Curdi, ecco chi è il popolo senza Stato che fa tanta paura ad Erdogan (Askanews 29.07.15)

ANKARA (askanews) – Divisi tra Iraq, Turchia, Siria, Iran e in piccola parte Armenia, i curdi aspirano da sempre alla creazione di un proprio Stato indipendente e le turbolenze in Medio Oriente rilanciano le loro speranze, ma anche i timori dei Paesi dove abitano, in primis la Turchia. Dietro il piano del presidente Recep Tayyip Erdogan per una zona cuscinetto nel Nord della Siria, i curdi vedono innanzitutto il tentativo di bloccare la nascita di una regione autonoma in Siria, che già de facto esiste. Di seguito, i principali dati su questo popolo in cerca di uno stato.

La terra dei curdi
Il Kurdistan, in curdo «terra dei Curdi» è un vasto altopiano nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia. I curdi – una popolazione stimata complessivamente a 50 milioni di persone – non hanno mai avuto uno Stato indipendente e il Kurdistan geografico è politicamente diviso fra gli attuali stati di Turchia (nord-ovest), Iran (sud-est), Iraq (sud) e, in minor misura, Siria (sud-ovest) ed Armenia (nord), anche se spesso quest’ultima zona è considerata parte del Kurdistan solo dai più ferrei nazionalisti.

Dove sono autonomi?
Ad oggi solo il Kurdistan iracheno gode di una certa autonomia, come regione federale dell’Iraq, in seguito alla caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003. Anche il Kurdistan siriano, chiamata dai curdi «Rojava» ha acquisito un’autonomia politica de facto dall’inizio della guerra civile siriana. Continua

L’inaugurazione del Macho apre l’ Horcynus Festival: commosso l’ambasciatore della Repubblica Armena Ghazaryan (Messinaora.it 29.07.15)

L’inaugurazione del Macho apre l’ Horcynus Festival: commosso l’ambasciatore della Repubblica Armena Ghazaryan “ricordare per dimenticare, denunciando i genocidi contemporanei”
Ci voleva un Macho per restituire allo Stretto la centralità euromediterranea, in una mescolanza di culture e segni dell’arte contemporanea che hanno trovato una preziosa collocazione nella Torre degli Inglesi. Visitabile da Martedì al Sabato, fino al 31 agosto, dalle ore 16 – 20, l’inaugurazione di questo spazio espositivo ha dato il via alla tredicesima edizione dell’ Horcynus Festival, quest’anno dedicato al centenario del genocidio armeno.
I luoghi della memoria e del mito hanno raccolto le manifestazioni contemporanee della cultura armena, nell’ottica di superare l’indifferenza, quella “palude” di cui parlava Gramsci a proposito del “peso morto della storia”. E a parlare di un popolo vivo, che oggi si trova a combattere politicamente persino un assurdo negazionismo, sono stati gli artisti introdotti da Martina Corgnati che ha sviluppato un percorso di ricerca secondo varie forme d’arte, dalla fotografia al cinema.
Visibilmente emozionato e commosso l’ambasciatore della Repubblica Armena Sargis Ghazaryan, che nel ringraziare Gaetano Giunta e la Fondazione Horcynus Orca per l’amicizia dimostrata al popolo armeno, ha sottolineato in un vibrante intervento come: ”la nostra e’ memoria prescrittiva, noi abbiamo l’obbligo di agire e denunciare i genocidi che non sono storia ma cronaca”. Continua

Armenia e Turchia, la pace tra timide aperture e frenate (ilgiornale.it 29.07.14)

“Pensiamo che in una prospettiva di lungo periodo ci potrà e ci dovrà essere una riconciliazione perché la situazione attuale non è di alcun beneficio né per gli armeni, né per noi turchi.
Noi non denigriamo gli armeni e cerchiamo di comprender il loro problema, ma abbiamo una posizione molto precisa sull’argomento. E non intendiamo cambiarla. Finché gli armeni e i loro rappresentanti s’intestardiranno su questa questione e continueranno ad accusarci per qualcosa che non abbiamo mai commesso intenzionalmente non ci sarà alcuna possibilità di soluzione. E non accetteremo neppure che qualcun altro a livello internazionale ci accusi per qualcosa che la Turchia non ha mai programmato intenzionalmente”.
Così, direttore generale per la pianificazione politica del ministero affari esteri turco – nel corso della conferenza sul ruolo geopolitico dell’Italia nel Mediterraneo organizzata a Pergine Valsugana lo scorso fine settimana dal centro studi “Il Nodo di Gordio”. Continua


Turchia e Armenia: il nodo da sciogliere (Il Giornale 30.07.15)

 

La strage dei cristiani (Il Foglio 28.07.15)

La grande differenza tra Mardin e tante altre città turche è che, nella città sulla collina, i cristiani esistono ancora”. Eppure, a Mardin, estremo lembo orientale dell’Anatolia, “bella città che domina la pianura che si estende fino alla Siria, dall’alto di una collina, con le tipiche case a terrazza, i minareti e i campanili”, cent’anni fa si è registrato uno dei più grandi e dimenticati massacri che la storia del primo Novecento ricordi. “Il Regno del terrore”, viene definito nelle pagine di questo volume che ha il merito di riportare alla luce una vicenda sepolta nella memoria degli eredi dei cristiani sterminati ed esiliati, ma anche in quella dei turchi discendenti dei cristiani convertiti e assimilati. Nella “pulizia” attuata dai maggiorenti ottomani in questa città, nota Riccardi nella premessa al volume, c’è una particolarità: “Qui non vivevano armeni gregoriani o ortodossi, ma cristiani di altre confessioni; i quali pure sono stati massacrati”. Eliminati “perché non musulmani e quindi considerati non assimilabili”, anche se – almeno in principio – il massacro non fu giustificato dall’appartenenza religiosa, bensì dall’accusa di tradimento verso lo stato. Il primo segnale fu l’arresto di dodici giovani siro-cattolici, che secondo le autorità si sarebbero macchiati del reato di diserzione. Due di essi furono fucilati davanti a un migliaio di cittadini. Un segnale, un memento rivolto a tutti. E’ una vicenda che pare cronaca; basta spostarsi di qualche centinaio di chilometri più a est e le deportazioni e gli sgozzamenti rappresentano quasi la routine, da quando l’orda fondamentalista ha preso piede nel caos siriano e iracheno. Per comprendere appieno la portata dell’eccidio minuziosamente narrato nel libro, è bene leggere con attenzione le pagine relative a quel che accadde alla fine dell’ottobre del 1915, quando lo sterminio degli armeni di Mardin sembrava concluso. Sembrava, appunto. Perché “il comitato dei massacri, scrutando attraverso le distruzioni operate, si accorse che un centinaio di persone viveva ancora: erano vecchi, donne anziane, infermi, gente che vedeva prossima la morte a causa della miseria”. E l’ordine tanto categorico quanto semplice: “Spazzate via questo resto, e che non ne rimanga nemmeno uno”. Ecco allora partire i convogli, con la promessa che tutto si sarebbe risolto per il meglio e che ad Aleppo avrebbero potuto rifarsi una vita. I cristiani erano pronti a tutto, nella disperazione: pagavano sperando di essere risparmiati, e a farlo erano soprattutto le donne, perché gli uomini erano già spariti. L’estorsione fu praticata in larga scala, la somma fu versata ma l’indomani le case furono ugualmente circondate. Continua

Armenia: fallisce la “rivoluzione colorata”, l’USAID insulta il suo lacché (Imolaoggi 28.07.15)

di Maurizio Blondet

Questa lettera è impagabile. L’ha scritta la signora Karen Hilliard, capo-missione in Armenia dello USAID (l’ente governativo “per lo sviluppo internazionale” ) ad Arthur Sakunts, militante dei diritti dell’uomo, insignito del premio “difensore della libertà” dall’ambasciatore Usa ad Erevan, nonché presidente della “Helsinki Citizen’s Assembly” di Vanazdor, una ong nata “spontaneamente dalla società civile” che denuncia in gran conferenze stampa la brutalità della polizia, ed organizza raduni e manifestazioni contro il governo che viola i diritti umani.

http://hcav.am/en/

In altre e meno orwelliane parole, Sakunts è uno a cui gli americani hanno affidato una parte centrale nella “rivoluzione colorata” che hanno innescato in Armenia. La cosa è cominciata il 19 giugno, con una manifestazione di protesta per il rincari delle bollette elettriche. Il presidente Serzh Sargsian si è dichiarato pronto a ricevere una delegazione di manifestanti; quelli hanno rifiutato. Poi ha cancellato gli aumenti; ma la folla si è adunata in continue manifestazioni nella piazza centrale di Yerevan, che si chiama Piazza Libertà. Scontri con la polizia che disperde la folla il 23 . Washington tuona contro “l’eccessivo uso della forza, le voci sulle violenze subite dai fermati”, es i dichiara “turbata dal fatto i giornalisti e i loro materiali sono stati presi di mira in modo particolare”.

Insomma un serio tentativo di replicare la Maidan dell’Ucraina. Il mostruoso governo stroncatore die diritti umani, storicamente filorusso, andava rimpiazzato da uno aderente ai “nostri valori”.

La bella impresa s’è però sfiatata quasi subito, come dimostra appunto la furente lettera che la signora Hilliard ha scritto, su carta intestata, al promotore su piazza dei diritti umani. Continua

A TriesteLovesJazz il sogno dell’Armenia (Ilpiccolo 27.07.15)

TRIESTE. Un’orchestra con due star, Alexander Balanescu, violinista rumeno, e Arto Tunçboyaciyan, polistrumentista armeno, per rendere omaggio all’Armenia. Freschi reduci da Mittelfest, stasera alle 21 in piazza Verdi per TriesteLovesJazz sarà di scena la Nion Orchestra in un concerto, “Armenian Dream”, dedicato al popolo e alla cultura armena. In programma musiche originali ispirate ad arie popolari elaborate in chiave jazz dal pianista friulano Claudio Cojaniz con l’apporto del polistrumentista armeno e del violinista rumeno. Tuncboyaciyan è noto per la collaborazione col gruppo Night Ark. Dopo l’inizio come cantante e musicista popolare si trasferisce negli Usa lavorando con big del jazz come Chet Baker, Al Di Meola e Joe Zawinul. Più di recente si lega artisticamente a Serj Tankian, voce degli armeno/statunitensi System of a Down. In due brani del loro famosissimo cd “Toxicity” suona di tutto: da una bottiglia vuota di Coca Cola al proprio petto.

Balanescu, nel ’76, poco più che ventenne, è già primo violino della Michael Nyman Band. Nell’87 fonda il quartetto d’archi che porta il suo nome consacrandosi come uno dei più grandi artisti contemporanei. Poliedrico ed eclettico, collabora con jazzisti come Carla Bley, Jack DeJohnette e John Lurie, ma anche con Pet Shop Boys e Yellow Magic Orchestra. «“Armenian Dream” – spiega Cojaniz – è un’idea nata dalla collaborazione con Euritmica». «Non si tratta – precisa – di arrangiamenti jazz, né di musica armena: è tutta musica che ho scritto appositamente. Ci sarà anche un pezzo di origine armena, “Loosin Yalev”, da me più volte usato e qui ripensato: sarà un omaggio al popolo armeno e alla sua intricata e sofferta storia». Quella tra Cojaniz e Balanescu è una lunga e proficua collaborazione. «Abbiamo registrato due cd – ricorda Cojaniz – e suonato nella seconda formazione della Nion. Non ho mai suonato invece con Arto, artista che, pur partendo dalla tradizione, ha sviluppato un discorso autonomo, aperto a molte influenze di vario genere: lo si può considerare world music, dove il fondo etnico viene reinterpretato con strumenti e modalità nuove e attuali». «La sfida – prosegue il musicista di San Giorgio di Nogaro – è cercare di creargli attorno un habitat sonoro in cui si senta a proprio agio e possa esprimere la sua abilità vocale e la sua creatività improvvisativa. Lo stesso vale per gli altri eccellenti artisti sul palco: Maria Vicentini e Luca Grizzo, già della Nion, Alessandro Mansutti e Franco Feruglio del mio Fac trio. Se conosco bene le loro caratteristiche, Arto per me è ancora per certi versi un’alea. Sono molto elettrizzato da questo incontro». Oltre ad “Armenian Dream”, Cojaniz sta lavorando a numerosi progetti. «Sto portando

in giro – conclude – Stride Vol. 1 piano solo, dedicato alla musica degli anni ’20/’30 e ho appena registrato il Vol .2. Continuano anche i concerti dei Blue Africa, in duo con Franco Feruglio e del Fac trio e infine sto per registrare “Hispanish & Blues Songs”».

Gianfranco Terzoli

Armenia: prosciolta la giornalista incriminata (Agccom 27.07.15)

ARMENIA – Yerevan 27/07/2015. La procura generale armena ha bocciato, il 24 luglio, il procedimento penale contro il direttore del sito d’informazione iLur.am, Kristine Khanumyan.

Secondo quanto riportato dallo stesso sito incriminato la procura generale non ha specificato le motivazioni dell’archiviazione. nel contempo, sempre la procura ha inviato, seguendo l’iter ufficiale,  una lettera al Rappresentante Osce per la libertà dei media Dunja Mijatovic, che aveva espresso in precedenza la us preoccupazione per il caso,  in cui ha annunciato la sua decisione di archiviare il procedimento. Il 25 luglio, inoltre, la stessa Khanumyan (nella foto) afferma che la procura non abbia avuto alcuna alternativa al far cadere le accuse nei suoi confronti contro di lei. Il sito aravot.am riporta le dichiarazioni della direttore di iLur.am: «Non hanno avuto alcuna scelta in quanto l’intera vicenda legale era perfettamente assurda, avrebbero avuto un mal di testa più grande se avessero portato avanti il caso» ha detto Khanumyan. Secondo lei, non vi era alcuna base giuridica per promuovere questo caso: «È stata una pressione sia sui media, e perché no, sulla libertà di espressione. Perché siamo una parte del panorama mediatico, se hanno fatto pressione su di noi oggi, domani, lo faranno su di voi e su altri». Il direttore di iLur.am era stata accusata di non aver deliberatamente voluto identificare, tutelandole la fonte delle informazioni pubblicate.

A come Armenia Lipari – dal 26/07/2015 al 15/09/2015 (Atribune 25.07.15)

MESSINA – “A come Armenia” è la mostra d’arte contemporanea che apre, alle 11.30 del 26 luglio alle Antiche Terme di San Calogero di Lipari, l’edizione 2015 dell’Horcynus Festival. Il titolo del Festival è Ricordare per dimenticare. Ricordare, cercando la verità delle ferite aperte – a partire dal genocidio del popolo armeno del 1915 – perché solo dalla ricerca della verità può arrivare la pacificazione con la storia. L’Armenia è il paese ospite. Il Festival celebra i cento anni dal Metz Yeghérn, Il “Grande Male”, termine con il quale si indica la strage degli armeni, un milione e mezzo di morti, in Turchia, dedicando ampio spazio alle manifestazioni contemporanee della cultura armena, con la quale le regioni meridionali, Sicilia e Calabria in primis, hanno una lunghissima storia di intrecci e scambi.
La mostra d’arte contemporanea “A come Armenia” è curata da Martina Corgnati (storica dell’arte, docente all’Accademia di Brera di Milano, membro del Comitato Scientifico e direttore del settore Arti Visive della Fondazione Horcynus Orca) e prosegue l’indagine sui linguaggi artistici del Mediterraneo avviata nel 2004 dalla Fondazione Horcynus. È un viaggio attraverso le immagini fotografiche di cinque artisti, armeni e non, che in queste opere hanno scelto l’Armenia come tema o come metafora, come “segno” forte di un ambito culturale e di un paesaggio ma anche come memoria o come impossibilità di sguardo, luogo per definizione irraggiungibile.
Il percorso espositivo si apre con un omaggio a Van Leo (1921-2002), notissimo fotografo di studio, nato ad Adana ma fuggito in Egitto con i genitori, fortunosamente scampati al genocidio. I suoi sono ritratti di attori e attrici, modelle e personaggi di un Medio Oriente aperto e multietnico, che nel frattempo è stato quasi completamente spazzato via dalla storia. Continua


 
Lipari (Me), inaugurazione della mostra d’arte contemporanea “A come Armenia”

 

Incontro dello straordinario cantante e percussionista armeno Arto Tunçboyacıyan (Agenzia Tricolore 25.07.15)

Incontro dello straordinario cantante e percussionista armeno Arto Tunçboyacıyan (che ha diretto l’Armenian Navy Band) con il pianista e compositore friulano Claudio Cojaniz
Nel 1915 il mondo, già travolto dalle devastazioni della prima guerra mondiale nel cuore dell’Europa, veniva scosso da un’altra terribile tragedia, che ha visto oltre un milione di armeni sterminati all’interno del secolare e rinfocolato conflitto con lo stato turco espansionista. Differenze etniche, religiose e politiche determinarono una serie di tragici episodi che si protrassero per alcuni anni, determinando alla fine un numero di morti tra gli armeni davvero agghiacciante. Continua

Eletto dal Sinodo il nuovo patriarca armeno cattolico, Gregorio Pietro XX Ghabroyan

Il Sinodo dei vescovi armeno cattolici, riunito a Bzommar, ha eletto il nuovo patriarca. Si tratta di Gregorio Pietro XX Ghabroyan

In data 25 luglio 2015, i Padri Sinodali della chiesa armena cattolica riunitisi nella sede patriarcale di Bzommar, hanno eletto quale successore del compianto patriarca Nerses Bedros XIX e 20-mo patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici sua Eccellenza Mons Krikor Ghabroyan, emerito dell’Eparchia di Saint-Croix de Paris degli armeni cattolici di Francia, che ha preso il nome di Krikor – Pietro XX.

Il neo eletto patriarca è nato ad Aleppo il 14 novembre 1934. Ha compiuto i suoi studi primari nel convento di Bzommar per poi trasferirsi a Roma al Pontificio Collegio Armeno dove ha concluso i suoi studi di Filosofia e di Teologia presso la Pontifica Università della Gregoriana.

E’ stato ordinato sacerdote il 28 marzo del 1959. E’ stato prefetto degli studi nel seminario di Bzommar nel 1960 ed è stato poi nominato Rettore dell’Istituto Mesrobian in Libano, dal 1962 al 1969 per poi essere scelto quale rettore del Seminario di Bzommar fino al 1975.

Nel 1976 viene nominato da parte della Santa Sede Eparca degli Armeni Cattolici dell’eparchia di Saint-Croix de Paris. Riceve l’ordinazione Episcopale il 13 febbraio 1977 in Libano, dall’allora patriarca di Cilicia degli armeno cattolici, il compianto Hmaiag – Pietro XVII.

La cerimonia di intronizzazione avrà luogo il prossimo 9 agosto alle ore 17 nel Convento patriarcale di Bzommar in Libano.

 

Il Papa al nuovo patriarca armeno cattolico: speranza di fronte alle sfide  (Radio Vaticana, 25.07.15)