Armeni, Speranzon (FdI): “Non dimenticare il loro genocidio” (Istituzioni24 23.04.24)

“Il 24 aprile del 1915 è una data che in molti non conoscono, ricorre il primo genocidio del ‘900 che è quello del popolo armeno. Venezia, la mia città, ha un profondo legame con quel popolo, vittima dell’ideologia panturchista messa in atto dal popolo ottomano che costò la vita a un milione e mezzo di armeni, i due terzi di quel popolo che fu costretto dai turchi alle marce della morte mentre molti bambini furono costretti alla islamizzazione. Ricordare lo sterminio del popolo armeno è un dovere cui mi sento di richiamare tutti affinché questa pagina di storia non cada nell’oblio collettivo”.

Lo dichiara in aula il vicepresidente vicario di Fratelli d’Italia in Senato, Raffaele Speranzon.

Se c’è un genocidio meno genocidio (Corriere della Sera 23.04.24)

«La Jemiet», cioè l’Assemblea, «ha deciso di salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza maledetta e di prendersi carico sulle proprie spalle patriottiche della macchia che oscura la storia ottomana. La Jemiet, incapace di dimenticare tutti i colpi e le vecchie amarezze, ha deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo nemmeno uno». Centonove anni dopo quell’infame dichiarazione di intenti del Comitato di Unione e Progresso e la spaventosa esecuzione sistematica del progetto, la Giornata del Ricordo del Genocidio Armeno si celebra oggi tra due paradossi. Il primo è che il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che ringhiosamente rifiuta di riconoscere come un genocidio la mattanza di circa un milione e mezzo di armeni e intimidisce chi osa farlo (perfino Barack Obama dopo la sua elezione rinunciò a rispettare la promessa fatta in campagna elettorale) loda la cacciata della minoranza armena dalla loro patria millenaria del Nagorno- Karabakh («Ci ha reso orgogliosi che l’Azerbaigian abbia portato avanti l’operazione militare in tempi brevi e col massimo rispetto per i civili») e bolli senza il minimo distinguo gli eccessi di Israele nelle reazioni alla mattanza antisemita del 7 ottobre: «Siamo testimoni di una delle più grandi barbarie di questo secolo. Ottenuta carta bianca dai Paesi occidentali il governo israeliano di Netanyahu sta mettendo in atto un genocidio sotto gli occhi di tutti». Una tesi ribadita più volte in questi mesi con un esplicito appoggio ad Hamas quale movimento di «patrioti» (ruolo negato ai patrioti armeni del Karabakh) senza una critica agli eccidi del 7 ottobre dei fanatici islamici.

Il secondo paradosso, però, è l’impossibilità di dimenticare che sul tema anche Gerusalemme (con cui l’Armenia litigò nel 2020 ritirando l’ambasciatore con l’accusa a Israele d’aver venduto armi all’Azerbaigian) non è stato cristallino. E se ora rinfaccia a Erdogan d’aver sempre negato il genocidio armeno, ancora nel giugno 2018 la Knesset scelse di sospendere l’iter parlamentare sulla legge per il riconoscimento della mattanza di un secolo fa come genocidio. Lo fece, fu spiegato, per «non aiutare» il leader turco allora in campagna elettorale. E poi per non turbare i rapporti che stavano migliorando. Fatto è che le vittime della Shoah, purtroppo, il passo finale per il riconoscimento ufficiale del genocidio armeno non l’hanno ancora compiuto. Della serie c’è genocidio e genocidio…

Armenia e Azerbaigian opposti da battaglie giuridiche, mentre cercano di fare la pace (Scenari Economici 23.04.24)

L’Armenia e l’Azerbaigian sono impegnati in un contorto processo di pace nel Caucaso, ma sono ancora invischiati in un’aspra battaglia all’Aia.

Nel corso di diversi giorni di udienze a metà aprile, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (ICJ), che ha sede presso la sede del governo olandese, ha valutato i meriti di una mozione dell’Azerbaigian che sostiene che la ICJ non ha giurisdizione su una causa di tre anni fa intentata dall’Armenia.

La causa chiede che l’Azerbaigian venga giudicato per una serie di crimini di guerra, tra cui la fomentazione dell’odio verso gli armeni che ha portato a numerosi omicidi e al tentativo sistematico di cancellare le vestigia della cultura armena nel Nagorno-Karabakh, che Baku ha riconquistato l’anno scorso. L’acquisizione ha comportato l’espulsione di massa di oltre 100.000 armeni del Karabakh dal territorio.

Nel sollecitare la Corte a procedere con il caso, l’agente dell’Armenia presso l’ICJ, Yeghishe Kirakosyan, ha caratterizzato l’aggressione dell’Azerbaigian come un’aggressione a sfondo razziale. “Non c’è esempio migliore di discriminazione razziale, che turba la pace e la sicurezza, delle recenti aggressioni armate dell’Azerbaigian, che hanno portato alla pulizia etnica di tutto il Nagorno-Karabakh”, ha detto Kirakosyan il 16 aprile.

Un giorno prima, l’Azerbaigian ha chiesto l’archiviazione, sostenendo che il caso non rientrava nel mandato della CIG, adducendo un cavillo.

Poco dopo che l’Armenia ha presentato la sua causa alla CIG nel 2021, l’Azerbaigian ha presentato una causa simile contro Yerevan. Potrebbero volerci anni prima che questi casi si svolgano presso l’ICJ. Nel frattempo, il tribunale ha emesso diverse ingiunzioni, tra cui una sentenza emessa lo scorso autunno, secondo la quale i rifugiati armeni che erano stati ripuliti dal Karabakh avevano il diritto di tornare “in modo sicuro, senza ostacoli e rapido”, se lo desideravano.

In uno sviluppo separato, un gruppo di difesa dei diritti con sede in California ha presentato una petizione alla Corte Penale Internazionale (CPI), anch’essa con sede a L’Aia, documentando il 18 aprile i crimini di guerra dell’Azerbaigian in Karabakh, secondo un rapporto dell’Associated Press. I funzionari di Baku non hanno dato una risposta iniziale alla richiesta.

La petizione chiede alla CPI di avviare un’indagine sulla condotta dei cittadini azeri durante il conflitto del Karabakh. L’Armenia è diventata uno Stato parte della CPI all’inizio del 2024, dopo aver ratificato lo Statuto di Roma, il documento che ha istituito il tribunale. La Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia sono sedi legali distinte: la Corte internazionale di giustizia ha un mandato più ampio per affrontare le controversie legali interstatali, mentre la Corte penale internazionale processa gli individui, non gli Stati, nei casi di crimini di guerra.

Le recenti manovre legali all’Aia arrivano un mese dopo che il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha lanciatoun ballon d’essai,  sondando la possibilità che entrambe le parti abbandonino i rispettivi casi. Nel corso di una conferenza stampa del 12 marzo, Pashinyan si è interrogato sull’utilità di proseguire con le controversie legali una volta che le due parti avranno raggiunto un accordo di pace globale. Le cause potrebbero essere interrotte come componente finale di qualsiasi accordo di pace, ha suggerito.

La possibilità di abbandonare gli sforzi per ottenere la giustizia storica ha suscitato reazioni da diverse direzioni a Yerevan, unendo segmenti disparati della società contro tale idea. I critici la considerano un’altra concessione unilaterale da parte del Governo, che segue a ruota l’offerta di Pashinyan di restituire incondizionatamente all’Azerbaigian quattro villaggi contesi, per accelerare la conclusione di un accordo di pace. “È di nuovo a favore dell’Azerbaigian”, ha detto Artak Beglaryan, ex funzionario di alto livello della Repubblica del Nagorno-Karabakh de facto, non più esistente. “È importante capire che queste denunce dell’Azerbaigian [all’Aia] sono prive di fondamento, a differenza delle cause armene. Baku ha intentato una causa per utilizzarla come oggetto di contrattazione politica”.

Anche i sostenitori armeni dei diritti umani hanno cercato di abbattere il pallone di prova di Pashinyan. Oltre 40 organizzazioni non governative armene hanno rilasciato una dichiarazione che descrive il processo della Corte Internazionale di Giustizia come fondamentale per ritenere l’Azerbaigian responsabile delle violazioni dei diritti umani e dei crimini commessi contro gli armeni. L’interruzione del procedimento dell’Aia comprometterebbe gli sforzi per ottenere giustizia per le vittime del passato e per prevenire i crimini futuri.

Yerevan dovrà trovare una via che permetta di evitare la prosecuzione di cause legali con la necessità di garantire una giustizia per le parti che hanno subito ingiustizie e violenze nel recente conflittoche ha portato lalla perdita del Nagorno Karabakh. Una via potrebbe essere quella di proseguire le cause contro i singoli casi di violazione di legge assistendo le persone danneggiate, ma interrompendoli a livello di stato. Oppure, semplicemente, separare il processo di pace dalla persecuzione dei delitti compiuti dai singoli.

Comunque l’Armenia non potrà dimenticare i suoi concittadini cacciati dalle proprie terre.

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Armellino in fiore: il pianista Artur Zakiyan in concerto per ricordare il genocidio armeno (Treviso today 23.04.24)

QUANDODal 04/05/2024 al 04/05/202421:00
PREZZO€ 15
ALTRE INFORMAZIONI
Un viaggio ipnotico, un intreccio senza tempo di storia e memoria. Artur Zakiyan in concerto a Treviso per ricordare il genocidio armeno.

Armellino in fiore è il titolo dell’evento che vuole commemorare il dramma del genocidio armeno 24 aprile
1915.

Il 4 maggio 2024, alle ore 21 presso l’Auditorium Santa Caterina (Piazzetta Mario Botter 1, Treviso), Zakiyan si esibirà intrecciando l’essenza ipnotica della musica etnica armena al fascino immortale della musica classica contemporanea, con cadenze rilassanti d’influenza new age.

L’esibizione si inserisce in un programma che include anche la presentazione libro Il genocidio degli armeni di Sandra Fabbro Canzian, prevista il 24 aprile alle ore 17 presso il Museo civico di Treviso “Luigi Bailo”, in Sala Vittorio Zanini e la mostra dell’artista Ararat Sarkissian, che sarà inaugurata alle 17 e aperta al pubblico dal 19 aprile al 12 maggio presso lo stesso Museo, nelle sale espositive temporanee al pianterreno. Entrambi gli eventi sono a ingresso libero.

A portare in città gli appuntamenti è il Comune di Treviso insieme all’Unione Armeni d’Italia.
Il concerto èorganizzato dall’associazione nusica.org attiva dal 2012 nella realizzazione di eventi a carattere culturale e in particolare di concerti di musica jazz, con il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica di Armenia in Venezia in collaborazione con Gayane Sahakyan, Fondazione “Feder Piazza” e Galleria Antikyan.
L’evento è supportato inoltre da Jane Demirchian, mecenate armena.

Nel solco di un percorso musicale iniziato sotto la guida del nonno Christopher, rinomato percussionista e fondatore della prestigiosa scuola di strumenti a percussione in Armenia, e dopo un lungo perfezionamento negli USA, Zakiyan si abbevera alla fonte della migliore tradizione musicale classica, coniugando innovazione e modelli antichi, in un viaggio sensoriale che celebra il patrimonio culturale del suo Paese.

Ad aprire il concerto sarà Baykar Sivazliyan, Presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia, politico, turcologo e armenista, dirigente politico della Diaspora armena, che terrà un discorso in commemorazione del genocidio.

(Biglietti: ingresso € 15,00, in vendita su OOH.EVENTS e in loco, previa disponibilità. Per info: +39 3274610693, staff@nusica.org)

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“Alla ricerca del paradiso” – Mostra personale di Ararat Sarkissian (Trevisotoday 22.04.24)

ARARAT SARKISSIAN
Mostra personale
ALLA RICERCA DEL PARADISO
MUSEO LUIGI BAILO, TREVISO

dal 19 Aprile al 12 Maggio 2024

Questa affascinante esposizione presenta una varietà di creazioni artistiche, tra cui antichi sistemi di scrittura provenienti da tutto il mondo, complesse opere cartografiche e pregevoli Khachkar, libri armeni e dipinti ad olio.
La mostra accompagna l’osservatore in un affascinante viaggio verso dimensioni celestiali. A volte svela il concetto di paradiso, a tratti elusivo ma profondamente desiderato. Altre volte esplora la ricerca di un rifugio ideale, una splendida esistenza immaginata dall’umanità.
Per gli armeni, questo Eden è incarnato dall’Armenia occidentale e rende omaggio anche ai paradisi che svaniscono nell’Armenia orientale.

Il progetto “Alla ricerca del Paradiso” ha attraversato il mondo, incantando persino i cultori dell’arte più esigenti. Particolarmente affascinante è che la ricerca del paradiso è un tema universale condiviso da tutte le nazioni. Come un giornalista americano ha una volta osservato, persino gli europei che hanno scoperto l’America erano alla ricerca del loro proprio paradiso.

Gli armeni hanno un’affinità speciale per l’Italia, in particolare Venezia.
Non è un caso che gli armeni, nella loro ricerca del paradiso, finiscano spesso a San Lazzaro. È proprio a Venezia, che ha avuto inizio la stampa armena, con il primo libro armeno stampato, “l’Urbatagirk”, realizzato nel 1512 da Hakob Meghapart.

L’esposizione “Archetipi” che fece il suo debutto a Erevan nel 1994, gettò le basi per un progetto straordinario che presenta 60 sistemi di scrittura, ciascuno accompagnato dalla sua controparte sonora unica.
A partire dal 1999, questo progetto ha intrapreso un viaggio trionfante in tutto il mondo.
Ha fatto la sua prima tappa a Oxford, seguita da affascinanti mostre e master class a Cipro, Chicago, Singapore, Giordania, Ginevra, Zurigo, Vienna, Iran, Francia, recentemente ha incantato i visitatori in Italia, nel cuore di Venezia, presso il centro d’arte Palazzo Pisani Revedin ed ora a Treviso, presso il Museo Civico: Luigi Bailo.

Secondo Ararat Sarkissian, i sistemi di scrittura sono le pietre angolari delle culture nazionali. Sottolinea il fatto che gli armeni non producevano carta; invece, la acquistavano, la pulivano e la lavoravano. Con ogni iterazione, la carta creata da Ararat Sarkissian guadagna nuovi strati e condivide nuove narrazioni. L’artista apprezza in particolare la descrizione fornita dal critico d’arte americano Aydin Small, che ha definito il suo stile creativo come “memoria culturale”. Indubbiamente, è questa memoria culturale che offre un viaggio affascinante che abbraccia l’arte e la storia in tutte le direzioni.

Il mistero che avvolge il legame di Ararat Sarkissian con Venezia è affascinante. Nato a Gyumri, una città industriale simile a Venezia nel suo spirito e carattere unici, entrambe le città, purtroppo, si sono trasformate in destinazioni turistiche, con gran parte delle loro popolazioni originali che se ne sono andate. Ararat Sarkissian dipinse il
suo “Lendutas” anni fa, tratto dagli esempi delle “Vedute” (paesaggi veneziani) creati dagli artisti veneziani. Riflette su come, seguendo gli esempi di artisti come Canaletto, abbia avvertito la profonda somiglianza e grandezza di entrambe le città, descrivendole come incredibilmente belle e desiderose di essere preservate.

La installazione “Storia degli Armeni” rappresenta un riferimento e una ricreazione dei 6 volumi dal medesimo titolo stampati nel periodo sovietico. Quest’opera riverbera il sentimento di un rumore ovattato derivante da un’impressione non chiara che ha colpito l’artista durante la lettura, e la realizzazione di come politica e autorità possano influenzare la documentazione storica delle nazioni.
Come un’ideologia plasmi e sottolinei ciò che è utile in un determinato periodo e ciò che si perde tra le pagine. Lo schermo racchiuso nell’installazione a forma di libro mostra costantemente solo un rumore statico, il che enfatizza la sensazione confusa dell’autore.

L’esposizione “Croci di pietra” è un personale omaggio all’arte della croce di pietra.
Si tratta anche di uno sforzo per focalizzare l’attenzione internazionale sulla distruzione sistematica e continua delle pietre della croce in vari territori confinanti con l’Armenia. Nel 2006, dopo un attacco particolarmente atroce e ufficialmente autorizzato alla distruzione della croce di pietra avvenuto in una terra non lontana da dove vivo, la mia risposta iniziale di tristezza e indignazione mi ha portato a intraprendere il presente progetto. Ho continuato a ricreare minuziosamente 36 croci di pietra che furono rase al suolo, tentando di dare a questi monumenti scomparsi una nuova prospettiva di vita attraverso la pittura e la carta fatta a mano. Ho scelto il numero 36 perché richiama il numero sacro delle lettere dell’alfabeto armeno. E ho deciso di fornire una traiettoria visiva di ciò che queste pietre crociate hanno attraversato: dalla sopravvivenza alla distruzione fino a una forma di rinascita su carta come apparivano una volta, quando furono scheggiate e fatte a pezzi, e quando divennero i miei amati compagni nel mio studio.

Ararat Sarkissian è un artista onorato dalla Repubblica di Armenia.
E’ membro dell’Accademia Europea di Scienze Naturali e Associazione Internazionale d’Arte.
Nel 2013 ha presentato l’Armenia alla 55 Biennale d’Arte di Venezia, all’isola di San Lazzaro, Venezia.
L’arte di Ararat Sarkissian esprime la conservazione dell’esperienza, dell’identità e della memoria. ll lavoro di Sarkissian, postmoderno, concettuale e in parte astratto, fa riferimento a culture antiche; quindi non solo all’importante tradizione medievale armena e ai manoscritti miniati ma anche all’arte più ampia dell’Europa medievale e rinascimentale.

Alcune mostre personali:

– Permanent exhibition, Armenian Street Foundation Museum,
and 11.12 Gallery, Singapore
– Harvest Gallery, Glendale, California, USA
– Tufenkian Gallery, Los Angeles, USA
– Vicki Hovannesian Contemporary Art Gallery, Chicago, USA
– Signs & Icons, National Gallery of Armenia, Yerevan, Armenia
– Archetypes, Gallery Lobby, Nicosia,Cyprus
– Focus Armenia, Halle, Germany

Alcune mostre collettive:
– Art Innsbruck, Innsbruck, Austria
– Armenian Contemporary Art, Annexis Gallery, Zurich, Switzerland
– Contemporary Armenian Artists, University of Kassel, Germany
– Bergen Community College, Armenian Genocide Exhibition, New Jersey, USA
– I Colori Dell’ Armenia, Castel Sant Angelo, Rome, Italia
– Art Contemporaine d’Arménie, Orangerie du Luxembourg, Paris
– TGAA Marzuki Gallery Chicago,USA
– Multitude, Artists Space, New York,USA
– Stream of Fire: New Art From Armenia, Jordan National Gallery, Amman
– Les chants de la mer, Musée Cantini, Marseille,France
– Palais des Congrès et de la Culture, Le Mans,France
– Japan International Artists Society + Soviet Artists, Tokyo, Japan
– New Figurative Art of Armenia, Pesaro, Italia
– 44° GROLLA D’ORO 2023 Premio Internazionale di Pittura, Scultura e Fotografia, Treviso, Italia

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Presentazione del libro “Il genocidio armeno. Dalle cause storiche alle conseguenze odierne” (Trevisotoday 22.04.24)

al 19 aprile 2024 al 12 maggio 2024 si svolgerà a Treviso una interessantissima rassegna dedicata alla cultura armena e alla commemorazione del genocidio che il popolo armeno ha subito 109 anni orsono nell’Impero ottomano. Il titolo della rassegna è Armellino in fiore. Una scelta evocativa, che allude alla pianta dell’armellino, uno dei simboli dell’armenità. Con il suo legno viene costruito il duduk, il più noto strumento musicale armeno. Il progetto di questa rassegna è stato ideato da Gayane Sahakyan, da qualche anno cittadina trevigiana di origini armene che, con vera passione e determinazione, si impegna per far conoscere il suo popolo e la sua terra d’origine in Italia.Gli eventi in programma hanno visto il patrocinio e la coordinazione del Comune di Treviso e il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica d’Armenia di Venezia. Hanno collaborato l’Unione Armeni d’Italia (Milano), la Fondazione Federpiazza (Treviso) la Galleria Antikyan (Yerevan), l’Associazione Italiarmenia (Padova) e l’Associazione musica.org (Treviso).
Gli eventi si svolgeranno con la seguente cadenza:
19 aprile: Inaugurazione presso il Museo Civico Luigi Bailo, alle ore 17.00 della mostra personale dell’artista armeno Ararat Sarkissian intitolata Alla ricerca del paradiso. La mostra resterà aperta fino al 12 maggio.
24 aprile: Nella data considerata il “Giorno della Memoria” del genocidio armeno, presso il Museo Bailo (Sala Zanini), alle ore 17.00, avrà luogo la presentazione del libro Il Genocidio armeno. Dalle cause storiche alle conseguenze odierne, Prefazione Antonia Arslan, (Piazza Editore. Il professor Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione Armeni d’Italia, armenista e autorevole membro della Diaspora in Italia, ne discuterà con l’autrice, Sandra Fabbro Canzian.
4 maggio: Nell’Auditorium di Santa Caterina (Piazzetta Mario Botter 1), alle ore 21.00 avrà inizio il concerto del musicista Artur Zakiyan, illustre pianista e compositore armeno, che coniuga magistralmente la musica etnica armena, con quella classica e moderna. Il concerto sarà preceduto da una presentazione del professor Sivazliyan.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a: biglietteriatreviso@gmail.com (per Museo Bailo) e staff@musica.org (per concerto)

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Memoria, la Comunità armena in Italia: il 24 aprile ricordiamo il genocidio (Redattore Sociale 22.04.24)

l 24 aprile è la Giornata della memoria del popolo armeno che in tale data ricorda l’inizio di quello che la Comunità armena in Italia ricorda come “uno dei più atroci crimini contro l’umanità: il genocidio del 1915, che gli armeni ricordano come ‘Metz Yeghern’ il ‘Grande Male'”.

In tutta Italia e nel mondo, si legge in una nota, sono state organizzate “iniziative, convegni, incontri, preghiere, per ricordare il milione e mezzo di armeni e per ribadire insieme il forte ‘mai più’ contro ogni violenza e contro ogni crimine contro l’umanità”.

A Roma la giornata sarà ricordata con una cerimonia che si svolgerà alle ore 11, presso il Giardino del genocidio armeno di piazza Augusto Lorenzini (quartiere Portuense), alla quale parteciperanno oltre ai rappresentanti diplomatici della Repubblica di Armenia in Italia esponenti del mondo politico, diplomatico, ecclesiastico e della società civile.

Lo slogan scelto per la cerimonia commemorativa è “La forza di un popolo che sfida l’oscurità dell’indifferenza” ed è rappresentato nell’immagine da un uomo che ha scalato la montagna arrivando in cima, come simbolo di fatica, ma anche di forza. Mentre la sfida all’indifferenza e all’oscurità viene presentata come l’alba alla quale l’uomo volge il suo sguardo di speranza, tenendo in mano la bandiera che rappresenta il popolo armeno.

Giovedì 2 maggio 2024 alle ore 18.30, presso l’Institut français Centre Saint-Louis, in Largo Toniolo 22 a Roma, sarà proiettato il film vincitore del premio della giura del Francofilm Festival ‘Aurora’s Sunrise’ di Inna Sahakyan che narra la storia vera di una sopravvissuta al genocidio armeno. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. (DIRE)

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ARMENIA. Inizia la delimitazione dei confini con l’Azerbaigian (Agccomunication 22.04.24)

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha elogiato l’accordo sulla delimitazione dei confini con l’Azerbaigian, affermando che “per la prima volta Armenia e Azerbaigian hanno risolto una questione attorno a un tavolo negoziale”.

L’accordo di delimitazione è arrivato più di tre anni dopo l’avvio della prima riunione delle commissioni competenti in seguito alla vittoria dell’Azerbaigian nella seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020, riporta BneIntelliNews. Secondo l’accordo, la prima fase della delimitazione inizierà nelle province di Tavush in Armenia e di Gazakh in Azerbaigian, con l’Armenia che restituisce unilateralmente i territori conquistati all’inizio degli anni ’90. L’Azerbaigian, tuttavia, non è obbligato a restituire i territori armeni che controlla nella stessa area.

Nonostante la sua recente dichiarazione secondo cui l’accordo è stato raggiunto attraverso negoziati, Pashinyan in precedenza aveva affermato di aver accettato concessioni unilaterali per fermare la guerra nella regione. Le dichiarazioni di Pashinyan sono state seguite dalla propaganda statale azera che ha avvertito l’Armenia di un’altra escalation se avesse ritardato la restituzione dei villaggi. L’Azerbaigian aveva chiesto la restituzione dei villaggi come precondizione per un accordo di pace.

Al di là degli elogi di Pashinyan, tuttavia, sono scoppiate proteste tra i residenti delle comunità di confine nella provincia di Tavush in Armenia, esprimendo preoccupazione per le implicazioni del processo di delimitazione e demarcazione. I residenti di Tavush temono che il processo di delimitazione e demarcazione possa comportare la perdita di accesso ai terreni agricoli e una maggiore vulnerabilità agli attacchi.

In risposta, Pashinyan ha rassicurato l’opinione pubblica che il governo avrebbe adottato misure per mitigare i rischi. Ha dichiarato: “Non abbiamo una linea del fronte qui, ma avremo un confine, e il confine è un segno di pace”. Ha inoltre riaffermato l’impegno dell’Armenia a salvaguardare la propria sovranità.

Pashinyan ha anche confermato il ritiro delle guardie di frontiera russe da Tavush dopo la delimitazione. Ha dichiarato: “Le guardie di frontiera dell’Armenia e dell’Azerbaigian saranno in grado di proteggere autonomamente il confine interagendo tra loro”, evidenziando una nuova fase di cooperazione.

L’Armenia ha anche recentemente chiesto ai soldati russi di ritirarsi dall’aeroporto di Yerevan, mentre si muove per riorientare la politica estera del paese. Il premier armeno ha anche sottolineato l’importanza vitale di raggiungere un accordo di pace con l’Azerbaigian, anche se ciò implica concessioni e l’abbandono del Nagorno-Karabakh, che Baku ha riconquistato a dicembre.

A livello internazionale, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno espresso sostegno al processo di delimitazione dei confini, considerandolo un passo positivo verso una pace sostenibile. Nel frattempo, l’Azerbaigian ha salutato l’accordo come una pietra miliare storica, celebrando il ritorno dei villaggi sotto il controllo armeno dagli anni ’90.

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Armenia e Azerbaigian verso un accordo di pace auspicato dall’Ue: “I confini sono un passo essenziale” (Eunews 22.04.24)

Bruxelles – È ancora difficile dire se il conflitto più che trentennale tra Armenia e Azerbaigian stia per indirizzarsi verso una fine, ma gli ultimi sviluppi sul piano diplomatico sono i più positivi da quando a fine maggio 2022 l’Unione Europea ha intensificato gli sforzi per riavvicinare il premier armeno, Nikol Pashinyan, e il presidente azero, Ilham Aliyev, per una risoluzione definitiva delle tensioni sul terreno (sfociate nell’autunno 2023 nella conquista della regione del Nagorno-Karabakh da parte dell’esercito di Baku). “Accolgo con grande favore l’accordo tra Armenia e Azerbaigian sulla Dichiarazione di Alma Ata del 1991 come base per la delimitazione dei confini tra i due Paesi“, è il commento del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, all’annuncio della restituzione da parte di Yerevan di alcuni paesi all’Azerbaigian.

Armenia Azerbaijan UE
Da sinistra: il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan

L’accordo di sabato (20 aprile) tra i due Paesi ex-sovietici potrebbe costituire uno dei passi più concreti per raggiungere quell’accordo di pace generale che il premier armeno Pashinyan dall’Aula del Parlamento Europeo aveva prospettato per fine 2023. “La Repubblica di Armenia riceve una riduzione dei rischi associati alla delimitazione del confine e alla sicurezza”, ha commentato l’ufficio del primo ministro per spiegare la decisione di cedere alcuni villaggi – deserti, ma in posizione strategica per il transito del gas russo – che il portavoce del ministero degli Affari esteri azero, Aykhan Hajizada, ha definito “sotto occupazione dai primi anni Novanta” in un post su X (con allegata mappa dei confini). La delimitazione dei confini “basata sul riconoscimento inequivocabile dell’integrità territoriale” di ciascun Paese è stata “un elemento chiave anche delle discussioni a Bruxelles” degli ultimi due anni, ha voluto sottolineare Michel a proposito dell’intesa siglata dalle commissioni di confine: “Servirà come passo essenziale verso la normalizzazione e l’apertura pacifica dell’intera regione“.

Mentre per oggi (22 aprile) è atteso al Cremlino un incontro tra il presidente azero Aliyev e l’autocrate russo, Vladimir Putin, sul partenariato strategico e sulle questioni regionali – a seguito del ritiro completo delle forze di pace russe dal Nagorno-Karabakh – l’Armenia sta inevitabilmente considerando un ri-orientamento delle alleanze. La tradizionale sponda russa si sta sostituendo con quella dell’Unione Europea, l’unico attore internazionale che davvero si è speso negli ultimi mesi per sostenere Yerevan di fronte all’esodo della popolazione di etnia armena dall’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh (oltre 100 mila profughi riversatisi in un Paese di 2,8 milioni di abitanti) a seguito della conquista da parte dell’esercito azero il 20 settembre 2023. Oltre all’erogazione di oltre 30 milioni di euro a sostegno dei rifugiati, a inizio aprile la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrellhanno annunciato al premier Pashinyan di aver iniziato i preparativi per un Piano di resilienza e crescita da 270 milioni di euro in sovvenzioni per i prossimi quattro anni.

Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian

Nagorno Karabakh Armenia AzerbaijanTra Armenia e Azerbaigian è dal 1992 che va avanti una guerra congelata, con scoppi di violenze armate ricorrenti incentrate nella regione separatista del Nagorno-Karabakh. Il più grave degli ultimi anni è stato quello dell’ottobre del 2020: in sei settimane di conflitto erano morti quasi 7 mila civili, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh. Dopo un anno e mezzo la situazione è tornata a scaldarsi a causa di alcune sparatorie alla frontiera a fine maggio 2022, proseguite parallelamente ai colloqui di alto livello stimolati dal presidente del Consiglio Ue, fino alla ripresa delle ostilità tra Yerevan e Baku a settembre, con reciproche accuse di bombardamenti alle infrastrutture militari e sconfinamenti di truppe di terra.

La mancanza di un monitoraggio diretto della situazione sul campo da parte della Russia – che fino allo scoppio della guerra in Ucraina era il principale mediatore internazionale – ha portato alla decisione di implementare una missione Ue, con 40 esperti dispiegati lungo il lato armeno del confine fino al 19 dicembre 2022. Una settimana prima della fine della missione l’Azerbaigian ha però bloccato in modo informale – attraverso la presenza di pseudo-attivisti ambientalisti armati – il corridoio di Lachin, mettendo in atto forti limitazioni del transito di beni essenziali come cibo e farmaci, gas e acqua potabile. Il 23 gennaio 2023 è arrivata la decisione del Consiglio dell’Ue di istituire la missione civile dell’Unione Europea in Armenia (Euma) nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, ma la tensione è tornata a crescere il 23 aprile dopo la decisione di Baku di formalizzare la chiusura del collegamento strategico attraverso un posto di blocco. Da Bruxelles è arrivata la condanna dell’alto rappresentate Ue Borrell, prima della ripresa delle discussioni a maggio e un nuovo round di negoziati di alto livello il 15 luglio tra Michel, il primo ministro armeno Pashinyan e il presidente azero Aliyev.

Nagorno-Karabakh Azerbaijan e Armenia
Esplosioni in Nagorno-Karabakh

L’alternarsi di sforzi diplomatici e tensioni sul campo ha messo in pericolo anche gli osservatori Ue presenti dal 20 febbraio 2023 in Armenia per contribuire alla stabilità nelle zone di confine. Il 15 agosto una pattuglia della missione Euma è rimasta coinvolta in una sparatoria dai contorni non meglio definiti (entrambe le parti, armena e azera, si sono accusate a vicenda), senza nessun ferito. Solo un mese più tardi è sembrato che la situazione potesse pian piano stabilizzarsi, con il passaggio del primo convoglio con aiuti internazionali il 12 settembre attraverso la rotta Ağdam-Askeran e poi lo sblocco del corridoio di Lachin il 18 settembre dopo quasi nove mesi di crisi umanitaria. Neanche 24 ore dopo sono però iniziati i bombardamenti azeri contro l’enclave separatista che – per la sproporzione di forze in campo – ha determinato il cessate il fuoco e la resa fulminea dei militari di Stepanakert, con la presa totale del controllo da parte dei soldati di Baku e l’inizio dell’esodo verso Yerevan.

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Alfabeto dei piccoli armeni: un libro, 36 storie. L’olocausto dimenticato (Viverefermo 21.04.24)

Notte tremenda quella tra il 23 e il 24 aprile del 1915. I soldati del cadente Impero Ottomano iniziano lo sterminio del popolo armeno. I primi ad essere uccisi sono gli intellettuali e i capi delle chiese. Annientare la testa è annientare il pensiero. Questo il programma. Poi arriverà il resto: un milione e mezzo di morti, ammazzati direttamente o caduti nel corso delle marce forzate. Uno sterminio, un olocausto: il primo del Novecento, il primo che fa da apri-strada. Così come un secolo e mezzo prima era accaduto in Vandea: 300 mila annientati dalle Giacche blu della Repubblica francese. La memoria perduta e soprattutto occultata degli armeni massacrati farà dire ad Hitler, dando il via libera alla Shoah: «Chi ricorda più la strage armena!».

In una qualche stanza delle case dei sopravvissuti armeni fuggiti all’estero, campeggiano da allora le lettere del proprio alfabeto. Un alfabeto che agli inizi non esisteva: si scriveva in greco o in aramaico. Poi venne anche il proprio. Così, la parola scritta salvò e salva una cultura, un modo di essere, una civiltà: gli armeni furono i primi convertiti al cristianesimo. E quella cultura – annientati gli uomini, stuprate e rese schiave le donne, venduti i bambini – ha fatto da collante ad un popolo in esilio.

Ne ha raccontato in un drammatico, intenso e commovente, quanto seguito incontro in Biblioteca a Fermo, la scrittrice e giornalista armena Sonya Orfalian. Il suo libro è intitolato Alfabeto dei piccoli armeni.

Sono i racconti degli allora ragazzini scampati ai massacri.

Prima di ogni titolo c’è una lettera dell’alfabeto armeno che è l’immortale legame con il passato. Come legame con il passato sono i nomi dei tanti figli e nipoti di quanti riuscirono a sottrarsi alla morte. Nomi che ricordavano e ricordano chi non ce l’aveva fatta, caduto e abbandonato lungo le strade polverose dei trasferimenti forzati, nei lager dove si moriva per fame e malattia; oppure, bruciati vivi nelle chiese dove avevano cercato rifugio… si camminava sul grasso dei corpi liquefatti.

Sonya, sollecitata dal prof. Francesco Maria Castiglioni, docente di storia e filosofia al liceo classico Annibal Caro di Fermo, ha tenuto inchiodato il pubblico per quasi due ore.

«Negli anni della mia infanzia – ha scritto e ha detto – sentivo che c’era un segreto nella mia famiglia, qualcosa che non poteva essere detto, qualcosa che non si poteva raccontare…». Quelle stragi erano una ferita sanguinante e gli scampati preferivano non rammentarle. Un po’ come accadde ai superstiti dei lager nazisti, dei gulag comunisti nell’infame invasione della Russia o a chi aveva sopportato il gelo e i topi nelle trincee della prima guerra mondiale..

Poche le parole che i nonni, il nonno di Sonya, facevano trapelare: «Camminavano… camminavano… il deserto…» Erano gli unici riverberi di un genocidio pianificato a tavolino, voluto dai cascami dell’Impero Ottomano prima, ma anche dalla Repubblica di Ataturk, dopo!

Con penna leggera, e probabilmente con un senso di smarrimento iniziale, l’autrice ha messo insieme 36 storie tante quante le lettere dell’alfabeto armeno.

«I piccoli sopravvissuti – si legge nell’introduzione dell’autrice al libro– non hanno tenuto un diario di ciò che gli è toccato vivere, e allora ciò che non hanno potuto scrivere l’ho scritto io per loro».

Anche in questo caso, ancora una volta, la Biblioteca Spezioli e il suo staff hanno mostrato di essere un centro propulsore di cultura, ai massimi livelli.

Mentre scrivo di Sony Orfalian, l’occhio mi va ad un libro di recente lettura: Mussa Dagh-Gli eroi traditi. È la vicenda terribile dei cinquemila armeni che osarono ribellarsi alle deportazioni del governo turco. Si spinsero fino al mare, furono presi a bordo e salvati da alcune navi francesi. Vissero successivamente in un tendono a Porto Said, in Egitto. Combatterono con la Legione Orientale, sconfissero i turchi, tornarono alle loro case. Poi, traditi per interessi geopolitici dagli stessi francesi che prima li avevano salvati, dovettero di nuovo abbandonare i propri villaggi e trasferirsi in Libano, ad Anjar.

La giornata mondiale che ricorda la mattanza degli armeni è il 24 di aprile.

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