Svelato il messaggio del pellegrino armeno sullo stipite della porta della Cattedrale di Salerno (Youtube 2.06.24)

“Santo Apostolo abbi pietà dell’anima di Daniele e di me pellegrino. Amen”: è la scritta incisa in lingua armena che si trova sullo stipite sinistro della porta centrale della Cattedrale di Salerno. E’ stata “svelata” nei giorni scorsi e presentata ai fedeli di Salerno per iniziativa dell’Ufficio Cultura e Arte dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, in collaborazione con la Fondazione Alfano I, in occasione dell’evento “L’antica iscrizione del Duomo di Salerno: sulle tracce degli armeni a Salerno e in Italia”. Per l’occasione, è stato presentato l’opuscolo bilingue che racconta e descrive il significato dell’iscrizione lasciata dalpellegrino armeno giunto a Salerno per venerare le Reliquie di San Matteo Apostolo. Inaugurata anche una colonnina descrittiva che consentirà ai visitatori di interpretare l’incisione. Intervista a Lorella Parente, Docente di Teologia Dogmatica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Matteo di Salerno.

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Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere (Italiatavola 02.06.24)

Non resta tanto tempo per assaggiare una delle ultime bottiglie di Takri rimaste in circolazione. Da quando l’Azerbaigian, con una veloce e micidiale offensiva militare nel settembre 2023, ha preso l’intero controllo dell’Artsakh – sotto cui si riconoscevano oltre centomila armeni della regione separatista del Nagorno Karabakh – la famiglia Kaprelian è stata costretta a lasciare in fretta e furia la sua terra così come la cantina che aveva a Stepanakert, riuscendo a portare in salvo appena 400 bottiglie su centomila: ormai è una vera e propria rarità riuscire a trovarne ancora. La storia travagliata del Takri – già nel 2020, durante la seconda guerra del Nagorno Karabak, la produzione era stata interrotta per la perdita di tutti i vigneti nel distretto di Hadrut – è un po’ la storia di tutta l’Armenia.

L’Armenia tra passato e futuro

E infatti c’è sempre un filo di malinconia passeggiando per la capitale, Yerevan: è inevitabile in un paese che da sempre ha subito dominazioni – da Persiani agli Ottomani, senza dimenticare i settant’anni di Urss – vissuto il dramma di un genocidio e combattuto conflitti fino ai giorni nostri, perdendo un’intera generazione sotto il fuoco degli ipertecnologici droni azeri.

Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere

La monumentale scalinata di Yerevan Foto: Tourism Committee of Armenia

 

Lo stampo sovietico dei grandi viali, delle piazze per le adunate – come quella dedicata a Lenin, poi ribattezzata “della Repubblica”, simbolo della nuova Armenia e punto di ritrovo per i giovani («Ci vediamo sotto la Torre dell’Orologio», la frase-rito della Generazione Z nata e cresciuta dopo il 1991, anno dell’indipendenza da Mosca) – e dei palazzoni di edilizia popolare noti come Chrušcëvka, è un tratto caratteristico di tutta l’Europa Orientale. E non poteva essere diversamente per Yerevan considerando che la città, dove vive la metà di tutta la popolazione armena, tre milioni in totale, fu costruita praticamente da zero dai sovietici su progetto dell’architetto Alexander Tamanian.

Un viaggio indietro nel tempo lo regalano le tante Lada Zhiguli, Fiat-124 in versione sovietica, che ancora oggi sfrecciano (più o meno sgangherate) per le strade. Poi improvvisamente, basta girare l’angolo, e si finisce per camminare lungo vie alberate (la città, oltre a essere verdissima, è anche molto pulita) con bei palazzi ottocenteschi, hotel, locali, bar e ristoranti alla moda all day eating. Come Vostan, uno dei pochi indirizzi che in carta ancora propone bottiglie di Takri Riserva, rosso ottenuto dal vitigno autoctono dell’Artsakh: il Khndoghni o Sireni.

Dunque, un continuo contrasto, tra passato e futuro, malinconia e vitalità, fragilità e resilienza. Questa è l’Armenia: una Nazione che nel periodo della sua massima espansione, tra il 95 e l’85 a.C., con i suoi 300mila chilometri quadrati era chiamata il “Regno dei tre mari” (aveva sbocchi su mar NeroCaspio Mediterraneo), per poi finire a essere poco più grande della Sicilia. Sulla carta geografica a metà tra Oriente e Occidente, ma con la testa rivolta all’Unione Europea (di una potenziale richiesta di adesione ha parlato di recente il ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan, un progetto che difficilmente vicini “scomodi” come Iran e Russia, con cui l’Armenia ha intensi rapporti commerciali quanto a materie prime, permetteranno si realizzi) questo paese ha avuto una storia sempre molto tribolata e segnata da ostilità. A ricordare tutto il sangue versato (non a caso il rosso è uno dei colori della bandiera armena, insieme al blu e all’arancione che rispettivamente simboleggiano la pace e il frutto nazionalel’albicocca e in particolare la varietà Shalakh) ogni anno il 24 aprile si commemora il Medz Yeghern: il primo genocidio del XX secolo, a cui pare Hitler si ispirò, che portò alla morte di oltre un milione e mezzo di armeni per mano dei turchi (il governo di Ankara non solo non lo riconosce ma anche solo parlarne lo considera un reato).

Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere

Il frutto nazionale, l’albicocca e in particolare la varietà Shalakh

 

All’epoca dello sterminio l’Armenia faceva parte dell’Impero Ottomano che, nel progetto di panturchismo del movimento nazionalista dei Giovani Turchi, doveva essere purificato dalla sua minoranza più numerosa: così donne, bambini e anziani vennero deportati in una zona desertica al confine con la Siria, tra torture, fame e malattie, mentre gli uomini (in particolare intellettuali, artisti, banchieri, orafi, medici) trucidati in massa.

E proprio qualche settimana fa al Memoriale del Genocidio a Yerevan si è ricordato il 109° anniversario di questa strage silenziosa avvenuta a due passi dall’Europa: un luogo fortemente evocativo dove, oltre a un lungo muro con incisi i nomi dei villaggi sterminati e a un monumento con dodici lastre, tante quante sono le regioni dell’Armenia storica (detta Hayastan, da un discendente di Noè di nome Haik e il suffisso Stan, che vuol dire territorio), dove arde una fiamma tenuta sempre accesa, c’è una stele alta più di 40 metri a simboleggiare l’unità nazionale: fa impressione pensare che di sette milioni di armeni nel mondo, più della metà viva all’estero (in particolare negli Stati Uniti e in Francia). Proprio come lo chansonnier Charles Aznavour, uno dei figli più famosi della diaspora armena.

Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere

Il Memoriale del Genocidio a Yerevan

 

L’Armenia terra di vino e della cantina più antica al mondo

Ma l’attaccamento è fortissimo e negli ultimi anni si sono intensificati gli investimenti nella madrepatria, in particolare nel comparto vitivinicolo che può vantare una tradizione antichissima. Non a caso sarà proprio l’Armenia a ospitare, dall’11 al 13 settembre 2024, l’ottava edizione della Global Conference on Wine Tourism organizzata dall’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite.

Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere

Vineyard Ararat Khor Virap

 

Tra le esperienze in programma, anche la visita della “grotta degli uccelli”, nella regione montagnosa di Vayots Dzor a un centinaio di chilometri da Yerevan, dove è stata ritrovata quella che sembra essere la più antica cantina al mondo con utensili per la vinificazione e giare risalenti a più di seimila anni fa. Gli esperti sono ormai concordi nel riconoscere, infatti, che lo sviluppo della vitis vinifera sia avvenuto proprio nel Caucaso meridionale e che l’Armenia si possa definire la “culla” del vino.

Tra i vitigni più antichi (uno dei 350 autoctoni che si contano da queste parti) c’è sicuramente il Sev Areni, tra i grandi protagonisti del Rinascimento del vino armeno: la zona di maggior produzione è quella di Vayots Zdor, a sud est di Yerevan, con filari fino a quasi 2mila metri di altitudine. Altre varietà a bacca rossa molto diffuse sono Sireni Haghtanak; tra quelle a bacca bianca, Voskehat Kangun.

Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere

Tavush vineyard

 

E al tempo in cui l’Armenia diventò una Repubblica socialista sovietica alle dirette dipendenze di Mosca, la sempre maggior richiesta di cognac, particolarmente diffuso in Urss, insieme alla vodka, in quanto meno costoso del vino, fece convertire la produzione vinicola col risultato che piano piano il paese perse uno dei suoi tratti distintivi di cui oggi però si sta riappropriando. Questo anche grazie all’impegno di cantine che hanno voluto riscoprire e portare alla ribalta in tutto il mondo vitigni autoctoni, come Karas Wines (che all’inizio puntò su Malbec Chardonnay pensando fossero spariti i vitigni autoctoni), Zorah, che produce vini in anfora – non a caso Karasì è uno delle sue etichette di punta, quando per karas si intendono le anfore tradizionali – oppure Alluria, che produce vini naturali. Per approfondire il tema, da Armenia Wine Company, che utilizza, tra l’altro, macchinari di un’azienda veneta, c’è un interessante museo di Storia del vino (l’unico in tutta l’Armenia) dove di sottofondo suona la musica del grande compositore armeno Aram Khachaturian. L’atmosfera è molto suggestiva, proprio come la vista dalla terrazza della cantina sulle cime innevate dell’Ararat.

 

Yerevan, cosa vedere nella capitale dell’Armenia

In cima a una collina, nel Parco della Vittoria, la mastodontica statua di Madre Armenia, una figura femminile alta oltre venti metri, è lì a sorvegliare la città con un monito ben preciso: il suo sguardo fiero è rivolto alla Turchia e tra le mani afferra una spada, a raffigurare la determinazione del popolo armeno nel difendere la propria terra. Ecco la visita di Yerevan potrebbe iniziare da qui. Non solo come luogo emblematico, ma anche per il panorama che regala: all’orizzonte svetta l’Ararat, monte biblico, dove pare si posò l’Arca di Noè dopo il diluvio, e simbolo (perduto) dell’Armenia: Masis, chiamato così dai locali, fu ceduto dai sovietici ai turchi dopo lo scambio con Batumi, città dallo sbocco sul mare che oggi (ironia della sorte) fa parte della Georgia.

 

 

Questo vulcano spento dalle forme sinuose, il più alto dei due coni, il Grande Ararat, si innalza per 5.156 metri, è ben visibile anche salendo a Cascade, scalinata monumentale concepita in epoca sovietica e poi diventata nel tempo il fulcro della Yerevan dell’arte contemporanea: al suo interno c’è una galleria con la collezione del mecenate americano di origine armena Gerard Cafesjian, fuori invece è abbellita da installazioni e statue di Botero. La sera i dintorni si fanno molto vivaci perché pieni di locali e bistrot che attirano frotte di giovani.

Altra visita da non mancare a Yerevan è il Matenadaranbiblioteca, centro di ricerca e di restauro con oltre 23mila manoscritti, codici miniati e documenti antichi custoditi in un bell’edificio dall’architettura medievale in fondo al viale dedicato a Mesrop Mashtots, il monaco-linguista inventore dell’alfabeto armeno all’inizio del V secolo. Tra i pezzi più curiosi, tutti e due a tema religioso ed esposti uno accanto all’altro, un volume da quasi trenta chili di peso (alcune pagine sono conservate a Venezia, al monastero mechitarista di San Lazzaro degli Armeni) e uno di appena 19 grammi. Il gigante e la formica.

I monasteri da non perdere in Armenia

monasteri fortificati sparsi per tutta l’Armenia, molti ancora attivi nell’esercizio delle loro funzioni e aperti gratuitamente alle visite, sono tra i motivi che ogni anno attirano turisti da tutto il mondo (lo scorso anno i visitatori sono stati tre milioni, quanto l’intera popolazione): la loro particolarità, oltre all’inconfondibile stile architettonico (a pianta cruciforme con cupola) è il fatto di trovarsi molto spesso nascosti tra le montagne o addirittura scavati nella roccia a scopo difensivo.

Viaggio in Armenia, la vera patria del vino: ecco perché e cosa vedere

Il monastero di Noravank incastonato in una stretta gola rocciosa a 1.400 metri d’altitudine Foto: Tourism Committee of Armenia

 

E anche durante l’epoca sovietica, questi affascinanti complessi religiosi espressione della Chiesa apostolica armena riuscirono a uscire indenni perché riconvertiti in magazzini per conservare merci e derrate alimentari. Uno dei più incantevoli è senz’altro quello di Noravank incastonato in una stretta gola rocciosa a 1.400 metri d’altitudine: il sito si compone di chiese di epoche diverse e quella trecentesca dedicata a Santa Madre di Dio è sicuramente la più fotografata di tutte. Questo perché la sua facciata decorata si distingue dalle altre per le due file di gradini stretti che collegano il piano superiore a quello inferiore, come a voler rappresentare simbolicamente l’ascesa verso il cielo.

La spiritualità e il senso di pace che emana un posto del genere da soli valgono tutto il viaggio; se poi si ha la fortuna di capitare in una giornata tersa, il contrasto tra il blu cobalto del cielo e il rosso ocra delle montagne circostanti è di forte impatto; venendo molto presto la mattina si riescono anche a incontrare gruppi di stambecchi.

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Il monastero di Khor Virap su una collina ai piedi del monte Ararat Foto: Tourism Committee of Armenia

 

Altro monastero da non mancare, quasi al confine con la Turchia (chiuso dal 1993 in segno di solidarietà verso l’Azerbaigian dopo il primo conflitto del Nagorno Karabakh ma che prossimamente pare aprirà ai cittadini di Stati terzi nell’ottica di una normalizzazione dei rapporti tra Ankara e Yerevan) è quello di Khor Virap su una collina ai piedi del monte Ararat che nelle giornate limpide è ben visibile sullo sfondo: qui, nel 301 d.C. con la conversione del re armeno Tiridate III ad opera di San Gregorio l’Illuminatore, il Paese caucasico diventò il primo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato (oggi il 97% della popolazione abbraccia questa fede). E ancora oggi si può scendere nell’angusto pozzo a sei metri di profondità in cui il Santo patrono dell’Armenia fu imprigionato per tredici anni quando i cristiani venivano perseguitati.

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Il monastero di Geghard, Patrimonio Mondiale Unesco

 

Patrimonio Mondiale Unesco è invece il monastero di Geghard, non lontano dalla capitale (40 chilometri da percorrere in un’ora di macchina su strade, a tratti, dissestate). In un canyon a 1.500 metri, questo bellissimo complesso medievale si caratterizza per avere alcune cappelle e sale sepolcrali ricavate dalla roccia, oltre ad un’astuzia che gli permise di resistere alle distruzioni degli invasori nel corso dei secoli: la facciata della chiesa ha un inusuale arco inflesso, diffuso nell’architettura islamica, a dimostrazione dell’apertura verso le altre religioni e nella speranza che, in caso di invasione, fosse mostrato lo stesso rispetto. E, come in tutti i monasteri d’Armenia in quanto caratteristica peculiare della sua architettura, una volta varcato l’ingresso si finisce nel gavit, una sorta di anticamera per i non battezzati dove decine di candele accese, l’aria che si fa più fresca e la poca luce che filtra dalle feritoie danno l’idea di una dimensione ultraterrena: sui muri di roccia basaltica un’infinità di iscrizioni, perché laddove i libri fossero stati bruciati, la pietra avrebbe continuato a raccontare.

Il Parco Nazionale di Dilijan e gli ultimi Molocani d’Armenia

In tutta l’Armenia è rimasto un solo villaggio popolato esclusivamente dai Molocani, minoranza russofona che dopo il distacco nel Seicento dalla Chiesa ortodossa russa ha subito repressioni e persecuzioni da parte di Mosca. E si trova proprio nel bellissimo Parco nazionale di Dilijan, oasi floro-faunistica a 100 chilometri da Yerevan, con boschi di faggi e querce, sorgenti d’acqua, laghetti di montagna, ampie vallate, verdissimi pascoli con cavalli allo stato brado, aquile che volteggiano in cielo, piccole malghe e preziosi resti archeologici, più di preciso, a Fioletovo.

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Fioletovo, l’unico villaggio rimasto popolato esclusivamente dai Molocani

 

Un’esperienza autentica da vivere è quella di far visita a una delle famiglie molocane, come quella composta da Lyuba e Anatoli Mikhailov con i loro tre figli, e mangiare tutti insieme: con 5mila Dram (l’equivalente di circa 12 euro) vi attende un pasto a base di zuppa borsch e pirožki, fagottini farciti con patate e cavolo, da accompagnare al kompot, bevanda analcolica – i molocani (dal russo moloco, latte) infatti non possono bere alcol – realizzata con acqua, zucchero e frutta a pezzettoni.

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Parco nazionale di Dilijan

 

Ma non si può lasciare Dilijan senza aver percorso prima uno dei tanti trekking e sentieri escursionistici che attraversano quest’area protetta di oltre duecento chilometri quadrati: volendo salire in cima al monte Dimats, e godere di un panorama con montagne a perdita d’occhio, si può optare per una gita in 4×4 con tanto di pic-nic finale a quota 2.400 metri.

Altro da non perdere in Armenia

In primavera, quando è periodo di fioritura di ciliegi e albicocchi, è un vero spettacolo per gli occhi visitare il tempio ellenistico di Garni, unico edificio pagano rimasto in tutto il Paese: costruito in posizione dominante sulla gola del fiume Azat nel I° secolo d.C., è circondato dalla Riserva naturale di Khosrov dove vivono ancora alcuni esemplari del rarissimo leopardo del Caucaso, oltre a lupi e orsi.

 

 

E non lontano da qui, nella valle del fiume Azat, si trova un altro tesoro nascosto dell’Armenia: la Sinfonia di pietre, impressionanti formazioni di pietra basaltica (alte fino a 50 metri ed estese per due chilometri) che somigliano a canne d’organo. Spostandosi verso est, in direzione del lago di Sevan, il “mare” degli Armeni a 1.950 metri, specchio d’acqua d’alta quota tra i più estesi al mondo, su cui si affaccia un interessante esempio (abbandonato) di architettura modernista sovietica, la Casa degli Scrittori, merita una tappa l’antico cimitero di Noraduz: una distesa di novecento khatchkar di epoche diverse (dal X al XVII secolo), le tipiche croci armene incise su stele di pietra che al tramonto si tingono di rosa. E poi Gyumri, la “città degli artisti” sopravvissuta al terribile terremoto del 1988: la sua area pedonale è un avvicendarsi di splendidi edifici dalle facciate in stile primi anni del Novecento che le hanno valso il titolo di perla Liberty d’Armenia.

Ma prima di andare via da quello che è il secondo centro per numero di abitanti dopo Yerevan va assaggiato il tipico panrkhash: piatto che si trova solo qui, a base di formaggio, cipolle caramellate e lavash, il sottilissimo (e squisito) pane armeno Patrimonio immateriale Unesco che insegnano a preparare, per esempio, nell’antico forno interrato del ristorante Tsaghkunk Glkhat a un’ora dalla capitale. Insieme al gata, dolce tradizionale dall’impasto di farina, burro, yogurt, zucchero e dal ripieno di frutta secca, il lavash è una delle tante meraviglie da scoprire in quella che è senza dubbio una delle mete enogastronomiche del futuro, a un passo da casa nostra. Quattro ore di volo, e che lo spettacolo abbia inizio.

 

 

Dove dormire in Armenia

Per partire alla scoperta dell’Armenia vi consigliamo due hotel in cui soggiornare. Il primo è l’Holiday Inn Republic Square. Situato nel cuore di Yerevan, questo hotel non solo offre un alloggio confortevole ma anche un ristorante che serve piatti tradizionali con un tocco moderno.

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Una delle stanze dell’Holiday Inn Republic Square

 

È un ottimo punto di partenza per esplorare la città. Il secondo è Dilijazz Hotel & Restaurant. Situato a Dilijan, l’hotel ha camere confortevoli e moderne e il ristorante che combina l’ospitalità armena con la cucina locale. È il posto perfetto per rilassarsi e gustare piatti autentici immersi in un ambiente naturale.

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Una delle stanze del Dilijazz Hotel

 

Dove mangiare in Armenia

Ecco invece una selezione di ristoranti da segnare per assaporare la vera cucina armena. Partiamo da Lusik Aguletsi Museum and Art Café. Questo caffè-ristorante a Yerevan offre una combinazione unica di arte e gastronomia: godetevi i piatti tradizionali armeni circondati da opere d’arte locali e una meravigliosa atmosfera storica. MOV Restaurant è, invece, un ristorante elegante nel centro di Yerevan che offre una vasta gamma di piatti internazionali e armeni. La sua atmosfera raffinata e il servizio eccellente lo rendono una scelta perfetta per una cena speciale. Mayrig vi porterà nel cuore della tradizione culinaria armena con i suoi piatti ricchi e saporiti. Situato a Yerevan, è famoso per il suo menu che celebra le ricette familiari tramandate di generazione in generazione.

 

 

Da non perdere anche il ristorante Vostan. Con un’atmosfera accogliente e un’attenzione ai dettagli, Vostan offre piatti tradizionali armeni preparati con ingredienti freschi e locali. È un luogo ideale per una cena rilassante con amici o familiari. 7 Qar è noto, invece, per la sua cucina creativa che mescola tradizione e innovazione. Situato a Yerevan, offre un’esperienza culinaria unica in un ambiente moderno e accogliente. Per gli amanti del vino, l’Old Bridge Winery, cantina-ristorante a Yeghegnadzor, è una tappa obbligata. Oltre a degustare vini locali di alta qualità, potrete godere di un delizioso pranzo con vista sui vigneti.

Segnaliamo anche Tsaghkunk Chef House. Situato a Tsaghkunk, questo ristorante è rinomato per la sua cucina gourmet e l’attenzione ai dettagli. È il luogo ideale per assaporare piatti raffinati preparati con ingredienti freschi e locali. Infine, da non perdere anche Poloz Mukuch. Situato a Gyumri, Poloz Mukuch offre un’autentica esperienza culinaria armena in un ambiente storico. La sua cucina semplice e gustosa è perfetta per chi desidera provare i sapori tradizionali della regione.

Gli eventi da non perdere nel 2024 in Armenia

L’Armenia è pronta ad accogliere i visitatori italiani con una serie di eventi coinvolgenti che celebrano la sua ricca cultura, enogastronomia, musica e molto altro. Ecco una selezione di alcuni degli eventi più interessanti che si terranno nei prossimi mesi, che rappresentano un motivo in più per visitare questo piccolo paese dal grande fascino. La maggior parte si svolge nella capitale Yerevan, mentre gli altri appuntamenti si terranno nelle altre regioni, come Tavush e Vayots Dzor, patria del vino.

  • Yerevan Wine Days | 7-9 giugno | Saryan, Tumanyan, Moskovyan streets, Yerevan: Un evento dedicato agli amanti del vino, con degustazioni di vini locali, musica dal vivo e una vibrante atmosfera di festa nel cuore della capitale armena.
  • “Mimino” Festival Culturale e Gastronomico Armeno-Georgiano | 22 giugno | Tavush, Dilijan: Un evento che celebra le tradizioni culinarie e culturali di Armenia e Georgia, offrendo ai partecipanti l’opportunità di gustare piatti tipici e assistere a performance culturali uniche.
  • HayBuis Festival delle erbe e dei fiori armeni | 29 giugno | Yenokavan, Tavush Region: il Festival HayBuis (“Erbe armene“) si tiene in uno dei luoghi più pittoreschi dell’Armenia: il resort Apaga situato a Yenokavan, nella regione di Tavush, un’area rinomata per le sue foreste e montagne. I visitatori hanno l’opportunità di conoscere le erbe spontanee e i diversi metodi per utilizzarle, comprese le loro proprietà curative. Il festival offre laboratori di tisane, giochi educativi per esplorare la biodiversità delle foreste, lezioni di cucina e altre attività per bambini.
  • Vardavar | 6-7 luglio | Yerevan: Un’antica festa armena dove le persone si spruzzano acqua a vicenda per le strade, simbolo di purificazione e rinnovamento. Un’esperienza vivace e divertente che coinvolge tutta la città.
  • Beer Days | 22-23 luglio | Yerevan: Una celebrazione per gli appassionati di birra con una vasta selezione di birre locali e internazionali, accompagnate da musica e cibo delizioso.
  • Dilijan Wine Fest | 3-4 agosto | Tavush region, Dilijan: Un festival che mette in mostra i migliori vini della regione, con degustazioni, laboratori e incontri con produttori locali.
  • TarazFest | 10-11 agosto | Yerevan: Un festival dedicato al tradizionale abbigliamento armeno, il taraz, con sfilate, esposizioni e laboratori sulla storia e l’evoluzione del costume armeno.
  • Air Fest | 17 agosto | Stepanavan Airport, Lori Region: Spettacolari esibizioni aeree con aeroplani, mongolfiere, elicotteri e parapendii. Il festival offre anche dimostrazioni di aeromodellismo, droni, esperienze VR e concerti dal vivo.
  • Armenia” International Music Festival | 4 settembre – 28 ottobre | Yerevan: Un festival musicale internazionale che ospita artisti di fama mondiale e talenti locali, offrendo una serie di concerti e performance in vari generi musicali. Il concerto di apertura, diretto da Sergey Smbatyan, segnerà anche l’inizio della stagione concertistica dell’Orchestra Sinfonica di Stato Armena da lui fondata e diretta.
  • Areni Wine Festival | 7 ottobre | Vayots Dzor, Areni: Un evento imperdibile per gli amanti del vino, con degustazioni di vini prodotti in questa famosa regione vitivinicola, competizioni e intrattenimento culturale. L’occasione per visitare l’Areni Cave, dove è stato ritrovato un antico sistema per la vinificazione risalente a 6100 anni fa.
  • Discover Armenia from the Sky – International Ballooning Festival | 12-13 ottobre a Yerevan, 14-15 ottobre a Garni, 16 ottobre ad Aparan:
    Un festival di mongolfiere che illumina il cielo armeno con oltre 20 mongolfiere provenienti da tutto il mondo, creando uno spettacolo mozzafiato.

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SCUOLA/ Trovare speranza in un mondo ostile: la lezione delle fiabe armene (Il Sussidiario 01.06.24)

Le fiabe armene sono manifestazione di una cultura capace di trovare motivi di speranza nonostante le brutture della storia. Un aiuto per la scuola

armenia 1 pixabay1280 640x300 In Armenia (Pixabay)

La Bottega del Libro fondativo è sempre in ricerca. E così ci siamo imbattuti nelle fiabe armene, di cui si era già a conoscenza, almeno in parte. Maestra d’eccezione: Antonia Arslan, professoressa e scrittrice. Il suo intervento al corso di Diesse appena concluso, che ha visto anche l’intervento di Emma Bacca che ha parlato di fiabe italiane ed europee, ha aperto uno squarcio su un mondo particolare. La sua lezione veramente magistrale è partita dalla storia e dalla letteratura armena per approdare a quella parte di letteratura riguardante le fiabe.

Fiabe che per secoli sono state tramandate oralmente, ma che poi sono state raccolte in parecchi volumi in Armenia, a cura dell’Accademia delle scienze di Yerevan (una selezione di queste sono state tradotte in italiano da Sonya Orfalian, Baykar Sivazliyan e Scilla Abbiati), per diventare patrimonio letterario nelle scuole armene nel mondo e, chissà, anche nelle nostre. La stessa Arslan, nel suo Il libro di Mush (BUR, 2022), parla di un personaggio non umano molto importante nella storia, l’Angelo muto.

Se da un lato ritroviamo in esse tratti e caratteristiche simili a quelle della tradizione italiana ed europea (ad esempio non insegnano una morale, hanno un significato nascosto), da un altro scopriamo caratteristiche originali. Esse venivano raccontate da cantastorie che giravano di villaggio in villaggio adattandole ai diversi ambienti di vita (Caucaso, pianure, fiumi, laghi) anche con l’aiuto della musica. Gli stessi strumenti come il flauto di albicocco o il violoncello armeno potevano essere elementi dei racconti, ricchi di magia. Vengono inventate storie in cui l’elemento magico è presente fin dall’inizio, in modo naturale essendo parte della vita.

Esso è affidato al racconto umano, ma anche al racconto e alla parola degli animali. Questi possono essere dei protagonisti attivi, prendono la guida della storia con re, regine, popolo. I re armeni dei racconti sono semplici, accessibili (rispecchiano la realtà della situazione storica), il re non è tanto più ricco degli altri ma ha il compito di difendere il popolo. La presenza di personaggi femminili è rilevante: le donne o hanno poteri magici o usano l’intelligenza, hanno iniziativa, capacità di prendere il comando, riescono nell’intento di far fare ai maschi ciò che loro stesse desiderano.

Si deve tener presente che le donne vengono alfabetizzate fin dal 1860: in ogni villaggio c’era una scuola per bambini e bambine. La visione del femminile, poi, è rafforzata dalla tragedia del 1915; quando le donne superstiti riusciranno a raggiungere Aleppo, cureranno i bambini accolti negli orfanotrofi.

Questo coraggio e questa passione reali sono il frutto della cultura cristiana di cui queste fiabe sono segno. Fiabe, quindi, raccontate attraverso il canto e la musica che sono dimensioni primordiali: il canto in particolare è una grande forma di consolazione e nel canto venivano coinvolti gli stessi spettatori. Le fiabe, oltre che consolare, avevano il compito di raccontare anche la difficile convivenza tra le minoranze e i dominatori, di informare e accettare un mondo anche ostile, di divertire e coltivare la speranza. Che un fatto si realizzi veramente nella fiaba non ha importanza, l’importante è sperare che possa realizzarsi.

Che la speranza ci venga evocata da chi ha sofferto, seppur in modo indiretto, un genocidio è quantomeno singolare. Ma è proprio quello che ci richiama lo psichiatra Eugenio Borgna quando dice, parlando del compito degli adulti: “…oggi c’è una mancanza strutturale della speranza, della passione del possibile, della apertura a un futuro che non conosciamo, del tutto indipendente da noi. Abbiamo l’obbligo morale di non lasciare morire la speranza in noi per farla rinascere in chi l’abbia perduta e in questo senso la speranza ha un valore rivoluzionario, ci inquieta, ci libera dai pregiudizi che non ci consentono di cogliere la realtà nella sua spontaneità e nella sua ricchezza umana, cioè che nella vita possono accadere cose inattese, incalcolabili, imprevedibili, insperate”.

Ecco: leggere fiabe armene in classe può ridestare la speranza e la consapevolezza della possibilità.

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Armenia: un’estate di cultura, eventi e divertimento (Itinerarinelgusto 31.05.24)

‘Armenia è pronta ad accogliere i visitatori italiani con una serie di eventi coinvolgenti che celebrano la sua ricca cultura, enogastronomia, musica e molto altro.

International Balloon Festival a Yerevan

Ecco una selezione di alcuni degli eventi più interessanti che si terranno nei prossimi mesi, che rappresentano un motivo in più per visitare un piccolo paese dal grande fascino. La maggior parte si svolge nella capitale Yerevan, mentre gli altri appuntamenti si terranno nelle altre regioni, come Tavush e Vayots Dzor, patria del vino. Inoltre, dall’11 al 13 settembre, l’Armenia ospiterà l’ottava Conferenza Internazionale sul Turismo del Vino di UN Tourism, un appuntamento imperdibile per operatori ed esperti del settore.

Yerevan Wine Days

Un evento dedicato agli amanti del vino, con degustazioni di vini locali, musica dal vivo e una vibrante atmosfera di festa nel cuore della capitale armena.

Data: 7-9 giugno

Luogo: Saryan, Tumanyan, Moskovyan streets, Yerevan

“Mimino” Festival Culturale e Gastronomico Armeno-Georgiano

Un evento che celebra le tradizioni culinarie e culturali di Armenia e Georgia, offrendo ai partecipanti l’opportunità di gustare piatti tipici e assistere a performance culturali uniche.

Data: 22 giugno

Luogo: Tavush, Dilijan

HayBuis Festival delle erbe e dei fiori armeni

Il Festival HayBuis (“Erbe armene”) si tiene in uno dei luoghi più pittoreschi dell’Armenia: il resort Apaga situato a Yenokavan, nella regione di Tavush, un’area rinomata per le sue foreste e montagne. I visitatori hanno l’opportunità di conoscere le erbe spontanee e i diversi metodi per utilizzarle, comprese le loro proprietà curative. Il festival offre laboratori di tisane, giochi educativi per esplorare la biodiversità delle foreste, lezioni di cucina e altre attività per bambini.

Data: June 29

Luogo: Yenokavan, Tavush Region

Vardavar

Un’antica festa armena dove le persone si spruzzano acqua a vicenda per le strade, simbolo di purificazione e rinnovamento. Un’esperienza vivace e divertente che coinvolge tutta la città.

Data: 6-7 luglio

Luogo: Yerevan

Beer Days

Una celebrazione per gli appassionati di birra con una vasta selezione di birre locali e internazionali, accompagnate da musica e cibo delizioso.

Data: 22-23 luglio

Luogo: Yerevan

Dilijan Wine Fest

Un festival che mette in mostra i migliori vini della regione, con degustazioni, laboratori e incontri con produttori locali.

Data: 3-4 agosto

Luogo: Tavush region, Dilijan

TarazFest

Un festival dedicato al tradizionale abbigliamento armeno, il taraz, con sfilate, esposizioni e laboratori sulla storia e l’evoluzione del costume armeno.

Data: 10-11 agosto

Luogo: Yerevan

Air Fest

Spettacolari esibizioni aeree con aeroplani, mongolfiere, elicotteri e parapendii. Il festival offre anche dimostrazioni di aeromodellismo, droni, esperienze VR e concerti dal vivo.

Data: 17 agosto

Luogo: Stepanavan Airport, Lori Region

“Armenia” International Music Festival

Un festival musicale internazionale che ospita artisti di fama mondiale e talenti locali, offrendo una serie di concerti e performance in vari generi musicali. Il concerto di apertura, diretto da Sergey Smbatyan, segnerà anche l’inizio della stagione concertistica dell’Orchestra Sinfonica di Stato Armena da lui fondata e diretta.

Data: 4 settembre – 28 ottobre

Luogo: Yerevan

Areni Wine Festival

Un evento imperdibile per gli amanti del vino, con degustazioni di vini prodotti in questa famosa regione vitivinicola, competizioni e intrattenimento culturale. L’occasione per visitare l’Areni Cave, dove è stato ritrovato un antico sistema per la vinificazione risalente a 6100 anni fa.

Data: 7 ottobre

Luogo: Vayots Dzor, Areni

 Yerevan Wine Days

Yerevan Wine Days

 

Discover Armenia from the Sky – International Ballooning Festival

Un festival di mongolfiere che illumina il cielo armeno con oltre 20 mongolfiere provenienti da tutto il mondo, creando uno spettacolo mozzafiato.

Data: 12-13 ottobre a Yerevan, 14-15 ottobre a Garni, 16 ottobre ad Aparan

Questa è solo una selezione di alcuni degli eventi programmati, ma l’Armenia ha molto di più da offrire. Tutti gli eventi sono pubblicati sul sito web ufficiale: https://armenia.travel/events/.

ABOUT ARMENIA

L’Armenia, un paese incastonato nella regione del Caucaso, è una terra di paesaggi affascinanti, ricca di storia e calda ospitalità. Questo gioiello nascosto offre una variegata gamma di esperienze, dalla splendida natura ai tesori antichi, dalle avventure moderne alle delizie culinarie. La sua tradizione secolare nella produzione di vino, insieme alle cantine e ai vigneti nazionali, offre un mix unico di cultura, patrimonio e vino, rendendola una destinazione di primo livello per gli appassionati del vino e i viaggiatori.

Per ulteriori informazioni sull’Armenia, si prega di visitare https://armenia.travel/

Armenia Tourism Committee: https://www.facebook.com/ArmeniaTourismCommittee

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Al Biografilm soffiano forte i ’Venti di vita’ (ilrestodelcarlino 30.05.24)

Dal Nagorno Karabakh di ’Jardin Noir’ firmato Alexis Pazoumian alla Bolognina di ’Romina’ raccontata da Valerio Lo Muzio e Michael Petrolini, c’è tutto il mondo al Biografilm Festival, ventesima edizione, dal 7 al 17 giugno. Non è certo una novità, ma è importante ricordare che la kermesse dedicata ai documentari più importante d’Italia e fondamentale nell’agenda internazionale, è stata capace di portare a Bologna, dal 2005 quando nacque, gli argomenti più incredibili narrati dai cineasti di ogni angolo della terra, dando voce a storie marginali, a comunità sconosciute e a filmmaker intraprendenti che hanno aperto le nostre menti. Un bel salto dall’altra parte dell’industria cinematografica, quella del documentario, che nel 2005 sperimentò una sorta di anno zero.

I direttori artistici Chiara Liberti e Massimo Benvegnù, che guidano il festival dal 2022, proseguendo il lavoro di ricerca in quel terreno reso fertile da Andrea Romeo, che il Biografilm lo inventò (e pure il concetto di guerilla staff), per questa edizione del ventennale hanno guardato circa 600 film, portandone 77 in selezione ufficiale, 58 come anteprime di cui 19 mondiali e hanno scelto ’Venti di vita’ come titolo forte per un momento storico compresso dalle guerre. C’è sempre stato un effetto particolare al Biografilm, quest’anno fruibile in sette luoghi, dal pop up Arlecchino al Lumière e fino al chiostro di Santa Cristina, e si tratta di quello sdoppiamento tra guest reali e ospiti rappresentati sul grande schermo.

Chi sono i grandi protagonisti? Sono autori, registi, attori ma soprattutto coloro che sono rappresentati in queste storie cinematografiche per lo più tratte da episodi reali. Quindi, sui vari red carpet dislocati all’ombra delle Due Torri passeranno il produttore indipendente Ted Hope, il fotografo Joel Meyerowitz, il regista Abel Ferrara, l’attrice Talia Ryder (’The Sweet East’ di Sean Price Williams), l’attore Micha Lescot, la regista candidata all’Oscar Kaouther Ben Hania, l’attrice Barbara Ronchi e la regista Malgorzata Szumowska. Sulla passerella delle immagini però ci sarà un parterre incredibile composto da Enrico Berlinguer, Elsa Morante, i Nomadi, Tony Negri, Patti Smith, Peaches, John Galliano (’High&Low’ di Kevin Macdonald), Carnival of Fools, il regista palestinese Mohamed Jabaly ma anche i diritti delle donne con Olfa e le sue figlie, i migranti naufraghi a Lampedusa, Sanjivani e la sua lotta nell’India Rurale, un agricoltore di Amsterdam, il fiume sacro Whanganui, una comunità psichiatrica di Palermo.

Ecco le tante narrazioni possibili a un festival di cui lnon vogliamo più fare a meno. Basta dare un’occhiata al manifesto di questa edizione, per capire quanto si è imparato in fatto di cinema e biografie in tutti questi anni: abbiamo scoperto Iris Apfel da poco scomparsa, il mitico Sixto Rodriguez nel film Sugar Man, che se n’è andato nel 2023 e che quando venne a Bologna scatenò il mondo della stampa e abbiamo anche imparato a pronunciare il linguaggio del modo documentaristico di Roberto Minervini (sul manifesto non c’è) che finalmente quest’anno è stato consacrato da Cannes con il premio alla regia. Con la stessa curiosità di sempre Bologna aspetta l’inizio venerdì 7 giugno con l’anteprima italiana di Hors du Temps di Olivier Assays e poi la serata di premiazione il 17 quando sarà Abel Ferrara a fare il suo ingresso con ’Turn in the Wound’ sulla guerra in Ucraina.

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ARMENIA-AZERBAIGIAN: IL DRAMMA DEI POPOLI DI CONFINE (Opinione 29.05.24)

Armenia, domenica 26 maggio, migliaia di manifestanti hanno protestato contro il Governo chiedendo le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, in seguito alla scelta governativa di cedere agli azeri territori e villaggi ubicati sulla linea di confine con l’Azerbaigian. Nel marzo scorso, l’Esecutivo armeno ha accettato di “consegnare” quattro villaggi come segno dell’impegno per assicurare un accordo di pace. Questi territori, per la cronaca, erano stati conquistati dall’Armenia successivamente al conflitto divampato tra il gennaio del 1992 e il maggio del 1994. Parliamo dei villaggi di Baghanis, Kirants, Voskepar e Berkaber, dove circa centomila armeni si sono visti sfollare forzatamente tramite una azione coordinata ed eseguita dall’esercito; in questa tragica occasione gli abitanti, prima di abbandonare le loro case, in segno di protesta hanno bruciato campi e proprietà.

Questo accordo del Governo di Yerevan con quello di Baku è giunto a conclusione dopo la campagna militare svoltasi tra il settembre e il novembre del 2020, con cui l’Azerbaigian ha preso il controllo del Nagorno-Karabakh, una regione con una maggioranza armena ma che si trova nel territorio azero, centro di una contesa andata avanti per decenni tra i due Paesi. Il 16 maggio scorso, Baku e Yerevan hanno provveduto a ridelineare un’area di 12,7 chilometri di confine per “spostare” il territorio da proprietà dello Stato armeno a quello dell’Azerbaigian. Lunedì 27 maggio la polizia armena ha dichiarato, successivamente alle proteste di domenica, di aver arrestato più di duecento persone che, mosse dal dissenso dell’azione governativa, hanno sbarrato e occupato le strade di Yerevan. Questa manifestazione è stata l’ultima di una lunga serie che, da tempo, troviamo nella città. Protagonisti sono coloro che fanno parte del movimento Tavush per la patria condotto dall’arcivescovo della chiesa armena della diocesi di Tavush (provincia situata a oriente), Bagrat Galstanyan, il quale ha visto restituire all’Azerbaigian dei villaggi della propria regione.

Galastanyan ha dichiarato di essere pronto a dare le dimissioni dal suo ruolo clericale per impegnarsi in politica, con lo scopo di candidarsi a primo ministro, chiedendo che venissero anticipate le elezioni parlamentari, anche se secondo la normativa dello Stato – essendo l’arcivescovo di origini miste, armeno-canadese – non ha possibilità di partecipare alla tornata elettorale nella veste desiderata.

L’arcivescovo descrive questo movimento come una “campagna nazionale di disobbedienza”La richiesta di dimissioni di Pashinyan, mossa da questo movimento, è incentrata sulla disapprovazione relativa la cessione dei territori di confine, in quanto non garantiscono, come invece dichiarato dal Governo, nessuna garanzia di pace o sicurezza. I territori che sono stati ceduti hanno un’importanza notevole per l’Armenia, in quanto controllano zone verso la Georgia, strade vitali per questo Paese.

In tale contesto geopolitico, tornato ulteriormente alla ribalta dopo la sospetta morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi, vittima di un incidente aereo vicino ai confini azeri il 19 maggio, ci si può chiedere: cosa manca a questa regione per poter raggiungere un accordo di pace, anche se oneroso, per l’Armenia? Dopo l’ultimo conflitto del settembre-novembre 2020, si sono notati pochi sviluppi verso un equilibrio. Si deve considerare il ruolo delle nazioni, Russia e Francia per primi, che in vari modi non hanno contribuito a creare nell’area uno stato di equilibrio. Queste nazioni avrebbero dovuto, oltre che valorizzare l’eroismo dei patrioti armeni, anche dirottare ambizioni e annichilire tensioni. Considerando inoltre che la Turchia, dopo aver armato e sostenuto l’Azerbaigian contro l’Armenia (un ruolo fondamentale lo ha avuto anche Israele per il successo azero), non ha messo particolare impegno per il mantenimento della pace. Ma, come sappiamo, i margini operativi della Turchia rimangano poco chiari in ogni “scacchiere geostrategico” dove è presente. E la “questione” del Nagorno-Karabakh resta l’anello più debole del precario equilibrio della regione caucasica meridionale.

Aggiornato il 29 maggio 2024 alle ore 15:22

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La resistenza di Pašinyan a tutte le opposizioni (AsiaNews 29.05.24)

Da tempo sotto attacco da parti dei partiti e movimenti di opposizione e perfino dalla Chiesa apostolica per la sua politica di “normalizzazione” del conflitto con l’Azerbaigian e di emancipazione dalla protezione della Russia, il presidente armeno esclude categoricamente l’ipotesi di elezioni anticipate. Ma anche il Cremlino nopn alza i toni più di tanto sapendo che Erevan non potrà fare a meno dell’appoggio militare ed economico di Mosca.

Erevan (AsiaNews) – Il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pašinyan, è da tempo sottoposto a invettive e attacchi di ogni genere in patria, dai partiti e movimenti di opposizione e perfino dalla Chiesa apostolica, ma anche dall’estero con le critiche di Baku e di Mosca alla sua politica di “normalizzazione” del conflitto con l’Azerbaigian e di emancipazione dalla protezione della Russia. Diversi deputati avversari stanno chiedendo il suo impeachment dopo il cedimento agli azeri di alcuni villaggi di confine, ma dal suo partito dell’Accordo Civile rispondono di prendere queste minacce “con umorismo”, e di escludere assolutamente l’ipotesi di elezioni anticipate.

Le trattative con gli azeri, per cui Pašinyan è accusato di “cedimenti al nemico”, sono paradossalmente la sua migliore garanzia di difesa da ogni attacco, come ritiene l’osservatore Vadim Dubnov, mentre le proteste di piazza vanno lentamente affievolendosi, nonostante le iniziative del nuovo leader del movimento armeno di protesta “Tavowš in nome della Patria”, l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, che sta cercando a fatica di unire tutte le opposizioni per far fuori il primo ministro. Anche da Mosca arrivano soltanto moniti piuttosto benevoli, al di là della retorica “filo-europea” di Pašinyan, in quanto il Cremlino sa che l’Armenia non potrà fare a meno dell’appoggio militare ed economico della Russia.

L’assenza del premier armeno alla parata militare della piazza Rossa lo scorso 9 maggio, dove accanto a Putin erano schierati tutti i leader dell’alleanza eurasiatica della Csto, è stata declassata alla necessità di rimanere a Erevan mentre erano in corso le proteste di piazza, animate dall’arcivescovo dell’eparchia di frontiera. Anche se in realtà solo qualche giorno dopo, quando ancora le vie della capitale erano occupate dai manifestanti, Pašinyan si è recato in visita in Danimarca, affidando ai suoi collaboratori il controllo della situazione. Del resto egli non era presente neppure all’incoronazione di Putin del 7 maggio, dove si è limitato a inviare l’ambasciatore in quanto “i capi di Stato non erano segnalati obbligatoriamente nel protocollo della cerimonia”.

Pašinyan in realtà ha preso parte al Consiglio superiore economico eurasiatico, di cui l’Armenia è presidente di turno, ma che si è tenuto a Mosca, dove ha incontrato Putin personalmente, mantenendo quindi un distacco formale più che effettivo. Anche dalla parte russa c’è un atteggiamento ambiguo: le proteste di piazza in Armenia sono dichiaratamente filo-russe, sostenute non solo dagli ecclesiastici, ma anche dalle persone vicine all’ex-presidente Robert Kočaryan, uno dei più stretti amici armeni del Cremlino. Eppure non sono andati oltre gli strepiti, con qualche eco nel parlamento di Erevan.

A esprimere in modo più esplicito la tensione con i russi è il segretario del Consiglio di sicurezza Armen Grigoryan, rivestendo il ruolo polemico nel gioco delle parti. Da giorni egli sta chiedendo a Mosca di ritirare tutte le truppe di “pacificazione” dalle zone di frontiera e soprattutto dall’aeroporto internazionale Zvartnots, nella periferia ovest di Erevan, e parla esplicitamente dell’alleanza con la Russia come di un “errore strategico”. Il ministro degli esteri Ararat Mirzoyan si limita invece ad affermare che “le relazioni con la Russia non sono attualmente al loro massimo livello”, anch’egli astenendosi dal partecipare alle riunioni dei suoi omologhi della Csto e della Csi, lasciando libero il primo ministro di prendere le posizioni più adeguate alle circostanze.

Da parte russa si lasciano le invettive contro gli armeni all’esagitata portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, mentre Putin si limita a commenti stringati e tiepidi, come se non credesse davvero all’allontanamento dell’Armenia dalla sua sfera d’influenza. Tutte queste ambiguità alla fine fanno il gioco di Pašinyan, che continua a ripetere che “l’Armenia storica e quella attuale sono cose completamente diverse”, cercando di costruire una nuova immagine del Paese risalendo attraverso le contraddizioni della regione caucasica e delle turbolenze della geopolitica mondiale, in attesa di capire dove porteranno.

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L’Armenia cede quattro villaggi a Baku, arrestati 220 manifestanti (Pagineestere 29.05.24)

Pagine Esteri, 29 maggio 2024 – Il governo armeno ha risposto con la mano dura alle ennesime proteste delle opposizioni nazionaliste nei confronti della politica del primo ministro Nikol Pashinyan.

Domenica ben 220 persone sono state arrestate a Erevan ed in altre località nel corso di massicce manifestazioni organizzate da vari movimenti e partiti politici che chiedevano le dimissioni del premier, accusato di svendere il paese all’Azerbaigian e di orientare troppo la propria politica verso l’occidente.

Le proteste sono cominciate ad aprile dopo che l’esecutivo armeno ha accettato di restituire all’Azerbaigian quattro cittadine al confine occupate nel corso della guerra vinta dagli armeni all’inizio degli anni ’90. Nel 2020, però, il conflitto è riesploso per volontà di un Azerbaigian che nel frattempo è diventato una potenza militare – sostenuta da Israele e Turchia – grazie ai consistenti proventi derivanti dall’estrazione di gas e petrolio nel Mar Caspio. Negli assalti degli ultimi anni Baku ha conquistato varie province che gli erano state sottratte da Erevan e il Nagorno-Karabakh, una regione a maggioranza armena incastonata in territorio azero che per circa venti anni si era costituita in repubblica indipendente de facto. Nel settembre del 2023 la “Repubblica di Artsakh” ha cessato di esistere dopo una guerra lampo e i suoi centomila abitanti armeni sono fuggiti a Erevan per evitare persecuzioni e ritorsioni da parte azera.

In seguito, Baku ha attaccato direttamente il territorio dello stato armeno, occupando alcuni territori al confine, e ha iniziato a rivendicare esplicitamente le province meridionali dell’Armenia, minacciando addirittura di impossessarsene per ottenere la continuità territoriale con il Nakhchivan, una regione autonoma azera che sorge ad est tra l’Armenia, l’Iran e la Turchia.

Dopo la doppia e grave sconfitta negli scontri con l’esercito azero il premier Pashinyan ha accusato Mosca di aver abbandonato l’Armenia (con cui pure Mosca ha un patto di assistenza militare), ha affermato la propria disponibilità ad un trattato di pace definitivo con l’Azerbaigian e ha accettato la maggior parte delle richieste del regime azero di Aliyev, scatenando la rabbia di una consistente parte della popolazione armena.

L’arcivescovo Galstanyan arringa la folla a Erevan

Le proteste si sono di nuovo intensificate negli ultimi giorni, quando i quattro villaggi – il loro nome azero è Baghanis Ayrum, Ashaghi Askipara, Kheyrimli e Ghizilhajili – del nord-est sono state fisicamente consegnate all’esercito di Baku, nonostante la loro importanza strategica derivante dal fatto che in quel territorio passa un’autostrada che collega il paese con la Georgia. Prima di abbandonare le loro case, gli armeni che vivevano nel tratto di confine hanno bruciato le loro abitazioni, proprio come era avvenuto nel Nagorno Karabakh.

Pashinyan, che ora si appoggia principalmente alla Francia e agli Stati Uniti dopo aver allentato le relazioni con la Federazione Russa (che in Armenia possiede però delle importanti installazioni militari), spera che la consegna all’Azerbaigian dei territori contesi possa convincere Aliyev a rinunciare a ulteriori rivendicazioni e consentire la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Ma molti armeni temono che i continui cedimenti nei confronti di Baku non facciano altro che indebolire il paese trasformandolo in una facile preda per i propositi espansionisti azeri.

In particolare i residenti armeni degli insediamenti vicini alla porzione di territorio ceduta affermano che la mossa li taglia fuori dal resto del paese e accusano Pashinyan di cedere territorio senza ottenere nulla in cambio.

Le manifestazioni di domenica, che hanno visto scendere in piazza decine di migliaia di persone, sono state indette in particolare dal movimento “Tavush per la patria”, guidato da Bagrat Galstanyan, un arcivescovo della Chiesa armena che guida la diocesi di Tavush, la provincia orientale del paese dove erano state inserite le quattro località azere occupate negli anni ’90.

Nel corso della grande manifestazione di domenica scorsa, Galstanyan ha affermato che rinuncerà al suo incarico di arcivescovo per candidarsi alla carica di primo ministro ed ha chiesto elezioni parlamentari anticipate.

Intanto le relazioni con la Russia continuano a peggiorare: venerdì scorso la portavoce del Ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, ha annunciato di aver richiamato il proprio ambasciatore a Erevan “per consultazioni” senza aggiungere ulteriori particolari. Pagine Esteri

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L’Avetis String Quartet debutta a Primavera Chigiana: in concerto il 29 maggio (Agenziaimpress 29.05.24)

SIENA – Primavera Chigiana 2024, il festival dedicato alle grandi star della musica da camera internazionale e ai giovani talenti emergenti, entra nel suo clou.

Mercoledì 29 maggio, nel Salone dei Concerti di Palazzo Chigi Saracini, debutta alla Chigiana, l’Avetis String Quartet, ensemble armeno formato da eccezionali musicisti. Anush Nikogosyan, primo violino, vanta un’intensa carriera come solista e come musicista da camera; con lui, Karmen Tosunyan secondo violino, Hayk Ter-Hovhannisya, viola e Mikayel Navasardyan, violoncello, occupano posizioni di spicco all’interno dell’Armenian National Philharmonic Orchestra.

La loro missione principale è quella di diffondere e valorizzare il repertorio per quartetto d’archi in Armenia, ma anche quella di promuovere le opere dei compositori armeni di oggi a livello internazionale.
Di grande interesse, l’esecuzione in prima italiana di Liber Secretorum Henoch per quartetto d’archi di Michel Petrossian.

L’autore franco-armeno tra i più affermati della scena internazionale e vincitore della prestigiosissima “Queen Elisabeth Competition di Bruxelles” nel 2012, sarà ospite speciale della serata.

In apertura di concerto, l’Avetis Quartet presenterà un capolavoro assoluto della musica russa di fine Ottocento, il Quartetto n. 2 in re maggiore di Aleksandr Borodin, opera di straordinaria freschezza e naturalezza.
Gran finale: la talentuosa pianista Maya Oganyan, giovane allieva del corso di Lilya Zilberstein all’Accademia Chigiana, già affermata solista e vincitrice di concorsi, tra cui la recente affermazione al XIII Concorso Soroptimist International d’Italia, si unirà all’Avetis. Insieme eseguiranno il Quintetto n. 2 in la maggiore, per pianoforte e quartetto d’archi, op. 81 del compositore boemo Antonín Dvořák, capolavoro del tardo romanticismo e composizione tra le più conosciute per questo ensemble.

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Più di 220 persone sono state arrestate in Armenia nel corso di proteste antigovernative (Il Post 28.05.24)

Più di 220 persone sono state arrestate in Armenia durante la loro partecipazione a grosse proteste antigovernative organizzate per chiedere le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan. Il ministero dell’Interno ha spiegato in modo generico che gli arresti sono stati fatti perché i manifestanti non avrebbero «rispettato i requisiti legali stabiliti dalla polizia» per manifestare.

Le proteste vanno avanti da parecchi giorni in molte città dell’Armenia, e in particolare nella capitale Yerevan. Erano cominciate a fine aprile dopo che il governo armeno e quello dell’Azerbaijan avevano raggiunto un accordo per il ritiro dell’Armenia da quattro cittadine azere al confine tra i due paesi a cui la maggior parte della popolazione armena si oppone.

L’Armenia controllava queste zone fin dagli anni Novanta e l’accordo per la loro restituzione è stato considerato un passo avanti per avviare colloqui di pace tra i due paesi, in conflitto da decenni soprattutto per il controllo del Nagorno Karabakh, territorio separatista collocato in Azerbaijan ma fino a pochi mesi fa abitato principalmente da persone di etnia armena. Le proteste si sono intensificate negli ultimi giorni, dopo che è avvenuta l’effettiva riconsegna della quattro cittadine: in azero sono note come Baghanis Ayrum, Ashaghi Askipara, Kheyrimli e Ghizilhajili, e sono considerate di importanza strategica per l’Armenia perché ci passa un’autostrada che la collega con la Georgia, importante dal punto di vista commerciale.

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