Nagorno-Karabakh: dopo la battaglia c’è una tregua tra Armenia e Azerbaijan (Ilprimatonazionale 03.04.16)

Roma, 03 apr – Un conflitto “congelato” vecchio di un secolo che nei giorni scorsi ha fatto registrare una piccola ma sanguinosa escalation. Movimenti di carri armati, elicotteri e con molta probabilità a giudicare dai danni alle case, anche di artiglieria da campo a razzi multipli. Tutto seguito dal consueto scambio di accuse tra il governo di Baku, Capitale dell’Azerbaijan e la dirigenza Armena. Gli armeni fino ad ora sostengono di aver eliminato 200 soldati Azerbaijani, di cui almeno 30 appartenenti alle forze speciali, mentre dall’altra parte della trincea si parla di di 100 caduti armeni, e diversi mezzi distrutti. Nella battaglia, che ha rischiato pericolosamente di allargarsi, sono rimaste coinvolte numerose case civili in cui almeno due sarebbero le vittime una appena dodicenne.

La regione del Nagorno-Karabakh è contesa sin dal 1923, da quando Stalin assegnò la zona, a maggioranza cristiana e popolata da armeni, alla giurisdizione dell’Azerbaijan mussulmano. Con l’esplosione di questo conflitto andò in pezzi la ricetta russa per le ex repubbliche sovietiche in cui intanto esplodevano conflitti etnici a lungo sopiti. Il nazionalismo distrusse la “pax socialista” e da li a poco cominciarono a collassare giganti come l’Urss e la Jugoslavia.  Tra Arzebaijani e Armeni andò avanti fino al 1994 con quasi trentamila morti e migliaia di profughi ed episodi terribili di persecuzioni etniche e pogrom da entrambe le parti di cui oggi si cominciano a scoprire le fosse comuni. Fu una delle sanguinose “micro guerre” conseguenti alla destrutturazione dell’Urss come saranno quelle di Transnistria, Abkhazia e Ossezia.

Ma cosa cambia lo scenario degli ultimi mesi? Senz‘altro la rottura dei rapporti diplomatici tra Mosca e Ankara dopo l’abbattimento del bombardiere russo in Siria che ha quindi allontanato i due principali partners dei paesi in conflitto dai tavoli della trattativa. Il presidente Putin ha dichiarato, con un messaggio rivolto ad entrambi i contendenti, di cessare il fuoco, e di arrivare al più presto ad una tregua, che infatti è arrivata dopo poche ore, mentre il premier turco Erdogan ha ribadito che sosterrà la causa dei “cugini” Arzebaijani “fino alla fine”.

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Nagorno Karabkh: violenti scontri tra forze armene e azere (Algheronewsitaly.com 03.04.16)

Il 2 aprile il presidente armeno, Serzh Sarkisyan, ha convocato una riunione interna d’alto livello, affermando che gli scontri scoppiati il primo aprile tra Armenia e Azerbaijan hanno provocato la morte di 18 soldati e 35 civili armeni.

“Le forze armate armene negli ultimi giorni hanno violato il cessate il fuoco in varie direzioni della linea di contatto delle truppe azere e armene 127 volte”, ha riferito sabato il ministero della Difesa dell’Azerbaijan. Erdogan ha inoltre criticato i fallimenti del Gruppo di Minsk – che ha guidato gli sforzi dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) per arrivare alla pace sotto la presidenza di Francia, Russia e Stati Uniti – per risolvere il conflitto.

Le attuali tensioni risalgono in gran parte al 1923 quando, nonostante il parere contrario della maggioranza della direzione del partito comunista al potere in Urss, Stalin volle che il Nagorno Karabakh fosse incorporato nella Repubblica dell’Azerbaigian, creata l’anno prima.

Il Nagorno-Karabakh – anche noto come “lo stato che non c’è – è una regione non riconosciuta dalla comunità internazionale e contesa da diversi anni fra Azerbaigian e Armenia”.

Il ministero della difesa armeno ha precisato che gli scontri continuano e denuncia perdite su entrambi i fronti. Che cosa difende la parte azera? L’Azerbaigian contro i separatisti della regione del Nagorno Karabakh, appoggiati dall’Armenia. Con il crollo dell’Unione Sovietica esplosero le istanze secessioniste. Allo stesso tempo l’Armenia è ancora condizionata dalla Russia: l’esercito russo controlla in pratica le difese aeree armene, oltre che alcune delle infrastrutture chiave del paese. Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha chiesto “alle parti belligeranti di fermare immediatamente le ostilità”. L’Armenia, sostenuta dalla Russia, si è sempre proposta in difesa del Karabakh per salvare gli armeni da possibili stermini, come avvenuto nel recente passato a Sumgait, Baku e Kirovabad negli anni 90 del secolo scorso.

Dopo oltre 24 ore di combattimenti con i separatisti armeni dell’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh, l’Azerbaigian ha annunciato un “cessate il fuoco unilaterale”.

Si combatte al confine del Nagorno-Karabakh. Putin chiede il cessate di fuoco immediato (Asianews.it 03.04.16)

Stepanaguert ( AsiaNews) – Notizie allarmanti in Caucaso, parlano di ripresa di Intensi e inusuali combattimenti sono scoppiati nel Caucaso, lungo il confine sud-est e nord-est fra la Repubblica- non riconosciuta – del Nagorno Karabakh e l’Azerbaijan. Il direttore dell’ufficio stampa del ministero armeno degli esteri, Tigran Babayan, ha dichiarato che “L’Azerbaijan ha lanciato venerdì notte [fra l’1 e il 2 aprile] un massiccio attacco armato  alla frontiera con carri armati, artiglieria ed elicotteri”, accompagnato da bombardamenti contro villaggi popolati da civili armeni. Il ministero della Difesa del Nagorno Karabakh afferma di aver “abbattuto un elicottero nella linea di confine nord-est” infliggendo “ ingenti perdite al nemico”. L’Azerbaijan ha subito smentito la notizia di abbattimento di un elicottero, ma non ha negato la ripresa delle ostilità, dando la colpa alla controparte armena.

Fino alle 12 di ieri, i combattimenti sono proseguiti con feroce intensità nelle zone di Khojavend- Fizuli ed Agdere-Teter-Agdam.

Una bambina armena, Vaghinag Gregorian di 12 anni, ha perso la vita ieri mattina nella regione di Marduni, vittima dei colpi di artiglieria azera lanciati contro un villaggio abitato da armeni, situato non lontano dal confine con l’Azerbaijan; altri due bambini hanno riportato ferite gravi.

Il Presidente russo Vladimir Putin ha fatto appello “alle due parti” chiedendo loro “ un cessate il fuoco immediato, trattenendosi dalle violenze per evitare la perdita di nuove vittime civili”.

Il Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha discusso la preoccupante escalation in Nagorno Karabakh con i ministri degli esteri di Armenia ed Azerbaijan.

A Erevan, capitale dell’Armenia, in attesa dell’atteraggio dell’aereo del presidente della repubblica, di rientro da una visita ufficiale negli Usa, il premier Ovig Abrahamian ha convocato una riunione d’urgenza del governo per varare le misure necessarie da adottare in risposta a “queste ostilità senza precedenti lanciate da parte del nemico”, aggiungendo di essere “pronto a ricorrere a tutte le misure necessarie per ristabilire la situazione”.

Da parte sua il ministro degli esteri armeno Edward Nalbandian ha discusso via telefono della delicata situazione con il rappresentante speciale dell’Unione europea, con i co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE e con il rappresentante dell’OSCE Andrzej Kasprzyk.

Fonti ufficiali in Armenia non escludono che dietro questo attacco armato senza precedenti dal 1994, vi sia la Turchia, che appoggia in modo aperto l’Azerbaijan musulmano contro il Nagorno Karabakh cristiano, per creare disordini alle porte della Russia, in una area di estrema importanza strategica per Mosca. Le stesse fonti puntano il dito anche contro la comunità internazionale che col suo silenzio ad ogni violazione di tregua da parte dell’Azerbaijan, non ha fatto altro che “incoraggiare l’Azerbaijan a incrementare di continuo le violazioni, con la certezza dell’impunità”.

Ieri pomeriggio, il portavoce della Repubblica del Nagorno Karabkh ha annunciato che l’attacco armato si è allentato e che le forze armate del Karabakh continuano a mantenere sotto controllo le posizioni di difesa, smentendo le notizie diffuse dalla stampa azera, circa un panico collettivo degli armeni. “Siamo naturalmente preoccupati dinanzi ad una simile situazione” ha detto, “ma non vi è alcun panico. Noi difendiamo la nostra patria, il nostro avvenire e quello dei nostri figli. Che cosa difende la parte azera? Sono forse pronti a morire soltanto per difendere la corruzione di (presidente Ilham) Aliyev?”.

L’auto-proclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh è popolata interamente da cristiani armeni che Stalin aveva arbitrariamente staccato dall’Armenia e incluso nei confini dell’Azerbaijan sovietico. Prima del crollo dell’Urss, in seguito ad un referendum, gli abitanti della repubblica del Karabakh hanno dichiarato la scissione dall’Urss e dall’Azerbaijan sovietico. Diventato indipendente l’Azerbaijan non ha riconosciuto l’indipendenza del Nagorno Karabakh dando inizio ad una guerra aperta contro il Nagorno-Karabakh appoggiato dall’Armenia, durata oltre tre anni anni (1992-1994) causando più di 30 mila morti.

Un cessate il fuoco chiesto dall’Azerbaidjan e negoziato con la OSCE ha posto fine alla guerra senza risolvere il problema e registrano quotidiane violazioni del cessate il fuoco, con frequenti sparatorie e lancio di missili, senza tuttavia arrivare allo scontro e agli attacchi armati di questi giorni.

L’Azerbaijan, ricco di petrolio, con un bilancio annuo alla difesa che supera l’intero bilancio della Repubblica di Armenia, minaccia di continuo di riprendere con la forza il territorio “separatista”, pur essendo de-facto totalmente indipendente da oltre 25 anni. L’Armenia, sostenuta dalla Russia, si è sempre proposta in difesa del Karabakh per salvare gli armeni da possibili stermini, come avvenuto nel recente passato a Sumgait, Baku e Kirovabad negli anni 90 del secolo scorso. Tali crimini contro l’umanità sono rimasti impuniti.

Dal 1994 l’OSCE continua invano a cercare una soluzione definitiva al problema che ad ogni istante rischia di far esplodere questa polveriera del Caucaso.

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Turchia, Erdogan: negli Usa protesta voluta da Pkk, Ygp e armeni (Askanews 03.04.16)

Istanbul, 3 apr. (askanews) – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha duramente criticato i gruppi presenti alla protesta contro il suo discorso la settimana scorsa a Washington, sfociata in uno scontro con le sue guardie del corpo, che a suo dire rappresentavano il Partito dei lavoratori del Kurdistam (Pkk), le Unità di protezione del Popolo (Ypg) formate da curdi-siriani, e l’Esercito segreto armeno per la liberazione dell’Armenia (Asala). I tre gruppi sono fuori legge in Turchia.

Al rientro dal suo viaggio negli Stati uniti, in cui non sono mancate le tensioni con lo stesso presidente americano Barack Obama con cui ha discusso anche della crisi della libertà di stampa nel Paese, Erdogan ha subito criticato quelli che ha considerato “dei rappresentati” di questi tre gruppi in combutta con il rivale del capo di stato, il predicatore Fethullah Gulen, accusato da Ankara di voler creare uno stato parallelo.

“La situazione che si è creata prima della conferenza è stata molto molto significativa – ha dichiarato appena sceso dall’aereo – Ho visto con i miei occhi i rappresentanti della Struttura dello stato parallelo che hanno lasciato il nostro Paese fianco a fianco con quelli del” Pkk, del Ygp e dell’Asala. “Ecco la prova”.

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Scontri in Nagorno Karabakh nonostante tregua unilaterale da Baku (Askanews 03.04.16)

Terter (Azerbaigian), 3 apr. (askanews) – L’Azerbaigian ha dichiarato unilaterlamente il cessate-il-fuoco sulla linea di confine con l’enclave armena in territorio azero del Nagorno Karabakh dopo i violenti scontri che hanno causato la morte di 30 militari, 18 armeni e 12 azeri. Ma nonostante la tregua e le pressioni internazionali gli scontri alla frontiera non si fermano.

Il ministero della Difesa di Baku ha dichiarato che “l’Azerbaigian, dimostrando la sua buona volontà, ha deciso di fermare unilaterlmente le ostilità” ma ha minacciato di tornare sui suoi passi se i suoi militari saranno attaccati nuovamente. Baku ha aggiunto, inoltre, che intende “rafforzare” alcune posizioni strategiche nella regione controllata dall’Armenia che è internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbagian.

Il ministro della difesa dell’enclave, riconosciuta e sostenuta da Erevan, ha dichiarato di essere disponibile a discutere le clausole del cessate-il-fuoco ma soltanto se questo consentirà di riprendere partedel territorio.

Secondo il portavoce della presidenza del Nagorno Karabakh, David Babayan, i combattimenti non si sono fermati. “Duri scontri sono in corso nei settori sudorientale e nordorientale del confine del Karabakh”, ha dichiarato ad Afp. Il portavoce del ministero della Difesa armeno, Artsrun Hovhannisyan, ha denunciato le dichiarazioni di Baku come “una trappola” e non “una tregua”.

Gli scontri in cui sono morti 30 soldati, di entrambi gli schieramenti, sono stati definiti dal presidente armeno Serzh Sarkisian “le ostilità più gravi” dalla tregua del 1994, che mise fine alla guerra in cui combattenti sostenuti dall’Armenia occuparono i territori azeri che adesso sono parte dell’enclave. Baku ha rivendicato che uno dei suoi elicotteri è stato abbattuto dopo che le truppe azere avevano preso il controllo di alcune alture in una zona strategica del Karabakh.

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Torna a infiammarsi il Nagorno Karabakh: scontri tra Azeri e Armeni, decine di morti (RaiNews24 03.04.16)

Era dal 1994 che non si registravano scontri così violenti nel Nagorno Karabakh, la regione dell’Azerbaigian contesa dalla vicina Armenia. Secondo fonti locali non verificate ci sarebbero decine di morti tra i soldati delle due contrapposte forze armate, anche se un bilancio ufficiale è difficile da stabilire. Gli armeni abbattono un elicottero azero Decine di persone sarebbero rimaste uccise ieri nei combattimenti scoppiati dopo che l’esercito armeno ha riferito di aver abbattuto un elicottero azero, sostenendo minacciasse di penetrare nel territorio del Nagorno Karabakh. Ma la situazione è in continua evoluzione. Nagorno Karabakh: un’enclave, molte tensioni e una guerra con 30mila morti Il Nagorno Karabakh si trova in Azerbaigian ma è controllato da armeni, ed è proprio l’Armenia a sostenere il territorio a livello militare ed economico da quando la guerra separatista è finita nel 1994. La zona è contesa dai due Paesi dal 1988. Tra quell’anno e il 1994 sono rimaste uccise oltre 30mila persone, mentre ora comunità internazionale considera la regione come parte dell’Azerbaigian. Dalla fine della guerra sono in corso negoziati promossi dal Gruppo di Minsk (creato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa -Osce- per monitorare il cessate il fuoco, guidato da Francia, Russia e Stati Uniti). L’appello dell’Onu per il rispetto del cessate il fuoco Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-Moon, ha esortato Armenia e Azerbaigian a rispettare il cessate il fuoco in Nagorno Karabakh, evitando una escalation del conflitto per il controllo del territorio la cui sovranità è contesa dai due Paesi dal 1988. Ban, si legge in una nota, “è profondamente preoccupato per le recenti notizie di violazioni su vasta scala del cessate il fuoco” dichiarato nel 1994, a seguito della guerra separatista, ed è “particolarmente allarmato dal riferito uso di armi pesanti e dall’alto numero di vittime, tra cui civili”. Invito alla calma anche da Mosca e Washington Anche Russia e Stati Uniti sono intervenuti nella crisi del Nagorno Karabakh, invitando Erevan e Baku ad astenersi da ulteriori azioni che potrebbero portare a un’escalation del conflitto. Diversi appelli a moderare la tensione sono arrivati dalla comunità internazionale, tra cui dal presidente russo Vladimir Putin, il cui Paese è un mediatore chiave. Il tema dell’escalation nell’enclave, dove le schermaglie sono frequenti, è stato affrontato a Washington dal presidente armeno, Serz Sargsyan, con il segretario di Stato americano John Kerry. Il presidente azero, Ilham Aliev, ha intanto insistito sul fatto che Baku non rinuncia a recuperare con la forza il Nagorno Karabakh. Gli scontri fanno temere l’allargamento del conflitto nella regione, attraversata da oleodotti e gasdotti.

C’è una nuova tregua in Nagorno-Karabakh (Il Post 03.04.16)

Negli ultimi giorni ci sono state novità piuttosto importanti che hanno riguardato il Nagorno-Karabakh, un territorio conteso nel sud del Caucaso poco conosciuto, se non per alcune cronache degli anni Novanta. Dopo due giorni di scontri insolitamente violenti tra Azerbaijan e Armenia – i due stati che si contendono il controllo del Nagorno-Karabakh e che fino al 1991 facevano parte dell’Unione Sovietica – il governo azero ha dichiarato una tregua unilaterale. Secondo gli armeni, però, i combattimenti e gli scambi di artiglieria non si sono fermati.

Cos’è il Nagorno-Karabakh?
Dall’inizio. Il Nagorno-Karabakh è una regione montagnosa dell’Azerbaijan con una larga maggioranza di cristiani armeni, a loro volta una minoranza rispetto alla maggioranza musulmana della popolazione azera. Gli armeni del Nagorno-Karabakh votarono per l’indipendenza nel dicembre 1991, con un referendum boicottato dagli abitanti azeri della regione: da allora il Nagorno-Karabakh si definisce uno stato indipendente (ma non è riconosciuto a livello internazionale) e una repubblica presidenziale. Subito dopo la dichiarazione di indipendenza, comunque, cominciarono gli scontri tra azeri e armeni per il controllo dell’area. Tra il 1992 e il 1994 Armenia e Azerbaijan combatterono una guerra in cui rimasero uccise circa 30mila persone e che fece milioni di profughi. La guerra terminò con una tregua piuttosto precaria, che lasciò ampio spazio di influenza alla Russia, alleata dell’Armenia: ma negli anni successivi ci furono altri scontri e altre tregue.

Ancora oggi l’Armenia controlla circa il 20 per cento del territorio dell’Azerbaijan, tra cui la maggior parte del Nagorno-Karabakh e parecchie altre regioni lì attorno. Allo stesso tempo l’Armenia è ancora condizionata dalla Russia: l’esercito russo controlla in pratica le difese aeree armene, oltre che alcune delle infrastrutture chiave del paese.

Cosa è successo negli ultimi giorni
Sabato 2 aprile nel Nagorno-Karabakh ci sono stati scontri piuttosto violenti tra soldati dell’Azerbaijan e combattenti armeni. Konul Khalilova, corrispondente di BCC dall’Azerbaijan, ha scritto che quello di sabato è stato uno degli scontri più cruenti degli ultimi anni. I combattimenti sono cominciati con uno scambio di colpi di artiglieria tra posizioni azere e quelle delle milizie armene del Nagorno-Karabakh. Un elicottero azero è stato abbattuto, causando la morte dei 12 militari a bordo. Non è ancora chiaro chi abbia iniziato gli scontri ed entrambi i governi si sono scambiati accuse di aver sparato per primi. Nella mattina di domenica, il governo dell’Azerbaijan ha annunciato la sospensione unilaterale delle operazioni militari in Nagorno-Karabakh.

Per il momento il presidente russo Vladimir Putin ha adottato un atteggiamento diplomatico chiedendo sia all’Azerbaijan che all’Armenia di rispettare il cessate il fuoco e di cercare di evitare ulteriori violenze. Anche il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e il segretario di Stato americano John Kerry hanno chiesto un immediato ritorno al cessate il fuoco.

L’Azerbaijan è uno stato ricco di risorse naturali (gas e petrolio, per esempio) e il budget del suo esercito è superiore all’intera spesa pubblica del governo armeno. L’Armenia può però contare sull’appoggio della Russia, che in passato aveva dichiarato di essere pronta a intervenire militarmente per fermare un’eventuale invasione del paese. L’Azerbaijan, invece, è appoggiato dalla Turchia e proprio oggi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che rimarrà accanto al governo azero “fino alla fine”.

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Azerbaigian annuncia cessate il fuoco (Ansa 03.04.16)

Scontri in Nagorno-Karabakh: Azerbaigian annuncia tregua (Radio Vaticana 03.04.16)

Armenia, conflitto Nagorny Karabakh: Erdogan sostiene l’Azerbaigian (Globalist 03.04.16)

Dopo la pace firmata nel 1994, la regione Nagorny Karabakh rischia di tornare una zona calda di guerra. Il conflitto è rieploso ieri. L’Azerbaigian contro i separatisti della regione del Nagorno Karabakh, appoggiati dall’Armenia.
Era dal 1994 che non si registravano scontri così violenti nel Nagorno Karabakh, la regione dell’Azerbaigian contesa dalla vicina Armenia. Secondo fonti locali non verificate ci sarebbero decine di morti tra i soldati delle due contrapposte forze armate, anche se un bilancio ufficiale è difficile da stabilire.

Lo scontro e il cessate il fuoco. L’Azerbaigian ha annunciato che rispetterà un cessate il fuoco unilaterale nel conflitto rieploso ieri. Nei combattimenti di ieri Baku ha riconosciuto di aver persone 12 soldati, un elicottero ed un carro armato, mentre l’Armenia ha stilato un bilancio di 18 morti e 35 feriti nelle sue file. Ci sarebbero state anche vittime tra i civili.

Gli armeni hanno abbattuto un elicottero azero. Decine di persone sarebbero rimaste uccise ieri nei combattimenti scoppiati dopo che l’esercito armeno ha riferito di aver abbattuto un elicottero azero, sostenendo minacciasse di penetrare nel territorio del Nagorno Karabakh. Ma la situazione è in continua evoluzione.

La Turchia. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha promesso di sostenere l’Azerbaigian – alleato di Ankara – “fino alla fine” del conflitto con l’Armenia sulla contesa regione di Nagorny Karabakh. Ieri in nuovi scontri sono morti almeno trenta soldati, su entrambi i fronti. “Preghiamo che i nostri fratelli azeri prevalgano in questi combattimenti con il minor numero possibile di vittime”, ha dichiarato Erdogan, secondo la presidenza, a un giornalista azero durante la sua visita negli Stati Uniti. “Supporteremo l’Azerbaigian fino alla fine”, ha aggiunto.
Il presidente armeno Serzh Sarkisian ha dichiarato che diciotto soldati armeni sono stati uccisi e trentacinque feriti nelle “ostilità su più larga scala” dalla tregua del 1994, che ha messo fina a una guerra che ha visto i guerriglieri appoggiati dall’Armenia sottrarre il territorio all’Azerbaigian.
In precedenza il ministero della Difesa azero ha dichiarato che dodici suoi soldati sono stati uccisi e un elicottero militare abbattuto. Erdogan ha inoltre criticato i fallimenti del Gruppo di Minsk – che ha guidato gli sforzi dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) per arrivare alla pace sotto la presidenza di Francia, Russia e Stati Uniti – per risolvere il conflitto.
“Siamo di fronte a simili incidenti perchè il Gruppo di Minsk ha sottovalutato la situazione”, l’accusa di Erdogan.

L’appello dell’Onu per il rispetto del cessate il fuoco. Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-Moon, ha esortato Armenia e Azerbaigian a rispettare il cessate il fuoco in Nagorno Karabakh, evitando una escalation del conflitto per il controllo del territorio la cui sovranità è contesa dai due Paesi dal 1988. Ban, si legge in una nota, “è profondamente preoccupato per le recenti notizie di violazioni su vasta scala del cessate il fuoco” dichiarato nel 1994, a seguito della guerra separatista, ed è “particolarmente allarmato dal riferito uso di armi pesanti e dall’alto numero di vittime, tra cui civili”.

Invito alla calma anche da Mosca e Washington. Anche Russia e Stati Uniti sono intervenuti nella crisi del Nagorno Karabakh, invitando Erevan e Baku ad astenersi da ulteriori azioni che potrebbero portare a un’escalation del conflitto. Diversi appelli a moderare la tensione sono arrivati dalla comunità internazionale, tra cui dal presidente russo Vladimir Putin, il cui Paese è un mediatore chiave. Il tema dell’escalation nell’enclave, dove le schermaglie sono frequenti, è stato affrontato a Washington dal presidente armeno, Serz Sargsyan, con il segretario di Stato americano John Kerry. Il presidente azero, Ilham Aliev, ha intanto insistito sul fatto che Baku non rinuncia a recuperare con la forza il Nagorno Karabakh. Gli scontri fanno temere l’allargamento del conflitto nella regione, attraversata da oleodotti e gasdotti.

La storia della zona contesa: Nagorno Karabakh. Un’enclave, molte tensioni e una guerra con 30mila morti Il Nagorno Karabakh si trova in Azerbaigian ma è controllato da armeni, ed è proprio l’Armenia a sostenere il territorio a livello militare ed economico da quando la guerra separatista è finita nel 1994. La zona è contesa dai due Paesi dal 1988. Tra quell’anno e il 1994 sono rimaste uccise oltre 30mila persone, mentre ora comunità internazionale considera la regione come parte dell’Azerbaigian. Dalla fine della guerra sono in corso negoziati promossi dal Gruppo di Minsk (creato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa -Osce- per monitorare il cessate il fuoco, guidato da Francia, Russia e Stati Uniti).

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Venti di guerra tra Armenia e Azerbaijan (raccolta 2 aprile 16)

La stampa 02.04.16

Una vecchia guerra che potrebbe ricominciare in uno scenario nuovo. Il Nagorno-Karabakh, l’enclave armena in Azerbaigian, torna scena di scontri, con almeno 12 soldati di Baku morti nelle ultime 24 ore. Capire la dinamica dell’accaduto è complicato: le versioni di armeni e azeri, come al solito, sono opposte, e ciascuna parte accusa l’avversario di aver iniziato le ostilità, nega le proprie perdite e moltiplica quelle del nemico. Quello che è certo che alla frontiera si sono mossi carri armati, elicotteri e forse anche artiglieria con razzi multipli. Gli armeni sostengono di aver ucciso 200 soldati di Baku, inclusi 30 delle truppe speciali, gli azeri parlano di 100 caduti del nemico, e diversi mezzi distrutti. Un altro dato confermato è che sono stati colpiti anche centri civili, con case distrutte, e almeno due vittime, incluso un ragazzo di 12 anni.

Vladimir Putin si è rivolto all’Armenia e all’Azerbaigian chiedendo di cessare immediatamente il fuoco e di «manifestare moderazione per impedire altre vittime». La diplomazia russa si è già attivata e il ministro della Difesa Serghey Shoigu ha telefonato ai colleghi sia di Baku che di Erevan. La Russia da anni è garante della fragile tregua nel Nagorno-Karabakh, ed è molto preoccupata dalla possibilità che il conflitto riesploda proprio adesso, con la crisi ucraina ancora da archiviare, la guerra in Siria e le tensioni con la Turchia. Ma spegnere le ostilità potrebbe essere difficile.

Il Nagorno-Karabakh è una polveriera da quasi un secolo, da quando nel 1923 Stalin assegnò l’enclave popolata in prevalenza da armeni cristiani alla giurisdizione dell’Azerbaigian musulmano. Fu il primo conflitto etnico che, nel 1988, esplose nel blocco sovietico, infrangendo il mito che il socialismo aveva vinto il nazionalismo e innescando il domino che avrebbe distrutto l’Urss e la Jugoslavia. La guerra tra armeni e azeri è durata fino al 1994, facendo almeno 30 mila morti e centinaia di migliaia di profughi: in Armenia non sono rimasti più azeri e dall’Azerbaigian dopo i pogrom di Baku con decine di morti sono scappati gli armeni.

 

 

Un «conflitto congelato», il primo, al quale poi si sono aggiunti la Trasnistria, l’Abkhazia, l’Ossezia e altri paesi non riconosciuti, impegnati in una secessione di fatto. Per il Nagorno-Karabakh esistono risoluzioni dell’Onu, organismi della Osce e forze di interposizione (prevalentemente russe), ma l’unica cosa che si è riuscita a ottenere in quasi trent’anni è stata una precaria tregua. Formalmente l’enclave resta azera, di fatto è indipendente, con forti legami con l’Armenia. Gli scontri di confine a bassa intensità non erano mai cessati, e lo schieramento di armi e uomini al confine è rimasto massiccio. L’Armenia è sostenuta dalla sua numerosa diaspora in tutto il mondo, e dalla Russia, l’Azerbaigian è sponsorizzato dai cugini turchi. Che ultimamente sono ai ferri corti con la Russia, dopo l’abbattimento del caccia di Mosca in Siria.


Putin chiede cessate fuoco immediato tra Armenia e Azerbaigian (Askanews 02.04.16)

Scontri in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian (Radio Vaticana 02.04.16)

Nagorno-Karabakh, venti di guerra fra Armenia e Azerbaigian. Decine di morti (Il Messaggero 02.04.16)

Armenia-Azerbaigian, scontri nel Nagorno-Karabakh: l’appello di Putin (La Repubblica 02.04.16)

Tensioni fra azeri e armeni (Rsi 02.04.16)

Scontri in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian (Mondiali 2010 02.04.16)

Armenia-Azerbaigian: scontri in Nagorno-Karabakh, decine vittime (Agi 02.04.16)

Azerbaijan, scrittore fermato. A Venezia il suo libro presentato senza di lui (Articolo21 02.04.16)

Una sedia vuota per denunciare gli abusi delle autorità azere che hanno impedito ad Akram Aylisli di salire sull’aereo che avrebbe dovuto portarlo a Venezia. Nella città lagunare lo scrittore era stato invitato dagli organizzatori del festival “Incroci di civiltà”, per presentare il suo ultimo romanzo Sogni di pietra, edito dalle Edizioni Guerini. Il libro è stato presentato ugualmente ma in sua assenza, come, appunto, simboleggiava quella sedia vuota.
Aylisli, quasi ottantenne, era stato bloccato al momento di imbarcarsi dall’aeroporto di Baku e trattenuto per un’intera giornata, con l’accusa di aver infastidito gli altri passeggeri. Alla fine è stato liberato ma gli è stato sequestrato il passaporto.
Non è la prima volta che l’anziano scrittore subisce abusi e intimidazioni. Dopo la pubblicazione in Azerbaigian, nel 2013, di Sogni di pietra, Aylisli è stato dichiarato apostata, gli hanno tolto la pensione e lo hanno espulso dal Sindacato degli scrittori, sua moglie e suo figlio hanno perso il lavoro ed è stato promesso un premio in denaro a chi gli avesse tagliato un orecchio. In quel caso, la mobilitazione internazionale ha impedito che la persecuzione proseguisse.

A La Repubblica lo scrittore ha ricostruito il suo fermo. “ Sono arrivato in aeroporto alle quattro di mattina ma ne sono uscito solo alle otto di sera dopo un lunghissimo interrogatorio. Mi hanno accusato di molestare gli altri passeggeri e di compiere atti di teppismo: secondo la polizia avrei dato un pugno sul petto ad una giovane guardia di frontiera, io che ho quasi ottant’anni e soffro di una malattia al cuore. Questo presunto fatto è stato usato come scusa per non farmi prendere l’aereo, ma secondo loro sarebbe successo dopo che era già partito! È una cosa illogica e assurda“.
Sogni di pietra non è un’opera partigiana: racconta dei massacri perpetuati da turchi e azeri contro gli armeni, ma anche come questi ultimi siano stati a loro volta fanatici nazionalisti: “Mi sembra che con questa mia piccola opera – ha scritto in un messaggio letto durante la presentazione a Venezia – io sia riuscito a raggiungere il mio scopo principale: salvare molti armeni dall’odio verso il mio popolo. Ho compreso che in questo conflitto sanguinoso non siamo colpevoli noi né gli armeni; i popoli non si farebbero mai la guerra se la politica non si intromettesse nella loro vita. Ho perduto la tranquillità e il benessere a causa di un piccolo passo per l’avvicinamento di due popoli affini e non ho sogno più intimo di quello di vederli di nuovo assieme”.

In Azerbaijan la repressione del dissenso e gli abusi contro giornalisti, scrittori e attivisti sono storia purtroppo nota. Di recente, in occasione della festa nazionale, le autorità hanno emanato un’amnistia, rimettendo in liberta molti detenuti per reati d’opinione e si è sperato che le campagne di Amnesty e di altre organizzazioni avessero indotto a una maggiore prudenza gli apparati repressivi di Baku. Evidentemente non è così, almeno quando si parla della questione armena.
In questi giorni, il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev è a Washington per un summit sul pericolo nucleare e sono previsti incontri con l’amministrazione USA ma anche negoziati sulla costruzione del nuovo gasdotto di 3500 km che da Baku, dopo aver attraversato la Turchia, dovrebbe arrivare fino in Italia. Ci auguriamo che sul tavolo, com’è stato durante la visita di Obama a Cuba, ci sia anche a questione del rispetto dei diritti umani.

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