Roma, Santa Cecilia giro del mondo in tre orchestre. Sabato per l’Armenia ( Varie sett 2015)

L’Orchestra Filarmonica della Scala per l’Armenia (Romatoday 05.09.15)

Santa Cecilia, giro del mondo in tre orchestre. Sabato per l’Armenia (Adnkronos 03.09.15)

Daniel Harding all’Auditorium con l’orchestra della Scala (Repubblica 02.09.15)

L’accademia nazionale di Santa Cecilia commemora il genocidio armeno (Tempi.it 01.09.15)

Teatro, Compagnia Padovana a Yerevan per commemorare il centenario del genocidio degli armeni (Mondoliberonline.it 04.09.15)

Gli attori e i musicisti della compagnia teatrale Terepia sono rientrati a Padova dopo una missione a Yerevan, capitale della repubblica armena dove  è svolto uno scambio culturale per commemorare il centenario del genocidio armeno.

Prima mondiale per la rappresentazione  dell’opera teatrale e musicale “Primavera” ideata e diretta da Teresa Tentori (Terepia, Padova) con testi del poeta armeno Costan Zarian (https://it.wikipedia.org/wiki/Costan_Zarian)  e musiche originali del compositore padovano Claudio Fanton. L’evento è stato congiuntamente realizzato da attori, figuranti e musicisti italiani ed armeni, in lingua italiana con sottotitoli in lingua armena. Grande il successo di pubblico per la rappresentazione ospitata preso il prestigioso palcoscenico del Teatro Nazionale della Marionette di Yerevan. La rappresentazione ha visto la partecipazione di:

–       una compagnia di figuranti mista, composta da attori italiani della compagnia Terepia e da attori armeni della compagnia Epsilon

–       un quartetto di fiati composto dal maestro Claudio Fanton e da tre professori di orchestra dell’Orchestra Filarmonica Nazionale Armena

–       la partecipazione straordinaria del maestro Gevorg Dabhagyan, tra i migliori artisti mondiali per quanto riguarda lo strumento del duduk Leggi tutto…

NAGORNO-KARABAKH: Un altro agosto di fuoco, si contano nuovi morti (Eastjournal 04.09.15)

Ci risiamo; nel Nagorno-Karabakh, piccola regione contesa da Armenia e Azerbaigian, si è tornati nuovamente a sparare. Come un anno fa, quando in seguito a violenti scontri lungo il confine orientale della regione morirono una trentina di persone, il mese di agosto si rivela ancora una volta un mese di tensioni, caratterizzato da sparatorie e morti.

Già teatro di una sanguinosa guerra all’inizio degli anni ’90 che causò oltre 30.000 morti, il Nagorno-Karabakh è dal 1992 una repubblica de facto indipendente, non riconosciuta però dalla comunità internazionale. Il conflitto, congelatosi nel 1994 (anno del cessate il fuoco), è rimasto irrisolto, contribuendo a creare negli anni una sempre maggiore tensione tra i due contendenti: da una parte l’Armenia, che pur non riconoscendo ufficialmente il Nagorno-Karabakh lo considera come un proprio “stato vassallo” (l’Artsakh, come chiamato in loco, è popolato interamente da armeni); dall’altra l’Azerbaigian, che in epoca sovietica controllava la regione salvo poi perderne il controllo in seguito alla guerra degli anni ’90.

Le grandi tensioni accumulatesi, rimaste per anni latenti, hanno finito nell’ultimo periodo per esplodere, rischiando più volte di scatenare un secondo conflitto nella regione. Proprio un anno fa, nell’agosto 2014, il Nagorno-Karabakh tornò all’onore della cronaca in seguito allo scoppio di violenti scontri lungo tutta la linea di contatto con l’Azerbaigian. Il cessate il fuoco imposto nel 1994 (ma mai veramente rispettato) venne violato più volte, e si verificarono diversi scontri armati, che causarono in totale una trentina di morti da ambo le parti. Si trattò dell’escalation di violenza più grave mai verificatasi nella regione dalla fine della guerra degli anni ’90. La crisi terminò solo quando, dopo una settimana di combattimenti, il presidente russo Putin decise di organizzare una serie di colloqui nella città di Sochi per trovare una soluzione diplomatica alla crisi e porre fine agli scontri, ricevendo separatamente i presidenti di Armenia e Azerbaigian.

Dopo l’abbattimento nello scorso novembre di un elicottero militare armeno nei cieli di Ağdam, altro grave fatto che rischiò di far riesplodere il conflitto, ecco che a un anno di distanza dai violenti scontri del 2014 nella regione si sono fatti registrare nuovi scontri, e di conseguenza, nuovi morti. Continua…


>> Nagorno Karabakh, la terra contesa (Osservatorio Balcani & Caucaso 27.08.2015)

>> Le elezioni del Karabakh: nuovo motivo di contesa tra Armenia ed Azerbaigian (Notizie Geopolitiche 02.09.15)


Sull’Armenia incombono fantasmi identitari (Il Manifesto 1.09.15)

Nel calei­do­sco­pio di cul­ture e di reli­gioni dell’Impero Otto­mano ve ne era una carat­te­riz­zata dalla sua anti­chis­sima radice cri­stiana: quella armena. Era un popolo di con­ta­dini stretto intorno ai suoi vescovi e di una élite cit­ta­dina abi­tante nelle pro­vince orien­tali dell’impero. Alla fine dell’800 con­tava circa tre milioni di abi­tanti. Ma pro­prio allora la crisi dell’Impero si rivelò con carat­teri che misero in peri­colo l’esistenza stessa degli armeni tutti. Tra il 1894 e il 1896, rea­gendo alle pro­te­ste con­tro la pres­sione fiscale, una bru­tale azione mili­tare portò a stragi spa­ven­tose: si parla di circa due­cen­to­mila morti.

Ci fu chi intra­vide fin da allora una stra­te­gia die­tro tanta vio­lenza: si vole­vano libe­rare in un modo o nell’altro le terre orien­tali dell’Anatolia dalla pre­senza armena per fare posto ai tur­chi cac­ciati dai ter­ri­tori otto­mani resisi via via indi­pen­denti. Di fatto, il dise­gno di una bru­tale sem­pli­fi­ca­zione e moder­niz­za­zione for­zata in senso occi­den­tale – uno Stato, una reli­gione, un popolo – si dispiegò nel 1915 gra­zie al con­te­sto della guerra mon­diale. Fu una vera «solu­zione finale» del pro­blema armeno, pro­get­tata e man­data a effetto da una volontà cen­trale unita a forme di tale sel­vag­gia fero­cia col­let­tiva da fis­sarsi come il modello sto­rico dell’eliminazione vio­lenta di un intero gruppo umano – quello che fu poi chia­mato «genocidio».

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Armeni di Turchia: i rimasti (Osservatorio Balcani e Caucaso, 31.08.15)

In Turchia vivono molti discendenti degli armeni fuggiti al genocidio del 1915. La sociologa e giornalista Laurence Ritter ha condotto diverse inchieste e studi sulla loro condizione. Intervista

Il 24 aprile 2015 si è celebrato il centenario dal genocidio armeno. Mai l’Armenia è stata così al centro dell’attenzione internazionale dal 1991, anno dell’indipendenza:  ha saputo, l’Armenia, approfittare di questi eventi così da far sentire la propria voce nel mondo senza auto-limitarsi nel ruolo esclusivo dell’eterna vittima?

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La santità ignorata il dovere di tutti (Avvenire 31.08.15)

Ieri, a cent’anni esatti da quel 29 agosto 1915 in cui la soldataglia turca lo decapitò dopo averlo torturato a morte per poi gettarne le spoglie nel fiume Tigri, è stato proclamato beato il vescovo siro-cattolico Flaviano Michele Melki. Non molti, in Occidente, conoscono la sua storia, considerata invece esempio di santità tra i fedeli delle Chiese orientali. Nato nel 1858 a Qaalat Mara, nel sud-est della Turchia, era stato ordinato vescovo (la cerimonia si svolse a Beirut, in quel Libano che ieri l’ha visto diventare beato) di Djezireh dei Siri nel 1913. Tra i fedeli era noto anche per aver venduto i paramenti pur di aiutare i poveri. Nel 1915, di fronte all’avanzare della persecuzione, rifiutò di abbandonare la propria sede, dove subì il martirio.

Non deve stupire che una simile testimonianza di fede sia tuttora largamente sconosciuta. Intanto, il genocidio degli assiri, in cui morirono tra 250mila e 750mila cristiani, raggiunti e trucidati in vaste zone della Turchia e persino nell’odierno Iran, è stato accuratamente rimosso. Non figura nei libri di testo, è negato dalla Turchia al pari di quello a esso contemporaneo degli armeni, e per ragioni di convenienza politica è riconosciuto da pochi Stati (lo fanno Italia e Francia, Svizzera e Polonia ma non Gran Bretagna, Germania e Usa, che non accettano il termine “genocidio” nemmeno per gli armeni) ed è stato discusso dal Parlamento europeo per la prima volta nel 2007.
Una congiura del silenzio che ha reso piuttosto facile spingere nell’ombra tante stragi, ma che fa capire la forza delle parole di papa Francesco, che il 12 aprile di quest’anno, salutando i fedeli di rito armeno durante la Messa per l’anniversario del genocidio, ha detto: «La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come “il primo genocidio del XX secolo”, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana, insieme ai siro-cattolici, ortodossi, assiri, caldei e ai greci». Il Novecento come secolo dei genocidi e secolo anche di genocidi cristiani: ecco un tema su cui varrebbe la pena di riflettere molto più di quanto si sia fatto finora. Continua…

Bari, Pour toi Arménie Omaggio a Charles Aznavour (Affari Italiani 31.08.15)

Sargis Ghazaryan, l’ambasciatore armeno in Italia, sarà l’ospite d’onore del concerto inaugurale di Anima Mea a Nor Arax, il villaggio di via Amendola 154 creato nel 1924 dal poeta in esilio Hrand Nazariantz per accogliere i profughi del genocidio di cent’anni fa. È, dunque, con un omaggio al popolo perseguitato che il festival pugliese di musiche, mondi e memorie, diretto da Gioacchino De Padova nell’ambito della rete Orfeo Futuro sostenuta da Puglia Sounds, taglia il nastro dell’edizione 2015. L’appuntamento a Nor Arax è per martedì 1 settembre, alle ore 20.30, con Cristina Zavalloni e l’Ensemble ’05 nel progetto Pour toi, Arménie, omaggio a Charles Aznavour e alle sue origini armene che ha debuttato domenica a Monopoli per il Festival Ritratti, altra manifestazione di Orfeo Futuro. Continua


Monopoli: Cristina Zavalloni canta Charles Aznavour per ricordare il genocidio armeno. Replica a Bari martedì. (Noinotizie 30.08.15)

Borussia Dortmund, scandalo Mkhitaryan: la politica invade il calcio (Calciomercato, 30.08.15)

C’è un caso politico che sconvolge il calcio. Il Dortmund in Europa League ha pescato il Qarabag. Mkhitaryan probabilmente non potrà andare in trasferta. Fra Azerbaigian e Armenia i rapporti sono ancora molto tesi per per via del Nagorno Karabakh. In quanto armeno Mkhitaryan al momento non può andare in Azerbaigian. Sascha Fligge, ufficio stampa del Dortmund, ha detto a sport 1: “Speriamo che la situazione si risolva perchè è un giocatore importante per noi”.

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UN NOSTRO COMMENTO

Doveva essere solo un incontro di calcio ma l’armenofobia dell’Azerbaigian lo ha immediatamente trasformato in un caso politico. Al punto che talune fonti governative a Baku hanno addirittura ventilato la possibilità di arrestare Mkhtaryan per via della sua visita  qualche anno fa. Roba da espulsione immediata di tutto l’Azerbaigian (Nazionale e squadre di club) dalla FIFA e dall’UEFA. Forte deve essere la condanna di tutto il mondo sportivo per le provocazioni della dittatura azera.

Per i cento anni dal genocidio armeno Puglia omaggia Aznavour (La Gazzetta del Mezzogiorno, 29.08.15)

MONOPOLI (BARI) – Con il progetto ‘Pour toi, Armènie’, che sarà presentato in prima nazionale domani nell’ambito Festival Ritratti, a Monopoli, nel chiostro di Palazzo San Martino, Cristina Zavalloni ricorderà Charles Aznavour, le sue origini armene e il genocidio di cento anni fa.
Il concerto verrà riproposto – ricordano gli organizzatori con un comunicato – il primo settembre a Bari per l’inaugurazione del festival ‘Anima Meà alla presenza dell’ambasciatore armeno in Italia, Sargis Ghazaryan.

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Centenario morte del Beato Ignazio Maloyan e proclamazione di San Gregorio di Narek dottore della Chiesa (Vaticanstate.va)

L’Ufficio Filatelico e Numismatico celebra quest’anno due personalità della Chiesa armena, il beato Ignazio Maloyan e San Gregorio di Narek. Il primo, per il quale ricorrono quest’anno i cento anni dal martirio, lo ricordiamo Arcivescovo di Mardine (Turchia), località dove fu sempre vicino ai problemi dei fedeli della diocesi sul piano materiale, sociale e spirituale. In particolare, ebbe cura di diffondere in tutte le parrocchie la devozione al Sacro Cuore e alla Madre di Dio. A noi rimane la testimonianza della sua Fede in Cristo Risorto, sia quando esortò a pregare e a restare saldi nella Fede i suoi sacerdoti, alla luce delle tristi notizie e delle minacce contro il popolo armeno di quel 1915 che così tanto segnò non solo la Turchia ma l’intera Europa, sia quando poco prima del supplizio, al suo carnefice, che lo spingeva a rinnegare la Fede per aver salva la vita, diceva «ti ho già detto che io vivo e muoio per la mia vera fede. Mi glorifico nella Croce del mio Signore e mio Dio». Il secondo, San Gregorio, è stato dichiarato quest’anno nel mese di aprile da Papa Francesco Dottore della Chiesa. Visse gran parte della sua vita nei monasteri di Narek, in Armenia, dove condusse una vita piena di umiltà e carità, coltivando le arti letterarie, retaggio dell’insegnamento della famiglia di origine, e la teologia. È ricordato come uno dei più grandi poeti della letteratura armena. Alla sua morte, la sua tomba fu da subito meta di pellegrinaggi del popolo armeno che lo invoca nella preghiera fin dagli anni delle prime persecuzioni.

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