Un genocidio non capita per caso. La tragica lezione dello sterminio degli armeni (Tempi.it 23.04.16)

Una riflessione attuale sul Genocidio armeno ancora drammaticamente manca a molta cultura occidentale. E ogni giorno che passa, almeno ad avviso di chi scrive, se ne avverte sempre più la necessità e l’impellenza. Non che manchino i libri. Al riguardo, infatti, è doveroso almeno ricordare l’importante libro di Marcello Flores. L’editore Guerini, poi, eroico e benemerito, ha voluto pubblicare uno dei testi più esaustivi e autorevoli in materia, ossia la Storia del Genocidio Armeno del grande Vahakn Dadrian. Ancor più importante, vi è la commovente e puntuale opera di informazione e sensibilizzazione portata avanti con fiera determinazione dagli amici armeni italiani. Infine, vi sono alcuni grandi interpreti, capaci di offrire spiegazioni, di disserrare la maglie della storia, di indagare recessi dell’orrore poco frequentati, di fare difficili, eppur inevitabili, confronti e rimandi. Alcuni tra costoro hanno il dono raro della comunicazione e dell’empatia. Tributo qui il mio affetto e la mia gratitudine ad Antonia Arslan.

È stato – e tuttora è difficile – far capire che la Shoah non fu un “fungo”, velenosissimo e letale, apparso una mattina nell’ombratile bosco della Storia. Per arrivare alla Shoah è stato necessario un percorso per certi versi perdurato numerosi secoli. Ed è esattamente questo “dettaglio” che spesso viene facilmente occultato o trascurato; ed è questa fondamentale comprensione che sovente sfugge. Parimenti vi è il rischio che, pur più edotti rispetto al recente passato circa il Genocidio armeno, molti pensino essersi trattato, anche in questo caso, del solito micidiale “fungo”. Il Genocidio armeno ha anch’esso richiesto una storia lunga, secolare, spesso misconosciuta – o comunque generalmente poco studiata – dal mondo occidentale.

La questione armena, che attraversò abbondantemente il secolo XIX, è legata – e parallela – alla questione d’Oriente, che iniziò a cristallizzarsi attraverso le tendenze opposte di imperialismo, nazionalismo, interventismo delle grandi potenze. Entrambe le questioni, come ricorda Dadrian, hanno prodotto due drammatiche conflagrazioni, dovute alla scontro tra sistemi incompatibili, in cui un elemento fondamentale fu giocato dall’islam. Il Sultano ottomano, infatti, fino al collasso del suo Impero, fu il legittimo Califfo dei musulmani. Tra i musulmani che ritenevano all’epoca non legittimo il Califfato ottomano, vi erano i cosiddetti “movimenti riformatori”, ossia, ad esempio, i Wahabiti.

La normativa sui dhimmi
Se nel 1848 il Sultano Abdul Mejid riconobbe uno status ufficiale ai sudditi ebrei e cristiani, tuttavia le tensioni religiose ingenerate da questo provvedimento iniziarono a divenire mortifere “in grande stile” in particolare nel 1860, quando, da parte drusa, si iniziarono a massacrare i cristiani maroniti in Siria e Libano. I morti furono circa 40.000 tra i maroniti cattolici, con la distruzione di circa 500 chiese e 40 monasteri: un’esplosione di violenza legata alla crescita di animosità religiosa ed etnica accumulatasi tra drusi, musulmani e cristiani. Motivo dell’esasperazione musulmana incontrollata fu peraltro la precedente promulgazione della Carta delle Riforme del 1856 che prevedeva l’uguaglianza tra i musulmani e i sudditi non musulmani dell’Impero ottomano, all’epoca dominante quasi tutto il mondo arabo. Chiaramente vi furono misure repressive da parte dell’Impero ottomano nei confronti di chi perpetrò il massacro, come pure pressioni da parte delle potenze occidentali. Tuttavia ciò accadde e fu destinato a ripetersi.

Le pressioni europee in favore delle riforme giuridiche, come pure le resistenze turche in particolare – e islamiche in generale – a ogni forma di cambiamento, aiutano a inquadrare la problematica in relazione agli armeni. Va premesso che gli armeni, in seno all’Impero ottomano, costituivano la più nutrita e diffusa minoranza etnico-linguistico-religiosa, seguiti dai cristiani greci e dagli ebrei. Prendendo sul serio le riforme formalmente introdotte dal Sultano circa lo status dei non-musulmani (a differenza degli ebrei che, in genere, furono molto più diffidenti e guardinghi), gli armeni ne chiesero un’attuazione reale ed efficace, considerando che si trattava di una questione di diritto (e di diritti). I turchi, da parte loro, si rimettevano alle esigenze religiose islamiche, che, pur formalmente tollerando in territorio islamico (o islamizzato) il non-musulmano, prevedevano inevitabili e necessarie relazioni di dominazione e di sottomissione tra islamici e non-musulmani.

Nel 1865 il Sultano Abdul Aziz allentò ulteriormente, non senza critiche da parte religiosa, la rigida normativa sui dhimmi (fondamentalmente ebrei e cristiani) prevista dal Patto di ‘Umàr. Tuttavia l’infamia e la crudeltà della dhimmitudine poco dopo mieterono ancora decine di migliaia di vittime innocenti attraverso l’ideologia panislamica avallata dal sultano Abdul Hamid II. Nel 1894-1896 furono infatti perseguitati e massacrati un numero di armeni che oscilla tra le 100.000 e le 300.000 persone, con un totale complessivo di bambini orfani stimato attorno ai 50.000, molti dei quali convertiti a forza all’islam. In quel frangente, inoltre, vennero uccisi circa 25.000 cristiani assiri.

I complici del massacro
Nel 1909, poi, in Cilicia vennero sterminate altre 30.000 persone. Nel corso del disastro finale, ossia il Genocidio armeno messo in atto dai Giovani Turchi e dagli assassini loro sodali nel 1915-’16, questa storia pregressa con le sue drammatiche problematiche religiose si ripropose, declinandosi, con uno iato rispetto al passato, come questione nazionalistica.

Un genocidio non lo si improvvisa, ma necessita “pratica”; inoltre servono complici, anch’essi abituati a essere aguzzini feroci. E i complici vi furono: i tedeschi. I tedeschi – e la cultura tedesca – sono coinvolti ampiamente in tutti e tre i primi genocidi del Novecento: nel primo caso, quello del popolo Herero in Africa (1904), e nel terzo – la Shoah – furono i principali ideatori, organizzatori e responsabili. Nel caso degli armeni, cooperarono con i turchi, rendendolo il più possibile “efficace” e “scientifico”.

Va premesso che, quando Gran Bretagna e Francia amministrarono i paesi islamici loro sottomessi, entrambe cercarono per lo più di strutturare forme di governo ispirate a quelle europee. Vennero così aboliti e smantellati gli istituti sociali, giuridici (corti coraniche), educativi (madrasse) e di mutuo soccorso della società islamica, vigenti colà da secoli. Questo provocò ulteriore risentimento da parte della popolazione musulmana locale, che nel frattempo, con orrore, vedeva per la prima volta iniziare a emanciparsi, e talora a prosperare, coloro da sempre considerati subalterni: ebrei e cristiani armeni, copti e assiri.

La Germania guglielmina, che pure governava alcune popolazioni islamiche – Togo, Camerun e Africa Orientale –, adattò un sistema di dominio diverso, ossia mantenne funzionanti le strutture di governo previste dall’islam. Il governo tedesco di quei territori si esercitava, cioè, attraverso il tradizionale governo islamico degli stessi. Tale attitudine tedesca (“Islampolitik”), ovviamente, era funzionale a destabilizzare gli imperi coloniali britannico e francese, in quanto mostrava ai suoi sudditi musulmani un apprezzamento dell’islam e maggiore considerazione, acuendo la rabbia popolare contro Francia, Gran Bretagna e dhimmi.

Tali dinamiche fecero sì che, se da una parte non pochi leader religiosi islamici simpatizzarono per la causa tedesca e per la politicizzazione “tedesca” dell’islam, al contempo i dipartimenti di arabistica e di islamistica fiorirono nelle università tedesche, con la creazione di mensili, biblioteche e gruppi di discussione volti al medesimo fine. Molti islamologi tedeschi appoggiarono entusiasticamente, per il “bene” e la prosperità della nazione germanica, tale politicizzazione “geneticamente modificata” dell’islam. Soltanto poche voci accademiche, ancorché molto autorevoli, si levarono nettamente contrarie a questo eccitamento politico-bellico-religioso, poiché ritennero che ciò avrebbe contribuito a creare un mostro (così il danese Christiaan Snouck Hurgronje).

Tornando anche al Genocidio armeno, non stupisce che l’11 novembre 1914 l’ottomano Urguplu Hayri (Shayk al-Islàm) abbia promulgato cinque fatwa rivolte ai musulmani di tutto il mondo di mobilitazione al jihad. Tre giorni dopo, in nome del Sultano-Califfo Mehmed V il decreto venne letto pubblicamente dinanzi alle folle nella grande Moschea Fatih di Costantinopoli. L’idea era stata concertata insieme tra leader turchi e ufficiali tedeschi. Il capo del gabinetto militare tedesco, Helmuth von Moltke, ordinò di “risvegliare il fanatismo islamico” contro i nemici della Germania. Sempre nel 1914 l’islamologo tedesco Carl Heinrich Becker, all’epoca professore a Bonn, pubblicò una brochure intitolata Deutschland und der Islam (la Germania e l’islam), in cui asseriva che l’islam era il tallone di Achille per Russia, Gran Bretagna, Francia, ravvisando in esso, da parte tedesca, un fattore ausiliario di “guerra internazionale”.

Un popolo fiero e martire
Gli armeni, popolo fiero e martire, dovettero subire nell’infuriare del Genocidio entrambi questi nemici tra loro alleati. Il Genocidio armeno fu il primo caso in cui le politiche tedesche sull’islam trovarono eco, appoggio e connivenze da parte islamica; il secondo fu la Shoah.

Se la colpa degli ebrei, a detta dei nazisti, fu l’essere nati, agli armeni, almeno formalmente, il Sultano, i Giovani Turchi e migliaia di loro sostenitori e silenti alleati lasciarono una scelta, spesso poi non rispettata: quella tra la morte e la conversione all’islam. Gli armeni, per lo più, scelsero il cristianesimo e, dunque, la morte. Il “no” corrispose al martirio di un popolo, nobile, geniale, cosmopolita, ricco di dignità, un fiero popolo cristiano. Il più antico al mondo.

La perversa attitudine turco-islamica permise la salvezza a molti bambini orfani armeni, che furono poi “turchizzati” e “islamizzati” (e spesso ridotti anche in schiavitù). Anche questo non accadde ai bambini ebrei, privati di scelta e destinati ai crematori. La turchizzazione e l’islamizzazione dei bambini armeni durante e in seguito al Genocidio è un’ulteriore pagina nera della storia, dato che vi furono orfanotrofi che i Turchi predisposero a tal fine, con violenze inaudite e pressioni psicologiche tremende. Alcuni bambini scelsero la morte anziché negare l’identità loro e dei propri padri e abiurare la fede cristiana. Infine, alle donne armene, avviate con marce della morte verso il deserto siro-iracheno, la “soluzione finale” per gli armeni, fu riservata una sorte orrenda da parte dei loro sciagurati aguzzini turchi e curdi che commisero stupri pubblici e reiterati di vecchie e di bambine, di figlie dinanzi alle madre e viceversa. Molte morirono così.

Resta un fatto, però, poco studiato e non sufficientemente compreso e apprezzato, ma decisivo: nonostante il Genocidio armeno e la Shoah, il popolo armeno è ancora grandemente credente, parimenti il popolo ebraico. Esiste l’Armenia – e il Nagorno Karabakh – ed esiste Israele.

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Parlamento turco: fischi e rimbrotti verso il deputato armeno che ricorda il genocidio /Asianews.it 23.04.16)

Ankara (AsiaNews) – Garo Paylan, deputato di origine armena del gruppo parlamentare del Partito popolare democratico (filo-curdo), ha aperto il suo discorso all’Assemblea nazionale turca (v. foto 1), pronunciando la parola “Salve” in armeno (“Parev”), riportando alla memoria del Paese il 101mo anniversario del genocidio armeno, iniziato nel 1915. Il suo discorso si è tenuto due giorni fa ad Ankara, in prossimità della giornata che ricorda il genocidio armeno, fissata per il 24 aprile.   Il genocidio ha causato lo sterminio quasi totale della popolazione armena, deportando verso i deserti siriani ed iracheni i pochi “avanzi della spada”. Grazie alla fine della Prima guerra mondiale e alla sconfitta dell’impero ottomano, i pochi sopravvissuti ricostituirono quella che oggi è la diaspora armena nel mondo. Tale diaspora è composta dai nipoti e discendenti di quei sopravvissuti – orfani e vedove scheletriti, quasi senza più sembianze umane – che ancora oggi lottano affinché la Turchia fermi la falsificazione storica ed il suo negazionismo di Stato. Ancora oggi, infatti, Il governo turco si rifiuta di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni, e questa è una delle cause di tensione tra Unione europea e Turchia, come pure con la Santa Sede. I tribunali turchi condannano al carcere fino a tre anni chiunque pronunci il genocidio armeno in pubblico.

I turchi di origine armena, gli armeni della diaspora e molti Paesi nel mondo spingono Ankara a riconoscere il “Grande Male” dello sterminio e a chiedere perdono.

Il deputato Garo Paylan ha chiesto al governo “di aprire un’indagine” relativa “all’uccisione dei 13 deputati armeni del Parlamento turco nel 1915”, assassinati nelle modalità più barbare solo perché armeni, nonostante fossero coperti da immunità parrlamentare.

“Uno ogni due cittadini in queste terre era armeno o in parte armeno” ha ricordato il deputato Garo Paylan. “Voi – ha continuato – cercate di giustificare gli avvenimenti con la scusa della guerra”.

“Ammettiamo che ci fosse stata davvero la guerra fra armeni e turchi” ha detto Paylan “ammettiamo per ipotesi che ci fossero stati alcuni armeni passati al campo russo. Che colpa ne aveva l’intera popolazione? Perché sterminare i bambini, le donne, gli anziani in zone lontane migliaia di chilometri dal confine russo-turco?”.

“Io sono qui” ha ricordato Garo Paylan “perché un vicino di casa turco ha voluto salvare nascondendo a casa sua a Malatya, mio nonno allora bambino”.

Alcuni nazionalisti turchi in aula hanno cercato di coprire l’intervento del deputato cristiano, durato 6 minuti. Ma egli continuando, ha mostrato una ad una le foto dei deputati ottomani armeni uccissi durante il genocidio del 1915 (v. foto 2):  Krikor Zohrab, deputato di Istanbul; Bedros Haladjian, deputato di Istanbul; Nazaret Daghavarian, deputato di Sivas; Garabed Pashaian, deputato di Sivas; Ohannes Seringulian, deputato di Erzurum; Onnik Tersekian, deputato di Van; Hampartsum Boyadjian, deputato di Kozan; Vahan Papazian, deputato di Van; Hagop Babikian, deputato di Terkidg; Karekin Pasdermedjian, deputato di Erzurum; Kegham Der Garabedian, deputato di Mush; Hagop Boyadjian, deputato di Terkidag;  Artin Boshgezenian, deputato di Aleppo. Di ognuno egli ha dato brevi dettagli sul loro tragico destino durante il Genocidio.

Il deputato armeno ha condannato il fatto che molte strade, piazze, scuole ed ospedali sono dedicati ai nomi dei perpetratori del Genocidio. “Potete immaginare – ha detto – di recarvi in Germania e passeggiare in una via dedicata ad Adolf Hitler?”.

Paylan non ha detto che i perpetratori hanno anche i loro mausolei su una  collina di Istanbul, dove sono sepolti come eroi.

Alla fine della presentazione, i fischi dei nazionalisti turchi, sono stati coperti da un coro di applausi da parte dei deputati curdi, e Garo Paylaan ha concluso, come aveva esordito, in lingua armena dicendo: “Azdvaz irentz Hokin Lusavore”, “Che Dio copra di luce le loro anime”. (PB)

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Turchia, deputato armeno parla del genocidio, contestato (AGI 23.04.16)

Roma – Garo Paylan, deputato di origine armena del gruppo parlamentare del Partito popolare democratico (filo-curdo), ha aperto il suo discorso all’Assemblea nazionale turca, pronunciando la parola “Salve” in armeno (“Parev”), riportando alla memoria del Paese il 101mo anniversario del genocidio armeno, iniziato nel 1915. Il suo discorso – scrive Asianews – si e’ tenuto due giorni fa ad Ankara, in prossimita’ della giornata che ricorda il genocidio armeno, fissata per il 24 aprile. Il genocidio ha causato lo sterminio quasi totale della popolazione armena, deportando verso i deserti siriani ed iracheni i pochi “avanzi della spada”. Grazie alla fine della Prima guerra mondiale e alla sconfitta dell’impero ottomano, i pochi sopravvissuti ricostituirono quella che oggi e’ la diaspora armena nel mondo. Tale diaspora e’ composta dai nipoti e discendenti di quei sopravvissuti – orfani e vedove scheletriti, quasi senza piu’ sembianze umane – che ancora oggi lottano affinche’ la Turchia fermi la falsificazione storica ed il suo negazionismo di Stato. Ancora oggi, infatti, il governo turco si rifiuta di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni, e questa e’ una delle cause di tensione tra Unione europea e Turchia, come pure con la Santa Sede. I tribunali turchi condannano al carcere fino a tre anni chiunque pronunci il genocidio armeno in pubblico. I turchi di origine armena, gli armeni della diaspora e molti Paesi nel mondo spingono Ankara a riconoscere il “Grande Male” dello sterminio e a chiedere perdono.

Il deputato Garo Paylan ha chiesto al governo “di aprire un’indagine” relativa “all’uccisione dei 13 deputati armeni del Parlamento turco nel 1915”, assassinati nelle modalita’ piu’ barbare solo perche’ armeni, nonostante fossero coperti da immunita’ parlamentare. “Uno ogni due cittadini in queste terre era armeno o in parte armeno” ha ricordato il deputato Garo Paylan. “Voi – ha continuato – cercate di giustificare gli avvenimenti con la scusa della guerra”. “Ammettiamo che ci fosse stata davvero la guerra fra armeni e turchi” ha detto Paylan “ammettiamo per ipotesi che ci fossero stati alcuni armeni passati al campo russo. Che colpa ne aveva l’intera popolazione? Perche’ sterminare i bambini, le donne, gli anziani in zone lontane migliaia di chilometri dal confine russo-turco?”. “Io sono qui” ha ricordato Garo Paylan “perche’ un vicino di casa turco ha voluto salvare nascondendo a casa sua a Malatya, mio nonno allora bambino”. Alcuni nazionalisti turchi in aula hanno cercato di coprire l’intervento del deputato cristiano, durato 6 minuti. Ma egli continuando, ha mostrato una ad una le foto dei deputati ottomani armeni uccissi durante il genocidio del 1915. Di ognuno egli ha dato brevi dettagli sul loro tragico destino durante il Genocidio.

Il deputato ha condannato il fatto che molte strade, piazze, scuole ed ospedali sono dedicati ai nomi dei perpetratori del Genocidio. “Potete immaginare – ha detto – di recarvi in Germania e passeggiare in una via dedicata ad Adolf Hitler?”. Paylan non ha detto che i perpetratori hanno anche i loro mausolei su una collina di Istanbul, dove sono sepolti come eroi. Alla fine della presentazione, i fischi dei nazionalisti turchi, sono stati coperti da un coro di applausi da parte dei deputati curdi, e Garo Paylaan ha concluso, come aveva esordito, in lingua armena dicendo: “Azdvaz irentz Hokin Lusavore”, “Che Dio copra di luce le loro anime”. (AGI)

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Armenia-Azerbaigian, Lavrov: Dichiarazioni Turchia su Nagorno-Karabakh non aiutano pace (Il Velino 22.04.16)

Le dichiarazioni da parte della Turchia sulla crisi nel Nagorno-Karabakh non stanno aiutando la situazione e suonano come una chiamata alla guerra. È quanto ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. “Credo che le dichiarazioni che sono state espresse dalle bocche della leadership turca siano assolutamente inaccettabili per una semplice ragione: sono chiamate non per la pace, ma per la guerra. Si tratta di dichiarazioni per risolvere il conflitto usando la forza militare. Questo contraddice le posizioni dei co-presidenti del gruppo di Minsk dell’Osce e le radici della comunità globale”, ha detto Lavrov.

Statements by Turkey on the crisis in Nagorno-Karabakh are not helping the situation and sound like calls to war, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov said Friday. “I believe that the statements that were voiced from the mouths of the Turkish leadership are absolutely unacceptable for one simple reason: these were calls not for peace, but for war. These were calls to solving the conflict using military force. This contradicts the positions of the co-chairs of the OSCE Minsk group’s position at the roots and at the roots of the global community,” Lavrov said in the Armenian capital.

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Russia, Lavrov accusa Ankara di pressioni per soluzione di forza nel Nagorno-Karabakh (Sputniknews.com 22.04.16)

Le dichiarazioni della Turchia a sostegno dell’Azerbaigian sulla questione del Nagorno-Karabakh sono totalmente inaccettabili e sono di fatto un appello alla guerra, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.

“Credo che le dichiarazioni fatte pervenire della leadership turca siano assolutamente inaccettabili per una semplice ragione: non erano un appello per la pace, ma per la guerra. Spingono per una risoluzione del conflitto con l’uso della forza”, — ha affermato in una conferenza stampa dopo l’incontro con il capo della diplomazia armena Eduard Nalbandian.

“Fondamentalmente contraddice la posizione del gruppo di Minsk dell’OSCE e la posizione della comunità internazionale. Ma purtroppo siamo abituati a questi funambolismi dell’attuale leadership turca,” — Lavrov ha aggiunto.

La situazione nella regione caucasica del Nagorno-Karabakh è bruscamente peggiorata nella notte del 2 aprile. Ci sono stati degli scontri con l’uso di aviazione e artiglieria. Le parti in conflitto si sono accusate a vicenda di aver violato l’armistizio del 1994. Il 5 aprile è stato annunciato che l’Armenia e l’Azerbaigian hanno concordato un cessate il fuoco.

Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/politica/20160422/2529989/Azerbaigian-Armenia-Caucaso-Turchia.html#ixzz46eovPgEK


Russia-Armenia: ministro Esteri russo Lavrov ad Erevan, Mosca sosterrà proposte armene in campo difesa
Mosca, 22 apr 14:43 – (Agenzia Nova) – Mosca ed Eravan coordineranno i rispettivi approcci all’integrazione nelle organizzazioni internazionali del’area euro-atlantica. Lo ha dichiarato in conferenza stampa il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, in occasione dell’incontro avvenuto oggi a Erevan con l’omologo armeno, Edward Nalbandian. “Su questioni regionali e internazionali le nostre posizioni sono quasi identiche. Abbiamo deciso di rafforzare il coordinamento della politica estera nella Onu, nell’Osce, nel Consiglio d’Europa, nella Organizzazione per la cooperazione economica nel Mar Nero, e in altri formati. Ci sarà uno stretto coordinamento sui nostri rispettivi approcci ai processi di integrazione in Europa e in tutta l’area euro-atlantica. Stiamo parlando di problemi di sicurezza, collettiva e sicurezza indivisibile”, ha dichiarato il ministro russo, secondo quanto riferito in un comunicato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri.


Armenia-Azerbigian, Lavrov a Yerevan per colloqui sul Nagorno-Karabakh (Il Velino 22.04.16)

Sono previsti per oggi una serie di colloqui del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov con il presidente armeno Serzh Sargsyan e il ministro degli Esteri armeno Edward Nalbandian. Il tema principale dei colloqui sarà il conflitto nel Nagorno-Karabakh. Secondo il ministero degli Esteri russo, Lavrov porterà nuove proposte su cui lavorare a Yerevan per porre fine al conflitto cominciato con le violenze nella regione separatista dell’Azerbaigian intensificatesi all’inizio di questo mese. Hikmet Hajiyev, portavoce del ministero degli Esteri dell’Azerbaigian, ha detto ieri che una soluzione politica al conflitto del Nagorno-Karabakh è possibile con l’attuazione delle quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1993 sul ritiro delle truppe armene dalle zone contese. L’Armenia ha sostenuto che la dichiarazione dell’Azerbaigian tentano di gettare la colpa sull’escalation di violenza su Yerevan che ha minacciato di destabilizzare ulteriormente la situazione nella regione. Il ministero degli Esteri russo ha detto in una dichiarazione ieri che due accordi di cessate il fuoco firmati tra Azerbaigian e Armenia nel 1995 e 1996 costituiscono il fondamento della cessazione delle ostilità nella regione autoproclamata del Nagorno-Karabakh.

Russian Foreign Minister Sergei Lavrov will hold talks with Armenian President Serzh Sargsyan and Armenian Foreign Minister Eduard Nalbandyan on Friday. The main topic of the talks will be the Nagorno-Karabakh conflict. According to the Russian Foreign Ministry, Lavrov is bringing new worked-out proposals on the issue to Yerevan. The Nagorno-Karabakh conflict began in 1988, when the autonomous region with a predominantly Armenian population sought to secede from the Azerbaijan Soviet Socialist Republic. The region proclaimed independence when the Soviet Union collapsed in 1991, triggering a war that lasted until a Russia-brokered ceasefire in 1994. Violence in Azerbaijan’s breakaway region escalated early this month. Baku and Yerevan have accused each other of provoking hostilities. A ceasefire was achieved on April 5, following days of clashes that led to numerous casualties on both sides. Hikmet Hajiyev, spokesman for Azerbaijan’s Ministry of Foreign Affairs, said on Thursday that a political settlement of the Nagorno-Karabakh conflict is possible with the implementation of four 1993 UN Security Council resolutions calling for the withdrawal of Armenian troops from disputed areas. Armenia argued that Azerbaijan’s statement attempts to lay blame for the April 2 escalation of violence on Yerevan, and that it threatened to further destabilize the situation in the region. The Russian Foreign Ministry said in a Thursday statement that two ceasefire agreements signed between Azerbaijan and Armenia in 1995 and 1996 form the foundation of cessation of hostilities in the self-proclaimed Nagorno-Karabakh region.

Genocidio armeno, Obama: ricordiamo la prima atrocità di massa del 20esimo secolo (Il Velino 22.04.16)

Gli Stati Uniti onorano la memoria degli armeni che hanno subito il massacro da parte delle autorità turche ottomane nel 1915. Lo ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “Oggi ricordiamo solennemente la prima atrocità di massa del 20esimo secolo – il Medz Yeghern armeno – quando un milione e mezzo di armeni sono stati deportati, massacrati e condotti verso la morte negli ultimi giorni dell’impero ottomano”, ha dichiarato Obama. Il presidente ha sottolineato che gli Stati Uniti stanno con il popolo armeno e ha espresso gratitudine alla nazione per aver accolto quasi 17mila profughi siriani. “In un momento di agitazione regionale nel sud dell’Armenia, ringraziamo le popolazioni dell’Armenia per aver aperto le braccia ai rifugiati siriani”, ha detto Obama. Ankara rifiuta di riconoscere il massacro come genocidio, sostenendo che anche i cittadini turchi sono stati vittime del massacro.

The United States honors the memory of Armenians who suffered during the massacre by the Ottoman Turkish authorities in 1915, US President Barack Obama said in a statement on Friday. “Today we solemnly reflect on the first mass atrocity of the 20th century – the Armenian Meds Yeghern -when one and a half million Armenian people were deported, massacred, and marched to their deaths in the final days of the Ottoman empire,” Obama stated. The president underscored that the United states stands with the Armenian people and expressed gratitude to the nation for welcoming nearly 17,000 Syrian refugees. “At a moment of regional turmoil to Armenia’s south, we also thank the people of Armenia for opening their arms to Syrian refugees,” Obama said. The Armenian genocide was a series of mass killings and starvation ordered by the Ottoman government during and after World War I. Ankara refuses to recognize the massacre as genocide, claiming that Turkish nationals were also victimized.

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Obama non mantiene promessa di riconoscere genocidio armeno Oggi aveva ultima occasione. Critici: ‘subisce veto Erdogan’

(ANSA) – WASHINGTON, 22 APR – Ormai alla fine del suo secondo mandato, Barack Obama non onora una delle promesse chiave della sua campagna presidenziale nel 2008, ossia quella di riconoscere ufficialmente il genocidio degli armeni, quando un secolo fa almeno 1,5 milioni di loro furono uccisi dai turchi ottomani. Anche oggi, infatti, in occasione della sua ultima dichiarazione per il giorno della memoria armeno, ha definito il massacro come ”la prima atrocita’ di massa del XX secolo”, come si legge in una nota della Casa Bianca, ma non ha usato la parola genicidio. Definizione che invece aveva utilizzato prima di arrivare alla presidenza, quando in campagna elettorale aveva sostenuto che il governo americano aveva la responsabilita’ di riconoscere il massacro come genocidio. E aveva promesso di farlo, se eletto alla Casa Bianca. Samantha Power, uno dei suoi collaboratori principali nella prima corsa verso la presidenza ed ora ambasciatrice Usa all’Onu, aveva addirittura diffuso un video di cinque minuti chiedendo agli americani di origine armena di votare per Obama sbandierando proprio quell’impegno.

Una delusione per la numerosa comunita’ armena, per i suoi rappresentanti americani e anche per molti parlamentari Usa, che accusano il presidente di aver ceduto al diktat della Turchia, alleato Nato prezioso ora nella lotta all’Isis e nella gestione dell’emergenza migranti ma fermamente contrario alla tesi e alla definizione di genocidio. ”E’ un veto del governo turco sulla politica americana”, sostiene Aram Hamparian, capo del comitato nazionale armeno d’America. ”E’ come se Erdogan (il presidente turco, ndr) imponesse la legge del bavaglio in modo molto pubblico e il presidente americano rispettasse questa regola”, ha aggiunto. Obama non sembra l’unico leader attento a non offendere Ankara per non aumentare le tensioni in un momento cosi’ delicato sullo scacchiere internazionale. Anche la cancelliera Angela Merkel e’ stata oggetto di forti critiche per averautorizzato l’inchiesta nei confronti di Jan Boehmermann, autore di una poesia satirica nei confronti di Erdogan.

Finora il genocidio armeno e’ stato riconosciuto dal parlamento europeo, dalla Francia, dalla Russia e da un’altra ventina di Paesi. Anche il Papa lo ha riconosciuto lo scorso anno alla vigilia del centenario della ricorrenza, definendolo ”il primo genocidio del XX secolo”.(ANSA).

Genocidio armeno, la RAI ci ripensa. (Lastampa 22.04.16)

marco tosatti

22/04/2016

 La RAI ha reinserito nel palinsesto il documentario sul Genocidio degli Armeni inizialmente previsto per sabato 16 aprile, alle 22.30, sul Canale Rai Storia e inspiegabilmente “scomparso”. Il documentario verrà trasmesso, sempre su Rai Storia, alle 23.00 di domenica 24 aprile.

Il 24 aprile è il giorno in cui gli armeni di tutto il mondo ricordano l’inizio del Genocidio, il primo del secolo XX, che in lingua armena viene chiamato “Metz Yeghèrn”, il Grande Male. Dopo la cancellazione del documentario sabato scorso, la Rai aveva ricevuto molte proteste e richieste di chiarimenti. Il Consiglio della Comunità armena di Roma aveva interessato anche la Commissione di Vigilanza sulla Rai.

Il Genocidio, commesso a partire dal 1915 dal governo turco dell’epoca in tutto l’impero ottomano, e che ha causato secondo molte fonti almeno un milione e mezzo di vittime, fra uomini, donne e bambini, è un tema delicato per la Turchia. Il governo di Ankara mette in atto una politica negazionista molto attiva nei confronti di governi e di privati cittadini. Giornalisti e studiosi che difendono l’esistenza del Genocidio, contro la tesi ufficiale, corrono rischi gravi. L’ipotesi era che la Turchia avesse fatto pressione sulla Rai per la non messa in onda del documentario. Un’ipotesi non accertata, ma più che plausibile.

Il documentario, “Il genocidio armeno” realizzato da Andrew Goldberg per la Pbs, è la storia completa del genocidio armeno e presenta interviste con studiosi di fama, tra cui molti di origine turca, come Peter Balakian, Samantha Power, Ron Suny, Taner Akcam, Halil Berktay e Israele Charny. È raccontato da Julianna Margulies e comprende narrazioni storiche di Ed Harris, Natalie Portman, Laura Linney e Orlando Bloom.

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Contro l’indifferenza: dal genocidio armeno alle persecuzioni di oggi (Resegoneonline 22.04.16)

“Sono passati 100 anni dall’inizio del Genocidio armeno, ma le foto scattate da Armin Wegner a testimonianza dello sterminio sono praticamente identiche a quelle di molti uomini, donne e bambini di oggi in Medio Oriente, costretti a lasciare le proprie case, inseguiti e barbaramente uccisi. Il mondo 100 anni fa è stato in silenzio, ha guardato altrove. E noi non vogliamo che questo riaccada anche oggi” con queste parole ha esordito la liceale Sofia Walters ieri sera in sala don Ticozzi, presentando la genesi dell’incontro “Genocidio armeno. Persecuzioni di oggi” promosso dal Liceo Leopardi di Lecco.

In sala 200 persone che, commosse, hanno sentito la testimonianza dell’armena Marina Mavian, presidentessa delle Casa Armena Hay Dun , che ha raccontato il dolore del suo popolo. Un popolo di grande fede, che a causa dei panturchisti “Giovani Turchi”, non solo ha dovuto subire un atroce sterminio, ma ancora oggi deve sopportare il negazionismo di alcuni Paesi: “ma la verità sta sempre più venendo a galla” racconta Mavian “molte nonne turche in punto di morte svelano alle nipoti di essere state bambine armene, islamizzate a forza. Alcuni intellettuali, a costo della loro stessa libertà, denunciano la verità”.

E oggi? Andrea Avveduto, collaboratore di Avvenire, tornato di recente dalla Siria, racconta di un Paese devastato (si contano almeno 170.000 morti), ma non annichilito. “Molta gente ha perso i propri cari, non ha più un lavoro e le condizioni di vita sono durissime. Ad Aleppo solo un terzo della città non è nelle mani degli Islamisti. Luce e acqua arrivano solo per 3 ore al giorno e si vive sotto il pericolo costante di bombardamenti. La gente ha paura, sempre. Ma dentro questo orrore ci sono dei luoghi incredibili: come il convento francescano, un centro di accoglienza che permette a chi arriva di non sentirsi abbandonato. Il sentirsi voluti bene, l’amicizia vera che sta nascendo anche tra persone di religioni diverse non toglie la paura, ma cambia lo sguardo. E ritengo che solo questo sguardo di misericordia possa davvero cambiare la storia”.

Giorgio Riva, studente del Liceo, ha chiuso l’incontro ringraziando i relatori “per aver testimoniato come l’unico sguardo umano sia quello desideroso di guardare in faccia ciò che sta accadendo, combattendo l’indifferenza”.

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In memoria del genocidio armeno: l’onorificenza al merito a Pietro Kuciukian (Secolo Trentino 22.04.16)

«Per la sua opera instancabile a favore dei Giusti e a memoria del genocidio del popolo Armeno». Così recita l’epigrafe dell’onorificenza al merito della città di Arco che la Giunta comunale ha riconosciuto, nella seduta di martedì 19 aprile, a Pietro Kuciukian, nativo di Arco e oggi console onorario di Armenia. La cerimonia di consegna s’è svolta nella serata di giovedì 21 aprile a palazzo Marcabruni-Giuliani, nell’àmbito delle celebrazioni a memoria del genocidio armeno, presenti per l’Amministrazione comunale il sindaco Alessandro Betta, l’assessore alla cultura Stefano Miori e parte della Giunta, nonché la responsabile dell’Ufficio cultura Giancarla Tognoni.

Console_09Pietro Kuciukian (che alla cerimonia era accompagnato dalla moglie Anna Maria Samuelli), è medico chirurgo ed è nato ad Arco il 18 gennaio del 1940; oggi vive e lavora a Milano. Il padre venne in Italia da Istanbul nel 1915, durante il genocidio degli Armeni perpetrato dal governo dei Giovani Turchi. Come il padre prima di lui, ha studiato al collegio dei Mechitaristi di Venezia dove ha appreso la lingua armena. Dopo il terremoto in Armenia del 1988, si è recato nelle zone sinistrate ad aiutare i connazionali. Ha lavorato all’installazione di un ambulatorio medico a Spitak e di due scuole a Stepanavan (città della quale ha ricevuto la cittadinanza onoraria).

Console_10Ha pubblicato a Venezia nel 1991 i volumi “Terre dimenticate” e “Nel paese delle pietre urlanti”. Ha curato il volume di Raffaele Gianighian, un sopravvissuto al genocidio del 1915, “Khodorciur” (Venezia, 1992). Ha pubblicato nel 1994 “Le terre di Nairì. Viaggi in Armenia”, nel 1996 “Viaggio fra i cristiani d’oriente. Comunità armene in Siria e in Iran”, nel 1996 il catalogo bilingue “Armin T.Wegner e gli Armeni in Anatolia, 1915″. Ha tradotto in italiano gli scritti del Khatolicos armeno Karekin I “Identità della Chiesa armena”, edito a Bologna nel 1998. Il suo volume “Dispersi. Viaggio fra le comunità armene nel mondo” (Guerini, 1998) analizza nell’ultimo capitolo la problematica della memoria e dell’oblio anche in rapporto al genocidio ebraico (la seconda edizione è del 1999). Nel novembre del 2000 ha pubblicato il libro “Voci nel deserto. Giusti e testimoni per gli Armeni”, che raccoglie una serie di profili di giusti, la cui opera fu essenzialmente di testimonianza e di denuncia, tanto più importante se si pensa che fino ad oggi sul genocidio degli armeni continua a gravare il silenzio della Turchia. Con questo libro l’autore ha vinto il Premio S. Vidal a Venezia per il dialogo fra i popoli e le religioni.

Ha fondato, assieme a Gabriele Nissim, il Comitato Foresta dei Giusti “Gariwo” (con sede a Milano) che nel dicembre del 2000 ha promosso a Padova il convegno internazionale ”Si può sempre dire un sì o un no. I giusti contro i genocidi degli armeni e degli ebrei”, e nel dicembre del 2003 a Milano il convegno internazionale “I Giusti nel Gulag. Il valore della resistenza morale al totalitarismo sovietico”. Nel 2003 ha pubblicato “Giardino di tenebra, viaggio in Nagorno Karabagh” nel quale alterna impressioni di viaggio a storie di conflitti che si perdono nel tempo, a descrizioni di distruzioni e devastazioni, a incontri occasionali in luoghi dove la natura è incontaminata e la vita non risulta essere il bene più prezioso.

Console_06Nel gennaio del 2003 gli è stato conferito dal Comune di Milano l’Ambrogino d’oro per l’attività nella ricerca dei “Giusti per gli Armeni”. Gli è stata dedicata una targa, e un albero è stato piantato nel viale dei Giusti sul monte Stella di Milano.

Nel febbraio del 2007 è uscito, sempre per la collana armenistica di Guerini, il volume “La terza Armenia. Viaggio nel Caucaso post-sovietico”, itinerario nelle terre di frontiera del Giavakh, il sud della Georgia, regione tormentata da tensioni e conflitti latenti che serpeggiano nella difficile realtà dell’era post-sovietica. “Il viaggio di Kuciukian”, scrive Guido Olimpio nella prefazione, “suscita speranze ma anche inquietudini. Sembra scritto da qualche parte che gli armeni – o almeno una parte di loro – non debbano avere certezze”.

Con decreto del Ministero degli Affari Esteri del 16 marzo 2007 Pietro Kuciukian è stato nominato Console onorario della Repubblica di Armenia in Italia, titolare dell’ufficio consolare di Milano. Nel 2009 ha ricevuto la cittadinanza onoraria della città di Spitak. E’ membro del consiglio internazionale dei probiviri che ogni anno assegna il Premio del Presidente dell’Armenia alla migliore opera riguardante il genocidio armeno. Il comitato “Gariwo, la foresta dei Giusti”, di cui è cofondatore con l’attuale presidente Gabriele Nissim, ha proposto all’Unione Europea di istituire una Giornata europea dei Giusti per tutti i genocidi, accettata dal Parlamento europeo e fissata per il 6 marzo di ogni anno.

Console_01Ha curato l’edizione italiana del volume “La tragedia di Sumgait, 1988.Un pogrom di Armeni nell’Unione Sovietica” di Samuel Shahmuradian, pubblicato nel 2012 dall’editore Guerini. Nel 2013 è stato tradotto in armeno da Lilit Melikian e Gaghik Baghdassarian il volume di Kuciukian “Dispersi” , pubblicato a Yerevan con il titolo “Sprvazner”.

La cerimonia s’è aperta con il salto del sindaco che ha letto la motivazione dell’onorificenza: «Pietro Kuciukian – ha letto Alessandro Betta – è persona straordinaria perché ha saputo trasformare una tragica esperienza di dolore e di esilio, propria di un intero popolo, nello stimolo a creare qualcosa di positivo, di esemplare. Pur avendo sperimentato, attraverso la storia della sua stessa famiglia, la brutalità del genocidio del 1915 e le conseguenze fatte di sradicamento e di diaspora, non si è limitato nella sua esperieza e nella sua azione, a parlare della tragedia o a rivendicare semplicemente i diritti calpestati nel corso della storia: egli è riuscito a trasformare questa terribile vicenda, che è la memoria collettiva di un intero popolo ed anche un esempio oggettivo di numerose tragedie del Novecento, in una occasione di crescita e di miglioramento, decidendo di parlare degli esempi positivi che all’interno di questa tragedia si possono contare. L’esperienza di Gariwo, il giardino dei Giusti, è la concretizzazione di un sentimento esemplare e rimarchevole di come sia necessario ed opportuno guardare al futuro, pur ricordando il passato. E che il futuro può trovare nel passato non solo l’esempio di che cosa evitare, ma anche storie bellissime e persone meraviglose che hanno saputo resistere, fare del bene, impegnarsi contro le ingiustizie e contro il terrore. L’azione intrapresa ha un duplice valore. Infatti, oltre che stimolo a possedere una coscienza civica e insegnamento di come sia possibile sempre opporsi al male e all’ingiustizia, la creazione di Gariwo e tutte le iniziative (letterarie e storiche) che documentano l’esistenza di queste straordinarie storie di persone Giuste, sono un atto di riconoscimento e di ringraziamento per coloro che si sono generosamente impegnati, a volte a costo della vita, e sempre correndo grandi rischi, nel far trionfare ciò che è giusto, ciò che è buono. L’onorificenza inoltre vuole celebrare il legame che Pietro Kuciukian ha mantenuto con Arco, sua città natale, nonostante la vita professionale e familiare lo abbia condotto a vivere lontano da qui; questo legame onora la città di Arco, che quindi desidera ricambiare il privilegio di essere luogo di origine di una personalità così insigne, attraverso la concessione di questa onorificenza».

Console_03«La città di Arco – ha proseguito il sindaco – intende esprimere gratitudine per l’affetto che Pietro Kuciukian ha sempre dimostrato per la sua terra natale, ma soprattutto intende lodare il suo operato instancabile per aver proposto, sia con la creazione di Gariwo, il Giardino dei Giusti, sia con i suoi scritti e le sue conferenze, una lettura della storia che rende merito alle persone che hanno agito secondo giustizia ed equità anche nei momenti più bui del passato, ed in particolare per l’opera di informazione relativa alla vicenda del genocidio degli Armeni del 1915, vissuto direttamente dalla sua famiglia. Particolarmente encomiabile, fra le numerose iniziative e attività svolte, quanto fatto a favore delle giovani generazioni e nelle scuole per insegnare che c’è sempre la possibilità di far valere la giustizia e la solidarietà umana».

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Arco, un albero per ricordare il genocidio degli Armeni (Corriere delle Alpi 22.04.16)

RAI censura genocidio armeno (Lastampa.it 22.04.16)

Sabato scorso sul canale “Rai storia” avrebbe dovuto andare in onda un documentario sul Genocidio Armeno (Metz Yeghèrn, il Grande Male in armeno) compiuto a partire dal 24 aprile 1915 dal governo turco nei confronti della numerosa minoranza cristiana dell’Impero ottomano. Un milione e mezzo di uomini, donne e bambini furono massacrati nel primo genocidio “statale” del secolo XX, modello precursore della Shoah.

L’azienda stessa aveva annunciato l’evento con un comunicato di lancio. Ma, inspiegabilmente, il documentario non è mai stato trasmesso.

E, ancora più inspiegabilmente, non hanno avuto nessuna risposta le e-mail e le telefonate con cui i telespettatori chiedevano ragione alla Rai del cambiamento di programma.

Il Consiglio della Comunità armena di Roma una spiegazione possibile e plausibile ce l’ha. Il governo turco da sempre compie un’attiva opera di negazionismo verso i Paesi, gli enti e anche i privati che affrontano l’argomento del Genocidio Armeno e delle altre minoranze cristiane (Assiri e Greci) durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Facendo pressioni e arrivando anche a minacciare ritorsioni sul piano economico, politico e diplomatico.

Quando Papa Francesco prese posizione chiaramente sull’argomento, Erdogan richiamò per vari mesi l’ambasciatore turco presso la Santa Sede.

E’ molto probabile che analoghe pressioni siano state esercitate in occasione della messa in onda del documentario. E’ straordinario però che il servizio pubblico italiano, alla cui guida è una collega giornalista, Monica Maggioni, si pieghi alle richieste di uno Stato in cui la deriva autoritaria e anti-democratica, in particolare nei confronti dei giornalisti e dell’informazione sta raggiungendo livelli mai conosciuti prima.

La Turchia è agli ultimi posti – insieme al suo grande alleato Azerbaijan – nella classifica stilata di recente da Reporters Sans Frontières. Dopo questo episodio di autocensura del servizio pubblico non stupisce che anche l’Italia possa vantare (?) un 77° posto nella classifica della libertà di informazione mondiale.

“Il Consiglio per la comunità armena di Roma, alla vigilia della Giornata della memoria (24 aprile, a Roma sarà ricordata con una manifestazione al Pantheon alle ore 15), si ritiene profondamente sconcertato dalla vicenda e rinnova alla Rai ed all’organo di Vigilanza la richiesta di chiarimenti oltre che l’invito a fornire al pubblico un’adeguata informazione sull’argomento”.

Il Consiglio ha informato dell’accaduto la Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi “per gli opportuni passi che vorrà intraprendere”.

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La Rai “censura” il genocidio armeno: pressioni turche? (Opinione Pubblica 22.04.16)

COMUNICATO STAMPA – LA SICILIA RICONOSCE IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI

LA SICILIA RICONOSCE IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI

Ieri 20 aprile 2016  l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato all’unanimità la mozione che riconosce il Genocidio del popolo armeno. Il riconoscimento da parte dell’ARS giunge a tre giorni dal 101° anniversario di quei tragici fatti (24 aprile 1915). Il Governo della Regione siciliana si impegna così a promuovere d’intesa, con il Governo Nazionale, iniziative per ricordare il Genocidio degli Armeni e a diffonderne i fatti storici.

Ha dichiarato il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone: “L’approvazione della mozione è una testimonianza di amicizia nei confronti di un popolo al quale ci legano antichi rapporti di fraternità e scambi culturali. Ma è anche un contributo alla ricerca di una verità storica che per troppo tempo è stata negata e che, ancora oggi, si vuole occultare. Già nello scorso di mese novembre, in occasione della sua visita a Palermo, avevo manifestato all’ambasciatore armeno in Italia, Sargis Ghazaryan, la vicinanza e la solidarietà dei siciliani per la difesa dei loro diritti inviolabili e per il riconoscimento di quello che è stato il primo genocidio del XX secolo.”

25.11.2015 ARS Pres_Ardizzone incontra Amb_GhazaryanMolto soddisfatto anche l’Ambasciatore armeno in Italia Sargis Ghazaryan che ha voluto subito ringraziare i promotori della mozione gli onorevoli Cordaro, D’Asero, Papale e Grasso, il Presidente Ardizzone e tutta l’Assemblea Regionale Siciliana per aver scritto una nuova pagina di storia nei rapporti Sicilia Armenia.

“Quando ho incontrato il Presidente Ardizzone ero sicuro che la nostra storia comune, che risale al X secolo, avrebbe proseguito il suo percorso di amicizia, collaborazione e condivisione di valori.” Ha poi aggiunto: “Oggi la Sicilia si è unita a quel coro di città, regioni, stati, organizzazioni internazionali che lavorano proattivamente alla prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità. La cultura della pace, della democrazia e del principio dell’autodeterminazione dei popoli, citati nella mozione, devono essere continuamente e risolutamente affermati, soprattutto in un momento come quello attuale che li vede messi a repentaglio con la forza delle armi, in vari angoli del mondo, così come sta accadendo in Nagorno Karabakh.”

Testo della mozione

La Sicilia riconosce il genocidio degli armeni (Spondasud.it 21.04.16)

L’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato all’unanimità la mozione che riconosce il Genocidio del popolo armeno. Il riconoscimento da parte dell’ARS giunge a tre giorni dal 101° anniversario di quei tragici fatti (24 aprile 1915). Il Governo della Regione siciliana si impegna così a promuovere d’intesa, con il Governo Nazionale, iniziative per ricordare il Genocidio degli Armeni e a diffonderne i fatti storici.

Ha dichiarato il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone: “L’approvazione della mozione è una testimonianza di amicizia nei confronti di un popolo al quale ci legano antichi rapporti di fraternità e scambi culturali. Ma è anche un contributo alla ricerca di una verità storica che per troppo tempo è stata negata e che, ancora oggi, si vuole occultare. Già nello scorso di mese novembre, in occasione della sua visita a Palermo, avevo manifestato all’ambasciatore armeno in Italia, Sargis Ghazaryan, la vicinanza e la solidarietà dei siciliani per la difesa dei loro diritti inviolabili e per il riconoscimento di quello che è stato il primo genocidio del XX secolo.”

Molto soddisfatto anche l’Ambasciatore armeno in Italia Sargis Ghazaryan che ha voluto subito ringraziare i promotori della mozione gli onorevoli Cordaro, D’Asero, Papale e Grasso, il Presidente Ardizzone e tutta l’Assemblea Regionale Siciliana per aver scritto una nuova pagina di storia nei rapporti Sicilia Armenia.

“Quando ho incontrato il Presidente Ardizzone ero sicuro che la nostra storia comune, che risale al X secolo, avrebbe proseguito il suo percorso di amicizia, collaborazione e condivisione di valori.” Ha poi aggiunto: “Oggi la Sicilia si è unita a quel coro di città, regioni, stati, organizzazioni internazionali che lavorano proattivamente alla prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità. La cultura della pace, della democrazia e del principio dell’autodeterminazione dei popoli, citati nella mozione, devono essere continuamente e risolutamente affermati, soprattutto in un momento come quello attuale che li vede messi a repentaglio con la forza delle armi, in vari angoli del mondo, così come sta accadendo in Nagorno Karabakh.”

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