‘Lo specchio armeno’ di Paolo Codazzi: presentazione alla Biblioteca Tognarini di Fiesole (Met.provincie 06.05.24)

 

Venerdì 10 maggio 2024, alle ore 18, presso la ‘Biblioteca comunale Ivano Tognarini’ di Fiesole (via Sermei 1), verrà presentato il romanzo di Paolo Codazzi ‘Lo specchio armeno’, edito da Arkadia. Dopo i saluti istituzionali, dialogherà con l’autore il Prof. Ugo Barlozzetti, critico d’arte e letterario. ‘Lo specchio armeno’ è un romanzo ricco di suggestioni, che affonda le sue radici in un passato a tratti lontano, a tratti vicino, in cui le esistenze dei personaggi narrati si incrociano dando vita a una storia originale e affascinante.

Trama. Il pittore-copista Cosimo Armagnati riceve la commissione di riprodurre un ritratto di donna conservato nella Galleria di Palermo: per straordinaria coincidenza, questa tela rappresenta per lui il punto di riferimento di tutti i suoi pensieri amorosi, definendosi come l’obiettivo di una lunga ricerca, tutta astratta e interiore, dell’amore assoluto e per questo inattingibile. Il quadro si rivela il punto di convergenza di diversi destini, anche lontanissimi nel tempo, che portano Cosimo a immergersi in una intricata tela di riferimenti che hanno a che fare con la pratica della stregoneria, con l’operato della Santa Inquisizione in Sicilia e con il vissuto di alcune figure storiche che sono collegate in modo indissolubile con il protagonista e con coloro che gli ruotano intorno.

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“Una famiglia armena”, a Borgaro l’emozionante e intenso libro di Laura Ephrikian. Arte e solidarietà (Nonsolocontro 06.05.24)

“Una famiglia armena” di Laura Ephrikian è il titolo del libro con la prefazione di Valter Veltroni, che sarà presentato mercoledì 8 maggio alle 17 al ristorante “La Perla” (via Gramsci 113)  a Borgaro.

L’autrice è la notissima attrice nota al grande pubbblico per i celebri “Musicarelli” e per il suo matrimonio con Gianni Morandi da cui sono nati due figli Marianna a Marco.

Laura Efrikian (come è nota a tutti), nata a Treviso,  è molto di più: attrice di teatro, cinema, televisione, pittrice, scrittrice e da 20 volontaria in Kenya,  nel libro racconta gli anni della sua giovinezza, i suoi antenati armeni, la storia della modifica al suo cognome così particolare che fin da piccola ha caratterizzato il suo rapporto con le persone.

Attualmente vive a Roma, ma trascorre lunghi periodi in Kenya  e di tanto in tanto ritorna nella sua Treviso dove ancora vive suo fratello Gianni, musicista, compositore e direttore d’orchestra come lo era suo padre Angelo, biondissimo e con quegli occhi azzurri che lei «piccola e nera» ha sempre invidiato, ma che geneticamente, quasi come un “dono” sono passati a sua figlia Marianna.

L’idea di questo libro – le memorie della sua famiglia – è nata dopo la lettura delle lettere che nonno Akop, quel nonno armeno diventato italiano dopo la guerra scriveva a nonna Laura. Nel pagine che scorrono veloci quasi come in uno dei tanti film di cui è stata interprete c’è il recupero, pieno di orgoglio, di quelle radici famigliari così particolari di cui  Laura racconta pagina capitolo dopo capitolo sentendosi anche parte di un popolo «duro da scalfire come la roccia», vittima del primo genocidio del XX°secolo  di cui il mondo si è macchiato in un colpevole silenzio.

Il pomeriggio letterario sarà introdotto dall’assessore Eugenio Bertuol cui faranno seguito i saluti del sindaco Claudio Gambino e poi spazio alle parole di questa grande donna che dopo la parentesi cinematografica ha saputo reinventarsi con cretività e impegno offrendo anche il suo tempo come volontaria in Kenya per migliorare la vita di quei bambini.

Ingresso libero e in conclusione aperitivo con buffet.

Il libro di Laura Ephrikian sarà anche presente al Salone Internazionale del Libro di Torino in programma dal 9 al 13 maggio.

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ARMENIA: Vivere a Yerevan, tra Gayropa e il carovita (Eastjournal 06.05.24)

Nelle strade di Yerevan, la capitale armena, si intrecciano interessi geopolitici e propaganda russa, mentre la vita degli abitanti si fa più dura a causa delle conseguenze della guerra in Ucraina e dell’inflazione.

DA YEREVAN – “Ci piacerebbe ma siamo troppo diversi”, così risponde Nikola, giovane armeno, quando gli chiediamo cosa penserebbe se il Paese entrasse nell’Unione Europea. “In Europa è normale vedere due uomini baciarsi in pubblico, ragazze con minigonne cortissime e bambini che denunciano i propri genitori. In più quasi tutti gli europei sono gay, noi no!”.

Catene mentali russe 

Frasi simili si sentono in continuazione per le strade di Yerevanstereotipi assurdi in cui moltissime persone credono e che ripetono perentoriamente. Un turbinio di luoghi comuni che mistificano la realtà, riproponendosi con diverse sfumature in tutto il Paese.

Sono gli effetti della propaganda di Putin, spiega Armen, emigrato per 32 anni in Russia ed ora rientrato a Yerevan. La macchina comunicativa del Cremlino mira a descrivere gli europei come un popolo debole, fatto di uomini gay e effeminati, a cui si contrappone il forte e rude uberman russo. Per denigrare il vecchio continente è stato addirittura coniato un termine: Gay-vrop (traducibile come Euro-gay, o Gayropa), un gioco di parole che fonde l’identità europea con quella omosessuale, secondo banali schemi omofobi.

L’eco della propaganda russa in Armenia è forte, un retaggio sovietico ancora in voga che permea la società con l’obbiettivo di influenzare il dibattito pubblico. Mosca vuole rimanere il punto di riferimento culturale e valoriale per i paesi dell’ex-Urss e il posizionamento geopolitico di Yerevan non fa eccezione.

Secondo Sara, giornalista armena esperta di comunicazione, l’ingresso in Unione Europea porterebbe molteplici vantaggi, sia economici che di sicurezza nazionale: “Sarebbe un netto miglioramento per la vita del Paese e ne sono consapevoli anche i sostenitori della becera propaganda russa”, continua, “posti di fronte alla concreta prospettiva di entrare in UE, si dimenticherebbero immediatamente di tutte queste sciocchezze e accetterebbero di buon grado”.

Putin sa che sfruttare l’omofobia è una strategia vincente in Armenia, in quanto si tratta di un sentimento diffuso e tangibile. I membri della comunità LGBTQ+ non hanno vita facile, tra stigma sociale e discriminazione istituzionale. Harutyun, presidente dell’ONG Equal Youth, ci conferma che “gli omosessuali sono dichiarati incompatibili con la vita militare e non possono servire nell’esercito”.

Nonostante questa e altre forme di discriminazione, paradossalmente, l’Armenia è il paese del Caucaso in cui è meno pericoloso vivere per un omosessuale e a Yerevan si stanno verificando timidi miglioramenti su questo fronte. Infatti, a gennaio c’è stato il primo caso in cui l’Armenia si è rifiutata di estradare un cittadino omosessuale in Russia, dove il governo conduce da diversi anni una feroce campagna contro gli omosessuali.

Sergey [nome di fantasia, ndr] ci conferma il regime di discriminazione che vige in Russia, dove ha vissuto fino a poco fa. Giornalista ceceno di 40 anni, Sergey ha condotto una vita normale fino a quando è stato scoperto ad intrattenere una relazione sentimentale con un altro uomo. Da un giorno all’altro è costretto a mollare tutto e fuggire, prima in Georgia e poi in Armenia, in attesa di trovare un modo per raggiungere l’Europa. Ancora sotto choc, Sergey racconta la sorte che molto probabilmente sta affrontando il suo compagno, di cui non ha notizie da quando è fuggito, sorte che sarebbe toccata anche a lui se non fosse riuscito a scappare in tempo.

Una delle possibilità è che venga processato, dal momento che in Russia il movimento LGBTQ+ è stato classificato come estremista e illegale, e i suoi presunti esponenti possono essere condannati fino a 12 anni di detenzione. Nella peggiore delle ipotesi, invece, l’imputato sparisce nel nulla. Senza mezzi termini Sergey afferma: “da noi la polizia uccide, la gente lo sa”.

Sergey è disperato, l’omosessualità è uno stigma anche per la sua famiglia che da settimane non esce più di casa per la vergogna; l’unica speranza che ha di rifarsi una vita dipende dalla possibilità di riuscire ad ottenere un visto per un paese europeo.

Turisti europei, lavoratori indiani, esuli russi, sfollati del Karabakh

Mentre parliamo, dall’Europa che sogna Sergey, giungono nella capitale armena aerei pieni di turisti che percorrono il tour del Caucaso: Yerevan-Tbilisi-Baku. “Molto spesso vengono solo per mettere una bandierina sulla cartina e si fermano uno o due giorni, senza interessarsi a dove si trovano”, racconta Armen, “non conoscono la nostra storia e attraversano, ignari, confini bagnati da sangue ancora caldo, per noi impercorribili da più di trent’anni”.

Quando i turisti in cerca di divertimento arrivano a Yerevan, devono però contendersi i posti negli ostelli con i lavoratori indiani e gli esuli russi che lavorano nel Paese da anni senza riuscire a permettersi un appartamento in affitto. La capitale, infatti, sta attraversando una profonda emergenza abitativa, principalmente dovuta alle ripercussioni della guerra in Ucraina ed al turismo. Sono moltissimi i russi che, allo scoppio della guerra, si sono trasferiti in Armenia per sfuggire alla mobilitazione generale.

Qui possono vivere tranquillamente senza bisogno di visti, tutti conoscono il russo ed il loro potere d’acquisto è notevole grazie al cambio favorevole. Non solo, anche numerosi imprenditori e professionisti russi hanno trapiantato le proprie attività a Yerevan, dove conducono i propri affari per conto di aziende e società formalmente armene, aggirando così le sanzioni europee senza troppe difficoltà.

Inoltre, a questo flusso consolidato si è aggiunta anche una buona parte dei centomila sfollati del Nagorno Karabakh, riparati a Yerevan dopo la dissoluzione della Repubblica nel settembre 2023.

Affitti e inflazione, la vita a Yerevan è sempre più dura

La somma di queste dinamiche influisce sul mercato immobiliare di Yerevan, dove gli affitti sono ormai simili a quelli che si trovano nelle città dell’Europa occidentale, nonostante il reddito complessivo del 60% delle famiglie armene non supera gli 800 dollari al mese. Trovare un appartamento di 50 mq in periferia a meno di 450-500 dollari è praticamente impossibile, per  non parlare della zona centrale, dove gli affitti sono aumentati anche del 300%.

A rincarare la dose sulle tasche degli armeni è stata anche l’ondata inflazionistica degli ultimi due anni che, sulla scia delle economie occidentali, non ha risparmiato il Caucaso. Basta vedere gli scaffali dei supermercati che riportano prezzi paragonabili a quelli italiani, o addirittura maggiori per i prodotti d’importazione.

Dal punto di vista economico la vita nella capitale armena è sempre più dura per chi percepisce uno stipendio armeno, nonostante nel 2023 il PIL sia cresciuto dell’8,7%, un dato evidentemente  distorto dal turismo e dalle aziende russe stabilitesi in Armenia, attività che non generano lavoro di qualità e redistribuzione della ricchezza.

Alla luce di queste problematiche è possibile comprendere la disillusione dei cittadini di fronte alle promettenti stime di crescita economica del governo armeno. Stretti tra una Russia che non vuole cedere la propria influenza regionale e un’Europa ancora troppo lontana dalla vita quotidiana, gli armeni si ritrovano impoveriti e dal futuro incerto.

In copertina: foto di Yerevan scattata dall’autore

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Incontro Armenia-Azerbaigian il 10 maggio a Almaty (Ansa 06.05.24)

BRUXELLES – I ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian, Ararat Mirzoyan e Bayramov Jeyhun, si incontreranno ad Almaty, in Kazakistan, il 10 maggio.

Lo annuncia la portavoce del ministero degli Affari Esteri armeno, Ani Badalyan, via X.

Sospeso dall’ottobre 2023, invece, il tradizionale formato trilaterale che vedeva le leadership dei due Paesi incontrarsi a Bruxelles con la mediazione del presidente del Consiglio UE, Charles Michel.

L’incontro di Almaty arriva mentre la commissione interstatale Azerbaigian-Armenia sulla delimitazione dei confini reciproci si è incontrata diverse volte negli ultimi mesi, portando all’accordo sul primo punto di demarcazione lo scorso marzo.

Tra Armenia, Georgia e Azerbaigian: terza puntata di “On the road again” (Liberta.it 05.04.24)

Nella terza puntata del nuovo format di Telelibertà, “On the road again”, in onda domenica 5 maggio, alle 20.10, il viaggiatore e videomaker Roberto Salini conduce il telespettatore alla scoperta di panorami mozzafiato che abbracciano un’ampia regione, dal Caucaso fino alle rive del Mar Caspio.

IN VIAGGIO TRA ARMENIA E AZERBAIGIAN

Con la sua maestria nel raccontare storie attraverso l’obiettivo della telecamera, Salini ci condurrà in un viaggio indimenticabile, in cammino tra Armenia e Azerbaigian, dall’incredibile monastero accanto al biblico monte Arat, in Turchia, fino a Baku, passando per la Georgia.

INTRECCIO DI CULTURE

Focus interessante sulla capitale dell’Azerbaigian, Baku appunto, la più grande città e il più grande porto del Paese e di tutto il Caucaso. Un affascinante crocevia di culture e influenze. Qui, le trame orientali si intrecciano con gli influssi occidentali, creando un ricco tessuto urbano caratterizzato da una suggestiva mescolanza di stili architettonici. Tra le sue strade, si possono ammirare le eleganti linee gotiche che si fondono armoniosamente con le sfumature barocche, dando vita a un orizzonte urbano unico e affascinante.

ESPERIENZE PER TUTTI I SENSI

I viaggi di Salini diventano un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, un meraviglioso gioco di incastri dove i costumi e le tradizioni si mescolano, arricchendo il bagaglio di conoscenze. Ogni città, ogni villaggio ha la sua storia da raccontare, i suoi segreti da svelare, e ogni passo lungo i sentieri del mondo è un passo verso la scoperta di sé e del prossimo.

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Snap di Rosa Linn (Eurovision 2022 Armenia) supera il miliardo di streaming Spotify (Eurofestivalnew 04.05.24)

Per la seconda volta nella storia dell’Eurovision una canzone sfonda la quota del miliardo di riproduzioni in streaming su Spotify. A raggiungere tale traguardo è “Snap” di Rosa Linn, che abbiamo ascoltato proprio di recente al Concerto del Primo Maggio a Roma.

Prima di “Snap”, solo “Arcade” di Duncan Laurence (Paesi Bassi 2019, canzone vincitrice) è riuscita a superare questa quota e si trova oggi oltre un miliardo e 150 milioni di riproduzioni.

Rosa Linn e la fama di “Snap”

L’artista gareggiò per l’Armenia all’Eurovision 2022 di Torino, cantando per ottava e classificandosi al 20° posto. “Snap”, però, iniziò a circolare vorticosamente su TikTok, diventando virale e dando all’artista un successo clamoroso.

I dischi di platino sono piovuti in ogni dove, e in Italia ad oggi se ne contano ben quattro, più di quanto abbia mai fatto qualunque entry eurovisiva non dell’Italia.

Rosa Linn e il legame con l’Italia

Di “Snap” esiste anche la versione con versi in italiano, eseguiti da Alfa. Proprio lui ha invitato l’artista armena in parte del proprio tour, che tra gli altri ha toccato proprio il Pala Olimpico di Torino, che oggi è noto come Inalpi Arena, sede dell’Eurovision 2022.

S’è detto anche del Concertone, che quest’anno è stato spostato dalla tradizionale location di Piazza San Giovanni al Circo Massimo. A Rosa Linn è stato concesso spazio in prima serata, a conferma di un’attenzione davvero importante e anche giusta per il suo successo.

Numerosissimi sono stati gli attestati di affetto di Rosa Linn per l’Italia attraverso i social. E non è neanche un caso che, tra le canzoni eseguite nella parte di tour di Alfa in cui è stata invitata, ci fosse “Fai rumore” di Diodato, da lei molto amata. Ancora oggi sul suo Instagram si può vedere il momento in cui lei canta mentre l’artista pugliese si esibisce sul palco torinese in uno degli interval act di maggior presa della storia recente del concorso.

Distrutta la chiesa di San Giovanni Battista in Nagorno Karabakh (AciStampa 03.05.24)

È terminata proprio nei giorni di commemorazione del genocidio armeno la distruzione della chiesa di San Giovanni Battista a Shushi, in Nagorno Karabakh, la regione che nell’antica denominazione armena viene conosciuta come Artsakh. La demolizione è stata ordinata dal governo azerbaijano, che pure da quando ha il controllo della regione ha sottolineato di non voler distruggere niente, e anzi di voler restaurare e migliorare le infrastrutture esistenti, trattando tutti da cittadini eguali.

Eppure, la distruzione della chiesa, documentata da immagini satellitari diffuse da L’Oeuvre d’Orient, l’associazione francese che si occupa dei cristiani di oriente, dà corpo al terrore più grande per gli armeni, che è quello di un “genocidio culturale” in atto nel Nagorno Karabakh, territorio conteso all’Azerbaijan e ricaduto sotto il controllo di Baku dopo il recente conflitto e una pace dolorosa firmata dall’Armenia. Una pace che ha messo in luce un possibile pericolo per i monasteri cristiani presenti nel territorio passato sotto il controllo azerbaijano.

L’Oeuvre d’Orient, nel diffondere le immagini – ha sottolineato che “è imperativo che la comunità internazionale condanni fermamente questi atti di distruzione e negazione della storia” e ha chiesto “un’azione concertata per garantire la protezione dei beni culturali e religiosi delle comunità della regione, in conformità con la Convenzione dell’Aja del 1954 ratificata dall’Azerbaijan nel 1993”.

La chiesa di San Giovanni Battista è conosciuta come Kanach Zham, ovvero cappella verde, con riferimento alle cupole precedenti della chiesa, di colore verde.

La chiesa è stata costruita nel 1818, nello stesso luogo in cui si trovava la chiesa di legno Gharabakhtsots. Era disegnata secondo un unico schema cruciforme, con la facciata orientale adiacente alla parte occidentale della cappella, mentre l’alta cupola della Chiesa e la sua cappella potevano essere chiaramente viste a distanza lungo la città. Anche gli interni della chiesa avevano alcune unicità architettoniche.

Intorno al novembre 2020, fu riportato da fonti armene e non che le torri della chiesa erano state distrutte dopo che Shushi era stata conquistata dalle trutte Azerbaijane. Il danneggiamento della chiesa è stato condannato dalla Chiesa Madre di Etchmiadzin.

Nel febbraio 2021, alcune immagini satellitari mostrarono che la Chiesa era stata ulteriormente deteriorata. Da parte azerbaijana, fu negata la distruzione della chiesa, negando anche l’eredità culturale degli armeni, e anzi sostenendo che la chiesa veniva dalla Russia e fu armenizzata solo negli anni intorno al 1840.

Anche l’Eparchia di Baku della Chiesa Ortodossa Russa aveva affermato che la chiesa sarebbe comunque rinnovata, e dei video della BBC mostravano che la chiesa era in visibile rinnovamento.

Ma il 18 aprile, il Caucasus Heritage Watchun gruppo armeno di supervisione dei monumenti di accademici delle università Purdue e Cornell, hanno mostrato che la chiesa è stata completamente distrutta.

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La presenza militare russa in Armenia e Tagikistan è sul filo del rasoio. Ecco perché (Formiche 03.05.24)

 dissidi tra Mosca e Yerevan potrebbero portare alla chiusura della storica base russa in territorio armeno, che assesterebbe un duro colpo all’influenza del Cremlino nel Caucaso. Con il rischio concreto di un effetto domino

L’allontanamento tra Armenia e Russia si fa sempre più evidente. Quando nel settembre del 2023 l’Azerbaigian ha ripreso l’offensiva nel Nagorno Karabakh, il contingente di Mosca schierato in loco con funzioni di peacekeeping non è intervenuto a difesa degli Armeni, mentre il Presidente del Consiglio di sicurezza della Russia Dmitry Medvedev rilasciava una dichiarazione dove tra le linee suggeriva che la Russia non avrebbe aiutato il Paese caucasico guidato dal primo ministro Nikol Pashinyan, a causa del suo spostamento di traiettoria in politica estera e del suo avvicinamento all’Occidente. Tutto questo nonostante l’Armenia facesse parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, l’alleanza militare costituita tra diversi Paesi dello spazio post-sovietico all’indomani della caduta dell’Urss. E Yerevan ha reagito di conseguenza decidendo di sospendere la propria partecipazione al Csto nel febbraio di quest’anno, con il Primo Ministro Pashinyan che ha giustificato la decisione affermando che la Russia “non ha adempiuto ai suoi obblighi di sicurezza nei confronti dell’Armenia”. In tutta risposta, il Cremlino ha ordinato poche settimane fa il totale ritiro del contingente di peacekeeping schierato in Nagorno Karabakh secondo quanto previsto dagli accordi del cessate il fuoco stipulati nel 2020.

Una mossa a cui l’Armenia sembra intenzionata a rispondere in modo significativo: secondo alcune fonti, il governo di Pashinyan starebbe valutando la richiesta di chiudere la base militare russa di Gyumri, simbolo della cooperazione militare tra i due Paesi. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il nuovo stato armeno indipendente ha offerto alla Federazione Russa l’utilizzo della base militare in questione, sita in una posizione strategica trovandosi a meno di dieci chilometri dal confine con lo storico nemico turco (ma anche vicino al confine con la Repubblica islamica dell’Iran). Proprio la paura che Ankara potesse sfruttare gli smottamenti geopolitici allora in corso aveva spinto Yerevan a guardare verso Mosca, sua storica protettrice. Quasi trentacinque anni dopo, la base da cui la Russia “non se ne andrà mai”, secondo quanto detto dallo stesso presidente russo Vladimir Putin, sembra destinata ad essere smantellata, così come la presenza militare russa in Armenia.

Uno sviluppo che potrebbe avere conseguenze anche al di fuori dei confini del Paese, spingendo altri Stati ex-sovietici a riconsiderare la presenza di forze russe sul loro territorio. In un intervento sul sito della Jamestown FoundationPaul Goble riporta l’opinione di alcuni analisti russi secondo cui il governo del Tagikistan, già indignato per il trattamento riservato da Mosca ai lavoratori migranti tagiki in seguito all’attacco terroristico al Crocus City Hall, sia stato “contagiato” da questo pensiero armeno e potrebbe chiedere a Mosca di chiudere la sua base militare in Tagikistan. Per i suddetti esperti un simile sviluppo rappresenterebbe il crollo totale dell’influenza russa nello spazio post-sovietico, e sarebbe il risultato diretto dell’attenzione ossessiva di Mosca per l’Ucraina, che l’ha portata a trascurare il “Near Abroad”.

Tuttavia, nelle ultime settimane la leadership armena ha in più occasioni dichiarato di voler mantenere relazioni politico-economiche di stampo positivo con Mosca. L’ultima dichiarazione di questo genere è stata quella del ministro degli Esteri armeno Tigran Balayan, secondo cui “la Russia non ha nulla da temere dall’Unione Europea nel Caucaso meridionale”, dato che la posizione dell’Armenia significa che “storicamente e praticamente ha così tanti legami con la Russia” e che chiunque pensi che l’Armenia possa rompere tutti questi legami vive in un mondo fantastico. Ma l’atteggiamento di Mosca non sembra essere predisposto alla cooperazione.

Alcuni organi di stampa russi riferiscono che la considerazione di Dushanbe di chiudere la base russa sul proprio territorio utilizza esattamente lo stesso linguaggio che i funzionari armeni stanno usando nei confronti di Gyumri. È probabile che tali notizie spingano Mosca a utilizzare le risorse di cui dispone per aumentare la pressione non solo sull’Armenia, ma anche sul Tagikistan, rischiando così di avviare essa stessa un processo di autoespulsione dalla sua sfera d’influenza.

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CAUCASO: LA POLVERIERA ARMENIA & AZERBAIGIAN CHE FA STORIA (E NON SOLO)

Azerbaigian e Armenia negozieranno la pace con il ritorno simbolico alla capitale kazaka Almaty (Colornews 03.05.24)

I ministri degli Esteri dell’Azerbaigian e dell’Armenia hanno in programma di incontrarsi ad Almaty, suscitando nuove speranze per un trattato di pace tra i due avversari e un ripristino delle relazioni con l’Unione Europea.

L’ex capitale kazaka rappresenta un punto d’incontro simbolico. È qui che nel dicembre 1991 fu firmato lo storico Protocollo di Alma-Ata. Il documento dichiarava la dissoluzione dell’Unione Sovietica e gettava le basi per lo sviluppo della Comunità di Stati Indipendenti (CSI).

Anche se la data dell’incontro non è stata ancora resa nota, funzionari di entrambe le parti avrebbero confermato la loro partecipazione.

Accogliendo con favore l’accordo per far avanzare i colloqui sul trattato di pace ad Almaty, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha affermato che ciò contribuirà all’instaurazione di una pace duratura nel Caucaso meridionale.

Il presidente ha effettuato una visita ufficiale a Yerevan nel mese di aprile, durante la quale ha espresso la disponibilità a facilitare i negoziati di pace sul suolo kazako. Insieme al primo ministro armeno Nikol Pashinyan hanno firmato 10 documenti con l’obiettivo di rafforzare i legami bilaterali.

Rispetto dell’integrità territoriale

Accogliendo con favore l’annuncio, l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha espresso l’impegno del blocco a sostenere un futuro stabile e pacifico per il Caucaso meridionale.

Borrell ha detto che l’Unione europea è impegnata a facilitare la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaigian, ha invitato Baku ad impegnarsi in colloqui di pace sostenibili e a rispettare l’integrità territoriale dell’Armenia se non vuole mettere in pericolo le relazioni con l’Unione.

Borrell ha ricordato all’Armenia la sovvenzione di 270 milioni di euro offerta attraverso il Piano di crescita per il periodo 2024-2027, al fine di sostenere la resilienza del Paese mentre le parti lavorano insieme su una nuova agenda di partenariato, volta a rafforzare la cooperazione in tutti i settori.

L’ambasciatore dell’Unione Europea in Azerbaigian, Peter Michalko, ha ribadito il sostegno del blocco per un accordo di pace. “Spetta ad entrambe le parti cercare soluzioni e percorsi di progresso”, ha detto ai giornalisti nella capitale azera.

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Armellino in fiore. Artur Zakiyan in concerto per commemorare il genocidio armeno (Oggitreviso 02.05.24)

Armellino in fiore.

Artur Zakiyan in concerto per commemorare il genocidio armeno

quando 04/05/2024
orario Dalle 21:00 alle 23:00
dove Treviso
Auditorium Santa Caterina, Piazzetta Mario Botter 1 – Treviso
prezzo Euro 15,00
info 3274610693
organizzazione nusica.org

Armellino in fiore è il titolo dell’evento che vuole commemorare il dramma del genocidio armeno 24 aprile 1915.

Il 4 maggio 2024, alle ore 21 presso l’Auditorium Santa Caterina (Piazzetta Mario Botter 1, Treviso), Artur Zakiyan si esibirà intrecciando l’essenza ipnotica della musica etnica armena al fascino immortale della musica classica contemporanea, con cadenze rilassanti d’influenza new age.

L’esibizione si inserisce in un programma che include anche la presentazione libro Il genocidio degli armeni di Sandra Fabbro Canzian, prevista il 24 aprile alle ore 17 presso il Museo civico di Treviso “Luigi Bailo”, in Sala Vittorio Zanini e la mostra dell’artista Ararat Sarkissian, che sarà inaugurata alle 17 e aperta al pubblico dal 19 aprile al 12 maggio presso lo stesso Museo, nelle sale espositive temporanee al pianterreno. Entrambi gli eventi sono a ingresso libero.

A portare in città gli appuntamenti è il Comune di Treviso insieme all’Unione Armeni d’Italia.
Il concerto è organizzato dall’associazione nusica.org attiva dal 2012 nella realizzazione di eventi a carattere culturale e in particolare di concerti di musica jazz, con il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica di Armenia in Venezia in collaborazione con Gayane SahakyanFondazione “Feder Piazza” e Galleria Antikyan.
L’evento è supportato inoltre da Jane Demirchian, mecenate armena.

Nel solco di un percorso musicale iniziato sotto la guida del nonno Christopher, rinomato percussionista e fondatore della prestigiosa scuola di strumenti a percussione in Armenia, e dopo un lungo perfezionamento negli USA, Zakiyan si abbevera alla fonte della migliore tradizione musicale classica, coniugando innovazione e modelli antichi, in un viaggio sensoriale che celebra il patrimonio culturale del suo Paese.

Ad aprire il concerto sarà Baykar Sivazliyan, Presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia, politico, turcologo e armenista, dirigente politico della Diaspora armena, che terrà un discorso in commemorazione del genocidio.

(Biglietti: ingresso € 15,00, in vendita su OOH.EVENTS e in loco, previa disponibilità. Per info: +39 3274610693, staff@nusica.org)

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