Il presidente Erdogan riceve gli auguri per l’Eid al-Adha dal premier dell’Armenia Pashinyan (Trt 21.06.24)

Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha avuto una conversazione telefonica con il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan.

Durante la conversazione, il primo ministro Pashinyan ha espresso le sue felicitazioni al presidente Erdogan per l’Eid al-Adha.

A sua volta, il presidente Erdogan ha espresso i suoi auguri al primo ministro Pashinyan per l’imminente Vardavar – Festa della Trasfigurazione di Gesù Cristo.

Erdogan ha espresso le sue condoglianze a Pashinyan per le vittime delle recenti inondazioni nelle regioni a nord dell’Armenia.

Durante la conversazione telefonica, entrambi i leader hanno sottolineato la loro volontà politica di normalizzare pienamente le relazioni tra Turkiye e Armenia senza precondizioni.

Erdogan e Pashinyan, sottolineando l’importanza del proseguimento dei colloqui tra i rappresentanti speciali dei due Paesi, hanno confermato i punti concordati finora.

Inoltre, i leader hanno evidenziando con soddisfazione il dialogo in corso tra gli alti funzionari di Turkiye e Armenia, hanno discusso degli ultimi sviluppi nella regione e dell’agenda internazionale.

Vai al sito

L’Armenia riconosce lo Stato palestinese (Ansa e altri 21.06.24)

L’Armenia ha riconosciuto lo Stato palestinese.

Israele convoca l’ambasciatore armeno per un ‘severo rimprovero’. Abu Mazen ‘Decisione coraggiosa e importante’

Appena si è diffusa la notizia da Erevan, il ministero degli Esteri a Gerusalemme ha convocato l’ambasciatore armeno in Israele “per un severo rimprovero”. Lo ha fatto sapere il portavoce del ministero.

Da parte sua, il presidente dell’Anp Abu Mazen ha commentato  – in una nota da Ramallah trasmessa dall’agenzia Wafa che “questo riconoscimento contribuisce positivamente a preservare la Soluzione dei due Stati, che affronta sfide sistematiche e promuove la sicurezza, la pace e la stabilità per tutte le parti coinvolte”. l”Una decisione – ha aggiunto la presidenza di Abu Mazen – coraggiosa e importante”.


Israele convoca amb. Armenia dopo mossa su Palestina (Informazione.it)


L’ARMENIA HA RICONOSCIUTO LO STATO DI PALESTINA  (Metropolitanamagazine)


PALESTINA. ARRIVA ANCHE IL RICONOSCIMENTO DELL’ARMENIA (Notizigeopolitiche)


L’Armenia ha riconosciuto lo Stato di Palestina  (Il Post)


Israele convoca amb. Armenia dopo mossa su Palestina (Ansa)


Medio Oriente: Israele attacca il Libano. Polemiche armeni e armi Usa (Tv2000)


 

Cittadinanza armena։ un passaporto che aiuta a vivere (Osservatorio Balcani e Caucaso 20.06.24)

Decine di migliaia di persone sono fuggite l’anno scorso in Armenia dal Nagorno Karabakh, riconquistato con le armi dall’Azerbaijan: in molti chiedono oggi la cittadinanza armena, per poter ricominciare a ricostruirsi una vita

20/06/2024 –  Armine Avetisyan Yerevan

Circa un anno fa, oltre 100.000 persone sono state costrette a lasciare il Nagorno Karabakh per l’Armenia. Da allora hanno attraversato diverse fasi di adattamento, hanno trovato un alloggio e un lavoro temporanei e ora possono richiedere la cittadinanza armena.

“Per diversi giorni ho cercato un’auto che mi aiutasse a trasportare i miei oggetti personali in Armenia, non sono riuscito a trovarne una, ero disperato”, ricorda Karen, 40 anni, una delle ultime persone a lasciare Stepanakert, la capitale del Nagorno Karabakh.

Karen è arrivato a Yerevan alla fine di settembre con i suoi genitori. Ha potuto portare con sé solo alcuni oggetti essenziali e vestiti pesanti. Poco dopo si sono stabiliti in una delle regioni di confine. Dice di essere scappato dai rumori della capitale, per poter riordinare i pensieri e immaginare il futuro.

Aveva pochissimi risparmi con sé: la sua famiglia ha ricevuto sussidi statali. “All’inizio è stato difficile, ma ora mi sono ripreso, non sono più depresso, qui mi hanno aiutato molto”.

Karen è un avvocato. All’inizio ha lavorato in un’azienda privata, ma in seguito ha trovato un lavoro più interessante presso un’istituzione statale. Per poter lavorare lì doveva ottenere la cittadinanza armena: il certificato di residenza temporanea non era sufficiente.

“Quando siamo arrivati in Armenia, come tutti gli altri, siamo stati registrati e abbiamo ricevuto un certificato di protezione temporanea, ma in realtà ho pensato di ottenere la cittadinanza dal primo giorno in cui sono arrivato. Non puoi vivere come un rifugiato per sempre, ti serve un passaporto. Sono armeno, non riesco a immaginarmi altrove, per questo ho chiesto la cittadinanza senza esitazione”, racconta, aggiungendo che i suoi genitori hanno fatto lo stesso.

In totale, hanno chiesto la cittadinanza 2.075 sfollati del Nagorno Karabakh. “Attualmente, 96.696 persone sfollate dal Nagorno Karabakh hanno ricevuto certificati di protezione temporanea, 83.942 persone si sono registrate, 2.075 persone hanno richiesto la cittadinanza e a 1.437 di loro è stata concessa. Le persone sfollate dal Nagorno Karabakh vengono servite in un regime di emergenza”, ha annunciato Arpine Sargsyan, viceministro degli Affari Interni della Repubblica di Armenia.

La cittadinanza garantisce il diritto di votare, di essere eletti, di ricoprire incarichi pubblici e, in definitiva, garantisce un collegamento più stabile con lo Stato. In casi di emergenza, la cittadinanza può essere concessa alle persone che hanno ricevuto protezione temporanea.

Per fare domanda serve il passaporto, il certificato di nascita, sei foto a colori e il questionario che verrà compilato sul posto. Il processo richiede da 90 giorni lavorativi a 4/5 mesi, ma le richieste dei rifugiati provenienti dal Nagorno Karabakh vengono esaminate entro 1-2 mesi.

Dopo aver ottenuto la cittadinanza, il passaporto viene rilasciato entro cinque giorni lavorativi; i cittadini maschi in età da servizio militare ricevono il passaporto dopo essere stati registrati nell’esercito.

“I cittadini uomini in età da servizio militare devono essere arruolati nell’esercito o, se sono militari, devono portare con sé le referenze pertinenti per ottenere il passaporto”, spiega Mariam Gevorgyan, vice capo del Servizio migrazione e cittadinanza del Ministero degli Affari Interni.

La cittadinanza è importante anche per ottenere un appartamento.

Lo staff del primo ministro ha recentemente emesso un comunicato stampa relativo al lancio del programma di alloggi per le famiglie sfollate con la forza dal Nagorno Karabakh dopo il 27 settembre 2020, a condizione che tutti i membri, compresi i minorenni, abbiano ottenuto la cittadinanza.

“È un bene che io abbia fatto domanda prima e abbia ottenuto la cittadinanza, ora che è necessaria per ottenere una casa ci sono molte domande. Temo che ci saranno code, ma è necessario, per vivere serve il passaporto”, dice Karen.

Vai al sito

Anche l’idea di un Concilio Vaticano III nell’incontro tra Aram I e Papa Francesco (AciStampa 19.06.24)

Anche l’idea di un Concilio Vaticano III con la partecipazione attiva delle Chiese non cattoliche è stata discussa nell’incontro tra il catholicos di Cilicia Aram I e Papa Francesco. Il catholicos della Chiesa Apostolica Armena, a Roma anche per dare una conferenza sul ruolo della diplomazia religiosa in Medio Oriente al Pontificio Istituto Orientale, ha discusso di questo e altri temi in una udienza privata con Papa Francesco lo scorso 12 giugno.

I temi dell’udienza sono stati rivelati dal sito internet del Catholicossato di Cilicia, che ha sede in Libano, ad Antilyas, dove è stata trasferito nel 1930 a seguito del genocidio armeno, ed è, insieme ad Etchmiadzin, una delle due grandi sedi della Chiesa Apostolica Armena.

La questione del Concilio Vaticano III è solo il terzo punto all’ordine del giorno, ma è di particolare importanza. Il primo punto riguarda la necessità di ampliare e trasformare le relazioni ecumeniche in una partnership, e il secondo riguarda la necessità di stabilire una data comune per la Pasqua – un tema, tra l’altro, in discussione con molte altre Chiese sorelle.

Ma Aram I ha guardato anche alla sfida del Libano, all’importanza di rafforzare le coesistenza cristiano – musulmana a Beirut e la soluzione della crisi istituzionale con l’elezione di un presidente.

Quindi, si è parlato anche della questione del Nagorno Karabakh, chiamato Artsakh nell’antico nome armeno. Dopo la guerra del 2021, che ha portato ad una pace dolorosa per l’Armenia, il controllo di vasti territori del Nagorno Karabakh è passato in mano azerbaijana. La parte armena ha denunciato più volte un “genocidio culturale” in atto in Artsakh dai tempi in cui il territorio fu dato dai sovietici alla giurisdizione azerbaijana, ma l’Azerbaijan lamenta anche la distruzione di varie moschee da quando il territorio ha dichiarato l’indipendenza negli anni Novanta, costituendo uno Stato che non è stato riconosciuto nel consesso internazionale, ma che era comunque una forma di legame con l’Armenia.

ADVERTISEMENT

Aram I ha sottolineato in particolare le condizioni dei prigionieri armeni che si trovano in Azerbaijan, descritti come “prigionieri politici”, e anche la necessità di restituire gli Armeni dell’Artsakh alla loro madre patria sotto la protezione internazionale.

Oltre all’incontro con Papa Francesco, il catholicos Aram I ha avuto anche diversi incontri istituzionali. In Segreteria di Stato, assente il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, Aram I ha incontrato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, con il quale ha discusso della situazione in Libano, la questione dei prigionieri di guerra armeni detenuti in Azerbaijan e le elezioni presidenziali in Libano. Il Cardinale Parolin sarà in visita in Libano il prossimo 22-23 giugno.

Aram I ha anche incontrato il Cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Con lui, ha affrontato le attuali sfide del movimento ecumenico e il dialogo teologico tra le Chiese Cattoliche e le Chiese Ortodosse Orientali.

Con il Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, il catholicos Aram I si è invece concentrato sulla cooperazione tra le Chiese Cattoliche e le Chiese Ortodosse e Protestanti nel Medio Oriente. Si è parlato anche del dialogo islamo cristiano, nonché del ritorno dei nativi armeni di Artsakh sotto protezione internazionale e anche qui del rilascio dei prigionieri armeni in Azerbaijan.

Importante anche l’incontro con il Cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, con il quale ha rivalutato l’importanza di rivalutare la teologia alla luce delle sfide contemporanee.

Di particolare importanza è stata la lecture che il catholicos Aram I ha tenuto al Pontificio Istituto Orientale l’11 giugno. La lezione era sul tema  “La religione nella geopolitica del Medio Oriente”, in un evento organizzato anche dalla Pontificia Università Gregoriana e l’ambasciata Libanese, alla presenza anche del patriarca armeno cattolico Raphaël Bedros XXI Minassian, che ha anche ospitato il catholicos Aram I durante i suoi giorni romani, e dell’arcivescovo Mesrob Sarkissian, prelatto degli Emirati Arabi Uniti e del Qatar, nonché di diversi ambasciatori accreditati presso la Santa Sede.

Il catholicos della sede di Cilicia della Chiesa Apostolica Armena ha sottolineato l’influenza della religione nella geopolitica, e ha notato che la religione ha un ruolo trasformativo nel rispodnere alle condizioni geopolitiche in evoluzione. In particolare, ha aggiunto, sono le religioni monoteistiche – l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam – ad aver avuto un ruolo cruciale nel definire gli scenari politici, culturali e sociali in Europa e Medio Oriente.

Aram I ha poi delineato le dinamiche dell’impatto della religione nella geopolitica mediorientale, ha affrontato i temi più importanti a partire dalla necessità di combinare fede e ragione, ha evidenziato la complessa relazione tra religione e politica e rimarcato l’imperativo di sviluppare una mutua fiducia e una pace fondata sulla giustizia.

Infine, il catholicos ha sottolineato il ruolo vitale della religione nel promuovere l’esistenza pacifica, risolvendo conflitti e sviluppando mutua fiducia nelle società Medio Orientali. In questo senso, ha proposto un incontro di leader religiosi a Gerusalemme, chiedendo uno sforzo congiunto per la pace e la riconciliazione tra le tre maggiori religioni.

Vai al sito

L’UE invita l’Azerbaigian a rispettare il giusto processo e i principi fondamentali per la protezione dei detenuti (Europarl 19.06.24)

L’UE continua a sostenere gli sforzi tesi alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaigian su tutte le questioni in sospeso. Per quanto riguarda la situazione dei detenuti del Nagorno-Karabakh, l’UE invita l’Azerbaigian a rispettare il giusto processo e i principi fondamentali per la protezione dei detenuti, oltre che a garantire la trasparenza. L’UE è fermamente convinta che le misure volte a rafforzare la fiducia, tra cui il rilascio e il rimpatrio dei detenuti armeni in Azerbaigian, possano apportare benefici al processo globale di pace e spianare la strada a una maggiore fiducia tra le parti. A tale riguardo, l’UE ha accolto con favore la dichiarazione congiunta dell’Armenia e dell’Azerbaigian del 7 dicembre 2023[1] sulle misure volte a rafforzare la fiducia, tra cui lo scambio di prigionieri, e continua a sollecitare ulteriori interventi.

L’UE continua a intrattenere rapporti con l’Azerbaigian nell’ambito del dialogo regolare sui diritti umani e nei contatti bilaterali. La delegazione dell’UE a Baku segue da vicino la situazione in loco ed è in stretto contatto con il Comitato internazionale della Croce Rossa, che può regolarmente visitare i detenuti armeni.

Inoltre l’UE continua a esortare l’Azerbaigian a garantire che i diritti degli armeni del Karabakh vengano rispettati, compreso il diritto di ritornare alle loro case senza intimidazioni e discriminazioni, e a fornire sostegno agli armeni del Karabakh sfollati nel settembre 2023 e in precedenza. Da allora ha stanziato oltre 33 milioni di EUR in aiuti umanitari diretti e sotto forma di sostegno di bilancio al governo armeno al fine di aiutarli a far fronte alle loro esigenze.

Vai al sito


Consiglio d’Europa: Rapporto Ecri 2023 per contrastare razzismo e intolleranza “promuovere società diverse e inclusive” (Sir)

Armenia – Collaborazione dei medici italiani per operare soldati disabili (Assadakah 19.06.24)

Letizia Leonardi (Assadakah News) – A Yerevan, capitale della Repubblica d’Armenia, l’unione fa la forza e se ad essere coinvolto è il settore medico, la collaborazione ha ancora più valore. Il noto chirurgo italiano, primario del reparto di chirurgia maxillo-facciale dell’ospedale San Filippo Neri di Roma, professore dell’università La Sapienza e Tor Vergata di Roma, Domenico Scopelliti è tornato in Armenia, nella Casa del Soldato.

La ragione di questo gradito ritorno è una serie di interventi che, a partire dal prossimo autunno, specialisti armeni e italiani eseguiranno sui soldati disabili che hanno lesioni complesse alla mascella.

Questa collaborazione era già iniziata in Italia, con l’organizzazione benefica “Smile House”, grazie alla quale il chirurgo Domenico Scopelliti ha potuto operare tre militari armeni disabili.

Scopelliti ha fornito consulenze per malattie della mascella superiore, malformazioni congenite, tumori della mascella superiore e formazioni simil-tumorali presso l’Ospedale Universitario “Muratsan”.

Alla Casa del Soldato opereranno i dottori Domenico Scopelliti e Fabio Massimo Castaldo, specialisti in chirurgia facciale, insieme ai colleghi armeni.

Nel programma rientreranno i casi più complicati, le lesioni più complesse della regione facciale. Anche i chirurghi armeni hanno infatti una grande esperienza nel campo della chirurgia facciale e hanno eseguito molti interventi chirurgici eccezionalmente difficili. Si tratta di un’ottima opportunità di scambio di competenze ed esperienze, sia per gli specialisti armeni che per quelli italiani che avranno l’onorevole e importantissimo compito di risolvere nel modo migliore le problematiche di molti ragazzi armeni in modo da permettergli una qualità di vita migliore.

Vai al sito

SERJ TANKIAN CONTRO GLI IMAGINE DRAGONS: “ZERO RISPETTO PER LORO” (Radifreccia 18.06.24)

Il cantante dei System Of A Down ha attaccato la band di Dan Reynolds per la decisione di aver suonato a Baku, capitale dell’Azerbaijan

Serj Tankian è tornato ad attaccare gli Imagine Dragonsper la loro decisione di suonare in Azerbaijan.

La band di Las Vegas guidata da Dan Reynolds si era esibita a Baku a settembre dello scorso anno compiendo quello che, secondo il cantante dei System Of A Down, è stato un atto politico.

Tankian aveva già scritto una lettera agli Imagine Dragons per invitarli a cancellare la data e ora ha speso nuovamente poco lusinghiere, dichiarando di non aver alcun rispetto per Dan Reynolds e compagni.

Ma perché Serj Tankian ce l’ha così tanto con gli Imagine Dragons?

Secondo il cantante di origine armena, sempre molto impegnato e attento alle tematiche socio politiche, la decisione degli Imagine Dragons di suonare in Azerbaijan è paragonabile ad un endorsement a favore del Presidente Ilham Aliyev, da molti considerato un dittatore.

Intervistato da Metal Hammer, il cantante dei SOAD ha detto chiaramente di non rispettare la formazione di Las Vegas, pur sapendo che ognuno è libero di fare ciò che vuole.

“Non sono un giudice e non sarò io a dire ad una band dove suonare o non suonare e capisco che uno lo faccia per i soldi, che sono artisti, che sono degli entertainer e cose del genere”, ha spiegato Tankian. “Ma quando sei davanti ad un governo che fa della pulizia etnica, quando l’Azerbaijan stava affamando 120.000 armena del Nagorno-Karabakh senza che potessero accedere a cibo o medicine, sai, come artista se io lo scoprissi non suonerei in quel posto per nulla al mondo. Ma qualcuno lo fa e non saprei cosa dire di quegli artisti. Di sicuro non li rispetto come esseri umani e al diavolo la loro arte, per quanto mi riguarda non sono dei buoni esseri umani”.

La lettera di Tankian agli Imagine Dragons

La scorsa estate Tankian si era preso del tempo per scrivere agli Imagine Dragons e spiegargli il suo punto di vista sulla questione, illustrandogli la situazione socio politica dell’area, nella speranza di spingere la band a cancellare lo show, anche per evitare ricadute sul brand.

Dopo la mancata risposta al suo appello – al quale si erano uniti anche Brian Eno, Roger Waters e Thurstoon Moore – la voce dei System Of A Down si è poi lasciato andare ad un lungo post in cui ha chiesto agli Imagine Dragons di prendersi le proprio responsabilità, specialmente perché spesso loro stessi si sono esposti per diverse cause sociali.

Tankian ha poi condiviso una petizione per spingere la band a ritornare sui propri passi, lamentando di non aver ricevuto alcuna risposta.

Se sei così cieco di fronte alla giustizia da andare a fare uno show in un paese che sta riducendo alla fame un altro apese, illegalmente secondo la Corte Internazionale di Giustizia, secondo Amnesty Internationl e Human Rights Watch, beh non so cosa dire su di te come essere umano”, ha aggiunto Tankian a Metal Hammer. “A quel punto non mi interessa nemmeno della tua musica. Se sei un cattivo essere umano, non me ne frega un cazzo. A questo punto io non ho alcun rispetto per quei ragazzi”.

Vai al sito

Gli Stati Uniti hanno offerto all’Armenia un partenariato strategico (Marx21.it 17.06.24)

Erevan e Washington istituiranno una commissione sul partenariato strategico: è quanto emerso all’apertura della sessione finale del Dialogo strategico tra Armenia e Stati Uniti.

Le dichiarazioni in merito sono state rilasciate dal sottosegretario di Stato per gli Affari europei ed eurasiatici James O’Brien e dal ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan.

Perché gli Stati Uniti hanno bisogno di un partenariato strategico con l’Armenia? 

Il direttore generale dell’Istituto di studi strategici del Caspio (Russia), l’analista politico Igor Korotchenko, in una conversazione con il corrispondente di “Vestnik Kavkaza” ha parlato degli interessi degli Stati Uniti nel trasferire le relazioni con l’Armenia allo status di partenariato strategico.

“Si tratta di una continuazione della stessa linea iniziata sotto le precedenti autorità armene, quando a Erevan fu istituita la più grande ambasciata americana nello spazio post-sovietico. Gli obiettivi degli Stati Uniti in Armenia sono quelli di ottenere un punto d’appoggio nel Caucaso meridionale, estromettere la Russia da lì e riformare la regione per adattarla agli obiettivi geopolitici americani.

La firma dell’accordo di partenariato strategico segna una tappa importante nel radicamento di Washington nella regione e, allo stesso tempo, la chiusura delle aree di cooperazione militare e di difesa russo-armena”, ha dichiarato.

“A lungo termine, questo potrebbe portare alla comparsa di basi militari americane in Armenia. Innanzitutto, stiamo parlando della creazione di una base dell’aeronautica statunitense a Erebuni e del dispiegamento di un centro di intelligence elettronica della NSA statunitense per condurre lo spionaggio elettronico, soprattutto contro l’Iran, ma anche contro la Russia e altri Stati della regione. Da questo punto di vista, ovviamente, l’Armenia è di indubbio interesse per le autorità americane. Ma del resto, uno dei compiti di Washington è quello di avviare processi distruttivi nello spazio post-sovietico. In futuro, cercheranno di creare una fascia di instabilità per aprire un secondo fronte contro la Russia nel sud del Paese”, ha dichiarato Igor Korotchenko.

L’analista politico ha richiamato l’attenzione sulla contraddizione tra le dichiarazioni dei diplomatici statunitensi sul sostegno al trattato di pace tra Azerbaigian e Armenia e i veri obiettivi di Washington nella regione. “Gli Stati Uniti cercano di impedire alle parti di raggiungere un vero e proprio trattato di pace tra Baku e Yerevan. Inoltre, sostengono le ambizioni militari di Yerevan fornendo vari tipi di armi e addestrando ufficiali e generali armeni nelle scuole e accademie militari americane. Con il passaggio delle relazioni al livello di partenariato strategico, la CIA diventerà un partner importante del servizio di intelligence estero dell’Armenia. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti mirano a rompere completamente il formato alleato delle relazioni tra Armenia e Russia e a garantire a Erevan di non avere problemi in caso di ritiro dalla CSTO”, ha sottolineato.

Perché l’Armenia accetta la proposta statunitense? 

Il direttore generale della KISI ha sottolineato la disponibilità delle autorità armene a una cooperazione completa e il più possibile approfondita con gli Stati Uniti. “Il Primo Ministro Nikol Pashinyan e la sua squadra sono una clientela filo-occidentale. Hanno intrattenuto rapporti di vario tipo con le ONG americane per molto tempo, quando erano all’opposizione. Naturalmente, dopo la vittoria della Rivoluzione di velluto nel 2018, la deriva di Pashinyan verso l’Occidente è stata etichettata come il mainstream della politica armena. Dopo la fine della guerra del Karabakh nel 2020 e ancor più dopo le misure antiterrorismo in Karabakh nel 2023, l’Armenia non guarda indietro in particolare alla Russia, cercando di riformulare completamente le sue priorità di politica estera”, ha spiegato Igor Korotchenko.

“Naturalmente, in questo programma politico, il tallone d’Achille dell’Armenia rimane l’economia, che è in gran parte legata alla Russia. I legami commerciali ed economici all’interno dell’UEEA hanno permesso al PIL armeno, anche in presenza di sanzioni anti-russe, di raggiungere cifre assolutamente fantastiche. Questo ovviamente non è un ostacolo per la squadra di Pashinyan; il loro compito principale è quello di mantenere il potere. A questo proposito, l’affidamento agli Stati Uniti come nuovo partner strategico sarà un fattore che determinerà in larga misura gli ulteriori processi geopolitici e militari nella regione”, ha concluso l’analista politico.

Vai al sito

ARMENIA. VIA DALLA CSTO, PRIMA DISTANZA DALLA RUSSIA (Notizie Geopolitiche 17.06.24)

di Giuseppe Gagliano –

La decisione dell’Armenia di ritirarsi dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) guidata dalla Russia rappresenta una significativa trasformazione nelle dinamiche geopolitiche del Caucaso meridionale e riflette una serie di fattori critici che influenzano le relazioni internazionali nella regione.
L’Armenia è tradizionalmente vista come alleata della Russia, soprattutto nel contesto post-sovietico. Tuttavia le recenti tensioni e la percezione di un mancato sostegno russo durante i conflitti con l’Azerbaigian hanno spinto l’Armenia a cercare nuovi partenariati. La possibilità di avvicinarsi agli Stati Uniti e all’Unione Europea segna un allontanamento significativo dalla sfera di influenza russa.
Il Nagorno-Karabakh è stato al centro di due guerre tra Armenia e Azerbaigian. L’incapacità della CSTO di fornire una protezione adeguata durante l’ultima recrudescenza del conflitto ha alimentato la frustrazione armena. La perdita dell’enclave e l’esodo massiccio della popolazione armena dal Nagorno-Karabakh hanno accentuato il sentimento di tradimento verso la Russia e la CSTO.
La Russia, nonostante i suoi sforzi come mediatore e forza di pace, non è riuscita a mantenere la stabilità nella regione. La sua apparente collaborazione con l’Azerbaigian ha ulteriormente eroso la fiducia dell’Armenia. Il ritiro delle truppe di pace russe segna un punto di svolta nelle relazioni Armenia-Russia.
L’uscita dell’Armenia dalla CSTO potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione. La CSTO, composta da Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, perde un membro chiave in un’area strategicamente importante. Questo potrebbe incoraggiare altre nazioni a riconsiderare la loro partecipazione e allineamenti geopolitici.
Nonostante l’uscita dalla CSTO, l’Armenia ha mostrato apertura verso un accordo di pace con l’Azerbaigian, incluso il ritorno di territori contesi. Tuttavia le concessioni territoriali e le richieste di modifiche costituzionali alimentano il dissenso interno e le proteste contro il governo di Pashinyan.
La gestione del conflitto e delle relazioni internazionali da parte del primo ministro Pashinyan ha scatenato proteste significative. La popolazione e figure religiose influenti chiedono le sue dimissioni, segnalando una possibile instabilità politica interna che potrebbe influenzare ulteriormente le decisioni di politica estera.
Il ritiro dell’Armenia dalla CSTO riflette una complessa riorganizzazione delle alleanze regionali e internazionali, influenzata da fattori storici, conflittuali e strategici. Questa mossa potrebbe avere implicazioni durature per la stabilità del Caucaso e per l’equilibrio di potere tra le grandi potenze coinvolte nella regione.

Vai al sito

ARMENIA A RISCHIO/ “Se Ue e Usa non si muovono rischiamo l’invasione azera. E Mosca…” (Il Sussidiario 17.06.24)

L’Armenia ha ceduto quattro villaggi all’Azerbaijan per mantenere la pace, ma Baku continua ad avanzare nuove richieste che suonano come pretesti per mantenere alta la tensione, arrivando fino ad addebitare a Erevan attacchi sul confine che in realtà sarebbero stati realizzati proprio dagli azeri. L’Armenia del primo ministro Nikol Pashinyan cerca di prendere tempo e ricalibra le sue alleanze: si sta staccando dalla Russia e dall’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO), il patto difensivo di cui fanno parte anche Kazakhstan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, che non è intervenuto in sua difesa nella crisi conclusa con l’occupazione del Nagorno Karabakh da parte dell’Azerbaijan, e sta cercando accordi con Francia e India per ottenere forniture militari, mantenendo contatti con gli USA.

Lo scopo del Governo Pashinyan, spiega Pietro Kuciukianattivista e saggista italiano di origine armena, console onorario dell’Armenia in Italia, è di prendere tempo e riorganizzare il Paese in vista di tempi peggiori. Il rischio di una guerra è sempre sullo sfondo: agli studenti azeri, d’altra parte, si insegna che l’Armenia in realtà è Azerbaijan occidentale.

Pashinyan dice che l’Armenia vuole uscire dalla CSTO, togliersi, cioè, dall’ombrello difensivo russo. Perché?

Era nell’aria: la Russia non ha aiutato militarmente l’Armenia quando doveva farlo. Se un accordo come l’ex Patto di Varsavia non sostiene chi ha firmato il trattato è meglio rinunciare. Con i russi ci sono da risolvere anche questioni relative ai confini: si sono ritirati da quelli con l’Azerbaijan, ma restano ancora ai confini armeni con la Turchia. Si vede un raffreddamento del rapporto tra i due Paesi ma su una base più che legittima. Più che una scelta è una presa d’atto di quello che stava succedendo.

Intanto il premier armeno viene contestato in patria con manifestazioni di piazza. Che cosa gli viene rinfacciato?

Pashinyan ha dimostrato buona volontà nel fare la pace con Baku, cedendo quattro villaggi abitati da azeri senza chiedere in cambio i territori abitati da armeni in Azerbaijan. Nonostante questo gli azeri continuano a ricattarlo: ora vogliono che si tolga dalla Costituzione armena la possibilità di rientrare in possesso delle terre occupate dagli armeni in altri Paesi. Ci sono territori del genere anche in Turchia, Georgia, Iran. Gli azeri chiedono anche un’altra cosa assurda: nell’emblema dell’Armenia c’è il monte Ararat, vogliono che sia tolto, una cosa che era stata chiesta anche dal turco Mustafa Kemal ai tempi della prima Repubblica armena.

Gli azeri, però, non si sarebbero limitati a provocazioni verbali.

No, infatti. L’altra notte hanno attaccato a sud sostenendo che sono stati gli armeni. Ma l’Armenia è in uno stato di debolezza tale da non avere nessun interesse ad attaccare. È solo un altro ricatto.

È la stessa cosa che hanno fatto nel Nagorno Karabakh. Andrà a finire che cercheranno di entrare da qualche parte anche in Armenia?

Certo. Ma l’Armenia sta cercando degli alleati: la Francia, e anche l’India, è disposta ad approvvigionarla per dare la possibilità di difendersi. Pashinyan prende tempo per prepararsi a momenti peggiori. Nell’Azerbaijan, nel frattempo, c’è un’armenofobia incredibile. Nelle scuole si insegna che non si può parlare di Armenia perché si tratta di Azerbaijan occidentale. Vorrebbero prendersi tutto il Paese.

Con le armi di Francia e India l’Armenia potrebbe difendersi?

Non lo so. In questi giorni è arrivato nel Paese anche il vice del segretario di Stato americano Antony Blinken. Vedremo. Intanto ci sono una serie di altri episodi che fanno pensare: c’era un ponte pedonale che collegava l’Armenia con la sua vecchia capitale, Ani, che ora è in Turchia. Erano tutti d’accordo di ripristinarlo perché era crollato. Un ponte medioevale, un intervento simbolico. Poi tutto è stato bloccato. L’Armenia e la Turchia si erano accordate per aprire il confine a cittadini di Paesi terzi o dotati di passaporto diplomatico, anche questa sembrava cosa fatta ma non se n’è fatto niente. C’è una pressione molto forte sull’Armenia. I turchi vogliono anche che gli armeni rinuncino al riconoscimento del genocidio. Pashinyan deve far fronte anche alle proteste interne, ma se il premier non avesse raggiunto un accordo con gli azeri ci sarebbe stata una guerra.

Insomma, i Paesi confinanti gli armeni li hanno tutti contro?

L’unico che si salva è l’Iran: Turchia e Azerbaijan vorrebbero prendersi il corridoio di Meghri, che è in territorio armeno, ma Teheran non è d’accordo. L’Iran è amico degli armeni, c’è un’antica collaborazione, anche se l’Armenia è cristiana e l’Iran è musulmano sciita. È in costruzione una variante della strada che porta dall’Iran in Armenia per rendere più facile il passaggio dei camion da una parte e dall’altra.

Il pericolo della guerra è sempre più consistente?

Spero di no. L’Armenia è piccola, basterebbe un giorno per occuparla. Gli armeni proverebbero a resistere, ma con poche possibilità. A meno che non ci sia un intervento da parte della comunità internazionale. Anche gli USA stanno lavorando in questa direzione. Se UE e Stati Uniti non si muovono c’è un rischio di invasione. Per questo Pashinyan vuole guadagnare tempo, per cercare di riorganizzare il Paese.

Nella stessa area c’è sempre aperta la questione della Georgia. Come può influire sulla questione armena?

La legge sugli agenti stranieri che punisce gli investimenti esteri in enti e associazioni è pensata per tranquillizzare la Russia. Non credo che in Georgia ci sia un rischio di guerra, ma di destabilizzazione del Paese in senso filorusso.

La Russia come può reagire alla presa di posizione dell’Armenia?

Solo pochi giorni fa Pashinyan ha inviato un messaggio a Putin congratulandosi con lui per la festa nazionale della Federazione Russa. Ci sono ancora delle relazioni, si spera si riesca a superare questo momento di difficoltà. Con i russi come popolo i rapporti sono sempre stati buoni. La questione è chi comanda in Russia. Ci sono molti contatti anche dal punto di vista economico e finanziario. L’Armenia serve a Mosca: i prodotti occidentali arrivano in Armenia per poi proseguire verso la Russia, per aggirare le sanzioni. Una collaborazione resta sempre.

Se gli azeri invadessero l’Armenia gli altri Paesi lascerebbero fare?

Credo che gli azeri non invaderanno l’Armenia, può darsi che continuino a “rosicchiare” i confini. Una guerra vera e propria con l’Armenia non ha motivo. Poteva esserci nel caso del Nagorno Karabakh, ma quello se lo sono già preso. Spero in una situazione congelata per un po’ per consentire nel frattempo all’Armenia di rinforzarsi. Finanziariamente l’Armenia sta benissimo, la sua economia è basata sulle miniere di rame, oro, molibdeno, terziario, alta tecnologia.

(Paolo Rossetti)

Vai al sito