Elezioni in Azerbaijan: è solo una farsa (Osservatorio Balcani e Caucaso 30.10.15)

A pochi giorni dalle elezioni parlamentari del primo novembre sono quasi nulle le speranze di un cambiamento in Azerbaijan. L’opposizione boicotta in massa la tornata, mentre l’OSCE, a causa delle restrizioni imposte da Baku, rinuncia alla missione di monitoraggio
In un paese in cui dal 1993 ogni tornata elettorale è stata macchiata da frodi e scarsa trasparenza, ci si avvia verso un nuovo appuntamento alle urne. Il primo novembre i cittadini dell’Azerbaijan sono chiamati a esprimere un nuovo parlamento. Ma quanto conteranno, le loro preferenze? C’è il rischio che l’Azerbaijan stia diventando un paese in cui le elezioni sono poco più che una recita. Le risposte non sono difficili da trovare, a questa e alle altre domande che sorgono rispetto alla capacità dell’Azerbaijan di garantire elezioni libere ed eque. Quanto emerso nelle precedenti tornate elettorali, sia parlamentari che presidenziali, sembra suggerire che i risultati elettorali siano determinati in anticipo e 126 seggi attribuiti a priori, con poche eccezioni.

Uno sguardo alle tornate elettorali precedenti

La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha riscontrato in Azerbaijan numerose violazioni del diritto a libere elezioni in occasione delle votazioni per il rinnovo del parlamento del 2005 e del 2010. Fra le irregolarità rilevate dalla corte compaiono l’annullamento arbitrario dei risultati, brogli, voti multipli da parte di una singola persona, e così via. Si tratta di pratiche purtroppo ben note in questo piccolo paese caucasico.

Pochi sono i progressi riscontrati da parte dell’OSCE, che monitora il processo elettorale nel paese dalle elezioni parlamentari tenutesi nel 1995. I rapporti redatti in seguito alle missioni di osservazione non riscontano miglioramenti nonostante le ripetute raccomandazioni e gli appelli a rispettare gli standard prescritti.

Nel rapporto della missione di osservazione elettorale dell’OSCE del 1995 si legge: “Testate di diverso orientamento politico, stampa indipendente e altri media sono stati sottoposti a censura politica che le autorità del paese – nel corso di conversazioni private – hanno persino ammesso di aver esercitato […] I partiti e i candidati dell’opposizione sostengono che le elezioni si sono tenute in un clima di paura e intimidazione”. Leggi tutto

Tra negazionismo e libertà d’espressione. I giudici di Straburgo e il genocidio armeno (Eastjournal 30.10.15)

di Davide Denti e Simone Zoppellaro

Per la Corte europea dei diritti dell’uomo negare pubblicamente l’esistenza del genocidio armeno non costituisce reato. Cancellata la condanna inflitta in Svizzera nel 2007 al politico turco ultranazionalista Doğu Perinçek, che aveva definito gli eventi del 1915 “una menzogna internazionale”. Infatti – secondo quanto deliberato a Strasburgo il 15 ottobre – ciò costituirebbe un’indebita “interferenza con l’esercizio del suo diritto alla libertà di espressione”.

Il caso Perinçek contro Svizzera

Perinçek, era stato incriminato in seguito alla partecipazione a una serie di conferenze in Svizzera nel 2005, durante le quali aveva pubblicamente negato che l’impero ottomano avesse perpetrato il crimine di genocidio contro gli armeni nel 1915. Durante un discorso pubblico nella città di Losanna, Perinçek aveva definito il genocidio una “menzogna internazionale”, accusando gli armeni di cospirare contro lo stato turco.

In risposta a una denuncia penale presentata dall’Associazione Svizzera-Armenia, il politico turco era stato processato e multato dalla Corte di Losanna nel marzo 2007. Il tribunale lo aveva condannato ad una pena di 90 giorni di carcere con la condizionale, a una multa e a un risarcimento simbolico all’Associazione Svizzera-Armenia per danni morali. Condanne confermate in appello e dal tribunale federale di cassazione, con riferimento all’articolo 261 bis del Codice penale svizzero, che punisce la discriminazione razziale, e all’articolo 264, dal titolo “genocidio”.

Negazionismo o libertà d’espressione?

Ma la condanna svizzera è stata ribaltata a Strasburgo. Le sentenze dei tribunali svizzeri, secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, rappresentano una violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla libertà di espressione e di informazione. Questo articolo tutela la possibilità di esprimere liberamente idee offensive o sgradite alla maggior parte del pubblico, come nel caso di Perinçek. A nulla è servito l’intervento di Amal Clooney, moglie della star hollywoodiana, che a partire da gennaio aveva rappresentato gli interessi dell’Armenia, costituitasi parte civile nel processo.

I giudici della corte del Consiglio d’Europa, pur dichiarandosi consapevoli della grande importanza attribuita dalla comunità armena alla questione del genocidio, hanno ritenuto che la loro dignità fosse già protetta dall’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata), da bilanciare tuttavia con il diritto alla libertà d’espressione protetto dall’articolo 10. E in questo caso, in base alle specifiche circostanze e al principio di proporzionalità, hanno ritenuto che in una società democratica non fosse necessario sottoporre Perinçek ad un processo penale. Come elementi attenuanti, i giudici hanno preso in considerazione che le dichiarazioni di Perinçek concernevano un fatto di pubblico interesse e non si configuravano come un discorso d’odio o d’intolleranza; che il contesto in cui erano state pronunciate era quello di un dibattito acceso in Svizzera sui fatti del 1915; e che le corti svizzere – senza esservi costretta da obbligazioni internazionali – avevano deciso di censurare Perinçek solo per aver espresso un’opinione diversa da quelle prevalenti, con un’interferenza tanto grave da prendere la forma della condanna penale…. Continua

 

“Il deserto non finiva mai la gente si lasciava cadere” (La Stampa 29.10.15)

È morta un mese prima del 2015 Marie Papazian, l’anno del centenario del genocidio armeno e del suo centenario. Avrebbe compiuto cento anni lei che è nata durante la deportazione che portò il padre e la madre lontano dalla loro terra ad attraversare il deserto di Deir ez-Zor e a sopravvivere alla fame, alla sete, ai massacri e poi a attraversare un secolo di vita fino a terminare i suoi giorni a Martina Franca, in Puglia, dove prima di lei non ricordavano altri armeni in città e dove, con il tempo, è diventata l’ultima dei sopravvissuti al genocidio armeno in Italia.

Fu un viaggio lunghissimo e pieno di vita quello di Marie anche se iniziò mentre tutt’intorno a lei un milione e mezzo di armeni venivano uccisi dai soldati su ordine dei Giovani Turchi che in quegli anni avevano il potere nell’impero ottomano. «Ogni tanto raccontavano di quei momenti, la marcia sotto il sole, il cibo e l’acqua che mancavano, i compagni di viaggio che morivano uno dopo l’altro», ricorda Edouard, il figlio di Marie e nipote di quei Papazian costretti a arrivare fino al nulla di Deir ez-Zor.

Nessuno sa davvero come uscirono vivi dalla deportazione i genitori e come sopravvisse al parto e ai primi mesi di vita la piccola Marie, di sicuro i suoi genitori ci sapevano fare. Il padre era un mastro ferraio, Serpouhie, la madre, originaria di Ourfa, aveva carattere da vendere. Quando i massacri terminarono, la famiglia si stabilì a Damasco ma il lavoro era poco e mal pagato anche per un bravo artigiano.

Il padre decise di partire per la Francia come tanti altri armeni in quegli anni. Arrivò a Lione da solo. Marie e la madre rimasero a Damasco. Nel 1928 arrivarono anche loro, il padre aveva una bottega di fabbro molto ben avviata, sarebbe arrivato a costruire finestre e cancelli in ferro battuto per una chiesa molto cara agli armeni della città. Acquistò anche un negozio di alimentari che gestiva con la moglie e poi con Marie. Continua a leggere

Storia&Storie : 100 anni fa il “Genocidio degli Armeni” (Corsoitalianews 29.10.15)

Esattamente un secolo fa, nel 1915, cominciavano nell’Impero Ottomano i massacri e le deportazioni della popolazione armena, che in tre anni avrebbero provocato 1,5 milioni di vittime. Un immane strage che Papa Francesco ha definito oggi il “primo genocidio moderno”.

La popolazione armena è un’ antichissima civiltà stanziata nell’Asia sud occidentale che ha lasciato tracce fra il Caucaso, l’altopiano Iraniano ed i monti dell’Anatolia sin dal 4000 a.C..Fin dalle sue origini subì pesanti invasioni e dominazioni, come quella Persiana, Macedone, Romana, per poi rimanere divisa tra l’Impero Ottomano da una parte e quello Zarista dall’altro. Cristianizzati fin del IV secolo, non abiurarono mai la loro fede nonostante le numerose vessazioni della “milizia musulmana”. Per gli armeni – sudditi dei turchi – iniziarono orribili persecuzioni che assunsero la forma di un vero e proprio genocidio in due distinte occasioni tra il 1896 e il 1909, ma con lo scoppio della I° conflitto mondiale, con l’Impero Ottomano alleato degli Imperi Centrali in funzione anti-russa, riprese il “pogrom” con una metodologia e specificità che rimarrà sinistramente famosa nella storia….Continua

Il “genocidio” degli armeni, quel massacro che continua a dividere (Lastampa.it 29.10.15)

“Ricordare l’immane e folle genocidio del popolo armeno è necessario e doveroso perché cancellare la memoria significa tenere ancora aperta la ferita e lasciarla sanguinare”. A cent’anni dallo sterminio di circa un milione e mezzo di cristiani armeni da parte delle truppe ottomane su ordine dei “Giovani turchi”, il 12 aprile 2015 Papa Francesco sceglie di commemorare quel martirio pronunciando la parola “genocidio” nella basilica di San Pietro. Il riferimento è al “primo genocidio del XX secolo”, secondo la definizione che Giovanni Paolo II e il patriarca armeno Karekin II già diedero nella dichiarazione comune del 2001. Le frasi del Pontefice scatenano la rabbia delle autorità turche che bollano quelle parole come “inaccettabili e lontane dalla realtà storica”. Francesco viene accusato di aver ignorato le sofferenze patite da turchi e musulmani durante il 1915 e di aver fatto un uso politico degli avvenimenti, allontanandosi così dal messaggio di pace e fratellanza che aveva lanciato durante il viaggio in Turchia nel novembre del 2014. Lo stesso presidente turco Recep Tayyip Erdogan condanna il Papa e lo avverte di “non ripetere più questo errore”. “Non permetterò – dice – che gli eventi storici siano deviati dal loro corso in una campagna contro il nostro Paese”. Poi minaccia: “Potrei espellere i centomila armeni che vivono qui senza essere cittadini turchi”. Intanto, però, dopo anni di dibattito, il Parlamento europeo approva una risoluzione che riconosce come genocidio il massacro compiuto dalle truppe ottomane ai danni del popolo armeno e lo stesso fanno i parlamenti di Vienna e Berlino. Ma che cosa scatenò, nel 1915, la furia omicida dei “Giovani turchi”? E perché quei fatti continuano a dividere?….continua

Diario di viaggio in Armenia, antico paese tra terra e cielo (Ilpiacenza.it 29.10.15)

Diario di viaggio in Armenia, antico paese tra terra e cielo

Strano paese l’Armenia, di elevato fascino ma nello stesso tempo con qualche caduta nel grigiore della normalità o addirittura nel buio della miseria . Insomma coinvolgente di certo ma anche sconvolgente in modo altrettanto certo. Perché lì il bello e il brutto si mescolano in modo difficile da capire. Come un tutt’uno quasi impossibile da districare. Senza che, fra questi estremi, vi sia da una parte il senso del meraviglioso e dall’altra la sensazione della mediocrità che in alcuni casi sconfina in quel sottobosco dei sentimenti dove alberga addirittura la banalità del già visto.O di quello che non si desidererebbe vedere causa una povertà che si tocca con mano. Sto esagerando? Può darsi, ma come si sa ognuno vede le cose a proprio modo, secondo gusti e visioni che si sono formati nella e dalla vita. Che ti insegna, è vero, ad andare oltre i pregiudizi ma senza però riuscire a sconfiggerli del tutto. Insomma quel che voglio dire è che l’anima del paese è la contraddizione di un bello che difficilmente arriva al fascinoso e nello stesso tempo di quel brutto che invece arriva diretto allo stomaco. E che impedisce la sua digestione mentale perché trattasi di un boccone troppo amaro per non lasciare un certo disgusto in bocca . Le cause di tutto questo sono di natura storica e geografica. Vediamole. Situata in quella landa del mondo fra Europa ed Asia, l’Armenia vanta una natura difficile, compresa fra altipiani ed i monti del Caucaso inferiore, le cui cime arrivano a superare i 4000 metri. Mentre la punta del monte Ararat di cui parleremo, con il suo significato di simbolo storico e religioso con i suoi 5137 mt. dovrebbe rappresentare la vetta più alta del paese se non fosse ormai dentro il confine turco.

Continuando con l’altimetria, tutto il paese si sviluppa quindi secondo una orografia che tocca in media i 2000 metri. Questo ci dice come con tale dislivello, sia difficile sviluppare una economia agricola che in mancanza di industrie dovrebbe rappresentare la parte preponderante dell’attività produttiva del paese. Per di più la terra anche negli altipiani è sassosa e dunque appare poco attrattiva per le semine. Si salvano, fra queste, le colture di albicocche, diffuse in tutto il territorio , che sono diventate, anche per il loro colore, il simbolo del paese. La bandiera nazionale infatti tripartita orizzontalmente riporta la banda arancione tipica dell’albicocca, nella parte bassa sovrastata verso l’alto prima dal blu e poi dal rosso. Le case in quel mondo rurale quasi desertico sono scarse e molto dimesse, al massimo a due piani costruite in sasso o in blocchi squadrati di tufo e ricoperte da tetti in lamiera( o in eternit), simili in questo ai nostri capannoni industriali di qualche decennio addietro. Nessuna fattoria che si rispetti secondo le nostre usanze, si offre alla vista come nessuna stalla appare per il ricovero degli animali. Questi vagano negli estesi altipiani fra i monti, alcuni perennemente innevati dove l’erba stenta ad emergere fra l’ostilità dei sassi che invadono le zolle brulle e incolte. Piccole mandrie di mucche dal colore bruno si offrono di tanto in tanto alla sguardo di chi attraversa il paese in pullman ,come noi abbiamo fatto,percorrendo le poche strade asfaltate che come lunghi serpenti attraversano quella natura primitiva e apparentemente inospitale se non fosse per il carattere gentile della gente. Natura che non sembra ancora pronta ad accettare le sfide della tecnologia motorizzata. A queste mandrie si associano frequentemente e ancora più numerose le greggi di pecore e capre con i loro cani guida e dietro l’immancabile pastore a cavallo che sembra il personaggio di un nostro presepe. Vestito di lana grezza di un bianco stinto nel giallo sporco dell’uso a dimostrazione di una comunanza di vita e di…vestito con il suo gregge. Se questo è il mondo rurale, nelle città la contraddizione è ancora più marcata….continua

A Firenze il pellegrinaggio della memoria per ricordare gli ebrei deportati (Toscanaoggi.it 29.10.15)

Anche quest’anno, nel giorno del 5 novembre, la Comunità di Sant’Egidio, in accordo con la Comunità Ebraica, intende rinnovare questo gesto, al quale hanno preso parte con convinzione tante anime della realtà cittadina, tra le quali anche musulmani con l’imam Izzedin Elzir e, quest’anno, i rappresentanti della Comunità Armena che ricordano il Metz Yeghern, la deportazione e la morte di milione e mezzo di armeni in Turchia, tra il 1915 e il 1916.La marcia della memoria si colloca nel 2015 a 72 anni dalla prima deportazione degli Ebrei fiorentini e a 100 da quella degli armeni….continua

Genocidio armeno, Giaretti: “Necessario ricordare l’evento” (Genovapost.it 29.10.15)

Genova – “E’ necessario ricordare il genocidio armeno e mettere a conoscenza di tali eventi i molti cittadini italiani, in particolar modo le nuove generazioni, che ben poco ne sanno”: cosi Tomaso Giaretti, Consigliere del Municipio I Centro Est e Coordinatore Metropolitano dei Giovani di Forza Italia.
“Tale genocidio ha rappresentato una delle peggiori pagine della storia mondiale. E’ calcolato che tra il 1915 ed il 1916 i soldati ottomani abbiano ucciso più di un milione di armeni, la cui unica colpa era quella di essere tali. Per questa ragione, e per ricordare come al mondo non esistano genocidi e morti di serie A e di Serie B, mi sono preso carico della necessità che Genova dedichi uno spazio pubblico o apponga una targa a ricordo di tale straziante evento, specie, se si tiene conto che la Commissione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU nel 1985 ha riconosciuto il genocidio armeno ed il Parlamento Europeo ha affermato attraverso una Risoluzione del 18 giugno 1987, pubblicata nella GUUE del 20.07.1987. ed una Risoluzione del 13/04/2015 il riconoscimento di tale sterminio”….continua

Aperte fino a sabato 31 a Bagnacavallo le mostre ‘Segni e parole’ e ‘Loss of relevance’ (Lugonotizie.it 28.10.15)

Dedicate a due importanti artisti di origini armene, Alice Tachdjian e Norayr Kasper, e allestite al convento di San Francesco

Sono gli ultimi giorni di apertura per le mostre ‘Segni e parole’ e ‘Loss of relevance’, dedicate a due importanti artisti di origini armene, Alice Tachdjian e Norayr Kasper, e allestite al convento di San Francesco di Bagnacavallo (in via Cadorna 14) fino a sabato 31 ottobre. Inaugurate sabato 10 ottobre alla presenza di Sargis Ghazaryan, ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, che ha patrocinato l’iniziativa, le mostre sono curate da Carlo Polgrossi e dal Comune di Bagnacavallo…continua

L’Abruzzo riconosce il genocidio (negato dai turchi) degli armeni (Ansa 27.10.15)

(ANSA) – L’AQUILA, 27 OTT – Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità una risoluzione di solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del genocidio del 1915 a opera delle forze ottomane.”Oggi abbiamo scritto una bella pagina nella piccola storia politica della nostra Regione”, ha dichiarato il proponente della risoluzione, il consigliere del Partito democratico Luciano Monticelli. In quell’occasione, più di un milione di uomini, donne, bambini e anziani furono coinvolti in un’operazione di pulizia etnica che portò alla morte centinaia di migliaia di persone, e costituì il primo grande massacro di civili della storia del Novecento. Con questo atto, la Regione Abruzzo si aggiunge ad altre italiane come Toscana, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia che, in occasione del centenario, hanno voluto prendere apertamente posizione su quest’evento. “Raggiungere l’unanimità su una questione così importante e in apparenza così distante dalle nostre preoccupazioni quotidiane è un grande segno di maturità politica da parte di questa assemblea”, ha concluso Monticelli. Continua


 

“Genocidio del popolo armeno”
RISOLUZIONE
IL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ABRUZZO
“Genocidio del popolo armeno”

Visto
Che ricorre il centenario del genocidio del popolo armeno;
che la comunità armena di Roma ha richiesto a tutte le istituzioni un atto ufficiale di riconoscimento del genocidio del popolo armeno in occasione delle commemorazioni del centenario di tale tragedia;

Considerato che
È meritevole sensibilizzare la cittadinanza sul genocidio del popolo Armeno avvenuto nel 1915 ad opera del governo Turco dell’epoca. Nel corso di questa autentica operazione di pulizia etnica un milione e mezzo di uomini,donne, bambini ed anziani furono deportati massacrati per il solo fatto di appartenere ad una minoranza di razza, religione e cultura diverse da quella Turca;
Il genocidio armeno fu precursore di quello purtroppo ben più famoso dell’olocausto ebraico ma fu coperto da una immensa coltre di silenzio e di indifferenza da parte delle potenze occidentali. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale il coraggio e la dedizione di alcuni intellettuali di origine Armena hanno permesso di iniziare a far luce su una delle più grandi tragedie del xx secolo;
Ancora oggi il genocidio Armeno viene negato ufficialmente dal governo Turco e rimane uno degli ostacoli principali all’ingresso della Turchia nella UE;
Attestati di solidarietà e mozioni di riconoscimento del genocidio Armeno sono stati approvati in molti comuni e Regioni Italiane;
tale dramma storico è stato riconosciuto come genocidio dalla Commissione per i crimini di guerra dell’Organizzazione delle nazioni unite (ONU) nel 1948, dalla Sottocommissione per la promozione e la protezione dei diritti umani dell’ONU (1985 e 1986), dal Parlamento europeo nel 1987 e nel 2000, dal Parlamento italiano (da tutti i gruppi parlamentari) in data 17 novembre 2000 e finanche dalla stessa Corte marziale ottomana nel 1919;

Ricordato che

il Tribunale permanente dei popoli ha riconosciuto, fra l’altro, che “lo sterminio delle popolazioni armene, con la deportazione e il massacro, costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della convenzione del 9/12/1948 per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio”;
Considerato che,
recentemente, il Primo ministro del Governo turco ha offerto le sue condoglianze “ai nipoti degli armeni uccisi nel 1915” ed auspicato che “gli Armeni che hanno perso la vita nelle circostanze dell’inizio del xx secolo riposino in pace”;

Rilevato che
il genocidio è il più feroce e disumano fra i crimini, in quanto tende all’eliminazione di tutto un popolo, della sua identità, della sua cultura, della sua storia e della sua religione;

Riconosciuta
la necessità che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno, affinché tali tragedie della storia siano di monito, soprattutto alle giovani generazioni;

IL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ABRUZZO

ESPRIME
la propria piena solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del “Grande Male” e nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani.
DISPONE
la più ampia diffusione della presente risoluzione affinché, l’intera cittadinanza abruzzese sia partecipe del sentimento di solidarietà verso il popolo armeno;
di comunicare il presente atto al Consiglio per la comunità armena di Roma, affinché la Direzione del memoriale del genocidio della capitale armena Yerevan inserisca il Consiglio regionale dell’ Abruzzo nella lista dei “Giusti” per la Memoria del Metz Yeghern (il Grande Male), insieme a tutte le altre istituzioni che hanno adottato simili risoluzioni.