeno: l’evento a Monza (Quindicinews 05.04.24)

Domenica 7 aprile, ore 17.30 – Sala Picasso Binario 7 (via Turati 8)
Il canto spezzato del popolo armeno: ieri e oggi
Serata dedicata alla Memoria, ai canti ed alla Storia armena.

Intervengono:
L’Armenia e il Nagorno K. – Artsakh al cospetto della Storia
Amb. Bruno Scapini – diplomatico, già ambasciatore d’Italia in Armenia

Analisi del Nagorno K. – Artsakh: profilo storico-giuridico
Cristina Carpinelli – CESPI Centro Studi Problemi Internazionali

Esposizione dei fatti storici
Ani Balian – Unione Armeni d’Italia

Reading di poesie: Luca D’Addino
Canto: Ani Balian
Pianoforte: M° Gianfranco Iuzzolino

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Progetto Nor Arax (Lafolla 05.04.24)

Per il penultimo appuntamento della serie Discovery, pensata per esplorare repertori diversi dalla classica, martedì 9 aprile 2024 (Teatro Vittoria – ore 20) l’Unione Musicale ospita il Progetto Nor Arax, nato nel 2007 da un’idea del musicista torinese Maurizio Redegoso Kharitian per diffondere la musica e la letteratura armena. Il nome Nor Arax si ricollega alla storia degli armeni che trovarono rifugio in Italia, in particolare in Puglia, dopo il Genocidio del 1915; come racconta Redegoso Kharitian, nell’intervista esclusiva raccolta dall’Unione Musicale, «gli esuli armeni fondarono un villaggio che chiamarono Nor Arax. Aras o Arax è il nome di un fiume che scorre lungo l’Armenia, la Turchia, il Caucaso e l’Iran, crocevia di culture millenarie. Nor significa nuovo, il nuovo sentimento, il nuovo senso per quelle acque che scorrono: non più confine, separazione, ma unione e vita». Quello stesso spirito vitale e quella stessa volontà di unire animano il Progetto, che non si identifica con un ensemble fisso ma, definendosi come un “laboratorio artistico permanente”, assume formazioni diverse per esplorare al meglio il patrimonio culturale dell’Armenia.

 

Per il suo debutto all’Unione Musicale, Progetto Nor Arax si presenta con un originale trio formato da Maurizio Redegoso Kharitian alla viola, Tatevik Aivazian al pianoforte e Aram Ipekdjian al duduk (una sorta di oboe della tradizione orientale) e con un programma che offre “assaggi” del variegato panorama musicale armeno. La proposta spazia dalle composizioni di Komitas Vardapet, considerato il padre della musica armena moderna perché i suoi lavori e le sue trascrizioni di pezzi popolari ebbero un’enorme influenza tra i suoi compatrioti, a quelle di Tigran Mansurian, il più importante compositore armeno vivente, caratterizzato da uno stile arcaico e legato alla spiritualità della sua terra. Si segnalano inoltre la Suite per viola e pianoforte del celebre Aram Khatchaturian, brani del folklore caucasico raccolti da Georges Ivanovich Gurdjieff nella prima metà del Novecento e inni sacri.

Il concerto è concepito come un viaggio musicale ad Hayastan, il nome più antico dell’Armenia, che – prosegue Redegoso Kharitian – «partendo dalla nostra epoca contemporanea giunge a ritroso fino ai primi canti cristiani di matrice armena». Uno spazio importante è riservato alla musica popolare che continua a essere una fondamentale fonte d’ispirazione: «In tutte le opere che ho ricevuto da compositori armeni sparsi in tutto il mondo, sono chiare le presenze di stilemi tipici della musica orientale, a volte con suggestioni ispirate anche dalla magnifica architettura dei monasteri armeni».

Tutte le serate della serie Discovery si arricchiscono di un aperitivo prima del concerto (ore 19.30) servito nel foyer al primo piano del Teatro Vittoria e incluso nel costo del biglietto. Gli aperitivi sono a cura di Locanda Leggera, primo locale a rifiuti zero d’Italia, per una proposta nel segno della sostenibilità.

martedì 9 aprile 2024 Teatro Vittoria, Torino, via Gramsci 4 ore 19.30 aperitivo – ore 20 concerto DISCOVERY

Progetto Nor Arax Maurizio Redegoso Kharitian viola Aram Ipekdjian duduk Tatevik Aivazian pianoforte

Hayastan Frammenti musicali dall’Armenia Musiche di Khatchaturian, Mansurian, Hovhaness, Babadjanian, Avedissian, Gurdjieff, Komitas

BIGLIETTERIA biglietto unico (aperitivo+ concerto) euro 10 in vendita online su www.unionemusicale.it, presso la biglietteria di Unione Musicale e, il giorno del concerto, presso il Teatro Vittoria dalle ore 19

INFORMAZIONI Unione Musicale, piazza Castello 29 – 101023 Torino tel. 011 566 98 11 – info@unionemusicale.it – www.unionemusicale.it orario: martedì e venerdì 10.30-14.30 – mercoledì 13-17

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Il segretario di Stato USA Blinken invita l’Azerbaigian ad allentare le tensioni con l’Armenia (Euroactiv 04.04.24)

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato mercoledì (3 aprile) il leader dell’Azerbaigian ad allentare le tensioni che si sono nuovamente accese con l’Armenia, in vista di un’offerta USA-UE per sostenere economicamente Erevan.

In una telefonata con il Presidente Ilham Aliyev prima dei colloqui con l’Armenia a Bruxelles, Blinken ha appoggiato i colloqui di pace in corso tra gli avversari del Caucaso, che secondo lui potrebbero portare “benefici economici all’intera regione”.

Blinken “ha sottolineato che non vi è alcuna giustificazione per l’aumento della tensione al confine e ha ammonito che le azioni aggressive e la retorica di qualsiasi parte minerebbero le prospettive di pace”, ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller in un comunicato.

Il diplomatico statunitense ha anche fatto pressione su Aliyev affinché rispetti i diritti umani in patria e ha discusso del cambiamento climatico. L’Azerbaigian, nonostante sia un importante estrattore di combustibili fossili, ospita il vertice delle Nazioni Unite sul clima di quest’anno.

Martedì l’Armenia e l’Azerbaigian si sono scambiati accuse di aver aperto il fuoco attraverso il loro confine, rinnovando i timori di un conflitto.

L’anno scorso l’Azerbaigian ha sottratto la regione del Nagorno-Karabakh ai separatisti armeni con un’offensiva militare lampo. Le forze azere hanno preso il controllo dell’enclave sul suo territorio, popolata dall’etnia armena, scatenando un esodo di oltre 100.000 armeni.

Il presidente dell’Azerbaigian rafforza la presa sul potere dopo la vittoria in Karabakh

I risultati ufficiali hanno mostrato che il presidente azero Ilham Aliyev si è assicurato un quinto mandato consecutivo nelle elezioni di mercoledì (7 febbraio), un risultato atteso dopo la storica vittoria del suo Paese sui separatisti armeni lo scorso anno.
I …

Da allora, Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan hanno espresso la speranza di un accordo di pace globale.

Venerdì Pashinyan incontrerà a Bruxelles Blinken e i leader dell’Unione Europea, mentre l’Occidente cerca di consolidare i legami e il sostegno economico con l’Armenia, che sta cercando di abbandonare la dipendenza dalla Russia.

L’Armenia ha un’alleanza di lunga data con Mosca e si è infuriata quando la Russia – consumata dalla guerra in Ucraina e infastidita dalle aperture di Pashinyan alverso l’Occidente – non è riuscita a fermare la vittoria militare dell’Azerbaigian lo scorso anno.

Il mese scorso Pashinyan ha chiesto un ampio dialogo pubblico sulla prospettiva che il Paese chieda l’adesione all’UE.

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Gerusalemme, nuovo attacco di coloni ebraici (e polizia) al quartiere armeno (Asianews 04.04.24)

Nel mirino le proprietà contese nella zona denominata “Giardino delle Vacche”, da tempo al centro di una controversia anche legale. Le forze dell’ordine, senza presentare alcun mandato, hanno sostenuto gli assalitori nel tentativo di sgombero. Il patriarcato in una nota chiede “ai cristiani di tutto il mondo” di difendere e sostenere la battaglia della comunità di Terra Santa.

Gerusalemme (AsiaNews) – All’ombra della guerra a Gaza, anche sul fronte interno israeliano si consumano attacchi, abusi e violazioni da parte di polizia, gruppi radicali e autorità governative che passano in gran parte sotto silenzio. Prova ne è quanto successo – di nuovo – ieri mattina verso le 11 nel quartiere armeno di Gerusalemme, in una zona denominata “Giardino delle Vacche” (Goveroun Bardez): le forze dell’ordine e un gruppo di coloni ebraici hanno cercato di attuare uno sfratto “illegale”, in un’area contesa da tempo al centro di una controversia finita anche nelle aule di tribunale. Il tentativo di esproprio, sottolinea una nota del Patriarcato armeno di Gerusalemme, “è iniziato con la distruzione delle proprietà” e con “assalti al clero e agli armeni locali”.

Gli avvocati che rappresentano la comunità armena di Gerusalemme hanno condannato il comportamento della polizia e dei coloni, che hanno beneficiato della “copertura” degli agenti nel tentativo di entrare illegalmente nel “Giardino”. L’obiettivo era di cacciare con la forza – e contro il diritto – gli armeni e di modificare lo status quo dell’area. Fonti rilanciate dal Tatoyan Foundation Center for Law and Justice riferiscono che le forze dell’ordine hanno “rimosso illegalmente” le barricate a protezione “senza un ordine del tribunale e preavviso”. A seguire è scoppiata “una rissa” tra membri della comunità “compreso il clero” e gli assalitori spalleggiati dalla polizia.

La nota del patriarcato armeno precisa che a guidare “lo sgombero era Assaf Harel”, ufficiale di polizia, e il gruppo di agenti intervenuti, seppure sollecitati, non ha saputo mostrare i documenti che autorizzavano l’operazione, compreso “l’allontanamento fisico dei sacerdoti”. “I permessi o gli ordini del tribunale – prosegue la dichiarazione – non sono stati presentati”, ma gli agenti hanno continuato a “proteggere e assistere i rappresentanti di Xana Gardens nella loro distruzione di proprietà”. “È chiaro che le provocazioni di oggi sono un tentativo di creare un precedente contro il quartiere armeno e le sue terre legittime. Continueremo a difendere la nostra posizione e chiederemo ai cristiani di tutto il mondo – conclude la nota patriarcale – di mettere in luce queste invasioni senza fine della pacifica comunità cristiana armena”.

La vicenda è esplosa nel maggio scorso, ma il contratto era stato firmato in gran segreto nel luglio 2021 e prevede l’affitto per quasi un secolo di “Cow’s Garden”, oggi un parcheggio utilizzato per recarsi al muro del pianto. L’uso – assieme ad altre proprietà menzionate nel contratto – da parte degli ebrei ha provocato l’ira degli armeni, che da tre anni si battono per tornare a disporne a pieno titolo. A originare lo scontro l’affitto per 99 anni – una cessione di fatto – di proprietà immobiliari a un imprenditore ebreo australiano dall’impero economico opaco, che muove da dietro le quinte. Di recente la comunità armena ha presentato ricorso in tribunale, con l’obiettivo di “invalidare” la locazione fra patriarcato e Xana Capital. L’azione si basa sul presupposto che i terreni sono detenuti in via fiduciaria a beneficio della comunità con un fondo waqf istituito oltre 400 anni fa e non possono essere venduti o affittati se la transazione non va a beneficio della comunità o è approvata.

Il prete “traditore” che ha mediato e sottoscritto l’atto è Baret Yeretzian, ex amministratore dei beni immobili del Patriarcato armeno di Gerusalemme, oggi in “esilio”. Con lui hanno operato il patriarca armeno ortodosso Nourhan Manougian, l’arcivescovo Sevan Gharibian e l’uomo d’affari Daniel Rubenstein (conosciuto come Danny Rothman), che intende costruire un hotel di lusso. La vicenda ha toccato anche la carica patriarcale, col primate armeno “sfiduciato” dalla comunità, parte dei fedeli ne hanno invocato le dimissioni, mentre Giordania e Palestina hanno “congelato” di fatto l’autorità, così come gli stessi “Accordi di Abramo”: una delle compagnie coinvolte, infatti, è la One&Only, con base a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (Eau).

“Una famiglia Armena”, emozioni a Barcellona per la presentazione del libro con Laura Efrikian (MessinaToday 04.04.24)

Ha riscosso un gran  successo la presentazione del libro della scrittrice Laura Efrikian effettuata presso l’aula magna dell’Istituto “Enrico Fermi” di Barcellona Pozzo di Gotto. Evento, questo, che si inserisce in un programma composto da molte attività che vedono nell’Istituto E. Fermi la sede ideale per la loro realizzazione. La  scuola, infatti, è stata scelta come location per accogliere e presentare diverse iniziative  solidali e profondamente emozionanti, alle quali hanno già preso parte diverse personalità della società locale e nazionale.

Particolarmente emozionante è stata la presentazione del libro “Una famiglia Armena” della scrittrice, ma anche attrice, conduttrice e artista di elevata caratura, Laura Efrikian. Libro che parla delle preziose origini dell’autrice, del rapporto che aveva con il padre e la madre e della travagliata e meravigliosa storia d’amore dei nonni Akop e Laura vissuta dai lettori tramite le poetiche lettere che si scrivevano. Un libro davvero emozionante la cui prefazione è stata scritta da Walter Veltroni. “Si è trattato di un incontro emotivamente significativo – dichiara la Preside dell’Istituto “E. Fermi” Antonietta Amoroso –,   che ha arricchito il nostro sentire umano lasciandoci dei preziosi spunti per una riflessione maggiormente intimistica. Ringraziamo profondamente la scrittrice Efrikian, che si è resa disponibile a rispondere ai quesiti formulati dagli studenti del Fermi e non solo”. La preside ha voluto anche ringraziare Kanò Sartoria Sociale di Barcellona e l’associazione Nuovi Orizzonti di Villafranca Tirrena per aver contribuito a rendere indimenticabile la serata e per le preziose attività solidali che propongono non solo nella nostra comunità, ma anche verso l’Africa in collaborazione con i giovani atleti dell’Associazione d’atletica Duilia di Emanuele Torre. Durante la serata è stato possibile ammirare l’arte fotografica di Martina Astolfi e Lucia Florio e godere della magnifica danza angolana di Margherita e Reginaldo .

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Le scrittrici della diaspora armena, conferenza in Biblioteca del Lido (Comune Venezia 03.04.24)

Mercoledì 17 aprile alle 17.30, la Rete Biblioteche Venezia, in collaborazione con l’Associazione Civica Lido Pellestrina, presenta presso la biblioteca “Hugo Pratt” del Lido, la conferenza Le scrittrici della diaspora armena a cura di Sona Haroutyunian, docente di armeno presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. La conferenza è inserita negli eventi previsti per la Giornata in Memoria del Genocidio del Popolo Armeno.

Dopo brevi accenni alla narrativa della migrazione nel contesto della diaspora armena, la relatrice, parlerà dell’identità armena della poetessa italo-armena Vittoria Aganoor attraverso l’analisi della sua corrispondenza con i monaci armeni dell’isola di San Lazzaro e altri intellettuali armeni. Vittoria era già celebre sia nel mondo culturale che in quello mondano e la sua fama crebbe ulteriormente dopo la sua morte nel 1910. La relatrice, Sona Haroutyunian, è docente di lingua armena e della teoria della traduzione presso l’università Ca’Foscari di Venezia. È autrice di due monografie inerenti al tema del genocidio nella letteratura e nella stampa italiana, di diversi contributi nelle riviste scientifiche di impatto nazionale e internazionale, e di traduzioni armene dei libri compresi i romanzi di Antonia Arslan. Dal 2015 è stata incaricata dal Ministero degli Affari Esteri d’Italia per svolgere dei servizi di interpretariato a beneficio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Intervento musicale di Narek Frangulyan, che eseguirà alcuni brani con il Duduk (strumento tradizionale armeno). Introduce Germana Daneluzzi, Presidente Associazione Civica Lido di Venezia Pellestrina. Con la partecipazione di Ermelinda Damiano, Presidente del Consiglio Comunale di Venezia.

La partecipazione è gratuita fino ad esaurimento posti disponibili.

Prenotazione obbligatoria scrivendo a: biblioteca.lido@comune.venezia.it o telefonando allo 041 2744787.

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Armenia-Azerbaijan: confini che scottano (Osservatorio Balcani e Caucaso 03.04.24)

Durante una recente intervista dal vivo, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha lasciato intendere che il lungo e difficile processo di demarcazione del confine con l’Azerbaijan potrebbe essere pronto per iniziare. Un processo che porta però con sé rischi sostanziali sia a livello regionale che nazionale

03/04/2024 –  Onnik James Krikorian

Il lungo e difficile processo di demarcazione del confine tra Armenia e Azerbaijan rimane un grosso ostacolo alla normalizzazione delle relazioni tra le due parti, ma ora sembrano esserci segnali di un prossimo avvio del processo.

Da maggio 2022 si sono tenuti otto incontri tra le commissioni di frontiera armena ed azera, sebbene finora incentrati su questioni organizzative. Tuttavia, dopo l’intervista in diretta del 12 marzo del primo ministro armeno Nikol Pashinyan, potrebbero esserci segnali di una svolta.

È infatti riemersa la questione degli otto villaggi situati nel territorio di un lato, ma controllati dall’altro dall’inizio degli anni ’90. Sono spesso definiti enclavi, ma quattro fanno invece parte della regione Gazakh dell’Azerbaijan, situata direttamente oltre il confine con la regione nord-orientale di Tavush in Armenia, ma controllata da Yerevan. I restanti quattro sono invece vere e proprie enclavi: un villaggio armeno in Azerbaijan e altri quattro villaggi azeri in Armenia.

Mostrando il ritaglio di una mappa della Repubblica di Armenia, senza alcuna rappresentazione del Karabakh ormai spopolato e dissolto, Pashinyan si è proposto di convincere la popolazione che le rivendicazioni territoriali al di fuori dei confini internazionalmente riconosciuti del paese sono ormai una cosa del passato.

Tuttavia, secondo i critici, ciò è avvenuto solo dopo che il viceministro degli Esteri azero Shahin Mustafayev, che è anche capo della commissione per i confini di Baku, tre giorni prima aveva dichiarato senza mezzi termini che la demarcazione non poteva iniziare finché le quattro non-enclavi azere non fossero state restituite.

Per alcuni osservatori tutto questo non è stata una sorpresa: l’incontro delle commissioni di frontiera armena e azera si è svolto più volte nell’area Tavush-Gazakh del confine comune.

“Non sono mai esistiti villaggi con tali nomi nel territorio dell’Armenia”, ha dichiarato Pashinyan ai giornalisti, “non solo in epoca sovietica, ma anche dopo”. Inoltre, nel tentativo di contrastare le affermazioni dell’opposizione, ha osservato che qualsiasi interruzione delle infrastrutture esistenti che passano attraverso quell’area potrebbe essere deviata, se necessario.

Pashinyan ha promesso di visitare diversi villaggi armeni per dissipare tali timori, cosa che ha fatto il 18 marzo, confermando ulteriormente la convinzione che il premier armeno faccia sul serio.

Il messaggio sembra essere che una nuova guerra potrebbe scoppiare se i quattro villaggi non-enclave non saranno restituiti, e che non ha scelta. Forse era anche un modo per testare il terreno a livello nazionale.

Per ora c’è poca opposizione visibile alle azioni del premier, ma questo non vuol dire che non ce ne sia. I nazionalisti sono particolarmente infastiditi, soprattutto perché la maggior parte sembra ancora avere pretese irrealistiche sulla restituzione del Karabakh all’Azerbaijan.

Il 24 marzo, ad esempio, decine di membri della milizia “Combat Brotherhood” si sono recati a Voskepar, un villaggio armeno al confine tra Tavush e Gazakh, ufficialmente per condurre esercitazioni di addestramento di routine, ma in realtà per far fallire le mosse di Pashinyan.

Quasi 50 persone sono state arrestate. In risposta, tre individui associati al Polo Democratico Nazionale, una coalizione politica ultra-nazionalista, hanno tentato di assaltare una stazione di polizia nel distretto Nor Nork di Yerevan.

Due dei tre assalitori sono rimasti feriti dalle schegge di una delle loro stesse granate, mentre l’altro si è consegnato al Servizio di Sicurezza Nazionale armeno dopo due ore di trattative. L’assalto fallito ricorda un altro attacco, anche se più riuscito, contro una stazione di polizia per impedire un accordo di pace con l’Azerbaijan nel luglio 2016.

Le analogie non finiscono qui. Uno degli elementi chiave del Polo Democratico Nazionale è un altro gruppo, Sasna Tsrer, guidato dall’ex comandante militare libanese-armeno già incarcerato Jirayr Sefilyan e istigatore dell’assalto del 2016 che ha causato un assedio di due settimane e l’omicidio di tre poliziotti.

Anche se questa volta i tre aggressori sembravano agire da soli, il governo non ha voluto correre rischi. Il giorno successivo, la polizia ha perquisito le case dei membri di entrambi i gruppi.

Anche se il sostegno pubblico all’opposizione o a tali azioni rimane limitato, Pashinyan ha perso il sostegno della maggioranza dei cittadini. Molti armeni rimangono apatici o contrari a tutto. Pertanto, la propensione alla violenza da parte delle forze nazionaliste e ultra-nazionaliste potrebbe continuare in assenza di una forza politica che si opponga efficacemente al governo. Il 14 marzo, lo stesso giorno dell’intervista di Pashinyan, quattro uomini sono stati arrestati e accusati di attentati pianificati contro membri del partito di governo.

Rimane anche una netta mancanza di fiducia tra Yerevan e Baku. Nel fine settimana Baku ha accusato l’Armenia di aver istigato movimenti di truppe lungo il fragile confine.
L’Azerbaijan, ha ribattuto Pashinyan, stava “cercando di trovare […] scuse” per iniziare una “nuova guerra su larga scala”. Le pretese di mobilitazione sono state respinte anche dalla Missione dell’Unione Europea in Armenia (EUMA) che pattuglia regolarmente il confine, o quella che chiama “Linea di Confronto”.

“L’Armenia non ha alcuna pretesa al di fuori del suo territorio sovrano riconosciuto a livello internazionale, compresi i territori dei villaggi menzionati dall’Azerbaijan”, ha ribadito Pashinyan, che ha anche confermato, almeno in teoria, che la demarcazione del confine potrebbe iniziare con la sezione Tavush-Gazakh.

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