Notizieitalianews.com – Aleppo città dimenticata. (3 mar 2015)

Aleppo – La situazione in Siria ed in particolare ad Aleppo non sembra migliorare, al contrario si continua a sparare anche con armi pesanti. La settimana scorsa, per esempio, la sede del Patriarcato Armeno Cattolico è stata nuovamente presa di mira dai ribelli, che l’hanno colpita addirittura con due colpi di mortaio. Quest’ultimo attacco ha provocato così tanti danni da costringere gli armeni a chiudere la cattedrale per motivi di sicurezza.

 

Ma l’escalation di violenza ad Aleppo non si è arrestata qui: lo scorso 27 febbraio un nuovo bombardamento ha colpito il quartiere limitrofo al Patriarcato Armeno Cattolico, provocando ulteriori danni e soprattutto ulteriori vittime, soprattutto fra donne e bambini.

Non solo, oltre a questi attacchi “pesanti”, la popolazione di questi quartieri, spesso a maggioranza cristiana, è presa quasi quotidianamente di mira dai cecchini. Tre settimana fa per esempio, Nour Aslo, una ragazza di appena 25 anni, è stata uccisa proprio da un cecchino con un colpo in pieno petto. Nour Aslo era nota nella comunità armena per la sua generosità e per il suo impegno nel soccorrere i tanti bisognosi.

La popolazione di Aleppo, sia musulmana che cristiana, è ormai allo stremo in una città in rovina dove sono troppi i palazzi, le case, le chiese, ma anche le moschee, distrutti o inagibili. L’acqua corrente è un miraggio di pochi per non parlare dell’energia elettrica che è garantita solo per alcune ore al giorno. Una situazione al collasso e che non vede soluzioni possibili.

Eppure il mondo sembra impotente di fronte alla situazione ed è come si fosse dimenticato della Siria e di Aleppo, nonostante la sua storia millenaria che ha visto per lungo tempo convivere in pace tradizioni e religioni diverse. Come salvare Aleppo ? Con l’hashtag  #savealeppo, Andrea Riccardi e la Comunità di Sant’Egidio hanno da qualche tempo lanciato un appello sottoscritto da numerose personalità e gente comune per spingere la comunità internazionale a favorire la creazione di corridoi umanitari e provvedere al rifornimento dei civili, una sorta di “Aleppo città aperta”.  Quanto ancora potrà resistere questa città e ancora di più le minoranze religiose in uno scenario così precario e difficile senza l’intervento dei grandi del mondo?

Diego Romeo

Gonews.it – Vincincontri, al Teatro della Misericordia Antonia Arslan parla del genocidio degli Armeni. (3 ma 2015)

Venerdì 6 marzo, alle ore 21,15 presso il Teatro della Misericordia di Vinci, si svolgerà un incontro con Antonia Arslan, Docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea all’Università di Padova e autrice de “La masseria delle allodole” (2004; tradotto in quattordici lingue), sul tema.: “Un popolo dimenticato: cent’anni fa il genocidio degli Armeni”. Dopo la proiezione del film “La masseria delle allodole” di Paolo e Vittorio Taviani (2007), avvenuta sempre al Teatro della Misericordia venerdì 27 febbraio, la prossima conferenza di Vincincontri intende approfondire una delle più terribili tragedie del secolo scorso, il primo genocidio del ‘900, quello degli Armeni compiuto ad opera del Governo dei Giovani Turchi. Antonia Arslan, nata a Padova e discendente da una famiglia di origine armena, si è adoperata incessantemente per proporre la conoscenza di questa vicenda storica non ancora ammessa dai Turchi e oscurata per tanto tempo. Arslan ha tradotto, tra l’altro le poesie di una delle voci più significative dell’Armenia, quella del poeta Daniel Varujan (Il canto del pane, Guerini, Milano 1992; Mari di grano, Paoline, Milano 1995), che fu ucciso a colpi di pugnale il 28 agosto 1915 a soli 31 anni. Tra poco più di un mese, il 24 aprile 2015, sarà commemorato il 100º Anniversario del Genocidio Armeno, che vide l’uccisione pianificata del popolo armeno, già iniziata tra il 1894 ed il 1896 ma proseguita in particolare tra l’aprile 1915 ed il 1916 e poi anche successivamente fino al 1923, con l’uccisione di un milione e mezzo di Armeni.

Linchiestaquotidiano.it – L’albero simbolo dell’Armenia al Severi per non dimenticare. (3 mar 2015)

FROSINONE – Un albero per non dimenticare la follia di un genocidio e, nello stesso tempo, il contributo dei “giusti” che si battono contro i soprusi e l’abominio. Con questo spirito al Liceo Scientifico Francesco Severi verrà piantato un albero di albicocca, donato dal negozio Area Verde di via Saragat, in un’area interna della scuola. Si tratta di una pianta originaria e simbolo dell’Armenia e l’iniziativa mira a sensibilizzare soprattutto le giovani generazioni sugli orrori dello scorso secolo, sul modello del Giardino dei Giusti che si trova a Milano, dove appunto ogni arbusto rappresenta la ferita lasciata aperta dai diversi genocidi del Novecento.
La piantumazione dell’albero di albicocca che simboleggia l’Armenia arriva dopo l’incontro del 14 febbraio scorso all’Auditorium Colapietro, promosso dal professore del liceo David Toro, con l’ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia Sargis Ghazaryan e con Michele Wegner (figlio di Armin Wegner, autore di un archivio fotografico fondamentale per la conoscenza del genocidio armeno). Un incontro condito da uno scambio intellettualmente vivace con i ragazzi del Severi, che ha lasciato un profondo segno negli studenti e non solo. Lo stesso Wegner dopo l’iniziativa ha commentato: «È stata per me un’esperienza molto positiva poter incontrare una nuova generazione attenta alle realtà politiche e internazionali e che lascia promettere bene per il futuro».

 

http://www.linchiestaquotidiano.it/news/2015/03/03/lalbero-simbolo-dellarmenia-al-severi-per-non-dimenticare/10967

Osservatorio Balcani & Caucaso – Il centenario del genocidio armeno. (2 mar 2015)

Simone Zoppellaro | Yerevan

Il prossimo 24 aprile, in Armenia e nel mondo, verranno ricordati i 100 anni dall’inizio del genocidio degli armeni nell’Impero Ottomano. L’attesa, il programma delle commemorazioni a Yerevan

Gli armeni si apprestano a ricordare i cento anni trascorsi dal primo grande genocidio del XX secolo, il Metz Yeghern, che in lingua armena significa “il Grande Male”.

Il culmine delle celebrazioni sarà il 24 aprile, data tradizionalmente scelta per commemorare i tragici eventi che, nel 1915 e 1916 in particolare, portarono alla morte di circa un milione e mezzo di persone e alla quasi completa cancellazione della presenza armena nei territori dell’allora Impero Ottomano.

Una scelta, quella di questa data, dal valore fortemente simbolico: nella notte fra il 23 e il 24 aprile del 1915 alcune centinaia di intellettuali armeni vennero arrestati a Istanbul e in altre località dell’Impero per essere in seguito deportati e uccisi. L’intento di chi diede quell’ordine, il ministro degli Interni Taalat Pasha, era di privare gli armeni delle loro guide spirituali e politiche prima di mettere in atto la soluzione finale. Fra loro, è giusto ricordare almeno il poeta Daniel Varoujan, uno dei massimi della letteratura armena moderna, ucciso insieme a medici, giornalisti, sacerdoti, avvocati, politici, insegnanti, architetti e mercanti.

Ogni anno – e non solo in occasione di questo centenario – si celebra a Yerevan una commemorazione molto sentita dalla gente, che accorre in gran numero anche dai paesi e dalle città dell’interno (e persino dall’estero, dalla diaspora) per prendervi parte.

Il Forte delle Rondini

La prima manifestazione ebbe luogo nel 1965, nell’allora Unione Sovietica, quando centomila persone sfilarono per ricordare il cinquantenario di un evento che, in Oriente e in Occidente, nessuno sembrava allora disposto a ricordare. Oggi come ieri, luogo simbolo è Tsitsernakaberd, il “Forte delle Rondini”, un collina non lontana dal centro di Yerevan dove l’anno seguente al cinquantenario ebbe inizio la costruzione del memoriale delle vittime del Genocidio, ultimato nel 1967. Dopo l’indipendenza, nel 1995, qui è sorto anche il Museo-Istituto del Genocidio armeno, che anche quest’anno sarà protagonista della commemorazione.

Questa giunge in un momento da molti punti di vista non semplice per la Repubblica d’Armenia. Innanzitutto a causa del conflitto del Nagorno Karabakh, dove la tensione è alta. In un mese solitamente calmo – anche a causa delle temperature rigide – come gennaio, si sono registrati diversi scontri e un bilancio di 12 morti e 18 feriti da entrambe le parti. Un’altra ragione è la politica: il 2015 si è aperto con una serie di scontri e scandali che, coinvolgendo anche una figura di primo piano dell’opposizione come Gagik Tsarukyan, rischiano di rendere ancor più incontrastata l’egemonia del Partito Repubblicano nel paese. Infine l’economia, che continua a soffrire dell’isolamento geopolitico del paese, e vede pesare in aggiunta gli effetti negativi dell’eccessiva dipendenza da Mosca, a sua volta in difficoltà economica. A tal proposito, il centenario dovrebbe rappresentare un momento di sollievo, almeno per quanto riguarda il settore turistico. Si stima per il 2015 un incremento del 10% in questo settore, secondo i dati presentati dal ministro dell’Economia Karen Chshmarityan. E ciò, come ha ricordato lo stesso ministro, anche a causa del centenario.

Non ti scordar di me

Come simbolo per la commemorazione del centenario è stato scelto un fiore, il non-ti-scordar-di-me, che molti armeni hanno già iniziato a usare come immagine di profilo sui social network. Il tema della memoria è centrale, in questo caso, non solo per il tributo da prestare alle vittime, ma anche da un punto di vista politico.

Un secolo di silenzi e omissioni, complicità e negazionismi, non è purtroppo bastato, e così ancora oggi la questione del riconoscimento del Genocidio armeno è al centro del dibattito politico internazionale. In primo luogo per la Turchia, erede dell’Impero Ottomano che pianificò ed eseguì lo sterminio, che si ostina a negare che quanto avvenne in quegli anni possa essere definito un genocidio. E questo nonostante molte voci della società civile turca – a cominciare dal premio Nobel Orhan Pamuk – si levino sempre più numerose. Ma anche per gli Stati Uniti che, nonostante le promesse di Obama in campagna elettorale, non hanno ancora riconosciuto il Genodicio, nel timore di compromettere i rapporti con la Turchia. O ancora Israele, che ha preferito sacrificare il riconoscimento del Genocidio armeno in nome del suo legame strategico con la Turchia prima, e in seguito con l’Azerbaijan, un altro stato negazionista.

System of a Down

Per quanto riguarda la commemorazione a Yerevan, oltre alla tradizionale fiaccolata serale del 23 aprile che dalla piazza del Teatro dell’Opera conduce fino a Tsitsernakaberd, proseguendo poi anche il giorno seguente, ci saranno una serie di eventi inediti. Fra questi, desta particolare attesa – soprattutto fra i giovani – il concerto dei System of a Down. La band statunitense, composta da quattro discendenti di sopravvissuti al Genocidio, si esibirà nella centralissima Piazza della Repubblica il 23 aprile. Nonostante il legame profondo del gruppo con la loro identità armena, evocata in diverse canzoni dedicate al tema del Genocidio, si tratta della loro prima esibizione in Armenia.

Il 22 e il 23 di aprile si terrà invece una conferenza internazionale intitolata “Contro i crimini di genocidio”, dove si attende la presenza di importanti personalità politiche e religiose internazionali. Sempre il 23, a Etchmiadizn, antico centro spirituale degli armeni che sorge a una ventina di chilometri da Yerevan, la Chiesa Apostolica celebrerà la canonizzazione di tutte le vittime del Genocidio. A chiudere gli eventi, la sera del 24, ci sarà invece un concerto di musica classica dove si esibiranno, simbolicamente, musicisti provenienti da paesi che hanno riconosciuto in via ufficiale il Genocidio armeno.

Un’iniziativa legata a Eurovision Song Contest 2015, infine, viene utilizzata in questi mesi dall’Armenia per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul tema del Genocidio. Anziché da un solo cantante, l’Armenia sarà rappresentata quest’anno al festival della canzone che si terrà a maggio a Vienna da un gruppo di sei membri, i Genealogy, ognuno dei quali proveniente da un diverso continente, più uno dall’Armenia. Il titolo della canzone che presenteranno, quanto mai significativo, è Don’t deny (“Non negare!”). Un imperativo che, a discapito dei cento anni trascorsi da quei tragici eventi, non ha ancora perso d’attualità e d’urgenza.

Genocidio armeno, la provocazione (e poi le scuse) di Starbucks. Corriere della Sera

Un poster con ragazza in costumi tradizionali che ballano tra simboli turchi fa infuriare la comunità armena statunitense: ritirato

di Antonio Ferrari

L’immagine sul poster di Starbucks

Quest’anno si ricorda il centesimo anniversario del genocidio armeno, e il giorno dedicato alle celebrazioni ufficiali sarà il 24 aprile. Anche le ricorrenze, a volte, diventano occasione di business: ora squallido, ora provocato dall’ignoranza o dall’assenza di sensibilità. quasi sempre di dubbio gusto. Nell’emirato di Dubai il fantasioso e cinico gestore di una palestra, tempo fa attirava clienti con l’orrendo slogan «diventerete magri come ad Auschwitz». Ancor più cinica, se possibile, la trovata di un israeliano, che poco dopo promosse a Tel Aviv il concorso di «Miss Olocausto», aperto alle sopravvissute nei campi di sterminio nazisti. Purtroppo non ci sono limiti, come dimostra l’ultima provocazione, si presume ideata negli Stati Uniti dal marketing di Starbucks, impero delle caffetterie. Hanno preparato e diffuso un poster pubblicitario per ricordare lo storico anniversario, forse puntando sull’impatto-choc del messaggio, che comunque fa notizia. L’immagine: belle ragazze, che indossano i tipici costumi dell’Armenia, in un tripudio di colori, di bandiere e di palloncini rossi con gli inequivocabili simboli (mezzaluna e stella) della Repubblica turca.

Ankara e il rifiuto del genocidio

Ankara ha sempre rifiutato di riconoscere come genocidio il massacro sistematico di almeno un milione (ma c’è chi sostiene un milione e mezzo) di armeni. Sostiene infatti che tutto è accaduto, all’inizio della Grande Guerra del secolo scorso, con la decomposizione dell’impero ottomano, in coda a un feroce conflitto che vedeva alcuni combattenti armeni inseriti militarmente nell’esercito russo contro la Turchia. In realtà, negli ultimi tempi, lo storico contenzioso si è affievolito, dopo le imputazioni contro scrittori, tra cui Orhan Pamuk ed Elif Shafak, contro giornalisti e intellettuali, che direttamente o indirettamente hanno riconosciuto (comunque non hanno negato) che vi era stato il genocidio. Il clima si è stemperato fino all’avvio di relazioni diplomatiche – seppur molto fredde – tra Erevan e Ankara, grazie anche ad un atteggiamento meno duro da parte del partito di governo islamico moderato Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan.

Le scuse di Starbucks

Ma il problema è ancora irrisolto, e la provocazione di Starbucks con le donne in costume armeno, all’interno e all’esterno di un locale di Los Angeles mentre bevono il caffè in una cornice di simboli turchi, ha irritato e offeso l’Armenian American Committee. Che ha chiesto le scuse, le ha ricevute, ma ha anche ottenuto il ritiro del poster, con il gigante delle consumazioni pronto a riconoscere il presunto «errore». La comunità armena è numerosa e assai influente, ed è quindi riuscita a bloccare la diffusione dell’immagine. Però, a ben vedere, c’è anche un risvolto positivo. Prima di tutto per Starbucks, che ha fatto parlare di se i mass media di tutto il mondo, e soprattutto l’arcipelago planetario dei social network, garantendosi una gratuita pubblicità. A ben vedere, o meglio a ben ascoltare, anche molti armeni non sono particolarmente turbati dalla vicenda. Perché del popolo armeno e del suo piccolo Stato, che ha ottenuto l’indipendenza dopo il crollo dell’impero sovietico, si parla sempre poco, o meglio poco più di una volta all’anno, e quasi sempre in occasione della ricorrenza del genocidio.

«Per il bene dell’Armenia è necessario parlarne»

Nel libro «Caucasus Chronicles», l’ambasciatore greco Leonida Crysanthopoulos, per dimostrare che l’Armenia viene spesso dimenticata, sostiene che ai tempi dell’elezione del presidente russo, all’inizio degli anni ‘90, vi fu uno sconcertante retroscena. L’avversario di Boris Eltsin, il ceceno Ruslan Khasbulatov, presidente della Duma, avrebbe infatti promesso segretamente alla Turchia, in caso di vittoria, che non si sarebbe opposto ad una guerra lampo contro l’Armenia. Che sia vero o meno è tutto da provare, anche perché alle elezioni si impose Eltsin. Tuttavia, questo dimostra che «per il bene dell’Armenia è necessario parlarne, a prescindere da ciò che si sostiene. Bisogna far sapere a tutti che esistiamo e che non vogliamo più essere dimenticati». È opinione del console generale dell’Armenia a Milano Pietro Kuciukian. Ed è saggio riflettere su queste parole, in un momento confuso e punteggiato da una dilagante percezione di insicurezza.

Buongiornoalghero.it – Un libro della Nemapress per la giornata della cultura Armena. (25 feb 2015)

L’Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo di Lecce, presieduta dalla Sen. Adriana Poli Bortone si fa promotrice, in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica Armena in Italia, della seconda “GIORNATA dell’AMICIZIA & CULTURA ARMENA”.

L’incontro, organizzato nell’ambito delle iniziative celebrative del Centenario del Genocidio degli Armeni, si terrà a Lecce il prossimo 28 febbraio, a partire dalle ore 18, nei suggestivi spazi dell’ex Conservatorio S.Anna, in Via Libertini, 1, sede dell’Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo. Momento clou dell’evento, la presentazione del volume “Le parole per raccontare. Gli Armeni, storia, cultura, letteratura” (Ed. Nemapress), di Pierfranco Bruni e Neria De Giovanni, con la prefazione di S.E. Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, che presenzierà all’incontro insieme agli Autori del volume e ad osservatori del mondo Istituzionale, Culturale, Economico, Associativo e dei Media.

Modera il dibattito il Dott. Gianluca Borgia, componente Consiglio di Amministrazione Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo. Padrona di casa la Sen. Adriana Poli Portone, Presidente dell’Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo, che ha fortemente voluto questo momento di confronto, e riflessione per promuovere la conoscenza di una della pagine più cupe della storia del XX secolo: il Genocidio Armeno. Conosciuto anche con il nome di Medz Yeghern, il “Grande Male”, il genocidio armeno è stato il primo del ’900, nonché uno dei più dimenticati: Hitler lo prendeva a canone del massacro che serbava in mente: “chi parla ancora oggi del genocidio degli armeni?”.

I responsabili sono rimasti pressoché impuniti, i manuali di storia hanno esitato a raccontare ed il governo turco lo nega esplicitamente ancor’oggi. Questo processo sistematico di sterminio della componente etnica minoritaria armena fu avviato dall’Impero Ottomano all’interno del territorio attualmente facente parte della Turchia. Il Genocidio, la cui data di inizio viene convenzionalmente indicata con il 24 aprile 1915, ha causato la morte di un numero di vittime pari ad 1-1,5 milioni di persone, tra cui circa 250 intellettuali e leader della comunità armena di Costantinopoli. Le pagine dell’opera di Neria De Giovanni e Pierfranco Bruni sono un viaggio a ritroso nella travagliata storia del popolo armeno di cui raccontano non solo la tragica odissea umana, ma anche la gloria e la ricchezza di una grande cultura millenaria, che è l’essenza più intima di un popolo.

“La peculiarità di questo volume – sottolinea nella prefazione al libro S.E. Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia – è di guardare all’Armenia da due prospettive. Una più profonda, che fruga incessantemente nella storia millenaria del popolo armeno, nelle sue radici, nelle sue tradizioni. Un’altra più vicina, che guarda agli Armeni – lontani dalla terra dell’Ararat – che hanno stretto, nei secoli, un forte nesso di partecipazione e contaminazione nelle terre e con le genti di approdo (…) Pierfranco Bruni e Neria De Giovanni hanno compiuto questo viaggio senza temere le difficoltà del non conosciuto e senza accusare segni di stanchezza, riuscendo nell’intento di approfondire la conoscenza di cosa si celasse dietro i termini “armeno” e “Armenia”.

Il risultato è un volume denso e ricco di spunti. Ancora più significativo perché esce a pochi giorni dal 24 aprile, quando si commemorerà il Centenario del Genocidio degli Armeni”. “… Da quel giorno del 1915, – conclude l’Ambasciatore – i miei antenati, la mia gente, sono diventati vittime o profughi, nel migliore dei casi. Sono stati costretti cioè a fuggire in avanti e a non guardarsi indietro. Oggi, invece, si vuole e si deve guardare indietro. Per non dimenticare un crimine, a cui troppi hanno assistito silenti e impassibili”. Questa seconda “GIORNATA dell’AMICIZIA & CULTURA ARMENA” è solo l’ultima delle tante attività di alto profilo promosse dall’Agenzia per il Patrimonio Culturale Euromediterraneo, che suggella con forza la volontà di valorizzare i rapporti con la comunità armena e rappresenta un’occasione di scambio, socializzazione e condivisione di ideali, cultura e storia.


 

 

A Lecce la “II° Giornata dell’amicizia e cultura armena”

http://www.salentoweb.tv/video/9358/lecce-iideg-giornata-amicizia-e-cultura 

Korazym – Gregorio, il Papa e gli armeni. (25 feb 2015)

di Caterina Maniaci

L’Armenia celebra quest’anno il centenario dell’atroce genocidio di cui fu vittima ad opera della Turchia. Una ricorrenza importante, non solo e non tanto dal punto di vista storico, ma anche perché l’evento dovrebbe servire a far conoscere in modo più diffuso e capillare quel che è successo a cominciare dall’aprile del 1915, quando lunghe file di uomini, donne, bambini, anziani furono condotti a morire lungo le strade infuocate e sabbiose. In queste marce della morte, che coinvolsero almeno 1.200.000 persone, che morirono per fame, malattia, sfinimento.

Furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco in collegamento con l’esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano: in molti le considerano una sorta di “prova generale” ante litteram di quelle che diventeranno le deportazioni di massa dei deportati ebrei messe in atto dal nazismo.

Le fotografie scattate in quell’inferno di morte e desolazione sono la più spietata e lucida testimonianza che i negazionisti d’oggi si affannano a a voler trascurare. Basterebbe visitare l’esposizione di quelle scattate da Armin T. Wegner e raccolte in una bella mostra organizzata circa un mese fa Venezia. Wegner era un ufficiale e paramedico tedesco di stanza in Medio Oriente nei primi decenni del Novecento. Documentò le stragi degli armeni, cercando di mobilitare le coscienze contro questi eccidi, come poi fece per quanto succedeva agli ebrei. Inascoltato, perseguitato, solo molti decenni dopo poi proclamato Giusto delle Nazioni.

Papa Francesco ha annunciato che celebrerà una messa nella basilica di San Pietro il 12 aprile prossimo proprio in occasione di questa ricorrenza. Un gesto importante, anche simbolicamente, perché proclama dinanzi al mondo intero che non è più possibile mettere in dubbio, tacere, ignorare la realtà tragico di quei giorni, e che i genocidi, le persecuzioni, per motivi razziali, religiosi, etnici, non sono un semplice retaggio del passato, ma storia contemporanea, cronaca di cui si riempiono quotidianamente i nostri occhi.

E un altro gesto significativo è stata la decisione, da parte del Pontefice, di proclamare san Gregorio di Narek <dottore della Chiesa universale>. Sacerdote monaco, San Gregorio, nato ad Andzevatsik, in Anatolia, che allora era in Armenia e oggi è in Turchia, intorno all’anno 950 e morto a Narek (allora Armenia, ora Turchia) circa nel 1005, è stato un insigne teologo e uno dei più importanti poeti della letteratura armena. La Chiesa Armena già lo annovera fra i Dottori. La Chiesa latina ne riconosce la santità definendolo <insigne per la dottrina, gli scritti e la scienza mistica>, come recita il Martirologio Romano ricordandolo al 27 febbraio.
San Gregorio era un grande devoto della Vergine, che, secondo la tradizione, gli sarebbe apparsa. A Lei si rivolgeva sempre, nei momenti di profonda gioia contemplativa come nei momenti di sconforto. <Aiutami per le ali delle tue preghiere, o Tu che sei proclamata Madre dei vivi, affinchè, alla mia uscita da questa valle terrestre, io possa indisturbato camminare verso la tua dimora di vita, quella che ci è stata preparata, così da rendere leggera la fine di una vita appesantita dalle mie iniquità>, si legge nella Preghiera 80, rivolta alla Madre con accenti di autentica poesia. Non per nulla Gregorio è considerato figura centrale della letteratura cristiana delle origini. Preghiera, contemplazione, introspezione, paesaggio interiore illuminato dai bagliori dei versi si fondono nelle sue parole giunte fino a noi intatte nella loro forza e nello struggimento che le pervadono, rivolte al Creatore: <Io, tua immagine, logorata dal peccato, ti scongiuro, di fondermi a nuovo nel crogiuolo della tua parola>.

Aleteia.org -L’insensata bontà dei Giusti: una giornata per non dimenticare 6 Marzo, giornata europea dei Giusti. (24 feb 2015)

Giunge al suo terzo anno di vita la Giornata europea dei Giusti, istituita per commemorare coloro che si sono opposti personalmente a crimini contro l’umanità e ai totalitarismi.

L’iniziativa nata su proposta della Fondazione Gariwo, e proclamata dal Parlamento Europeo, avrà quest’anno il tema: “Ieri e oggi, i Giusti sempre necessari”.

“Lanciamo un appello a tutte le città d’Europa e d’Italia affinché, dopo gli attacchi terroristici che hanno colpito ebrei, arabi, cristiani, da Parigi a Copenaghen, dall’Iraq alla Libia, alla Siria, siano ricordate tutte quelle figure morali, come il francese musulmano Lassana Bathily, che con coraggio cercano di salvare vite e di difendere la dignità umana di fronte agli atti barbari e criminali degli estremisti jihadisti”, ha spiegato Gabriele Nissim, presidente della Gariwo.

“La sconfitta di questo nuovo male estremo, che sfida ancora una volta la nostra condizione umana” prosegue Nissim, “non passa attraverso la creazione di muri tra civiltà, ma attraverso la valorizzazione di tutti gli esempi di resistenza nel mondo arabo e musulmano. Non dobbiamo lasciare soli questi nuovi uomini giusti”.

La giornata europea dedicata ai Giusti, verrà celebrata sia in Italia che in Europa, attraverso molteplici iniziative:

Milano
Il 3 marzo a Palazzo Cusani si apriranno le celebrazioni milanesi con il convegno “La Giornata europea dei Giusti – La memoria del Bene e l’educazione alla Responsabilità”, organizzato da Gariwo con il Corpo Consolare di Milano e della Lombardia e moderato dall’editorialista del Corriere della Sera Antonio Ferrari. Saranno presenti il Ministro per gli Affari Esteri Paolo Gentiloni, il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli e Gabriele Nissim.

Il 6 marzo al Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Monte Stella, un albero e un cippo, con le iscrizioni di diversi Giusti, saranno dedicati a Razan Zaitouneh avvocatessa siriana attivista dei diritti civili e all’ONU, scomparsa nel 2013 vicino a Damasco rapita da gruppi estremisti jihadisti, e a Ghayath Mattar, giovane pacifista arrestato e ucciso in Siria nel 2011, offriva fiori ai soldati in segno di dialogo e si batteva per i diritti umani e la libertà.

Nell’evento ci sarà la testimonianza di Rana Zaitouneh, che con Gariwo lancerà l’appello affinché l’opinione pubblica si mobiliti per chiedere la liberazione della sorella Razan, oggi nelle mani di un gruppo terrorista jihadista.
Assisi
Il 6 marzo sarà inaugurato il “Giardino dei Giusti” ad Assisi e a Orzinuovi (BS). Cerimonie in onore dei Giusti avranno luogo anche a Firenze, Roma, Bitonto, Rimini, Bellaria-Igea Marina, Seveso e in altre città italiane.

Praga
11 marzo – Al Goethe Institut, Gariwo-Repubblica Ceca organizza un convegno dedicato al centesimo anniversario del genocidi armeno, e al Giusto Armin T. Wegner con Tigran Seiranian, Ambasciatore armeno in Repubblica Ceca, Milada Kilianova, operatrice di pace della NGO ceca People in Need e Jan Machacek, della Biblioteca Vaclav Havel.
Varsavia

6 marzo, ore 19.00 – Festa dei Giusti al Museo di Storia degli Ebrei polacchi, il Polin (“Poloinia” in ebraico), che sorge nel cuore dell’ex ghetto della capitale e racconta la storia della presenza millenaria degli ebrei in Polonia.
Düsseldorf

6 marzo, ore 14 – Al Parlamento del Land del Nord Reno-Westfalia avrà luogo la cerimonia musical-letteraria in onore di Armin T. Wegner, Giusto per gli ebrei e per gli armeni che tentò invano di denunciare il Metz Yeghern e la persecuzione degli ebrei in Germania, e Dogan Akhanli, che si è battuto per la verità sull’omicidio del giornalista Hrant Dink in Turchia. L’iniziativa è promossa dalla Società A. T. Wegner.

Israele
9 marzo – A poche settimane dalla conferenza internazionale sulla prevenzione dei genocidi con lo studioso Yehuda Bauer, la Open University of Israel a Ra’anana organizza un incontro con Gabriele Nissim, Pietro Kuciukian e Yair Auron in cui sarà annunciata la nascita di Gariwo – Israele.

Il 10 marzo, a Neve Shalom – Wahat el Salam (“Oasi della pace” in ebraico e in arabo), il villaggio abitato da arabi palestinesi ed ebrei israeliani, avrà luogo la cerimonia di dedica degli alberi per gli armeni che salvarono gli ebrei dall’Olocausto, per i soccorritori del genocidio in Rwanda, per i giusti ebrei israeliani e arabi musulmani.

Gariwo sta inoltre collaborando con la Fondazione Raoul Wallenberg in progetti sulla memoria dei Giusti, dedicati in particolare alla ricerca di figure del mondo turco e musulmano che hanno soccorso gli armeni durante il genocidio del 1915, e di cittadini greci che hanno salvato gli ebrei durante la Shoah.

Genocidio armeno, la provocazione (e poi le scuse) di Starbucks. Corriere della Sera

Un poster con ragazza in costumi tradizionali che ballano tra simboli turchi fa infuriare la comunità armena statunitense: ritirato

di Antonio Ferrari

starbucks

Quest’anno si ricorda il centesimo anniversario del genocidio armeno, e il giorno dedicato alle celebrazioni ufficiali sarà il 24 aprile. Anche le ricorrenze, a volte, diventano occasione di business: ora squallido, ora provocato dall’ignoranza o dall’assenza di sensibilità. quasi sempre di dubbio gusto. Nell’emirato di Dubai il fantasioso e cinico gestore di una palestra, tempo fa attirava clienti con l’orrendo slogan «diventerete magri come ad Auschwitz». Ancor più cinica, se possibile, la trovata di un israeliano, che poco dopo promosse a Tel Aviv il concorso di «Miss Olocausto», aperto alle sopravvissute nei campi di sterminio nazisti. Purtroppo non ci sono limiti, come dimostra l’ultima provocazione, si presume ideata negli Stati Uniti dal marketing di Starbucks, impero delle caffetterie. Hanno preparato e diffuso un poster pubblicitario per ricordare lo storico anniversario, forse puntando sull’impatto-choc del messaggio, che comunque fa notizia. L’immagine: belle ragazze, che indossano i tipici costumi dell’Armenia, in un tripudio di colori, di bandiere e di palloncini rossi con gli inequivocabili simboli (mezzaluna e stella) della Repubblica turca.

Ankara e il rifiuto del genocidio

Ankara ha sempre rifiutato di riconoscere come genocidio il massacro sistematico di almeno un milione (ma c’è chi sostiene un milione e mezzo) di armeni. Sostiene infatti che tutto è accaduto, all’inizio della Grande Guerra del secolo scorso, con la decomposizione dell’impero ottomano, in coda a un feroce conflitto che vedeva alcuni combattenti armeni inseriti militarmente nell’esercito russo contro la Turchia. In realtà, negli ultimi tempi, lo storico contenzioso si è affievolito, dopo le imputazioni contro scrittori, tra cui Orhan Pamuk ed Elif Shafak, contro giornalisti e intellettuali, che direttamente o indirettamente hanno riconosciuto (comunque non hanno negato) che vi era stato il genocidio. Il clima si è stemperato fino all’avvio di relazioni diplomatiche – seppur molto fredde – tra Erevan e Ankara, grazie anche ad un atteggiamento meno duro da parte del partito di governo islamico moderato Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan.

Le scuse di Starbucks

Ma il problema è ancora irrisolto, e la provocazione di Starbucks con le donne in costume armeno, all’interno e all’esterno di un locale di Los Angeles mentre bevono il caffè in una cornice di simboli turchi, ha irritato e offeso l’Armenian American Committee. Che ha chiesto le scuse, le ha ricevute, ma ha anche ottenuto il ritiro del poster, con il gigante delle consumazioni pronto a riconoscere il presunto «errore». La comunità armena è numerosa e assai influente, ed è quindi riuscita a bloccare la diffusione dell’immagine. Però, a ben vedere, c’è anche un risvolto positivo. Prima di tutto per Starbucks, che ha fatto parlare di se i mass media di tutto il mondo, e soprattutto l’arcipelago planetario dei social network, garantendosi una gratuita pubblicità. A ben vedere, o meglio a ben ascoltare, anche molti armeni non sono particolarmente turbati dalla vicenda. Perché del popolo armeno e del suo piccolo Stato, che ha ottenuto l’indipendenza dopo il crollo dell’impero sovietico, si parla sempre poco, o meglio poco più di una volta all’anno, e quasi sempre in occasione della ricorrenza del genocidio.

«Per il bene dell’Armenia è necessario parlarne»

Nel libro «Caucasus Chronicles», l’ambasciatore greco Leonida Crysanthopoulos, per dimostrare che l’Armenia viene spesso dimenticata, sostiene che ai tempi dell’elezione del presidente russo, all’inizio degli anni ‘90, vi fu uno sconcertante retroscena. L’avversario di Boris Eltsin, il ceceno Ruslan Khasbulatov, presidente della Duma, avrebbe infatti promesso segretamente alla Turchia, in caso di vittoria, che non si sarebbe opposto ad una guerra lampo contro l’Armenia. Che sia vero o meno è tutto da provare, anche perché alle elezioni si impose Eltsin. Tuttavia, questo dimostra che «per il bene dell’Armenia è necessario parlarne, a prescindere da ciò che si sostiene. Bisogna far sapere a tutti che esistiamo e che non vogliamo più essere dimenticati». È opinione del console generale dell’Armenia a Milano Pietro Kuciukian. Ed è saggio riflettere su queste parole, in un momento confuso e punteggiato da una dilagante percezione di insicurezza.

Iran e Armenia, sì a una nuova ferrovia. Mosca blocca lo scambio energetico. Asianews

di Armen Grigoryan
La costruzione della ferrovia risale al 2008. Il ministro iraniano degli Esteri spinge alla collaborazione con Yerevan, che cerca investitori per pagare il suo tratto. La Russia gestisce il transito ferroviario armeno ma non vuole cedere all’Iran la distribuzione del gas. L’adesione dell’Armenia all’Eurasian Economic Union ostacola le basi militari della NATO in Georgia.

Yerevan (AsiaNews) – Durante la conferenza stampa del 27 gennaio a Yerevan, il Ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha sostenuto che diverse opportunità di cooperazione economica bilaterale tra Iran e Armenia “possono essere vantaggiose”, e che l’adesione dell’Armenia alla Eurasian Economic Union (EEU) “può rappresentare una di queste”. Egli ha fatto notare che le discussioni trilaterali (a quanto pare, con la partecipazione dei rappresentanti russi) sulla costruzione di un collegamento ferroviario tra l’Armenia e l’Iran hanno avuto successo, e che i negoziati sulla cooperazione in materia di energia e di forniture di gas possono rivelarsi produttivi. Il Ministro degli Esteri Zarif ha anche sottolineato la rapidità con cui l’Iran ha completato il progetto dell’impianto idroelettrico sul fiume Arax, mentre le questioni finanziarie legate ad altri progetti verranno risolte a breve dal governo armeno [Aravot.am, 27 gennaio].

La costruzione di un collegamento ferroviario tra l’Armenia e l’Iran è stata promessa per la prima volta dal presidente armeno Serzh Sargsyan nel discorso all’Assemblea Nazionale nell’ottobre 2008. Finanziare la costruzione, ad ogni modo, si è rivelato una questione problematica: mentre i funzionari iraniani confermano l’impegno a voler costruire una linea che connetta la rete ferroviaria iraniana esistente fino al confine armeno, un investimento notevole è comunque necessario per portare avanti la costruzione anche da parte armena. Secondo le stime, i costi di costruzione della sezione armena della ferrovia si aggirano intorno ai 3,2 miliardi di dollari, esclusi i costi per l’acquisto dei terreni e i dazi doganali sulle apparecchiature. Il costo totale del progetto è comparabile al bilancio annuale del Paese.

Il 7 agosto 2014 il governo dell’Armenia ha approvato il progetto iniziale. Un documento preparato dal Ministro degli Esteri riporta che la Export-Import Bank of China avrebbe fornito un prestito per il 60% dei costi di costruzione, con un tasso di interesse annuale del 3,5% [News.am, 8 agosto 2014]. In seguito, in ottobre, il primo ministro armeno  Hovik Abrahamyan, rispondendo ad un’inchiesta parlamentare, ha affermato che il governo sta ancora cercando investitori e che non è stata ancora presa nessuna decisione specifica [Tert.am, 22 ottobre 2014]. Il Ministro dei trasporti e delle comunicazioni Gagik Beglaryan ha poi indicato che sono in corso negoziati con qualche probabile investitore, sebbene finora senza risultati. Egli ha anche aggiunto che un accordo firmato durante la visita a Teheran del viceministro dei trasporti Arthur Arakelyan prevede un investimento di 400 milioni di dollari da parte dell’Iran per la costruzione di una linea ferroviaria fino al confine con l’Armenia [Azatutyun.am, 11 dicembre 2014]. Da parte sua, Victor Rebets, amministratore dell’impresa russa che gestisce le attuali ferrovie armene, ha dichiarato la ferma intenzione a gestire anche il collegamento Iran-Armenia, a partire dal 2022 quando si attende la fine del lavoro di costruzione [Arka.am, 22 dicembre 2014].

D’altra parte, sarà difficile realizzare il progetto armeno-iraniano di recente proposto dal Ministro Zarif sulla cooperazione in materia di fornitura di gas naturale, anche se i costi previsti sono molto inferiori rispetto a quelli per la ferrovia sopra citati.  Mentre l’Iran mostra un interesse costante nella possibilità di esportare gas in Europa attraverso l’Armenia e la Georgia, Mosca usa in maniera costante la sua influenza su Yerevan per impedire all’Iran di svilupparsi in quella direzione.

La sezione armena del gasdotto tra Armenia e Iran lanciato nel 2007 è larga 71 centimetri, invece che 142 come pianificato all’inizio, mentre la parte armena costruita apposta per questo collegamento è larga 142 centimetri. Il governo dell’Armenia ha deciso di ridurre il diametro della sua sezione di gasdotto sotto pressione russa e poi ha venduto la sua parte ad ArmRosgazprom – l’azienda che gestisce la distribuzione del gas armeno, con l’80% delle sue quote possedute dalla russa Gazprom. Nel dicembre 2013 la Russia ha convinto l’Armenia a cedere anche il restante 20% di quote, con un nuovo accordo bilaterale che assicura a Gazprom un monopolio per i prossimi 20 anni.

Si deve anche notare che mentre si discuteva l’accordo firmato nel dicembre 2013, l’ambasciatore iraniano in Armenia, Mohammad Reyisi, ha annunciato che l’Iran era pronto a fornire gas più economico rispetto alla Russia [Lragir.am, 6 dicembre 2013]. Comunque il governo armeno non ha considerato questa possibilità e ha scelto invece di soddisfare le richieste di Mosca.

La Russia ha ostacolato di continuo il transito del gas iraniano attraverso l’Armenia, considerandolo come una minaccia particolare agli interessi geopolitici russi. Dopo tutto, come Paese di transito, l’Armenia vorrebbe ottenere maggior potere di manovra e diventare meno dipendente dalla Russia. Al contrario, Mosca non si oppone alla ferrovia proposta tra Armenia e Iran, sebbene non sia chiaro se la Russia voglia investire in maniera diretta in questo progetto di trasporti. Rappresentanti russi hanno affermato che l’adesione dell’Armenia alla EEU fornirebbe una scusa ulteriore per convincere la Georgia a fornire corridoi di trasporto per collegare la Russia con l’Armenia, cosa che aumenterebbe il potenziale strategico della base militare russa in Armenia. Mosca vorrebbe anche prendere il controllo dell’assistenza  doganale sul confine armeno-iraniano, sostituendo gli ispettori doganali armeni con una assistenza doganale “eurasiatica”. Inoltre fonti russe indicano in modo esplicito che l’adesione dell’Armenia all’EEU, così come il recente accordo che la Russia ha stipulato con l’Abkhazia e quello pianificato con l’Ossetia meridionale, dovrebbe aiutare a impedire alla North Atlantic Treaty Organization (NATO) di stabilire infrastrutture militari in Georgia – per non parlare del blocco di una maggiore integrazione economica della Georgia con l’Unione Europea [vedi EDM, 11 dicembre 2014].

In conclusione, la possibile costruzione della ferroviaria Armenia-Iran è soprattutto una questione economica per l’Armenia, anche se i potenziali benefici saranno limitati senza un collegamento diretto con la Russia, fino a quando il confine senza sbocchi sul mare con la Turchia rimarrà chiuso. Allo stesso tempo, anche se la Russia è interessata ad un collegamento ferroviario con l’Iran, in alternativa può utilizzare il percorso attraverso l’Azerbaijan. Il possibile contributo russo alla costruzione della ferrovia tra Armenia e Iran è legato agli interessi geopolitici russi, come i piani di Mosca per rafforzare la sua stretta sul Caucaso meridionale.

(Per gentile concessione della Jamestown Foundation, traduzione in italiano a cura di AsiaNews)