Pierfranco Bruni alla Terza Carovana della memoria e della diversità linguistica per parlare (a Matera) della storia degli Armeni e del libro “Le parole per raccontare” (Lavocedimaruggio.it 17.08.15)

Calabria-Basilicata-Puglia-Molise-Abruzzo-Marche-Friuli-Piemonte-Provenza 16 agosto-1°settembre 2015

La Terza Carovana della memoria e della diversità linguistica (16 agosto – 1° settembre 2015), organizzata dall’Associazione LEM-Italia in collaborazione con l’Università degli Studi di Teramo e numerose istituzioni, attraverserà l’Italia da sud a nord alla scoperta di minoranze linguistiche storiche, territoriali e non territoriali. A tal proposito Pierfranco Bruni, nel corso degli incontri, svolgerà una conferenza su “Gli Armeni: nella storia la cultura etnica di un popolo”. Pierfranco Bruni, in più appuntamenti, ha affrontato la questione relativa alla etnie armena, una etnia non riconosciuta in Italia dalla attuale legge di tutela. A tal proposito ha scritto diversi saggi soffermandosi sulla letteratura, sulla civiltà, sulla religiosità e sul genocidio degli Armeni. Si ricorda a tal prosito il libro “Le parole per raccontare” con Neria De Giovanni (Nemapress).

La Carovana 2015 sarà un’occasione d’incontro tra operatori, studiosi, studenti e appassionati della diversità linguistica e culturale italiana, europea e mediterranea. Come per le prime due edizioni, si raccoglieranno lungo il percorso numerose testimonianze, individuali e collettive, che andranno a comporre un film documentario che sarà presentato a inizio autunno in occasione della Giornata Europea delle lingue di cui questa Carovana rappresenta, anche, un’esperienza preparatoria.

Giovedì 20 agosto si parlerà a Matera delle minoranze non contemplate dalla Legge di Tutela e in modo particolare degli Armeni e dei Rom. Il Convegno si svolgerà alle ore 17.00 presso la Fondazione Le Monacelle (via Riscatto 9, Matera), “Fuori legge. Armeni, rom e le altre minoranze linguistiche non riconosciute” con Pierfranco Bruni, Esperto di Etnie e Mediterraneo e responsabile Progetto Etnie del Mibact, con Antonella Salvatore Ambrosecchia, Presidente Fondazione Le Monacelle,, Nazzareno Guarnieri, esperto di storia delle minoranze Rom, Giovanni Agresti, Docente Universà di Teramo. Abbiamo rivolto a Pierfranco Bruni alcune domande.

Domanda: Lei ha scritto e pubblicato numerosi saggi sulle etnie e in quest’ultimo periodo si sta occupando degli Armeni che non rientrano tra le etnie tutelate in Italia…

Risposta:Credo che la Legge di Tutela delle minoranze andrebbe rivista e ricontestualizzata. È una normativa che presenta diversi vuoti che andrebbero colmati. Il popolo armeno è portatore di una etnia storica che è riferimento proprio in quell’incontro tra Occidente ed Oriente. Sarebbe necessario, in occasione del centenario del Genocidio degli Armeni, aprire una discussione seria sulle etnie presenti sul territorio italiano perché quella armena è una etnia ‘chiave’ nel contesto del Mediterraneo che incontra altre civiltà”.

Domanda: Nei suoi studi si racconta della letteratura armena, come mai ha scelto proprio il campo letterario?

Risposta:La letteratura significa lingua e linguaggi, significa dare senso ad una cultura di un popolo. È proprio grazie alla letteratura che è possibile entrare nel cuore di una civiltà. E poi ci sono stretti legami tra la letteratura armena e quella italiana”.

Domanda: So che lei sta lavorando, dopo il testo pubblicato con Neria De Giovanni che riscuote sempre più consensi edito da Nemapress, un nuovo studio che riguarda però la favola armena. È vero?

Risposta:Sì, mi sono già interessato di favola armena, ma questo nuovo lavoro non consiste nel recuperare le favole armene. Lavoro sul materiale antropologico della cultura armena per ‘costruire’ delle favole che abbiano una struttura che è nella tradizione letteraria armena. Si tratta di un lavoro difficile, ma metto in gioco tutta una dimensione creativa. Dalla ricerca alla creatività della favola, ovvero come scrivere una favola che abbia i connotati della civiltà poetica e letteraria armena. È questo il percorso che mi affascina di più”.

Domanda: “Lei si è interessato non solo ai linguaggi degli Armeni ma anche alla sua religiosità…

Risposta:La religiosità armena è la cristianità. Creare oggi dei confronti tra il mondo musulmano e quello cristiano in una storia, quella armena, sempre afflitta dalla repressione ottomana mi sembra che sia una strada che porterà a stabilire un dialogo tra i popoli. Il primo popolo che ha istituzionalizzato il cristianesimo si confronta, da una realtà ortodossa, con le altre religioni. Guardo a ciò con molto interesse”.

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Lost birds (balcanicaucaso.org 14.08.15)

E’ il primo film prodotto in Turchia sul genocidio armeno. Abbiamo incontrato i suoi due registi, Ela Alyamac e Aren Perdeci
Come avete iniziato a collaborare, e quando è nata la prima idea del film?
Ela: Ci siamo incontrati dopo che i nostri film d’esordio sono stati presentati in un festival in Ungheria. Aren mi ha raccontato che voleva scrivere una sceneggiatura su due fratelli abbandonati nel 1915. Ne rimasi colpita perché mi piaceva l’idea di raccontare la storia dagli occhi di un fratello e una sorella.
Aren: Il nostro viaggio è iniziato scrivendo la sceneggiatura. Abbiamo lavorato molto duramente per realizzare questa storia, per fare in modo che la gente non solo guardasse un film ma vivesse uno spaccato di vita di un tempo perduto. Abbiamo lavorato cinque anni per fare il film. Abbiamo trascorso un anno a fare ricerche, un anno a scrivere la sceneggiatura, due anni in preproduzione, 30 giorni di riprese e un anno di post-produzione.
Ela: Siamo molto orgogliosi del nostro film e di quello che siamo stati in grado di fare.
Potete presentarci il vostro film, Lost Birds? Qual è la storia?
Aren:
‘Lost Birds’ parla di due fratelli e di un uccello in gabbia, il loro viaggio alla ricerca della madre e la loro lotta per stare insieme.
Ela: La nostra storia inizia il giorno prima di Pasqua, nel 1915, in un villaggio armeno in Anatolia. Lì incontriamo Bedo e Maryam, due fratelli, con un vero talento per cacciarsi nei guai. Anche se loro padre è in guerra, sono bambini felici che trascorrono le loro giornate nei boschi e giocano nella loro colombaia segreta. Un giorno, i bambini salvano la vita di un uccello azzurro ferito e lo chiamano ‘Bachig’. La felice vita familiare dei bambini è interrotta quando l’uomo di casa, il loro nonno, viene portato via dai soldati. Nonostante fosse stato loro vietato di andare fuori dalla madre, i bambini corrono via una mattina per controllare come sta il loro uccello. Quando ritornano, trovano la casa vuota, proprio come il villaggio, che si è trasformata in una città fantasma. Bedo e Maryam intraprendono allora un viaggio alla ricerca di loro madre, insieme al loro uccello Bachig.
Come avete trovato i vostri piccoli protagonisti, Bedo e Maryam?
Aren: Abbiamo fatto provini a 520 bambini provenienti da tutta la Turchia. Abbiamo trovato Dila Uluca e Heros Agopyan grazie a questa ricerca. Poi per un anno, ogni sabato, ci siamo trovati con i bambini e abbiamo provato e recitato tutte le scene insieme, io, Ela, Heros e Dila.
Ela: Si sono conosciuti a vicenda e sono diventati come fratello e sorella. È stato molto dolce. La Maryam originale che avevamo previsto era più vecchia di Bedo ma Dila era così perfetta che abbiamo cambiato la sceneggiatura e abbiamo reso il personaggio più giovane. Era Maryam, non aveva bisogno di recitare, doveva solo essere naturale. Bedo doveva essere un po’ malandrino, ma anche avere un fondo di tenerezza nell’anima, e Heros ha catturato quella sensazione perfettamente.
Aren: Prima di girare abbiamo portato i nostri attori nella location originale e abbiamo provato tutte le scene con gli arredi e gli oggetti reali, e tutti gli elementi autentici presenti. Continua

Armenia 1915, una testimonianza (L’Opinione, 14.08.15)

Per capire cosa significa la disperazione (e l’orrore) che sono in quel grido strozzato, «Mikael… Mikael…» evocato nel libro, si deve andare alla pagina 63, capitolo 17. Ma il lettore non abbia fretta di andarci, non c’è bisogno: non è un poliziesco dove l’autore gioca a rimpiattino con chi legge, e dissemina tracce qua e là ben occultate, per vedere chi dà scacco matto e scopre il colpevole. Qui no. Qui c’è solo da aver pazienza; sopportare che pagina dopo pagina il cuore ti si stringa per la pena: lo devi decidere davvero che vuoi andare avanti nella lettura, conoscere un orrore che si dipana pagina dopo pagina: una sofferenza reale, una persecuzione subita e patita, senza scopo o ragione, come del resto sono tutte le persecuzioni, le sofferenze.

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Cecchini azeri tornano a colpire (Karabakh.it, 13.08.15)

Poco oltre la mezzanotte il giovane Karen Havhannisyan, mentre si trovava nella sua postazione in difesa del confine del Nagorno Karabakh, è stato mortalmente colpito dal tiro di un cecchino azero. Il ministero della Difesa non ha fornito ulteriori dettagli sull’accaduto né il luogo dell’evento. Dal canto suo, il ministero della Difesa dell’Armenia ha comunicato che nelle ultime ore è stata rilevata una intensa attività ostile da parte dell’Azerbaigian con numerosi lanci di granate lungo le postazioni al confine tra i due stati e due tentativi di incursione respinti dai soldati armeni.

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Così Turchia e Ue innescano la bomba che ci distruggerà (Il Giornale, 13.08.15)

Chi si ostina a chiamarla tragedia apra gli occhi. Quella dei migranti è diventata una guerra. Una guerra combattuta contro di noi dalla Turchia e dai suoi alleati della Fratellanza Musulmana. Tra cui quella Libia in mano ad una coalizione islamista che l’ha trasformata nella cornucopia della migrazione illegale. Una guerra combattuta non a colpi di bombe, ma a raffiche di disgraziati mandati a spiaggiarsi sulle coste dell’Italia e della Grecia. Sotto gli occhi – più indifferenti che impotenti – dell’Unione Europea e di un’Alleanza Atlantica di cui Ankara continua – impropriamente – a far parte. L’arrivo, dall’inizio dell’anno, di 124mila migranti sulle isole greche di Lesbos, Chios, Kos e Samos è la dimostrazione più evidente di questa nuova guerra. Una dimostrazione quasi invereconda dal momento che la marea umana – e la macchina criminale che la governa – non sono, come succede in Libia, il frutto di una nazione allo sbando. Lo tsunami migratorio che rischia di trascinare a fondo una Grecia già spossata dalla crisi economica si dispiega da una Turchia in piena forma bellica e strategica. Una Turchia impegnata a bombardare i territori curdi in Siria ed in Iraq e pronta a mobilitare 18mila soldati per creare una zona cuscinetto profonda 30 chilometri e lunga cento alla frontiera con la Siria. Una zona da cui partiranno nuovi profughi visto che curdi e cristiani dovranno abbandonarla per far posto ai ribelli islamisti, veri manutentori del nuovo ordine turco.

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Miscellanea (RACCOLTA, 13.08.15)

30 anni di lingua armena a Venezia (Osservatorio Caucaso e Balcani 11.08.15)

Si è tenuta giovedì scorso, nella prestigiosa cornice dell’Aula Baratto dell’Università Cà Foscari, la celebrazione del trentesimo anniversario del Corso estivo di lingua e cultura armena a Venezia.

Il corso è promosso dal Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea di Ca’ Foscari, e viene organizzato in collaborazione con l’Associazione Padus-Araxes

Il professor Boghos Levon Zekiyan, ispiratore del corso insieme a Gabriella Uluhogian, ha ricordato nel suo intervento iniziale il successo di questa iniziativa che nel corso degli anni ha coinvolto oltre 1.000 studenti.

“La sopravvivenza di una lingua è una causa dell’umanità intera”, ha sottolineato il prof. Zekiyan, ricordando che l’armeno occidentale è stato classificato come una “lingua a rischio” dall’Unesco.

L’edizione 2015 del corso, che si svolge a Cà Cappello e comprende lezioni di esperti internazionali e visite ad alcune zone veneziane di particolare interesse per la storia armena, continuerà fino al 19 agosto. Continua

Turchia, scappati in Armenia due magistrati che indagarono su Akp (Askanews 11.09.15)

Roma, 11 ago. (askanews) – Due procuratori che erano dietro l’inchiesta in cui sono state implicate personalità vicine al presidente Recep Tayyip Erdogan sono fuggiti in Armenia, via Georgia, dopo che è stato emesso un mandato di cattura nei loro confronti. L’hanno riferito oggi fonti ufficiali.

La procura di Istanbul ha emesso ieri l’ordine di arresto per Zekeriya Oz, Celal Kara e Mehmet Yuzgec, accusati di aver organizzazione a delinquere e di aver tentato di “rovesciare il governo con la forza”.

Ma la polizia ha scoperto che Oz e Kara erano scappati in Georgia, ha spiegato l’agenzia di stampa Anatolia, suggerendo che forse erano informati del mandato di cattura prima che fosse emesso. Dalla Georgia, poi, sono andati in Armenia, ha detto il governatore della provincia di Artvin, sul confine georgiano, Kemal Girit. La Turchia non ha relazioni diplomatiche con l’Armenia.


 

>> Turchia: ex pm anti-Erdogan sono in Armenia (Bluewin.it)

Armeni, genocidio deciso dal governo turco (Roma Daily News, 11.08.15)

Che il genocidio degli armeni sia stato deciso e organizzato, nel 1915, dal governo turco allora in carica non lo mette in dubbio più nessuno, salvo i governanti attuali di Ankara, che preferiscono attribuire le stragi – stragi, non genocidio, dicono loro – a faccenduole locali, a contrasti tra le comunità nella periferia dell’impero. A Ankara non si rendono conto di aggravare così la posizione turca. Se gli armeni non li ha sterminati il governo dei Giovani Turchi, vuol dire che ha provveduto il popolo turco. Una macchia molto più difficile da togliersi di dosso.

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“Armenian Dream” al teatrino di Palazzo Grassi (Agoravox 10.08.15)

Il pianista e compositore friulano Claudio Cojaniz per ricordare il centenario del genocidio armeno, ha realizzato il progetto ‘Armenian Dream, prodotto da Euritmica per il Mittelfest 2015, primo appuntamento della rassegna ‘JAZZ Im Pro Armenia 1915-2015’, organizzata dal Centro Studi e documentazione della cultura armena di Venezia e dal Circolo Caligola. Accanto a lui, oltre ai musicisti della sua N.I.O.N. Orchestra, hanno partecipato due ospiti prestigiosi, il violinista rumeno Alexander Balanescu, virtuoso poliedrico frequentatore sia del Rock che del Jazz e il percussionista, armeno di origine, turco di nascita e americano d’adozione (vive negli States dal 1981) Arto Tunçboyaciyan che ha suonato con bacchette e a mani nude in prevalenza un essenziale drum set ed il cumbus, piccola chitarra a sei corde a cassa circolare. Il programma del concerto, tenutosi nel teatrino di palazzo Grassi, il giorno seguente alla prima a Cividale, è costituito da musiche e arrangiamenti interamente di Cojaniz, sulle quali si inseriscono le improvvisazioni di Balanescu, quelle di Arto, il quale canta anche alcune nenie tradizionali armene, dotato com’è di una voce stentorea, capace di eseguire melodie toccanti in assoluta libertà, assecondando il proprio istinto, che gli suggerisce quando è il momento e dove introdurle, attraverso uno Scat del tutto personale.
Da sempre mosso da amore e rispetto per il pubblico, perché trionfi la verità e scompaia il concetto di “nazionalità”, Arto è stato un po’ il protagonista della serata, manifestando il suo punto di vista e i suoi rimedi per una convivenza finalmente possibile fra le persone. ‘Armenian Dream’ ha voluto ricordare la tragedia del 1915 : centinaia di migliaia di persone morte, nuclei interi cancellati dalla faccia della terra, migliaia di emigrati scampati all’orribile strage, che hanno cercato asilo in ogni angolo del mondo. Dal 1991 l’Armenia è di nuovo uno stato sovrano, anche se il suo simbolo, il monte Ararat, si trova in territorio turco. Tuttavia gli armeni stanno ricostruendo una nazione, obiettivo che per decenni era rimasto un sogno, appunto, un “armenian dream”. Sei i pezzi ascoltati, tra cui un toccante ‘Angeli’, in memoria della strage, più un bis , ‘Spiritual’, nel quale Arto inizia a cantare in solitudine, per poi chiamare sul palco uno alla volta gli altri musicisti. Il bravissimo Luca Grizzi, percussionista fantasioso, attento a scegliere le sonorità più adatte alla valorizzazione di ogni brano. Ha suonato una miriade di strumenti – dal triangolo, ai caxixi, la mascella d’asino (vibraslap), i tamburi a cornice, i woodblocks – bravo sia con le mani che con le bacchette. E poi, servendosi di comuni oggetti di lavoro, come tubi di plastica per impianti elettrici od idraulici, è riuscito ad emettere, facendoli roteare, un suono continuo come di vento leggero. L’ideatore del progetto, Claudio Cojaniz, al glorioso piano elettrico Fender Rhodes, che ha diffuso nella sala i caratteristici, amati suoni liquidi, creando una sensazione di ritorno al passato. Franco Feruglio, contrabbassista abile sia nelle situazioni classiche, servendosi dell’archetto, sia in quelle jazzistiche, con una cavata profonda mediante l’accompagnamento con le dita. Maria Vicentini, sorridente violista attenta ad assecondare l’estro di Alexander Balanescu, l’ultimo a risalire sul palco, accolto da una selva di applausi e di vocalità. ‘Jazz Im Pro-Armenia ‘prosegue con due concerti, entrambi in date e luoghi da definire : Il primo, “Luys i Luso”,in ottobre, avrà per protagonisti il pianista ‘Tigran & The Yerevan State Chamber Choir’; il secondo, a novembre, “Sine nomine”, il bandoneonista ‘Daniele Di Bonaventura & The Vertere String Quartet’. Continua