Genocidio armeno – Per il Presidente Onorario Scapini la memoria non basta (Assadakah 29.04.24)

Assadakah News – Nel Parco dedicato al Genocidio Armeno, in piazza Lorenzini, a Roma, nel 109° Giorno della Memoria, lo scorso 24 aprile era presente, su invito dell’Ambasciata di Armenia in Italia e del Consiglio della Comunità Armena di Roma, anche Bruno Scapini, ex Ambasciatore d’Italia, Presidente Onorario e Consulente Generale

Ass.ne Italo-armena per il Commercio e l’Industria. Significativo il suo discorso, che ha sottolineato come, dopo più di cento anni dal terribile massacro del popolo armeno, non basta più la memoria ma occorrono fatti significativi. Riportiamo integralmente le sue considerazioni a seguito della cerimonia di commemorazione: “Gentili Amiche e Amici, il 24 aprile scorso ho partecipato, su invito dell’Ambasciata di Armenia e del Consiglio della Comunità Armena di Roma, alla cerimonia

di commemorazione del Genocidio armeno. Lodevole l’iniziativa a suo tempo assunta dalla Municipalità della Capitale di intitolare a quel Genocidio del 1915 il giardino di Piazza Augusto Lorenzini. Certamente, la conservazione della memoria è fondamentale quale occasione per esprimere tutta la nostra riprovazione per tali misfatti; ed è anche imprescindibile come testimonianza storica, ovvero quale fonte documentale per trasmettere alle future generazioni

il ricordo di eventi che incidono sulla stessa identità di un popolo e sulla sua coscienza nazionale. E questo è proprio il caso del Genocidio armeno del 1915, il primo del XX secolo. Ma da quella orribile esperienza purtroppo altri Genocidi si sono succeduti  fino ai nostri giorni, consumandosi un po’ ovunque nel mondo sotto gli occhi troppo spesso indifferenti di tanti Governi e Stati pronti ad interessarsi ai casi unicamente quando utile al conseguimento dei propri interessi nazionali. E’ la mercificazione dei valori che oggi infatti prevale nella Comunità internazionale. Una Comunità più incline al profitto che al rispetto della dignità della persona umana. E così i Genocidi dilagano per il Pianeta e si moltiplicano. La eliminazione di migliaia di individui è condizione di dominio e la sua minaccia fonte di terrore per assoggettare l’altrui volontà. Oggi nel mondo si calcolano ben 370 conflitti, molti dei quali a livello di crisi, ma tanti in aperte ostilità belliche. Ebbene, le conseguenze sono l’uccisione di civili, di bambini, di gente inerme, stragi ed eccidi di vario genere compiuti per la contesa del potere o per il controllo di miniere d’oro o di uranio. Eppure su molte di queste drammatiche situazioni si cala il velo del silenzio. Non conviene parlarne. Farne oggetto di cronaca obiettiva e imparziale potrebbe svelare delle verità scomode ai potenti. Guardiamo solo a quello che succede oggi nella Striscia di Gaza o, peggio ancora, in tanti Paesi africani dal Sahel al Corno d’Africa: Sudan, Niger, Malì, Burkina Faso, Guinea, Chad ed altri ancora. Qui la morte è divenuto un mero accadimento quotidiano. A migliaia vengono uccisi i civili, e milioni sono gli sfollati che fuggono dalle loro case. E il dolore, la sofferenza, così si espandono, superano la visione manichea della lotta tra il Bene e il Male e si arroccano semplicemente su quest’ultimo per divenire “cultura della morte”. A scongiurare i verificarsi di siffatti eventi però noi abitanti della parte più opulenta del mondo non ci voltiamo indietro a guardare, per riflettere e cambiare il corso politico; continuiamo ad affidarci alla commemorazione delle vittime, come se la sola “memoria” potesse bastare a scongiurare il Male o ad esorcizzare la morte. No! La memoria, mi sono convinto non basta più. Pur necessaria per non perdere traccia storica degli eventi, non insegna più nulla, non sembra più capace di indurre a superare il “senso del vuoto” che la perdita dei valori della vita ci impone. Occorre ben altro allora: occorre la partecipazione attiva di ognuno di noi alla lotta contro il Male. Deve essere un’azione continua, praticata giornalmente nelle nostre scelte, dal banco del supermercato all’urna elettorale, e ciò al fine di ottimizzare la nostra condotta verso il cambiamento. È l’impegno civico a realizzare questo obiettivo l’unico vero modo per commemorare degnamente le vittime dei Genocidi.

Sul tema, vi propongo, pertanto, l’articolo pubblicato dalla Rivista di politica internazionale SpondaSud con la speranza di offrirVi un’occasione di utile riflessione. Qui di seguito troverete il LINK:

Nel ringraziarVi per l’attenzione, Vi invio i miei più distinti saluti”.

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Alla scoperta dell’Armenia: dieci cose da non perdere (Tgcom24 29.04.24)

L’Armenia è una piccola repubblica, ma ha molto da offrire: è in Asia, ma fa parte del Consiglio d’Europa.

Ospita innumerevoli siti turistici in un paesaggio montuoso che regala panorami strepitosi. Si trova nel Caucaso del sud e si raggiunge con i voli diretti da Milano, Roma e Venezia per la capitale Yerevan, una città giovane e vibrante.

L’Armenia vanta numerosi primati: primo paese del mondo ad adottare il Cristianesimo come religione di stato, è anche la patria del vino. Qui sono stati ritrovati un sistema di produzione del vino di 6100 anni fa e la scarpa in cuoio più antica del mondo, di 5000 anni fa. Abbiamo scelto 10 delle migliori attrazioni.

Ali e Monastero di Tatev

Il Monastero di Tatev si raggiunge in 11 minuti con “Le ali di Tatev”, la funivia reversibile più lunga del mondo (5,7 km). Il monastero, costruito nel IX secolo, fu un importante centro spirituale ed educativo nel Medioevo. La vista sul canyon è strepitosa!

Tempio di Garni

Costruito nel I secolo d.C., domina la gola del fiume Azat e le montagne Geghama. Scendi nella gola sottostante per visitare la Sinfonia delle Pietre, una spettacolare formazione a canne d’organo di pietra basaltica.

La Santa Sede armena

Il sito UNESCO di Etchmiadzin è un luogo culturale e sacro per tutti gli armeni. Qui risiede il capo della Chiesa apostolica armena. La cattedrale, secondo la leggenda, fu costruita da San Gregorio l’Illuminatore nel 301-303, dopo aver convertito l’Armenia al Cristianesimo.

Grotta Areni-1 e strada del vino

La grotta Areni-1, nella regione di Vayots Dzor, è stata riconosciuta come la cantina più antica del mondo grazie al ritrovamento di antichi un torchio per il vino, vinaccioli, brocche e tini di fermentazione di 6.100 anni fa. Il vino si produce ancora nelle cantine del villaggio di Areni.

Lago Sevan

Il lago di Sevan è il più grande bacino alpino d’acqua dolce dell’area. Situato a circa 1.900 metri d’altitudine, è circondato da montagne che si specchiano sulle sue acque cristalline. Ottimo per una piacevole gita o un pranzo in riva al lago rinfrescati dalle piacevoli brezze nelle calde giornate estive.

Canyon Debed

Questo canyon spettacolare, scavato dal fiume Debed, è lungo 176 km. I villaggi di Odzun, Dsegh, Haghpat e Sanahin offrono le viste più incredibili del canyon. Non perderti i monasteri di Haghpat e Sanahin, due gioielli medievali del X secolo, che sono patrimonio UNESCO.

Fortezza di Amberd

Costruita nel X secolo, la fortezza si trova sulle pendici del monte Aragats, un luogo quasi inaccessibile. Da qui si ha una vista pittoresca del biblico Monte Ararat, del Monte Aragats e della piccola chiesa Vagramashen dell’XI secolo con una gola del fiume sullo sfondo.

Zorats Karer

Conosciuto anche come Karahunge, è un sito archeologico preistorico vicino alla città di Sisian. È chiamato anche la “Stonehenge armena” per via dei grandi monoliti di pietra disposti in cerchio. È stato costruito tra l’età del bronzo medio e l’età del ferro e la maggior parte degli archeologi ritiene che fosse un osservatorio astronomico.

Cattedrale di Zvartnots

Le rovine della cattedrale di Zvartnots del VII secolo sorgono dove, secondo la leggenda, il re armeno Trdat incontrò per la prima volta Gregorio l’Illuminatore, prima di convertirsi al cristianesimo. Dai resti della cattedrale si percepisce il grandioso edificio di un tempo, con viste mozzafiato sul Monte Ararat.

Khor Virap

Il Monastero di Khor Virap è uno dei posti migliori per catturare meravigliose vedute del Monte Ararat. Il monastero sovrasta Artashat, l’antica capitale del II secolo avanti Cristo. Ancora oggi si può scendere nell’angusto spazio a sei metri di profondità in cui Gregorio l’Illuminatore fu imprigionato per aver professato la fede cristiana.

Per maggiori informazioni: https://armenia.travel/

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Il Consiglio d’Europa sospende l’Azerbaigian (Ultimavoce 29.04.24)

Michele Marsonet

Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane


Il Consiglio d’Europa sospende l’Azerbaigian, un fatto che aggrava ulteriormente le tensioni tra il Paese caucasico e le nazioni europee. La decisione, presa a Strasburgo, ha scatenato una serie di reazioni da entrambe le parti, mettendo in evidenza le divergenze su questioni cruciali come i diritti umani, la trasparenza elettorale e il rispetto della separazione dei poteri.


Peggiorano i rapporti tra l’Azerbaigian da un lato e le nazioni dell’Unione Europea dall’altro. Il Consiglio d’Europa, del quale fanno parte tutte le nazioni Ue oltre a Paesi come Georgia, Armenia, Azerbaigian, Serbia e Montenegro, fu fondato nel 1949 e ha sede a Strasburgo.

Il suo scopo principale è promuovere la democrazia, i diritti umani e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali. Per quanto non figuri tra gli organi istituzionali dell’Unione, la sua importanza è cresciuta negli ultimi decenni, come testimonia la presenza di numerose nazioni extra-Ue.

Per quale motivo il Consiglio d’Europa sospende l’Azerbaigian per un anno?

Strasburgo ha sospeso l’Azerbaigian dal Consiglio per un anno a causa dell’espulsione degli armeni dal Nagorno Karabakh, ex enclave armena in territorio azero sin dai tempi dell’Unione Sovietica, della quale le due Repubbliche oggi in conflitto facevano entrambe parte.

Il Consiglio, inoltre, accusa l’Azerbaigian di mancanza di trasparenza nelle procedure elettorali. Il presidente azero, Ilham Aliyev, ha indetto elezioni anticipate, ma non ha accettato la presenza di osservatori internazionali per vigilare sulla correttezza delle procedure. Per questo motivo il Consiglio ha espresso dubbi circa la capacità dell’Azerbaigian di tenere elezioni libere ed eque e di garantire la separazione dei poteri.

Ha inoltre rimarcato la debolezza del potere legislativo rispetto a quello esecutivo, e la mancanza di indipendenza del potere giudiziario. Naturalmente Baku ha subito reagito alla sospensione, accusando il Consiglio di avere un atteggiamento pregiudizialmente ostile all’Azerbaigian, e di islamofobia. Da notare che i rappresentanti turchi, unitamente a quelli albanesi, non hanno votato a favore della sospensione.

Notevole peso nella decisione del Consiglio hanno avuto i rapporti sempre più tesi tra Azerbaigian e Francia. Parigi si è schierata nettamente con gli armeni, e Baku, come risposta, ha ordinato a due diplomatici francesi di lasciare il Paese. Immediata la risposta di Macron, che ha dichiarato “persone non gradite” due diplomatici azeri. Aliyev ha inoltre accusato Parigi di inviare armi all’Armenia.

Come sempre accade, anche in questo caso la Francia – che ospita nel suo territorio una grande comunità armena – va per conto suo senza coordinarsi con gli altri Paesi europei. Lo stesso atteggiamento autonomo ha adottato in Africa, dove i rapporti di Parigi con alcune sue ex colonie hanno raggiunto il minimo storico, con l’espulsione di numerosi diplomatici francesi.

La situazione è grave poiché l’Europa, dopo le sanzioni anti-russe, ha un grande bisogno del gas e del petrolio di cui l’Azerbaigian possiede ingenti riserve. Non a caso Ursula von der Leyen è andata a Baku per firmare, a nome della Ue, un trattato per garantire a Bruxelles le forniture energetiche azere. Ad oggi, La decisione del Consiglio d’Europa rischia però di rimettere tutto in discussione.

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Genocidio armeno, ferita che continua a sanguinare (Iqna 28.04.24)

Metz Yeghen, il Grande male, il massacro indiscriminato di un Popolo, a cui s’aggiunse quello di cattolici siri, ortodossi, assiri, caldei, greci, tutti accomunati dall’essere cristiani. Durante il genocidio armeno, ad essere colpiti sono stati tutti coloro che erano additati come cristiani: religiosi e fedeli, uomini e donne, bambini e anziani, tutti spenti nel sangue delle “marce della morte”. Il primo crimine orrendo del ‘900 accanto agli orrori del nazismo e dello stalinismo e, a seguire, agli altri stermini di massa più recenti in Cambogia, in Rwanda, in Bosnia.

Tra le mille tragedie sanguinose che si consumano giornalmente in varie parti del mondo, nel silenzio, troppo spesso complice, di una collettività che evita d’intervenire per convenienza o per vigliaccheria. È intollerabile che il grido delle tantissime vittime inermi, uccise atrocemente per la loro fede religiosa o per l’appartenenza etnica, si perda nell’indifferenza generale.

Il fatto è che, malgrado sia passato ormai un secolo da quel 24 aprile del 1915, quando cominciò, il genocidio armeno è un nervo eternamente scoperto della Turchia, con cui essa ha rifiutato testardamente di fare i conti. Allora era in corso la Prima Guerra mondiale e il decrepito Impero Ottomano s’avviava alla dissoluzione. I Giovani Turchi, un gruppo di militari che s’erano impadroniti del potere, volevano destare il nazionalismo dell’Anatolia profonda per sostenere lo sforzo della guerra, e al contempo sbarazzarsi di una minoranza cristiana (la più antica) che non rinunciava a criticare il Governo centrale.

Genocidio armeno, una spaventosa mattanza

Lo fecero nella vecchia maniera velenosa comune a tutti i nazionalismi: additando il “nemico interno” causa di ogni male; aizzando le folle contro il giaur, il miscredente, e fu una spaventevole mattanza. Le vittime complessive dei linciaggi, delle stragi pianificate, delle famigerate “marce della morte” che si concludevano con la morte di tutti i deportati, non si sapranno mai. Stime armene parlano di un milione e mezzo di morti, ma anche se fossero di meno (come ottusamente sentenziano i rappresentanti diplomatici turchi, quasi che un milione o un milione e mezzo di vittime facesse differenza), sarebbe pur sempre una pulizia etnica conclusasi con lo sterminio organizzato di un’intera minoranza.

La Turchia s’è sempre rifiutata di riconoscere quel crimine mostruoso; anche soltanto parlarne è stato ed è un reato che comporta pesanti carcerazioni a cui sono andati incontro giornalisti, scrittori ed intellettuali che volevano fare i conti con una Storia rimossa. Contro ogni logica ed ogni realtà, la parola genocidio armeno è stata ed è bandita, perché a tutt’oggi, malgrado la verità sostanziale su quei fatti sia conosciuta, la società turca non ha elaborata quella tragedia, che le imporrebbe di rivedere troppi valori e troppi giudizi su cui si basa. Operazione difficile in ogni momento, e più che mai adesso, squassata com’è fra le simpatie filo occidentali della sua parte più evoluta e le pulsioni conservatrici di chi, nell’insicurezza delle crisi internazionali, vuole rifugiarsi in mitizzati valori del passato.

Turchia ostaggio di Erdogan

Su questa situazione generale, si cala la realtà del presente. Erdogan ha avviato la Turchia su una deriva autoritaria, in cui l’unica legge che conta è la sua paranoica sete di potere. Un regime che lo veda come unico capo incontrastato.

La fine della crescita economica, la serie d’insuccessi clamorosi in politica internazionale che hanno posto la Turchia in una condizione d’isolamento, gli scandali a ripetizione, le leggi liberticide e la dura repressione d’ogni dissenso hanno però cominciato a sgretolare il blocco di consenso su cui Erdogan contava nella “pancia” del Paese.

Adesso, come cent’anni fa, battendo sul tasto del nazionalismo, della contrapposizione contro gli stranieri, conta di recuperare i consensi della Turchia profonda. È lo stesso meccanismo che s’è messo in atto nell’improvvisa, quanto singolare, serie di attentati che hanno colpito il Paese qualche settimana fa, risvegliando la voglia di ordine e del pugno di ferro di chi stava pensando d’abbandonare Erdogan e il suo partito.

Per quanto riguarda il Popolo turco, fin quando non farà i conti con la propria Storia, come molti altri hanno fatto con la propria, le antiche ferite continueranno a sanguinare, mettendo in circolo eterni veleni come il nazionalismo, la xenofobia, l’integralismo e così via, pronti ad emergere ad ogni crisi.

di Salvo Ardizzone

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Il ruolo strategico dell’Azerbaigian nell’economia della Russia (Energiaoltre 27.04.24)

L’incontro tra i presidenti dell’Azerbaigian e della Russia al Cremlino, lo scorso 22 aprile, ha spostato l’attenzione dai caldi temi geopolitici – come il Nagorno-Karabakh, l’Ucraina o l’Iran – al 50° anniversario del progetto di costruzione della ferrovia Baikal-Amur Mainline (BAM). Questo progetto, avviato nel 1974 e guidato dal presidente azero Heydar Aliyev, ha segnato una prima versione del “perno verso est” della Russia.

Nonostante l’importanza dell’anniversario della BAM, il momento dell’incontro sembrava un po’ prematuro, con la celebrazione principale prevista per luglio. Tuttavia, l’evento ha fornito un’occasione per le discussioni sulla rinascita delle ferrovie nell’agenda russo-azera.

IL RUOLO DELL’AZERBAIGIAN TRA EUROPA E RUSSIA

L’importanza strategica dell’Azerbaigian – scrive il collettivo RFE/RL su Oilprice – è aumentata in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, posizionando il Paese favorevolmente sia nel contesto europeo che in quello russo. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, poco più di due anni fa, ha innescato una reazione a catena con conseguenze geopolitiche nel Caucaso, e l’Azerbaigian, in virtù delle sue risorse naturali e della posizione strategica, è uscito vincitore in quasi tutte.

Il conflitto in Ucraina ha reso l’Azerbaigian più importante per l’Europa – che ha bisogno sia delle risorse energetiche del Paese caucasico, sia della sua posizione sulle rotte di transito Est-Ovest, per aggirare la sua precedente dipendenza dalla Russia – così come per la Russia, che ha un urgente bisogno della posizione di Baku sulle rotte di transito Nord-Sud, che le consentono di aggirare le sanzioni occidentali.

LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA IN UCRAINA

La guerra in Ucraina ha messo a dura prova la capacità di Mosca di sostenere l’accordo di cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh, portando alla fine al pieno controllo della regione da parte dell’Azerbaigian, nel settembre 2023. Questo cambiamento geopolitico ha spinto l’Armenia a rivalutare la propria dipendenza dalle garanzie di sicurezza russe, gravitando verso legami più stretti con l’Occidente.

La visita di Aliyev a Mosca è avvenuta nel contesto di un declino dell’influenza russa nel Caucaso, evidenziato dal ritiro anticipato delle forze di pace russe dal Karabakh e dagli accordi bilaterali tra Armenia e Azerbaigian senza la mediazione russa. Mentre si alludeva vagamente alla sicurezza regionale, l’attenzione restava sulla cooperazione economica, riflettendo il desiderio di autonomia dell’Azerbaigian nella gestione dei propri affari.

IL CORRIDOIO INTERNAZIONALE DI TRANSITO NORD-SUD

Il Corridoio Internazionale di Transito Nord-Sud (International North-South Transit Corridor – INSTC) è emerso come un progetto fondamentale per la Russia, con l’obiettivo di stabilire nuove rotte logistiche e ridurre la dipendenza dal dominio occidentale. Il ruolo dell’Azerbaigian nel corridoio è fondamentale, poiché collega la Russia all’Iran e al Golfo Persico. Nonostante le precedenti battute d’arresto, i recenti accordi tra Russia e Iran segnalano dei progressi verso il completamento dei collegamenti ferroviari cruciali.

Mentre Mosca sottolinea l’importanza strategica dell’INSTC, Baku resta relativamente riservata nelle dichiarazioni pubbliche, concentrandosi invece sul potenziamento della propria infrastruttura ferroviaria per accogliere l’aumento del trasporto merci. Questo spostamento verso progetti di trasporto regionali comporta una ritirata strategica per la Russia nel Caucaso, consentendo la creazione di un nuovo equilibrio strategico tra le potenze regionali.

AZERBAIGIAN, RUSSIA E UCRAINA

Le manovre diplomatiche dell’Azerbaigian vanno oltre le sue relazioni con la Russia, come dimostrato dall’incontro di Aliyev con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, affermando il sostegno all’integrità territoriale dell’Ucraina. Il crescente peso dell’Azerbaigian dopo la guerra in Ucraina gli consente di bilanciare le relazioni con vari partner, inclusa la Russia, perseguendo al contempo i propri interessi e sfruttando le opportunità di cooperazione economica.

Nonostante gli interessi condivisi e la crescente cooperazione economica tra Azerbaigian e Russia, lo storico andamento altalenante nelle loro relazioni e le differenze nel sentimento antioccidentale e nella nostalgia filo-sovietica pongono delle sfide all’amicizia a lungo termine. Tuttavia, l’approccio pragmatico di Baku alla diplomazia e il posizionamento strategico negli affari regionali sottolineano il ruolo dell’Azerbaigian come attore chiave nello spazio post-sovietico.

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Zungri rinsalda il legame con il popolo armeno e ricorda il primo genocidio del Novecento (Ilvibonese 27.04.24)

Restituire dignità e giustizia al popolo armeno. Zungri ha ricordato, in occasione del 24 aprile, il genocidio avvenuto a inizio Novecento nell’area che comprendeva l’Anatolia, Cappadocia e gran parte del Medio Oriente. Nel 1915, infatti, diverse centinaia di intellettuali armeni furono arrestati e in seguito torturati e uccisi per conto del movimento dei Giovani turchi che all’epoca governava l’Impero Ottomano. Fu l’inizio di quello che da molti è stato definito il «primo genocidio del ‘900» in cui avrebbero perso la vita circa 1 milione e mezzo di armeni. C’è un filo rosso che unisce le grotte. L’insediamento rupestre della Valle degli Sbariati, per le sue caratteristiche, infatti rievoca moltissimo le aree del Mediterraneo orientale.  In più, similitudini si riscontrano con località della Turchia di cui l’Armenia era parte integrante. Intorno al IX secolo d.  C.  per ragioni militari un contingente armeno a seguito del grande stratega Niceforo Foca (il vecchio) approdò in Calabria. Si stanziò tra Bruzzano e Brancaleone (fondarono dei castelli scavati nella roccia).  I contingenti armeni avevano il compito di contrastare l’occupazione degli arabi che già avevano preso la Sicilia e minacciavano Reggio.

[Continua in basso]

Grotte di Zungri

La toponomastica, l’onomastica e molti vocaboli sul territorio sono rimasti armeni.  A Ferruzzano e Brancaleone– in particolare – sono chiari i segni del loro passaggio: dai culti alle chiese-grotta, passando per alcune testimonianze artistiche (croci, pavoni stilizzati, pilastri a forma di albero della vita). A distanza di anni, il Comune guidato dal sindaco Franco Galati, l’Insediamento rupestre e la Pro loco di Brancaleone continuano a collaborare per approfondire studi e ricerche nel nome di una storia che non può essere cancellata. Il rapporto di collaborazione ha consentito in questi anni di analizzare similitudini tra le due realtà, in particolare l’insediamento rupestre e l’antico abitato di Brancaleone. Forte dunque, il legame tra la nostra terra e il popolo armeno che nei secoli ha trovato ospitalità presso numerosi paesi calabresi, lasciando un ricco patrimonio culturale, linguistico, archeologico e monumentale anche nell’area del Poro.

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Aleppo: inaugurata la chiesa di san Giorgio, danneggiata dal sisma (27.04.24)

I lavori di ricostruzione sono durati oltre un anno. L’intera comunità cristiana, dai greco-melkiti agli evangelici, si è riunita per una giornata di festa. A presiedere la funzione il primate Youssef Absi. Nel conflitto fra armeni e azeri è andata distrutta la storica chiesa di san Giovanni Battista a Shushi.

Aleppo (AsiaNews) – La comunità cristiana di Aleppo ha festeggiato in questi giorni l’inaugurazione seguita ai lavori di ricostruzione della chiesa greco-melkita di San Giorgio, gravemente danneggiata dal drammatico terremoto del 6 febbraio 2023 che ha colpito Turchia e Siria. L’opera di ripristino è durata oltre un anno, ma per i fedeli della metropoli del nord la lunga attesa si è trasformata in una occasione di gioia (nelle foto) e ora appare completamente rinnovata.

A presiedere la funzione il primate greco-melkita di Antiochia, Gerusalemme e tutto l’Oriente Youssef Absi, assieme a numerosi arcivescovi e vescovi che hanno concelebrato assieme al patriarca fra i quali mons. Shaada, siro-cattolico e il caldeo mons. Antoine Audo. A questi ultimi si sono uniti diversi rappresentanti di altre denominazioni cristiane come il pastore armeno evangelico Harout Selimian e il rev. Ibrahim Nasir, leader della Chiesa Evangelica araba in Aleppo.

La giornata di festa è iniziata con una processione attraverso le vie che circondano l’edificio a suon di musica e bandiere sventolate, con in testa al corteo le insegne della Siria e del Vaticano, seguite da un ritratto di san Giorgio come raccontano fonti locali rilanciate da siti cristiani. Quattro scout hanno trasportato una magnifica icona di san Giorgio posata su un letto di fiori, mentre sacerdoti, vescovi, arcivescovi e patriarca hanno chiuso la processione.

Le celebrazioni si sono concluse con la recita dei vespri all’interno della chiesa gremita dai fedeli in ogni ordine di posto e la solenne benedizione impartita dal primate greco-melkita.

Intervistato da AciMena p. Fadi Najjar, preside della scuola cattolica adiacente il luogo di culto, ricorda i danni causati dal sisma: crepe nelle pareti della chiesa su entrambi i lati, gravi danni anche alla facciata esterna con caduta di pietre e calcinacci. “Il primo passo – spiega – è stato rimuovere le pietre cadute dall’alto”, poi si è proceduto ripristinando le mura e ridipingendo gli interni. I lavori hanno riguardato anche la Providence Private School, tanto che alla fine dei lavori “l’edificio è risorto magnificamente dalle proprie ceneri”.

Se in Siria si festeggia la ricostruzione di un luogo di culto cristiano, da Shushi in Azerbaigian giunge la conferma della completa distruzione (foto 4) della storica chiesa di san Giovanni Battista (S. Hovhannes Mkrtich), secolare punto di riferimento dei fedeli dell’area. A rivelare la devastazione sono una serie di fotografie satellitari scattate fra il 28 dicembre 2023 e il 4 aprile 2024 e rilanciate dal “Caucasus Heritage Watch”. Edificata dagli armeni nel 1847, la chiesa meglio nota anche come Kanach Zham era stata danneggiata durante la guerra del 2020. La diocesi di Baku della Chiesa ortodossa russa aveva rivendicato la struttura promettendo di ristrutturarla, ma ora non vi è più traccia. Nell’apprendere la notizia, la comunità armena esprime profonda “tristezza” anche per la concomitanza con l’anniversario del genocidio del 1915. In una nota i leader armeni sottolineano che “nella giornata dedicata alla memoria, è imperativo che la comunità internazionale condanni fermamente questi atti di distruzione e negazione della storia”.

Storia e cultura del popolo armeno, massacrato all’inizio del Novecento (Pressenza 27.04.24)

Il 24 aprile 2024 ha avuto luogo nell’Aula Magna del Liceo Statale Vito Capialbi di Vibo Valentia un evento in memoria del popolo armeno, vittima di uno spietato genocidio nei primi anni del ‘900, organizzato e curato dal Comitato Scolastico Diritti Umani.

A coordinare l’evento è stata Elisa Greco, studentessa della classe IIIB SU, che ha introdotto il tema per poi lasciare la parola al Dirigente Scolastico Ing. Antonello Scalamandrè, sempre pronto a comunicare ai ragazzi preziosi messaggi, il quale si è augurato che l’umanità possa finalmente comprendere la “ricchezza del diverso”.

Il primo intervento della giornata è stato a cura di Michela Sorleto, allieva della IVB SU, che ha descritto a 360 gradi la cultura, gli usi e i costumi del popolo armeno, soffermandosi in particolare sullo strumento musicale tradizionale conosciuto come “duduk” e riconosciuto patrimonio UNESCO. La parola è passata poi alla relatrice Miriam Meleca, della classe VB SU, che ha presentato un elaborato realizzato dalle studentesse della VE SU Giada Galati, Doriana Galeano, Asia Gasparro, Asia Grasso e Annalaura Sabatino, esponendo tutta la storia degli armeni: si è passati dalle origini fino alle prime diffamazioni nel corso del 1915, seguite dai massacri del 1916, nei quali persero la vita più di 600 mila armeni.

E’ poi intervenuto da remoto Gioacchino Strano, docente di storia bizantina presso l’Università di Catania, che si è soffermato sulla piccola comunità di armeni giunta in Calabria in seguito ad una spedizione militare.

L’ultimo intervento della giornata, anch’esso da remoto, è stato svolto da Anna Maria Samuelli, cofondatrice e responsabile dell’organizzazione no-profit “Commissione Educazione Gariwo”, la quale ha spiegato come gli armeni si sentano “due volte vittime” in quanto questo genocidio non è stato riconosciuto come tale e dunque è rimasto impunito.

A trarre le conclusioni dell’evento è stata la professoressa Anna Murmura, responsabile del Comitato Scolastico Diritti Umani, che ha invitato a dare voce e a ricordare i Giusti uccisi, cioè i disobbedienti di tutti i genocidi che hanno scelto il bene, per far sì che questo genocidio non venga “accantonato”.

Per il Comitato Scolastico Diritti Umani, Giusy Marcello, Erika Ruffa, Immacolata Pezzo, Giada Gotto, Annalaura Urzia, Iris Filia, Aurora Sconda.

Per interviste: Anna Murmura 3342983330

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Armenia-Azerbaigian: Erevan valuta un incontro tra ministri degli Esteri su proposta del Kazakhstan (Agenzianova 26.04.24)

L’Armenia sta valutando un possibile incontro del proprio ministro degli Esteri, Ararat Mirzoyan, con l’omologo dell’Azerbaigian, Jeyhun Bayramov, “su proposta del Kazakhstan”. Lo ha riferito la portavoce del ministero degli Esteri di Erevan, Ani Badalayan.

“L’Armenia valuta e apprezza gli sforzi di mediazione e le piattaforme di negoziazione che mirano realmente a raggiungere una pace duratura nel Caucaso meridionale”, ha detto la portavoce. Erevan sostiene inoltre “il riconoscimento da parte di Armenia e Azerbaigian della reciproca integrità territoriale” e “il processo di delimitazione (dei confini) basato su principi e documenti decisi congiuntamente, inclusa la dichiarazione di Alma-Ata del 1991”, ha spiegato Badalayan.

“Informeremo a proposito della data di una possibile incontro tra i ministri degli Esteri, proposto dal Kazakhstan, non appena un accordo sarà raggiunto”, ha aggiunto la portavoce. Già all’inizio di questa settimana il presidente azerbaigiano, Ilham Aliyev, si è pronunciato a favore di un incontro bilaterale dei ministri degli Esteri.

Liberarsi dall’ombra: L’eredità degli eventi del 1915 tra Türkiye e Armenia (TRT 26.04.24)

La Türkiye  da quando il presidente Erdoğan ha lanciato tale appello, ha consentito a scienziati e storici internazionali di accedere agli archivi del Paese.