Armenia, ancora proteste per i confini con l’Azerbaijan (Osservatorio Balcani e Caucaso 21.05.24)

A seguito della storica decisione di Yerevan e Baku di delimitare parte del confine tra Armenia e Azerbaijan, gli sforzi verso un accordo per normalizzare le relazioni proseguono nonostante le proteste anti-Pashinyan

21/05/2024 –  Onnik James Krikorian

La settimana scorsa, Armenia e Azerbaijan hanno annunciato che il processo di delimitazione di una parte del confine condiviso è stato completato. La notizia è stata ampiamente accolta dalla comunità internazionale come un passo importante verso un accordo per normalizzare le relazioni tra i due paesi dopo oltre tre decenni di inimicizia. L’opposizione armena, tuttavia, continuaa contestare la mossa definendola “illegale” e “incostituzionale”.

Secondo il governo armeno, tuttavia, il processo è stato condotto senza cedere alcun territorio de jure e si basa sulla dichiarazione di Alma-Ata (Almaty) del 1991 che ha segnato la dissoluzione dell’ex Unione Sovietica e la fondazione della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Nell’ottobre 2022 a Praga, i leader armeno e azero hanno concordato di utilizzare il trattato come base per il reciproco riconoscimento e la delimitazione dei reciproci territori.

L’Unione europea ha accolto con favore i progressi e il conseguente protocollo, incoraggiando entrambe le parti a compiere “ulteriori passi decisivi per affrontare altre questioni bilaterali in sospeso” e restando “impegnata a sostenere gli sforzi volti a portare una pace sostenibile e duratura nella regione del Caucaso meridionale”.

In una riunione di gabinetto del 16 maggio, Pashinyan ha definito l’accordo sul confine un “grande successo” e ha sostenuto che sarebbe servito da modello per delimitare e demarcare altre parti del confine in futuro.

“È stata posta una pietra miliare importante per l’ulteriore sviluppo e rafforzamento della nostra sovranità e indipendenza”, ha affermato il primo ministro armeno. “Per la prima volta dall’indipendenza, la nostra repubblica ha un confine delimitato ufficialmente”.

Alcuni residenti nella sezione di confine in questione non sono così entusiasti. Alcune proprietà e parte di una strada passeranno sotto il controllo dell’Azerbaijan, ma il governo afferma che affronterà questi problemi sulla base delle mappe militari  sovietiche del 1976 che rimangono valide nel contesto di Alma-Ata.

Tuttavia, il leader del movimento di protesta, l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, continua a collaborare con la Federazione rivoluzionaria armena–Dashnaktsutyun (ARF-D) dell’opposizione e il Partito repubblicano degli ex presidenti Robert Kocharyan e Serzh Sargsyan per mettere sotto accusa Pashinyan in parlamento. Nel fine settimana l’arcivescovo ha incontrato anche i leader dell’opposizione extraparlamentare per ottenere il loro sostegno in vista della manifestazione del 26 maggio che si terrà in Piazza della Repubblica.

Diversi leader e altri ex funzionari continuano a sostenere la nomina di Galstanyan a primo ministro nel caso in cui Pashinyan fosse deposto, anche se l’arcivescovo non è idoneo per la posizione poiché ha preso la cittadinanza canadese quando era primate della diocesi della Chiesa apostolica armena in Canada. Anche se rinunciasse, non soddisferebbe  il requisito dei quattro anni di possesso della sola cittadinanza armena.

Sebbene le principali manifestazioni siano sospese fino al 26 maggio, il 15 maggio Galstanyan ha riunito diverse centinaia di sostenitori del suo movimento Tavush per la Patria in quattro punti separati attorno a Piazza della Libertà di Yerevan, dove Pashinyan avrebbe dovuto parlare alla riunione annuale della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Le strade principali sono state bloccate dai manifestanti, che però si sono tenuti lontani dal palazzo dell’Opera dove si svolgeva la conferenza.

Secondo i manifestanti, la massiccia presenza della polizia era la prova che il primo ministro, che accusano di tradimento, “vive nella paura” e non è in grado di controllare il Paese. La loro attenzione si è rapidamente spostata dal tentativo di fermare il processo di frontiera al cambio di regime.

Imperturbabile, Pashinyan si è rivolto ai delegati con un discorso ottimista sui processi in corso nel paese, compresa la normalizzazione. “Il processo di demarcazione tra Armenia e Azerbaijan è iniziato in questi giorni e dovrebbe diventare uno degli strumenti che insegneranno all’Armenia e all’Azerbaijan a vivere pacificamente”, ha affermato.

Nel quadro dell’accordo, le forze militari saranno ritirate e sostituite da guardie di frontiera man mano che ogni sezione sarà finalizzata. Questo processo è già in corso.

Tuttavia, in un recente sondaggio condotto questo mese, il rating di Pashinyan è sceso al 12,8%, seppur sempre superiore a quello dell’ex presidente Robert Kocharyan. L’arcivescovo Galstanyan, incluso per la prima volta, è arrivato secondo con il 3,9%. Tuttavia, un gran numero di armeni rimane indeciso o non intenzionato a votare.

Mentre Galstanyan si prepara per la sua prossima manifestazione di massa del 26 maggio, la prossima settimana probabilmente determinerà se l’opposizione unita potrà rinvigorire il movimento altrimenti in declino.

Un ulteriore sostegno da parte della comunità internazionale potrebbe essere sufficiente per impedire le dimissioni forzate o l’impeachment di Pashinyan. Solo il 9,3% degli intervistati ha sostenuto i tentativi di sfiduciarlo, mentre il 30% ritiene che dovrebbe semplicemente dimettersi.

Per quanto riguarda Galstanyan, nonostante il sostegno alla sua candidatura da parte di diverse forze di opposizione, solo il 6,7% sarebbe favorevole alla sua nomina a primo ministro in un governo di transizione, qualora si formasse, mentre circa l’81,5% si è dichiarato indeciso o contrario a qualsiasi tra i principali leader dell’opposizione.

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La cantante armena dell’Eurovision canta in napoletano: la sua voce incanta (Corriere della Sera 21.05.24)

Ha ammesso durante l’intervista con «Elle» di avere una passione per la canzone napoletana

Corriere Tv / CorriereTv

La cantante Jaklin Baghdasaryan è la voce del duo franco armeno Ladaniva che quest’anno rappresentava l’Armenia all’Eurovision Song Contest di Malmo.
Durante un’intervista rilasciata a «Elle», ha raccontato di amare la canzone napoletana e si è esibita in una versione di «Dicitencello vuje» a cappella che ha incantato la giornalista.

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Intervista a Carlo Verdone (Totapulchra 21.05.24)

Carlo Verdone non ha bisogno di presentazioni. Insieme a Mario Brega, Gigi Proietti rappresenta una Roma sana, schietta e dolcemente vivibile nonostante le difficoltà tipiche di ogni epoca. C’è però un aspetto meno noto del nostro attore, ovvero, il suo grande amore per l’Armenia. Ebbene si, pochi sanno che il papà di Carlo è stato un diffusore della cultura armena in Italia, soprattutto delle opere del poeta Yeghishe Charents.

Ciao Carlo, quando nasce il tuo amore per l’Armenia?

Il mio amore per l’Armenia è nato relativamente da poco, quando alcune associazioni culturali armene e l’Ambasciata Armena mi hanno chiesto di poter utilizzare alcune traduzioni che mio padre aveva fatto riguardo il poeta Yeghishe Charents. Non ho esitato a consegnare tutta la documentazione e, di li a poco, ho contribuito alla prefazione di un libro della scrittric Letizia Leonardi sulla poetica di Charents. Per scrivere la prefazione mi sono dovuto documentare su ciò che è la storia armena, culturale ed anche politica e pian piano mi sono affezionato a questo popolo cosi sofferente ma cosi prolifico da un punto di vista artistico. Basti pensare al regista Sergej Parajanov , al sopracitato poeta Charents ed al più recente musicista Aznavour.

L’Armenia è stato il primo stato cristiano della storia. Stai rilasciando questa intervista per un’associazione di ispirazione Cattolica. Cosa rappresenta per te la fede?

Avere fede , una vera fede, è una delle vette più difficili da raggiungere soprattutto di questi tempi dove il mondo va in una direzione radicalmente opposta ai principi della nostra fede cristiana. La situazione è sconfortante non solo da un punto di vista spirituale ma anche politico dove regna la mediocrità assoluta in tutto il mondo. Quello che dopo la seconda guerra mondiale sarebbe dovuto essere un periodo di ricerca, di evoluzione si è trasformato in un periodo di guerra perenne in varie parti del mondo. Tornando alla tua domanda, visualizzo la fede come una montagna da scalare , ardua e perigliosa, ma semplificata dalla preghiera: senza preghiera non esiste una reale fede.

Roma. Cosa rappresenta la città eterna per te e soprattutto come è cambiata Roma rispetto ai suoi anni d’oro (anni 70/80)?

Purtoppo non vedo più Roma come la vedevo 50 e passa anni fa. E’ cambiato il mondo, è cambiata l’Italia e cambiata purtroppo anche Roma. Roma è cambiata soprattutto dal punto di vista della qualità della vita. Quello che vedo è la mancanza di manutenzione ordinaria , un alto grado di sciatteria e sento molti giovani che sanno solo riempirsi del nome di Roma ma che in realtà non la amano davvero continuando a sporcarla, imbrattarla e deturparla. Difatti spesso incontro turisti che si meravigliano dei molteplici ‘’murales’’ presenti al centro di Roma che a mio parere non rappresentano ne una forma di protesta ne tantomeno di arte ma semplici atti vandalici. Questa gente non si accorge che rovinano una città che ha già tanti problemi come lentezze burocratiche, traffico etc. etc. La Roma che ho visto io forse è stata la città più bella del mondo a quei tempi almeno fino a fine anni 80 dopo i quali è precipitata senza possibilità di appello. Aspettiamo che ci sia una riflessione da parte di tutti , cittadinanza e politici, affinché la città eterna venga salvata e non affossata definitivamente.

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Laura Ephrikian a Grottaminarda . Da Gianni Morandi al Kenya passando per “Una famiglia armena” (Itvonline 20.05.24)

Una vita spesa per l’arte, nelle sue varie forme, dalla musica al cinema e poi design scrittura e  pittura, l’arte  oggi finalizzata alla beneficenza e alla  missione in Kenya , sua seconda patria. Laura Ephrikian si è raccontata dinanzi ad un folto pubblico, nel castello d’Aquino di Grottaminarda , grazie ad un incontro organizzato dall’associazione  “Il Quarzo Rosa” . Dai tempi di “Non son degno di te” e della relazione con Gianni Morandi  ad oggi, un racconto ricco di spunti e riflessioni, in occasione della presentazione del suo libro “Una famiglia Armena”;  libro autobiografico, che parla delle sue origini armene  e ripropone  temi di grande attualità. Dall’immigrazione all’accoglienza fino ad arrivare al genocidio  della popolazione armena.

(Intervista a Laura Ephrikian)

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Proteste in Nuova Caledonia: i motivi delle accuse della Francia all’Azerbaijan (Euronews 20.05.24)

La Francia ha accusato l’Azerbaijan di sostenere i movimenti indipendentisti e diffondere disinformazione in Nuova Caledonia, in un contesto di tensioni geopolitiche più ampie

Nonostante la distanza geografica e culturale tra l’Azerbaijane la Nuova Caledonia, l’accusa della Francia di uncoinvolgimento di Baku nell’insurrezione delle popolazioni locali, è radicata in una più complessa rete di tensioni storiche, politiche e diplomatiche.

La crisi in Nuova Caledonia

La Nuova Caledonia, situata tra l’Australia e le Fiji, è un territorio francese con una storia di lotta per l’indipendenza. I recenti disordini sono stati innescati da una nuova legge elettorale percepita dalla popolazione indigena Kanak come discriminatoria.

La norma consente a chi vive in Nuova Caledonia da almeno dieci anni il diritto di voto alle elezioni locali, una decisione che secondo i sostenitori dell’indipendenza ridurrebbe l’importanza del voto dei Kanak.

Le accuse della Francia

Il ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin, ha dichiarato che l’Azerbaijan, insieme a Cina e Russia, stia interferendo nelle questioni interne della Nuova Caledonia: “Non è una fantasia. È una realtà”, ha dichiarato Darmanin al canale televisivo France 2, sottolineando la gravità delle accuse.

Il governo francese ha sottolineato l’improvvisa comparsa di bandiere azere alle manifestazioni per l’indipendenza del Kanak e l’appoggio ai separatisti da parte di gruppi legati a Baku.

L’Azerbaijan ha negato qualsiasi coinvolgimento: “Respingiamo completamente le accuse prive di fondamento – ha dichiarato Ayhan Hajizadeh, portavoce del ministero degli Esteri di Baku – e qualsiasi collegamento tra i leader della lotta per la libertà in Caledonia e l’Azerbaijan”.

Un elemento significativo è il Gruppo di Iniziativa di Baku (GIB), istituito durante una conferenza tenutasi nel luglio 2023 in Azerbaijan e che comprende partecipanti provenienti da vari territori francesi in cerca di indipendenza. Il gruppo mirerebbe a sostenere i movimenti anticoloniali contro la Francia.

Il GIB ha espresso solidarietà al popolo Kanak e ha condannato le recenti riforme elettorali in Nuova Caledonia: “Siamo solidali con i nostri amici Kanak e sosteniamo la loro giusta lotta”.

Una donna sventola una bandiera Kanak e il Fronte socialista di liberazione nazionale (FLNKS) a Noumea, Nuova Caledonia
Una donna sventola una bandiera Kanak e il Fronte socialista di liberazione nazionale (FLNKS) a Noumea, Nuova CaledoniaNicolas Job/Copyright 2024 The AP. All rights reserved

Le tensioni diplomatiche tra Francia e Azerbaijan

Le tensioni tra Francia e Azerbaijan vanno oltre la Nuova Caledonia. La Francia è un tradizionale alleato dell’Armenia, storico rivale di Baku, in particolare per quanto riguarda la controversa regione del Nagorno-Karabakh.

Dopo la guerra del 2020 e la successiva offensiva del 2023 da parte dell’Azerbaijan per recuperare il controllo del Nagorno-Karabakh, la Francia ha sostenuto apertamente l’Armenia. Il sostegno comprende accordi di difesa e forniture di equipaggiamento militare, segno che ha alimentato ulteriormente le tensioni.

La Francia ha anche accusato l’Azerbaijan di inscenare campagne di disinformazione per destabilizzare i suoi territori. Gli account dei social media filo-azeri sono stati collegati alla diffusione di contenuti fuorvianti sulle azioni della polizia francese in Nuova Caledonia.

Una fonte del governo francese ha parlato di una “campagna piuttosto massiccia, con circa 4mila post generati dai suddetti account”, volta a incitare alla violenza e alla sfiducia.

Nel contesto già teso si aggiunge il richiamo da parte della Francia del suo ambasciatore in Azerbaijan ad aprile, con il presidente Macron che ha espresso rammarico per le azioni del Paese, insieme alla speranza che gli azeri chiariscano le loro intenzioni.

Una donna sventola una bandiera Kanak e il Fronte socialista di liberazione nazionale (FLNKS) a Noumea, Nuova Caledonia
Una donna sventola una bandiera Kanak e il Fronte socialista di liberazione nazionale (FLNKS) a Noumea, Nuova CaledoniaNicolas Job/Copyright 2024 The AP. All rights reserved

Perché l’interesse verso la Nuova Caledonia

Sebbene l’interesse diretto dell’Azerbaijan per la Nuova Caledonia possa sembrare inverosimile, si inserisce in una strategia più ampia di sfida all’eredità coloniale francese e di sostegno ai movimenti separatisti.

Schierandosi con i sentimenti anticoloniali, l’Azerbaijan mira a posizionarsi come leader dei movimenti di liberazione, screditando contemporaneamente la Francia sulla scena internazionale.

La mossa è vista come parte di una più ampia manovra geopolitica, che comprende anche gli sforzi dell’Azerbaijan per offuscare l’immagine della Francia, come si evince dalla sua presunta campagna di disinformazione contro la capacità della Francia di ospitare i Giochi Olimpici.

L’acuirsi delle tensioni ha avuto ulteriori ripercussioni. Il Ministro dello Sport francese ha cancellato il viaggio della fiamma olimpica attraverso la Nuova Caledonia, per motivi di sicurezza, ma anche per un’azione che riflette la gravità dei disordini e le accuse di interferenze straniere.

Il coinvolgimento dell’Azerbaijan nei disordini della Nuova Caledonia è una questione sfaccettata che affonda le sue radici in più ampie rivalità geopolitiche e rancori storici.

Per Baku il sostegno ai movimenti indipendentisti nei territori francesi è un modo per colpire la Francia per il suo sostegno all’Armenia e per rafforzare la propria posizione internazionale. Per la Francia, queste azioni rappresentano una sfida diretta alla sua sovranità e alla stabilità nei territori d’oltremare, provocando forti accuse e tensioni tra Parigi e Baku.

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Un genocidio culturale dei nostri giorni (Ibolive 20.05.24)

Nell’ambito della Commemorazione del 109° Genocidio Armeno, si tiene lunedì 20 maggio, la conferenza Un genocidio culturale dei nostri giorni: Nakhichevan, la distruzione della cultura e della storia armena a cura di Aldo Ferrari, Università Ca’ Foscari di Venezia e ISPI di Milano, ASIAC.

L’incontro fa riferimento alla pubblicazione sul medesimo tema, curata da Antonia Arslan e Aldo Ferrari (Ed. Guerini e Associati).

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.

  • QUANDO20 MAGGIO – ORE 17:00
  • Sala Paladin di Palazzo Moroni
    Via Otto Febbraio 1848 – Padova

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All’ambasciatrice Armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan la pergamena di socio onorario “Amici dell’Unical” (Calabria 20.05.24)

In concomitanza del seminario svolto all’Università della Calabria sul tema: “Gli Armeni, storia, cultura, testimonianze”, promosso dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali in collaborazione con il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (Meic) e la stessa Ambasciata Armena, l’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, tramite la Presidente, prof.ssa Silvia Mazzuca, ha conferito all’Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia, dott.ssa Tsovinar Hambardzumyan, la pergamena di Socio Onorario con questa motivazione: «Per il suo impegno civile, sociale, politico e umanitario nel perseguire azioni tese a garantire la dignità ai popoli oppressi, e in particolare all’attuazione dei diritti economici e sociali delle donne».

L’Ambasciatrice dal 2002 al 2018 è stata Consigliere e successivamente direttore del Dipartimento per le Relazioni Estere dell’Ufficio del Presidente della Repubblica d’Armenia; nel 2018 è stata nominata direttore  del Dipartimento per le relazioni estere presso l’Ufficio del Primo Ministro dell’Armenia; il primo giugno 2020, con decreto del Presidente della Repubblica d’Armenia, è stata nominata Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica d’Armenia presso la Repubblica Italiana; l’8 aprile 2022 si è aggiunto l’incarico di Ambasciatrice presso la Repubblica di Malta (con residenza a Roma); e quindi di San Marino in data 27 maggio 2022. Il 23 gennaio 2023 è stata nominata Rappresentante Permanente della Repubblica d’Armenia presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Il seminario sugli Armeni che si è svolto all’Università della Calabria, coordinato da Vittorio Beonio Brocchieri (Università della Calabria), ha visto come relatori: Giacchino Strano (Università di Catania), Marcello Flores (Università di Siena), Aldo Ferrari (Università di Venezia), Paolo Restuccia ( del Meic), Marco Ruffilli (Università di Venezia), Boris Gazanian (imprenditore), Tehmina Arshakyan (Associazione Armeni di Calabria).

Questi gli argomenti trattati dai relatori rispettivamente nell’ordine: “Gli Armeni nell’Italia meridionali”, “Il genocidio”, “Il Nagorno- Karabakh (Artsakh) fra storia e politica”, “Una reliquia divina”. L’esodo degli Armeni dell’Artsakh”, “Lontani da casa”, “Gli Armeni in Calabria oggi”.

Di questi avvenimenti, di quanto intorno all’esodo della popolazione armena dal Nagorno-Karabakh è accaduto, di cosa aveva preceduto tale esodo e di cosa è accaduto dopo, della storia passata e recente di questo popolo e delle tracce della sua presenza nella storia tardo-antica della Calabria, se n’è discusso nel seminario.

Il Professore Marco Rovinello, docente di Storia Contemporanea, presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Unical, ci spiega le motivazioni del seminario: «L’iniziativa nasce dalla volontà dell’Università e del DISPeS di rispondere al desiderio espresso dal Meic di approfondire un tema importante della storia e della contemporaneità come quello relativo agli Armeni, e di farlo con gli strumenti propri del mondo scientifico e accademico».

«È per questo che si è scelto di organizzare un momento di riflessione e di studio su alcuni degli aspetti e dei momenti più importanti del passato e del presente del popolo armeno e delle aree più interessate dalle sue vicende.  Considerata la complessità delle questioni, si è deciso di adottare una prospettiva pluridisciplinare e di invitare a relazionare alcuni dei massimi esperti italiani del tema, facendo sì che questa giornata di studi diventasse anche una preziosa occasione di incontro e confronto fra la comunità scientifica e studentesca dell’Unical e studiosi noti. Insomma, un esempio credo virtuoso di come l’Università possa proficuamente aprirsi alla domanda di cultura del territorio e moltiplicare le occasioni di apprendimento per i suoi studenti, affrontando anche temi delicati in maniera il più possibile interdisciplinare, sempre rigorosamente scientifica e, spero, interessante e coinvolgente anche per i più giovani». (fb)

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“Erevan sta manovrando tra Usa, Ue e Putin, azeri al bivio tra pace e guerra” (Il Sussidiario 19.05.24)

C’è un accordo per il passaggio di quattro villaggi armeni all’Azerbaijan, ma i problemi tra Erevan e Baku non sono affatto risolti. E il nodo da sciogliere è ben più importante: agli azeri fa gola il corridoio di Meghri, in territorio armeno, fondamentale per i collegamenti con l’Asia. Un passaggio sul quale, proprio perché è una via che mette in comunicazione il Mediterraneo con la Cina, hanno messo gli occhi anche altri, come USA e Turchia. L’Azerbaijan ne rivendica il controllo anche se non ha altre ragioni oltre ai suoi interessi economici. Insomma, spiega Pietro Kuciukianattivista e saggista italiano di origine armena, console onorario dell’Armenia in Italia, i colloqui tra armeni e azeri proseguono, ma i diplomatici del presidente Aliyev trovano sempre qualche rivendicazione in più da mettere sul tavolo, facendo sospettare che alla fine la loro vera intenzione sia di rompere le trattative e passare alla guerra.

In tutto questo il premier armeno Pashinyan, mentre deve subire le contestazioni dell’opposizione in patria, cerca di trovare appoggi dal punto di vista internazionale, rivolgendosi alla UE, agli USA, ma anche alla Francia e all’India, con la quale ha stretto degli accordi nel campo della difesa. Recentemente ha avuto un colloquio, il cui contenuto è rimasto segreto, con Putin, anche se i rapporti con i russi ormai sembrano deteriorati.

Armenia e Azerbaijan hanno raggiunto un primo accordo sui confini, intesa che l’opposizione contesta a Pashinyan. A che punto è la situazione?

Ogni giorno le cose cambiano, è una situazione in evoluzione. Ad Alma Ata si sono incontrati il ministro degli Esteri armeno e quello azero per iniziare a mettere le basi di un trattato di pace. Nel frattempo, Pashinyan, consultando le carte dell’era sovietica, ha restituito all’Azerbaijan quattro villaggi che ai tempi erano azeri. Stranamente, però, non ha avanzato richieste su un territorio ex armeno molto più vasto che ora si trova in territorio azero. Ha ceduto i quattro villaggi come dimostrazione di buona volontà.

Le situazioni da chiarire tra i due Paesi, però, sono anche altre: su cosa si discute?

Nella stessa zona passa un’autostrada che conduce in Georgia e in Azerbaijan, destinata a finire sotto controllo azero. In più passano le pipeline che portano il gas dalla Russia. Tutti problemi per i quali si sta cercando una soluzione. Intanto l’esercito armeno si è ritirato da quei posti, dai punti doganali, e Pashinyan cerca di allacciare rapporti sempre più stretti con l’Europa, che sembra intenzionata a fornire sostegno. Con la Francia e con l’India sono stati stipulati degli accordi che riguardano la difesa, per inviare armamenti. Il primo ministro armeno ha anche appena avuto un incontro con Putin, del quale però non si hanno notizie.

L’Europa che tipo di sostegno ha promesso?

La promessa riguarda l’invio di denaro, ma anche la possibilità di garantire una forza di peacekeeping che agisca lungo il confine armeno. Restano comunque alcune questioni da risolvere con i russi. Uno dei punti più delicati da affrontare è quello della grossa base militare russa a Gyumri.

L’accordo per i villaggi, comunque, è già cosa fatta?

Sì, questo nonostante ogni giorno ci siano delle proteste che sono guidate da un sacerdote, Bagrat Galstanyan (ex arcivescovo della Chiesa apostolica armena in Canada, nda). Una protesta pacifica, ma un altro segnale che la situazione resta molto fluida.

I colloqui con gli azeri, però, continuano?

Proseguono, ma ogni volta che si raggiunge l’accordo su qualche punto, l’Azerbaijan fa una nuova richiesta. Insistono sempre sul corridoio di Meghri, tra il Nakhchivan e l’Azerbaijan, che vorrebbero controllare. Un territorio sul quale l’Armenia potrebbe anche concedere il passaggio a condizione che i punti di controllo doganale siano in mano armena. Gli azeri, invece, insistono per prenderselo.

C’è il sospetto, insomma, che Baku avanzi richieste pretestuose perché vuole andare alla guerra?

Purtroppo penso proprio di sì. Speriamo che non succeda, ma la sensazione è questa. Ora si sono mossi anche gli USA, perché una buona parte della diaspora armena nel mondo è finita lì. Ci sono diversi Paesi in cui c’è un movimento di sostegno agli armeni: in Francia, ma anche in Germania, nei luoghi dove c’è una comunità abbastanza consistente.

Il governo Pashinyan, al di là delle proteste, è abbastanza saldo?

Sì, anche perché non ci sono alternative oltre a quelle rappresentate dai vecchi presidenti, che sono stati anche coloro che hanno portato alla situazione attuale. Pashinyan ha un gran da fare, rappresenta l’unico governo democratico dalla Grecia alla Cina, non ce ne sono altri.

Gli USA possono aiutare militarmente l’Armenia?

No, credo siano disposti a mandare altri aiuti. E devono risolvere un problema geopolitico: pure a loro farebbe comodo il passaggio a Meghri, perché permetterebbe all’Occidente di creare un corridoio che dal Mediterraneo arriva fino in Cina. È un’area che fa gola a tutti, anche ai turchi.

Se si arrivasse a una guerra, tuttavia, l’Armenia avrebbe bisogno di un sostegno militare?

Sì, gli azeri sono ben armati e hanno al loro fianco anche la Turchia. Occorrerebbe una presenza un po’ più consistente dell’Occidente per salvaguardare l’unica democrazia dell’area. Ma sembra che in Europa e in tutto il mondo la democrazia sia in lento declino.

Tra l’altro nella stessa regione caucasica c’è un altro Paese in fibrillazione, la Georgia. La situazione creatasi dopo l’approvazione della legge considerata filorussa sugli agenti esterni può influire anche sull’Armenia?

La Georgia ha paura del vicino russo, con il quale è sempre stata in conflitto in relazione ai territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia. Si sente minacciata e per questo cerca di ingraziarsi la Russia emanando una legge per cui le ONG che ricevono soldi per più del 20% dall’estero devono registrarsi come entità che perseguono gli interessi di una potenza straniera. Una legge che ha provocato grandi proteste perché i georgiani vogliono andare nella UE e queste norme “putiniane”, simili a quelle in vigore a Mosca, li porterebbero in un’altra direzione.

I russi che strategie hanno nell’area?

Credo che la strategia di Mosca non la conosca neanche Putin. Si muovono secondo le circostanze. La situazione in Georgia potrebbe influire anche sull’Armenia, sono nazioni vicine, anche se le relazioni tra i due Paesi non sono così limpide. Se anche la Georgia finisce sotto l’influenza dei russi, l’Armenia rimarrebbe l’unico Paese che cerca di staccarsene. In tutta l’area la situazione non è per niente stabile.

Ma come mai la Georgia, nonostante sia lontana geograficamente, vuole entrare in Europa?

La richiesta è di molti anni fa, quando l’Europa era al centro del mondo democratico. Adesso però la UE non ha molto da offrire, anche se i georgiani continuano a sperare in un’adesione. L’unico punto di riferimento nella zona è la Russia, che però fa i suoi interessi. L’Unione Europea, almeno sulla carta, dovrebbe avere a cuore la situazione di tutti i Paesi che ne fanno parte. Speriamo che la UE ricordi le origini del progetto europeo. Comunque quella della Georgia in Europa per il momento è solo una speranza, non ci sono prospettive concrete.

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Civitavecchia – Tutto esaurito per Verdone e l’Armenia (Assadakah 18.05.24)

Assadakah News – Grandissimo successo di pubblico a Civitavecchia all’incontro “Della mia dolce Armenia – Un poeta nel dramma dell’Armenia – Yeghishe Charents”, organizzato dall’Associazione Spazio Libero Blog nella sala della Fondazione Ca.Ri.Civ. Tantissime le persone che non sono riuscite a entrare per esaurimento posti, anche molto tempo prima dell’ora di inizio stabilita. L’occasione dell’incontro è stata la presentazione del libro “Yeghishe Charents – Vita inquieta di un poeta”, pubblicato dalla casa editrice Le Lettere e con la prefazione dell’attore, regista e sceneggiatore Carlo Verdone.

Erano ospiti d’onore dell’evento l’Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan, il notissimo cineasta Carlo Verdone e l’autrice del libro Letizia Leonardi. A moderare l’incontro era presente il docente Nicola Porro, omonimo del giornalista di Rete 4. Le letture sono state a cura del professore , con grande emozione, anche la poesia “Della mia dolce Armenia”, tradotta dal padre, noto critico letterario e cinematografico, nonché storico, Mario Verdone.

Dopo i saluti di prassi della rappresentante del Comune di Civitavecchia, della Presidente della Fondazione Ca.Ri.Civ e l’introduzione del moderatore Porro, ha preso la parola l’Ambasciatore Hambardzumyan che ha accennato al momento difficile che sta attraversando l’Armenia dopo il tragico epilogo della questione del Nagorno Karabakh e dei legami storici tra l’Armenia e l’Italia.

La giornalista e scrittrice Letizia Leonardi ha invece sottolineato come, in questo periodo di grandi conflitti, molte guerre più circoscritte rischiano di passare sotto silenzio e che i drammi del passato continuano anche nei giorni nostri, come ciò che è accaduto in Nagorno Karabak.

Ormai l’Armenia appare senza alcuna protezione: né dall’Occidente né dalla Russia e questo è molto pericoloso, visto che questa piccola Repubblica, primo Stato cristiano del mondo, è quasi tutta circondata da Paesi islamici che mal sopportano le minoranze, specie se cristiane. Intervallata da alcune emozionanti letture, recitate da Carlo Verdone ed Ettore Falzetti, Leonardi ha illustrato il suo libro.

La prima, e per ora unica biografia di Yeghishe Charents, uno dei più grandi scrittori dell’Armenia sovietica. Ha concluso l’intervento invitando tutti a visitare l’Armenia, terra ricca di bellezze naturalistiche e di storia. Emozionante anche la lettura della poesia “Della mia dolce Armenia” in lingua originale recitata da Teresa Mkhitaryan, una attivista umanitaria armena presente in sala e venuta addirittura dalla Svizzera per assistere all’incontro. Carlo Verdone ha catalizzato l’attenzione del pubblico raccontando i legami tra suo padre e l’Armenia.

Ha raccontato come mai suo padre ha, per la prima volta, tradotto le poesie di questo grande autore armeno. Ha spiegato anche la conoscenza di suo padre con il famosissimo regista armeno Sergej Parajanov e i riferimenti all’Italia presenti nella casa museo di Yerevan. Moltissime le domande del pubblico rimasto affascinato dai vari argomenti trattati.

Era in sala anche Kevork Orfalian, il figlio della diaspora armena che ha scritto la sua storia, insieme a Letizia Leonardi, nel libro “Il chicco acre della melagrana”, ripubblicato con il titolo “Destino Imperfetto”. Lui ha voluto leggere al pubblico le parole di William Saroyan sul genocidio del popolo armeno.

Il moderatore Porro ha concluso salutando tutti i relatori e, rivolto all’attore romano ha dichiarato, riprendendo il titolo di un suo film: “È stato un Sacco Bello… averti a Civitavecchia”

(Foto di Enrico Paravani)

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Musica: Parigi rende omaggio ad uno dei più grandi artisti d’oltralpe (Notizie.it 18.05.24)

La Francia e più precisamente Parigi, ha deciso di rendere omaggio ad uno dei più grandi artisti della storia Francese e non solo…

In un gesto di profondo rispetto e ammirazione, la città di Parigi ha deciso di rendere omaggio a Charles Aznavour, uno dei più grandi chansonnier della storia, ed ha deciso di farlo nel centenario della sua nascita.

Una targa commemorativa verrà scoperta al numero 22 di rue Navarin nel IX arrondissement, luogo simbolo dove l’artista visse con la sua famiglia dopo gli orrori della seconda guerra mondiale.

Musica: un vero tributo alla memoria di Aznavour

La cerimonia vedrà la partecipazione del sindaco Delphine Burkli e dell’ambasciatrice d’Armenia in Francia Hasmik Tolmajian, sottolineando l’importanza internazionale dell’evento.

Parigi rende omaggio a grande artista
Charles Aznavour non Lisa Minelli -Ansa- Notizie.com

Questo gesto non è solo un tributo alla memoria di Aznavour ma anche un riconoscimento del suo contributo alla cultura francese e armena. La sua capacità di rappresentare entrambe le culture con orgoglio e senza compromessi ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e oltre.

L’appartamento al 22 di rue Navarin non era solo una casa per Aznavour e la sua famiglia; era anche un rifugio per coloro che cercavano protezione durante i tempi bui della guerra. La famiglia Aznavour aprì le sue porte a due esponenti della Resistenza francese, Mélinée et Missak Manouchian, che sono stati recentemente onorati entrando nel Pantheon francese il 21 febbraio 2024. Questo atto coraggioso dimostra il profondo senso di solidarietà che guidava la vita dell’artista.

Charles Aznavour cantava “J’aime Paris au mois de mai” nel 1956, esprimendo il suo amore incondizionato per Parigi. Oggi, sessantotto anni dopo quella canzone emblematica, è proprio nel mese di maggio che Parigi decide di onorarlo. L’amore reciproco tra l’artista e questa città si manifesta attraverso questo tributo significativo che celebra sia il suo patrimonio culturale francese sia quello armeno.

Per la musica un’eredità senza tempo

La decisione di dedicare una targa commemorativa ad Aznavour testimonia l’impatto duraturo del suo lavoro sulla cultura mondiale. Le sue canzoni hanno toccato i cuori delle persone in tutto il mondo, trasmettendo messaggi universali d’amore, speranza e resistenza contro le avversità. La sua eredità continua a vivere non solo attraverso la sua musica ma anche attraverso atti simbolici come questo.

In conclusione, la dedica della targa commemorativa a Charles Aznavour da parte della città di Parigi è molto più che un semplice omaggio postumo; è una celebrazione vivente del legame indissolubile tra l’artista e questa città iconica. È anche un promemoria potente del ruolo cruciale degli artisti nella società – come portatori non solo d’intrattenimento ma anche d’aiuto umanitario ed empatia nei momenti più bui della nostra storia comune.

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