Letizia Leonardi (Assadakah News) – Il giornalista britannico, ricercatore di fama mondiale di antiche civiltà, Graham Hancock considera l’Armenia la culla dell’umanità. Lui ha scritto: “Il mondo è in realtà ingiusto nei confronti della nazione armena. In queste condizioni difficili, l’Armenia è riuscita a resistere davvero». Ma ciò che stupisce è l’atteggiamento, nei confronti del più antico Paese cristiano del mondo, del Vaticano che, non solo sembra ignorare le sofferenze di questo popolo che subisce da sempre attacchi dei vicini Paesi islamici, ma permette a certi giornalisti di pubblicare, nel giornale L’Osservatore Romano, delle autentiche mistificazioni della storia.
L’Artsakh, internazionalmente conosciuto come Nagorno Karabakh, quel territorio ancestralmente abitato e governato da armeni e sottratto a quest’ultimi dagli islamici azeri nella totale indifferenza del mondo e nell’assordante silenzio del Papa e del Vaticano, è diventato Albania caucasica. E sarebbero dunque attribuite all’Albania caucasica le radici del cristianesimo. In un articolo di questi giorni, pubblicato da L’Osservatore Romano (Viaggio nell’antica Albania caucasica Alle radici del cristianesimo. Uno dei primi territori ad adottare la religione cristiana ancora viva oggi grazie alla comunità degli Udi del 24 luglio 2024), si legge che è stato “Uno dei primi territori ad adottare la religione cristiana ancora viva oggi grazie alla comunità degli Udi”. E per avvalorare questa bislacca tesi si distingue l’Albania balcanica da quella caucasica e si parla della nascita della Chiesa Albana Apostolica del Caucaso nel IV secolo dopo la nascita di Cristo. Area che corrisponde oggi al territorio dell’Azerbaijan. Il governo di Baku si dà parecchio da fare a invitare coloro disposti a raccontare una storia reinterpretata. E così l’Armenia non sarebbe più il primo Paese cristiano del mondo ma addirittura l’Albania caucasica, grazie al predicatore Eliseo, discepolo dell’apostolo Taddeo che è stato inviato nel Caucaso per conto di san Giacomo, primo patriarca di Gerusalemme. E San Gregorio Illuminatore sarebbe stato preceduto da Eliseo che avrebbe fondato l’antica Chiesa Apostolica Albana di rito orientale del Caucaso. Ovviamente la giornalista Rossella Fabiani racconta il lungo viaggio di Eliseo e si affretta però a specificare che, ça va sans dire, è poco noto che l’Azerbaijan sia stata la culla della Chiesa Albana Caucasica Apostolica di rito orientale, che sarebbe più antica dell’armena Apostolica Gregoriana. Si citano manoscritti armeni che si trovano nel museo armeno Matenadaran e l’intento è sempre quello di togliere ogni paternità alla storica Armenia, compresa quella della cristianità. Sì cita la data del I secolo d. C. ma si specifica che è stato solo a metà del IV secolo (dopo l’Editto di Milano del 313) che i re albani adottarono ufficialmente il cristianesimo. Ma l’Armenia il cristianesimo lo ha adottato nel 301. Ed è strano che questa mistificazione, che genera confusione in chi poco sa dell’Armenia, sia a favore di un Paese islamico. E allora ecco che i monasteri armeni diventano dell’Albania caucasica.
Ma la parte più assurda dell’articolo è la seguente: “(….) Ma un lento oscuramento della Chiesa albana era già con la firma del trattato di Turkmenchay nel 1828 quando si decise di trasferire gli armeni provenienti dagli imperi ottomano e persiano nei territori dei khanati di Garabagh, Erivan e Nakhchivan. Iniziò allora un processo di gregorizzazione del patrimonio dell’Albania caucasica (….)” . Quindi gli armeni sarebbero i musulmani e i cristiani sarebbero gli antichi azeri…
E il viaggio in Azerbaijan deve essere piaciuto parecchio alla giornalista de L’Osservatore Romano, deve essere stata accolta molto bene, perchè ne ha scritto anche un altro di articolo (Monasteri tra le nuvole – 24 luglio 2024).
“Nel nostro viaggio in Azerbaijan abbiamo attraversato tre grandi regioni del paese: Gabala, Shaki e Garabagh. Ognuna di esse è caratterizzata da una ricca presenza dell’antica Chiesa albana apostolica. A Nij — la nostra prima tappa dopo Baku, dove vive la comunità cristiana degli Udi, eredi diretti della comunità cristiana albana (…) “. Vengono elencati monasteri, chiese, luoghi ma degli armeni, anche nella zona di quella che era il Nagorno Karabakh, non ci sarebbe alcuna traccia.
A criticare quest’ultimo articolo, pubblicato sul quotidiano ufficiale vaticano, in cui i monumenti essenziali del patrimonio armeno del Nagorno Karabakh vengono descritti come appartenenti al patrimonio di Aghouania, è stata anche la Fondazione Geghard che lo ha definito privo di qualsiasi fondamento scientifico. Ha infatti rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea che la propaganda statale azera ha trovato posto anche nella stampa vaticana.
Anche l’uso dei nomi azeri per i monumenti armeni nel titolo dell’articolo indica che la propaganda statale del governo di Baku non perde occasione per diffondere notizie false.
La dichiarazione della Fondazione aggiunge che “(…) questa strategia di appropriazione indebita del patrimonio culturale armeno viene ora implementata su nuove piattaforme internazionali, supportata dai massicci investimenti dell’Azerbaijan nel settore petrolifero e dalla sua influenza finanziaria sulle organizzazioni e istituzioni internazionali. L’Azerbaijan ha fatto della falsificazione storica non solo una politica statale, ma anche una teoria diffusa sulle piattaforme internazionali. Da un lato Baku sembra costruire un’immagine “multiculturale e democratica”, dall’altro “internazionalizza” i meccanismi di distorsione del patrimonio culturale armeno”. La mistificazione è portata avanti anche attraverso mostre fotografiche, come quella allestita recentemente in Polonia sul cosiddetto “albanese-caucasico”, con l’intervento dell’Ambasciata dell’Azerbaijan. La Fondazione Geghard condanna la politica di distorsione del patrimonio culturale armeno portata avanti dal regime dittatoriale di Aliyev, che utilizza tutti i mezzi possibili. Egli invita le rinomate organizzazioni scientifiche e istituzioni internazionali, nonché i media, a non cedere alla propaganda anti-armena dello Stato azero.
Una grave amnesia, dunque, anche quella del Vaticano.
Fortunatamente ci sono ancora persone dalla memoria più solida, come quella del ricercatore britannico citato inizialmente. Graham Hancock ha concluso che l’Armenia dovrebbe essere un punto di svolta nella comprensione dell’antichità, nel ripristinare la memoria dei tempi antichi.
“Secondo me – ha dichiarato Graham Hancock – l’Armenia può davvero insegnare al mondo qualcosa sul nostro passato dimenticato e sullo spirito umano”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-31 20:13:012024-07-31 20:13:01Propaganda azera nel giornale ufficiale del Vaticano (Assadakah 31.07.24)
Nell’ambito del processo di normalizzazione Turkiye-Armenia si è tenuta la quinta riunione.
Il Ministero degli Esteri turco ha rilasciato una dichiarazione sulla “Quinta riunione dei rappresentanti speciali del processo di normalizzazione Turkiye-Armenia”, in cui si afferma:
“I rappresentanti speciali di Turkiye e Armenia per il processo di normalizzazione, l’ambasciatore Serdar Kilic e il vicepresidente dell’Assemblea nazionale armena Ruben Rubinyan, hanno tenuto il loro quinto incontro il 30 luglio al valico di frontiera di Alican-Margara, sul confine comune dei due Paesi.
I rappresentanti speciali, confermando i punti concordati nei precedenti incontri, hanno anche deciso di valutare i requisiti tecnici per rendere operativo il valico di frontiera ferroviario di Akyaka/Akhurik in linea con gli sviluppi regionali e di facilitare le procedure di visto reciproche per i titolari di passaporti diplomatici/ufficiali.
Infine, i rappresentanti speciali hanno ribadito il loro accordo a proseguire questo processo senza precondizioni, con l’obiettivo finale di una piena normalizzazione.”
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-30 20:08:352024-07-31 20:10:28La quinta riunione del processo di normalizzazione Turkiye-Armenia (Trt 30.07.24)
Armenia e Azerbaigian si avvicinano sempre di più a una difficile pace in Nagorno Karabakh, la regione del Caucaso meridionale da più di 30 anni al centro di una contesa tra i due Paesi. Una pace che però rimane difficile. La strada da percorrere forse non è lunga, ma costellata di rischi legati a eventi che possono far crollare un processo che avanza faticosamente. I due Paesi stanno lavorando e sono vicini per un definitivo accordo rispetto al mutuo riconoscimento di un confine conteso. Il presidente azero Ilham Aliyev ha dichiarato che i due Paesi «non sono mai stati così vicini alla pace» e solo pochi giorni fa ha annunciato che un testo da sottoporre al premier armeno Nikol Pashinyan è in fase di preparazione e le firme potrebbero arrivare a novembre. Circostanza confermata dalle parole dello stesso Pashinyan.
Parole che hanno creato fiducia e speranza, su cui sono però calate come una scure appena due giorni fa gli avvertimenti dello stesso Azerbaigian. «Stop a provocazioni o il nostro esercito sarà costretto a rispondere con tutti i mezzi necessari a garantire la difesa del Paese», si legge in una nota diffusa dal ministero della Difesa di Baku. A mandare su tutte le furie il presidente Aliyev le esercitazioni militari congiunte tra l’esercito armeno e quello americano, le armi che la Francia ha inviato a Yerevan, ma anche la prima tranche dei 10 milioni di euro in aiuti militari che l’Unione Europea ha destinato all’Armenia. Inoltre negli ultimi giorni l’Azerbaigian ha dichiarato di aver abbattuto quattro piccoli veicoli da ricognizione armeni.
Fondamentale per la risoluzione dell’impasse è che Armenia e Azerbaigian diano fede all’accordo trovato a fine aprile per l’inizio dei lavori per la delimitazione dei confini. Un lavoro sul campo da effettuare in base alle mappe del periodo sovietico. A spianare la strada alla delimitazione dei rispettivi territori è stata la decisione di Pashinyan, che a marzo ha accettato di restituire all’Azerbaigian 4 villaggi occupati dalle forze armene nel 1990: Askipara, Baghanis Ayrum, Gizilhajili e Kheirimly. Si tratta di insediamenti abbandonati negli anni del conflitto, ma che all’epoca dell’Unione Sovietica appartenevano all’Azerbaigian. Rimangono tuttavia numerosi gli ostacoli verso una soluzione della disputa. L’apertura di Pashinyan alla firma di un’intesa ha scatenato veementi proteste che hanno messo in difficoltà il governo. Le pressioni della Francia e gli aiuti militari da parte dell’UE hanno fatto risalire la tensione. Il conflitto in Nagorno Karabakh ha dimostrato negli anni di essere sempre stato latente e sempre pronto a esplodere. Ultimo esempio meno di un anno fa.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-30 17:46:092024-08-02 17:48:06Nagorno Karabakh, la pace è ormai ad un passo. Cosa può ancora ostacolarla (Il Tempo 30.07.24)
Sabato scorso, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha lanciato un duro avvertimento contro Israele, nel contesto delle crescenti tensioni nella regione del Medio Oriente.
In un discorso tenuto in una riunione del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP, in turco), al potere, il presidente turco ha parlato dell’importanza di sviluppare l’industria della difesa locale per dissuadere Israele ad attaccare la Striscia di Gaza.
“Dobbiamo essere molto forti affinché Israele non possa fare queste cose alla Palestina”, ha affermato, citato dai media locali, dalla provincia di Rize, nel nord-est del Paese. “Proprio come siamo entrati nel Nagorno Karabakh e in Libia, faremo lo stesso con loro “, ha continuato.
“Non c’è nulla che ci impedisca di farlo. Dobbiamo solo essere abbastanza forti per compiere questi passi “, ha concluso il presidente turco.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-29 19:59:242024-07-31 20:08:21Erdogan a Israele: “Siamo entrati nel Nagorno Karabakh e in Libia, faremo lo stesso con loro” (Varie 29.07.24)
Cullati dallo sciabordio delle onde contro i fianchi dello scafo – sia esso un vaporetto, un motoscafo, un barchino – davanti agli occhi dei viaggiatori si apre uno spettacolo che colma di stupore: un’isola piccola e stretta, ricca di vegetazione, che sembra miracolosamente sorgere dall’acqua e da cui svetta un campanile che punta verso il cielo terso. Qualcosa di remoto e contemporaneamente di presente, fuori dal tempo.
Il campanile annuncia la presenza di Santa Maria Assunta, nell’isola di Torcello, nella laguna di Venezia. Un gioiello che testimonia la viva fede di origini antichissime, nel periodo paleocristiano, che in questo luogo unico ha messo radici profonde.
Dobbiamo tornare indietro di oltre 1500 anni, fino al 639 dopo Cristo quando la chiesa viene eretta su ordine dell’Esarca di Ravenna Isacio, per dare una nuova sede alla cattedra episcopale di Altino. L’anno prima, infatti, proprio nel centro di Turricellium, il vescovo Paolo aveva trovato rifugio dall’invasione dei Longobardi, che stavano imponendosi dall’Italia del Nord verso buona parte della provincia italiana dell’ex impero romano; il vescovo aveva portato con sé il tesoro e le reliquie della diocesi, per poter assicurare loro, oltre che la salvezza dalle mani degli invasori, anche un luogo degno di accoglierle.
Da questa storia di fughe, violenze e insieme di speranze, nasce una nuova vita: bellezza di architetture, dipinti e soprattutto di sfavillanti mosaici, frutto dell’eredità preziosa della civiltà bizantina. Un ciclo di arte musiva, tra l’XI e il XII secolo, tra i più importanti d’Italia. La contemplazione è d’obbligo, si potrebbe dire, soprattutto dinanzi alla forza e alla grandiosità della tremenda visione del Giudizio Universale.
Il pellegrinaggio può continuare a lungo, attraverso luoghi imponenti o più nascosti, illustri o poco conosciuti, ma ugualmente segnati dall’impronta dello Spirito. Sembra strano parlare di Venezia e della sua laguna seguendo itinerari di questo genere, quando praticamente ogni giorno se ne discute, invece, come simbolo universale della piaga dell’overtourism. Possibile che in uno dei posti più frequentati del pianeta, flagellato da torme urlanti, ciabattanti, rigurgitanti di cibo-spazzatura siano custoditi spazi di contemplazione e di rigenerazione spirituale? Sì, è possibile. Magari scegliendo periodi meno inflazionati dei mesi estivi, ma su cui proprio adesso ci si può mettere a organizzare un itinerario “alternativo”, o anche solo immaginarlo, sognarlo.
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Due libri appena giunti in libreria invitano a farlo. Si tratta di Andar per isole nella laguna di Venezia di Monica Cesarato, e di Campanili a Venezia di Fabio Rizzardi.La prima è una guida per esplorare la laguna e le isole che danno vita ad un ecosistema esemplare. L’autrice offre la descrizione di 49 isole vere e proprie, raggiungibili solo via acqua con vaporetti e imbarcazioni: molte sono abitate, con una vita sociale anche vivace, altre sono abbandonate e selvagge, ma tutte portano ancora le testimonianze di un passato comune, con una vocazione alla vita religiosa, tutte sono connesse dall’ambiente peculiare fatto di fondali, velme e barene. E per tutte esiste una lunga tradizione fatta di racconti, leggende e mille protagonisti della storia. Pensiamo a San Lazzaro degli Armeni, definita la piccola Armenia nella laguna; del resto Venezia è stata sede di una importante e florida comunità armena. E l’isola è davvero uno dei più suggestivi rifugi dell’anima. Lord Byron, uno dei più illustri ospiti del monastero armeno, lo ha descritto come un lugo che fa credere che “persino in questa vita ci sono cose diverse e migliori”. Quello che stupisce a chi arriva rigorosamente via mare, è la sobria armonia dell’architettura degli edifici, dei giardini, ma anche il silenzio e l’aria di pace che invitano ad entrare in una dimensione “parallela”. I corridoi lunghi, e custodi nell’ombra silenziosa, introducono alla scoperta di un vero tesoro, gelosamente custodito da tre secoli dai padri armeni, qui rifugiati fuggendo dall’ennesima persecuzione a cui da sempre questo popolo pacifico, creativo è soggetto. Un popolo saldo nella fede: è ciò che caratterizza l’intera sua storia. Dal primo annuncio cristiano, che la tradizione attribuisce agli apostoli Bartolomeo e Taddeo, le vicende degli armeni sono totale testimonianza di fedeltà a Cristo, anche a prezzo della vita. Come ricorda la bellissima tela del Carpaccio, esposta nelle sale delle Galleria dell’Accademia, dedicata ai diecimila martiri del Monte Ararat, che si fecero crocifiggere piuttosto che rinnegare la propria fede.
E poi San Francesco nel Deserto, il piccolo lembo di terra tra le acque quiete lagunari, dove il grande santo si sarebbe fermato nelle sue peregrinazioni, fondandovi un convento che ancora oggi accoglie coloro che sono desiderosi di preghiera e di solitudine.
Anche i campanili sono una traccia evidente da seguire a Venezia. Sono ben 117, di epoche molto diverse fra loro e dalle forme più disparate. Formano una sorta di mappa tessuta tra cielo e terra, per raccontare storie particolari. Visto che non si può camminare per aria, ma con lo sguardo all’insù (pur con qualche cautela) l’autore ha elaborato dieci itinerari: nove in città e uno nelle isole, che potranno donare una visione d’insieme di questi inusuali punti di vista. Ci sono da considerare anche i campanili scomparsi, quelli crollati, come il campanile di San Benedetto, nel 1540, che ricorda da vicino quello arcifamoso di San Marco nel 1902.
Torniamo in laguna, da dove si è partiti con l’approdo a Torcello, per contemplare un campanile di Sant’Angelo nell’isola di Mazzorbo, a ovest della ben più nota e frequentata Burano alla quale è collegata da un ponte. Un altro luogo a prima vista irreale e sorprendente: un pezzo di campagna veneta, ricca di orti, di campi, di aie popolate da galline e galli, oche, anatre…Qui un tempo sorgevano molti luoghi di culto, monasteri, eremitaggi, in grado che ha impresso un’impronta indelebile. Accanto a qualche ristorante di fama ea gruppi di caratteristiche casette colorate, si aprono spazi disabitati, silenziosi, selvaggi, in cui il pensiero si perde e prende respiro, vagando nell’aria tersa come un placido veliero in viaggio verso l’Ignoto.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-26 18:58:542024-07-28 18:59:09Letture, a spasso per la laguna di Venezia (Acistampa 26.07.24)
JEREVAN\ aise\ – Dopo il presidente Khachaturyan, anche vice presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Armenia, Hakob Arshakyan, si è recato in visita alla mostra “Frammenti di Arte d’Italia in Armenia” presso la Galleria Nazionale di Jerevan.
Ad accompagnarlo ieri, mercoledì 25 luglio, l’ambasciatore d’Italia, Alfonso Di Riso, che aveva inaugurato l’esposizione lo scorso 2 giugno, in occasione delle celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana a Jerevan.
La mostra, organizzata dalla Galleria Nazionale di Armenia, su impulso dell’Ambasciata d’Italia a Jerevan, è composta da circa 100 opere di arte italiana di celebri maestri come Donatello, Tintoretto, Guercino, Canaletto, Canova e altri.
Ad accogliere gli ospiti ieri era presente anche la direttrice della Galleria, Marina Hakobyan. (aise)
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-26 18:56:122024-07-28 18:56:47Jerevan: l’ambasciatore Di Riso accompagna il vice presidente Arshakyan alla mostra “Frammenti di Arte d’Italia in Armenia” (Aise 26.07.24)
Il rapporto tra Unione europea e Azerbaigian è sempre più controverso e oggetto di discussione, soprattutto per quanto riguarda gli scambi commerciali che pongono Baku come uno dei principali fornitori di gas dei Paesi del Vecchio Continente, dopo la chiusura dei canali con la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Una scelta per danneggiare l’economia russa, obiettivo finora fallito, ma anche etica contro un Paese che non rispetta i diritti umani. E se di diritti umani si parla, dunque, quando Bruxelles acquista il gaz azero, non può e non deve ignorare la pulizia etnica che da anni è in corso nel Nagorno-Karabakh, la regione al confine tra Armenia e Azerbaigian.
A far discutere è quanto emerso da un report pubblicato a giugno dal Centro europeo per il diritto e la giustizia. Il report redatto dall’organizzazione internazionale non governativa dedicata alla promozione e alla tutela dei diritti umani in Europa e nel mondo, accende i riflettori su quanto accade nel Nagorno-Karabakh, la regione che si trova nell’attuale Azerbaigian sud occidentale in cui è in corso una «feroce distruzione del patrimonio cristiano armeno». Tutto senza che la comunità internazionale dica o faccia qualcosa. Molte chiese, da quella di San Sargis di Hadrut a Mokhrenes a quella di Saint-Jean-Baptiste a Chouchi, sono…..
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-25 18:59:442024-07-28 19:05:15La denuncia: l'Ue fa affari con chi perseguita gli armeni (Panorama 25.07.24)
Roma, 25 lug. (askanews) – “Dopo i risultati delle elezioni europee e in vista della sempre più probabile vittoria di Donald Trump alle presidenziali USA, il sovranismo è tornato centrale come formula politica nel nuovo mondo multipolare. Solo in Italia manca un vero partito sovranista, per la svolta conservatrice di Fratelli d’Italia e per il travaglio politico della Lega di Matteo Salvini. Per questo dal 26 al 28 luglio abbiamo dedicato il tradizionale Forum di Orvieto – dove la destra sociale organizzava eventi culturali già dagli anni ’90 e che l’anno scorso è stato il laboratorio di nascita del Movimento Indipendenza – ad un confronto aperto a interlocutori di ogni estrazione sui principali problemi del nostro paese, visti anche in relazione al quadro europeo e internazionale.” Così Gianni Alemanno, segretario nazionale Movimento Indipendenza, presenta in un video il Forum di Orvieto in programma dal 26 al 28 luglio. Non senza polemica:’ “Puntualmente è arrivato il tweet della deputata Pd Lia Quartapelle, che scrive “Venerdì a Orvieto c’è il Forum del Movimento Indipendenza di Alemanno. Spiccano tra i relatori l’ambasciatore russo e il capogruppo M5S Patuanelli. Una conferma, se ce ne fosse bisogno, dell’ambiguità dei 5S sull’invasione dell’Ucraina e sul rapporto con la destra peggiore”. Non sappiamo se siamo la destra peggiore ma rispondiamo dicendo che questo è il modo peggiore di pensare alla democrazia perchè se si demonizza il dibattito e chi il dibattito invece lo accetta coraggiosamente si va totalmente fuori strada. L’ambasciatore russo non è una specie di paria, noi abbiamo mantenuto i rapporti con la Federazione russa e c’è la possibilità di confrontarsi con lui magari parlando di pace, di una soluzione della crisi ucraina. Peraltro l’ambasciatore russo si confronterà con un economista importante come Jeffrey Sachs”, commenta Alemanno Si guarderà, spiega ancora il segretario, al nuovo mondo multipolare con la tavola rotonda di venerdì 26, introdotta dal prof. Michele Geraci, ex sottosegretario del Governo Conte 1, appunto tra Jeffrey Sachs, economista americano di fama mondiale oggi professore alla Columbia University, e Alexey Paramonov, Ambasciatore della Federazione Russia presso la Repubblica Italiana. “Nello stesso giorno parleranno di pace in Ucraina, Armenia e Palestina il grande storico Franco Cardini, esponenti del mondo islamico e del mondo cattolico, esperti di geopolitica e il capigruppo al Senato del Movimento 5 Stelle, Stefano Patuanelli – prosegue Alemanno -. Sabato 27 avremo invece i rappresentanti parlamentari del Rassemblement National, di Alternative f r Deutschland e di altri movimenti sovranisti europei, insieme con il filosofo Alain de Benoist, il Presidente di DSP Francesco Toscano e Helga Zepp-LaRouche Presidente Schiller Institute che si collegherà da remoto. Di seguito una tavola rotonda sulle trattative Stato-Mafia, introdotta dall’on. Fabio Granata, con i giornalisti Stefano Baudino e Giuseppe Lo Bianco, l’avv. Luigi Li Gotti e l’intervento di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo e Promotore del Movimento delle Agende Rosse. Una tavola rotonda sul rapporto tra sviluppo e vincoli europei con gli economisti Cesare Pozzi e Umberto Monarca. Di seguito il sacerdote anticamorra, Padre Aniello Maganiello interverrà insieme a sindacalisti del mondo della sanità ad un dibattito sulla difesa dello Stato sociale, moderata dall’on. Marcello Taglialatela. A chiudere la giornata di sabato sarà un approfondimento sulla tragedia di Satnam Singh come simbolo del nuovo schiavismo in cui vivono i clandestini, con esponenti sindacali, della Coldiretti e un imprenditore agricolo della Provincia di Latina con un suo dipendente extracomunitario della Comunità Sikh. Infine, domenica 28 interverrà l’Europarlamentare del Gruppo europeo dei Patrioti, Roberto Vannacci, che si confronterà con gli esponenti del Movimento indipendenza Massimo Arlechino e Felice Costini. Ancora, prima del mio intervento conclusivo, si svolgerà una tavola rotonda moderata da Francesco Borgonovo, Vicedirettore de La Verità, con Nicola Colosimo, rappresentante del mondo giovanile di Indipendenza, e due esponenti di punta della cultura non conformista come il medico no-green pass prof. Vanni Frajese e il prof. Andrea Zhok dell’Università di Milano”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-25 18:54:542024-07-28 18:56:01Alemanno: a Orvieto confronto a tutto campo sul sovranismo (Askanews 25.07.24)
Il 25 luglio 1888 Leone XIII, sollecito dei Cristiani d’Oriente, diresse una particolare lettera enciclica al Patriarca, all’Episcopato, al Clero, ai Monaci e a tutto il Popolo di rito armeno in comunione con la Sede Apostolica. Ecco di seguito il testo:
La paterna carità con la quale abbracciamo tutte le componenti del gregge del Signore è tale, per la sua forza e per la sua natura, che risentiamo, come in un’intima e costante comunione di sentimenti, tutto ciò che accade di propizio o di avverso nel mondo cristiano. Pertanto, come un grande e continuo dolore si era impadronito del Nostro cuore per il fatto che un certo numero di Armeni, principalmente nella città di Costantinopoli, si era separato dalla vostra fraterna società, così sentiamo ora una gioia tutta speciale e ardentemente desiderata nel vedere che tale discordia si è, grazie a Dio, felicemente sedata. Ma mentre Ci rallegriamo della concordia e della pace che vi sono restituite, non possiamo fare a meno di esortarvi a conservare con cura e a sforzarvi anche di accrescere questo grande beneficio della bontà divina. Per ottenere questo, cioè intendere la stessa dottrina e provare gli stessi sentimenti in ciò che concerne la religione, bisogna che restiate tutti costanti, come lo siete, nell’obbedienza a questa Sede Apostolica; e quanto a Voi, cari Figli, dovete essere fedelmente sottomessi è obbedienti al vostro Patriarca e agli altri Vescovi che hanno il diritto di dirigervi.
Ora, siccome per scuotere questa religiosa concordia spesso viene l’occasione sia di contrasti negli affari pubblici, sia di contestazioni nelle cose private, dovete scongiurare i primi con quel rispetto e quella sudditanza che così lodevolmente manifestate verso il supremo Principe dell’Impero Ottomano, di cui Noi conosciamo bene lo spirito di giustizia, lo zelo per conservare la pace, e le eccellenti disposizioni a Nostro riguardo dimostrate da brillanti testimonianze.
Quanto alle contestazioni e alle rivalità, ne sarete agevolmente liberati se imprimerete profondamente nel cuor vostro e terrete presenti nella vostra condotta i precetti che San Paolo, l’Apostolo delle genti, dà a proposito della perfetta carità, la quale “è paziente e benigna; non è invidiosa, non agisce inconsideratamente, non si gonfia d’orgoglio, non è ambiziosa, non cerca i propri interessi, non si adira, non pensa al male” (1Cor 13,4-5). Inoltre questa eccellente e perfetta concordia degli animi vi assicurerà un altro beneficio, perché per merito suo potrete accrescere, come abbiamo detto, e fare sviluppare sempre più i risultati della pace e della restituita concordia. Infatti essa farà rivolgere su di Voi gli sguardi e i cuori di coloro che, pur avendo in comune con Voi la razza e la nazionalità, tuttavia sono ancora separati da Voi e da Noi, e non si trovano nel sacro ovile, di cui Noi abbiamo la custodia. Vedendo l’esempio della vostra concordia e della vostra carità, essi si persuaderanno facilmente che lo spirito di Cristo vige fra Voi, perché Egli solo può unire i suoi a se stesso in modo tale da formare un solo corpo. Voglia Iddio che essi riconoscano ciò e decidano di ritornare a quell’unità da cui i loro antenati si sono separati!
Certamente accadrebbe loro d’essere inondati da una indicibile gioia vedendo che, per mezzo della loro unione a Noi e a Voi, sarebbero anche uniti a tutti gli altri fedeli che, nel mondo intero, appartengono al cattolicesimo; comprenderebbero allora che essi si troverebbero negli abitacoli della mistica Sionne, alla quale sola è stato dato, secondo i divini oracoli, di rizzare dovunque le sue tende e stendere su tutta la terra i veli dei suoi tabernacoli.
Per altro sta principalmente a Voi, Venerabili Fratelli, posti alla testa della Diocesi d’Armenia, operare affinché questo auspicato ritorno si realizzi; a Voi, cui non manca, lo sappiamo bene, né lo zelo per esortare, né la dottrina per persuadere. Noi vogliamo pure che i dissidenti siano richiamati da Voi a nome Nostro e sulla Nostra parola; infatti, lungi dall’averne vergogna, conviene grandemente ricondurre alla casa paterna i figli che se ne sono allontanati e che sono aspettati da lungo tempo; anzi, bisogna andar loro incontro e aprire le braccia per stringerli al loro ritorno. Né crediamo che le vostre parole e le vostre esortazioni cadranno nel nulla. Infatti la speranza nel desiderato effetto Ci viene prima dall’immensa misericordia di Dio sparsa fra tutte le genti, e poi dalla docilità e dalle qualità naturali dello stesso popolo Armeno. Numerosi documenti storici attestano quanto esso sia incline ad abbracciare la verità, una volta che l’abbia conosciuta, e quanto sia disposto a ritornarvi se si accorge d’avere deviato. Quegli stessi che sono separati da Voi nel loro culto si gloriano che il popolo Armeno sia stato istruito nella fede di Cristo da quel Gregorio, uomo santissimo soprannominato l’Illuminatore, che essi venerano in modo particolare come loro padre e loro patrono. Fra loro è rimasto pure memorabile il viaggio che egli fece alla volta di Roma per testimoniare la sua fedeltà e il suo rispetto verso il Romano Pontefice San Silvestro. Si dice anche che egli sia stato ricevuto con l’accoglienza più benevola, e che ne ottenesse parecchi privilegi. In seguito questi stessi sentimenti di Gregorio verso la Sede Apostolica furono condivisi da molti altri di coloro che ressero le Chiese Armene, come risulta dai loro scritti, dai loro pellegrinaggi a Roma e, principalmente, dai decreti sinodali. È ben degno davvero di essere rammentato, a conferma, ciò che i Padri Armeni, riuniti in Sinodo a Sis l’anno 1307, proclamarono sul dovere di obbedire a questa Sede Apostolica: “Come è proprio del corpo essere sottomesso alla testa, così la Chiesa universale (che è il corpo di Cristo) deve obbedire a colui che da Cristo Signore è stato costituito capo di tutta la Chiesa”. Questo fu confermato e sviluppato ancora più chiaramente nel Concilio di Adana, nel sedicesimo anno del medesimo secolo. Senza parlare di cose di minore importanza, vi è ben noto ciò che fu fatto nel Concilio di Firenze. I delegati del Patriarca Costantino V, essendosi recati colà per venerare come Vicario di Cristo Eugenio IV Nostro Predecessore, dichiararono di essere venuti a lui che era il capo, il pastore e il fondamento della Chiesa, pregandolo che il capo avesse pietà delle membra, che il pastore riunisse il gregge e confermasse la Chiesa quale fondamento . E presentandogli il simbolo della loro fede, lo supplicavano in questi termini: “Se manca qualche cosa, faccelo conoscere”. Allora fu pubblicata dal Pontefice la Costituzione conciliare Exultate Deo, con la quale Egli li istruì su tutto quello che giudicava necessario conoscere della dottrina cattolica. I delegati, ricevendo questa Costituzione, affermarono a nome proprio, del loro Patriarca e di tutta la nazione Armena, di aderirvi pienamente e di sottomettersi con cuore docile e devoto, “dichiarando a nome dei suddetti, e come veri figli della obbedienza, di ottemperare fedelmente agli ordini e alle prescrizioni della Sede Apostolica”. Perciò il Patriarca di Cilicia, Azaria, nella sua lettera a Gregorio XIII, Nostro Predecessore, in data 10 aprile 1585, poté scrivere con tutta verità: “Ecco che noi abbiamo trovato i documenti dei nostri antenati sull’obbedienza dei cattolici e dei nostri Patriarchi al Pontefice di Roma; nel modo in cui San Gregorio l’Illuminatore fu obbediente al Papa San Silvestro”. È per questo che la nazione Armena ricevette con grandi onori i legati di ritorno dalla Santa Sede, e si fece un dovere di osservare fedelmente i precetti della stessa.
Noi nutriamo veramente la fiducia che questi ricordi saranno efficacissimi per indurre parecchi di coloro che sono ancora separati da Noi a ricercare l’unione. In verità, se la causa della loro indecisione o della loro esitazione fosse il timore di trovare meno sollecitudine a loro riguardo presso la Sede Apostolica, o di essere accolti da Noi con minore affetto di quanto essi vorrebbero, invitateli, Venerabili Fratelli, a rammentarsi ciò che hanno fatto i Pontefici Romani, Nostri Predecessori, i quali non si sono mai trovati in difetto di testimonianze circa la loro carità paterna verso gli Armeni. Essi hanno sempre ricevuto con benevolenza quelli di loro che sono venuti in pellegrinaggio a Roma o che qui si rifugiarono; essi hanno anche voluto che fossero aperte per loro case d’ospitalità. Gregorio XIII, come è noto, aveva concepito il disegno di fondare un istituto per l’opportuna istruzione dei giovani Armeni, e se fu impedito dalla morte di mettere in esecuzione questo disegno, Urbano VIII lo realizzò in parte accogliendo, con gli altri allievi stranieri, anche gli Armeni nel vastissimo Collegio da lui istituito per la propagazione della fede.
Quanto a Noi, malgrado la malvagità dei tempi, abbiamo potuto, grazie a Dio, eseguire più largamente il disegno concepito da Gregorio XIII, e abbiamo assegnato agli alunni Armeni un fabbricato assai vasto presso San Nicola da Tolentino, istituendovi, nelle forme volute, il loro Collegio. Questo è stato fatto perché si rispettasse, doverosamente, la liturgia e la lingua dell’Armenia, così commendabile per l’antichità, l’eleganza e il gran numero d’insigni scrittori; e molto più perché un Vescovo del vostro rito dimorasse costantemente a Roma per iniziare alle cose sante tutti gli alunni che il Signore chiamasse al suo particolare servizio. A tale effetto era stata fondata da lungo tempo anche una scuola nel Collegio Urbaniano per l’insegnamento della lingua Armena, e Pio IX, Nostro Predecessore, aveva provveduto a che nel ginnasio del Seminario pontificio romano vi fosse un professore per insegnare agli alunni del paese la lingua, la letteratura e la storia della nazione Armena.
Del resto la sollecitudine dei Pontefici Romani verso gli Armeni non è restata circoscritta entro i confini di questa città, perché nulla è stato loro più a cuore che di togliere la vostra Chiesa dalle difficoltà in cui si trovava, e di riparare i mali che essa ebbe a subire per la perversità dei tempi. Nessuno ignora con quale cura Benedetto XIV si sforzò di proteggere e di conservare intatta la vostra liturgia, come quella delle altre Chiese orientali, e di fare in modo che la successione dei Patriarchi cattolici d’Armenia fosse reintegrata in favore della Sede di Sis. Voi sapete pure che Leone XII e Pio VIII dedicarono le loro cure affinché nella capitale stessa dell’Impero Ottomano gli Armeni avessero un prefetto della loro nazione per gli affari civili, come le altre comunità che appartengono a detto Impero.
Infine è vivo il ricordo degli atti compiuti da Gregorio XVI e da Pio IX per accrescere nel vostro paese il numero delle sedi episcopali, e perché il Prelato armeno di Costantinopoli primeggiasse in onore e dignità. Questo fu fatto, prima istituendo a Costantinopoli la Sede Arcivescovile e Primaziale, e poi decretandone l’unione con il Patriarcato della Cilicia, a condizione che la residenza del Patriarca fosse stabilita nella capitale dell’Impero. E per impedire che la distanza venisse ad indebolire la stretta unione dei fedeli Armeni con la Chiesa Romana, fu saggiamente provveduto a che il Delegato apostolico risieda nella medesima città, per rappresentare il Pontefice Romano. Voi stessi potete dunque essere testimoni della sollecitudine che abbiamo avuto per la vostra nazione, e Noi lo siamo a Nostra volta dell’attaccamento che professate verso di Noi, e del quale abbiamo spesso avuto la dimostrazione.
Quindi, poiché da una parte le qualità del vostro popolo, la pratica degli antenati e tutta la storia dei secoli passati sono fatti per attirare verso questa roccaforte della verità gli Armeni che sono separati da Voi, e con efficacia così grande che non saprebbero essere trattenuti da un più lungo indugio, e dall’altra la Sede Apostolica si è sempre sforzata di avere strettamente unita a sé la vostra nazione, e di richiamarla all’antica unione se qualche volta se ne allontanava, ne conseguono evidentemente validissime ragioni perché Voi, Venerabili Fratelli, vi consigliate, e perché Noi a Nostra volta abbiamo la buona speranza che sia pienamente ristabilita l’antica unione. Ciò tornerà certamente a profitto di tutta la nazione, non solamente per la salute eterna delle anime, ma anche per quella prosperità e quella gloria che si possono legittimamente desiderare sulla terra. La storia attesta infatti che fra i sacri Pastori dell’Armenia hanno brillato di più vivo splendore, come fulgide stelle, coloro che sono stati più strettamente uniti alla Chiesa Romana, e che la gloria della vostra nazione ha toccato il suo apogeo nei secoli in cui la religione cattolica vi ha prosperato più largamente.
Dio solo, moderatore di tutte le cose, può concedere che questo avvenga secondo i Nostri voti e i Nostri desideri, Lui solo, che “chiama coloro che vuole onorare e ispira sentimenti religiosi a chi vuole” . Con Noi fate salire verso di Lui supplichevoli preghiere, Venerabili Fratelli e diletti Figli, affinché, mossi dalla sua grazia trionfatrice, tutti coloro della vostra nazione che per il battesimo sono entrati nella società della vita cristiana e che tuttavia sono separati dalla Nostra comunione, Ci ricolmino d’una gioia intera ritornando a Noi, “professando la medesima dottrina, avendo la medesima carità e nutrendo tutti i medesimi sentimenti” (Fil 2,2). Sforzatevi d’avere per ausiliatrice presso il trono della grazia “la gloriosa, benedetta, santa, sempre Vergine Maria, Madre di Dio, Madre di Cristo” perché Ella offra “le nostre preghiere al Suo Figlio, nostro Dio” . Impiegate altresì come intercessore con Lei l’illustre martire Gregorio l’Illuminatore, affinché, quale ministro della grazia divina, compia e consolidi l’opera che egli ha cominciata a prezzo delle sue fatiche e della sua invincibile pazienza nei tormenti. Domandate infine, a imitazione della Nostra preghiera, che la docilità degli Armeni e il loro ritorno all’unità cattolica servano di esempio e di stimolo a tutti quelli che adorano Cristo ma sono separati dalla Chiesa Romana, affinché essi ritornino là donde sono partiti, e vi siano un solo ovile ed un solo Pastore.
Mentre a ciò dedichiamo i Nostri voti e la Nostra speranza, accordiamo, nell’effusione della carità e come pegno della bontà divina, la Benedizione Apostolica a Voi, Venerabili Fratelli, e a Voi tutti diletti Figli.
Sinodo della Chiesa Armeno celebrato a Roma nella chiesa di San Nicola da Tolentino nel 1911
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-25 17:59:022024-07-25 17:59:06“Paterna caritas”. L’Enciclica di Leone XIII agli Armeni (Radiospada.org 25.07.24)
Da Gaza alla Repubblica democratica del Congo, dalla Siria fino al lontano sterminio armeno le accuse si moltiplicano. Politici, storici e sociologi tentano di intercettarne tutte le caratteristiche, l’anatomia del genocidio.
Risale al 1915 uno dei primi genocidi del XX secolo, quello della popolazione armena nell’Impero Ottomano. L’ultimo “a partire” da fine del 2023 stiamo assistendo all’ultimo in Palestina.
Ecco, proprio l’utilizzo del suddetto termine ha suscitato parecchie discussioni nell’ultimo periodo, in Italia come all’estero.
La convenzione delle Nazioni unite nel 1948 designa come genocidio qualsiasi atto «commesso con l’intenzione di distruggere, in toto, o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso».
Persino alcuni sociologi hanno tentato di farlo mediante l’interpolazione di determinate caratteristiche comuni, tanto da portare alla nascita di un vero e proprio campo disciplinare dedicato.
Razmig Keucheyan, professore di sociologia all’Università Paris Cité, ha cercato di dare una risposta:
Etno-nazionalismo
Il primo elemento è sicuramente un nazionalismo fondato su basi puramente etniche. Nel caso armeno, lo sterminio è legato alla fase di creazione di uno stato-nazione operata dai Giovani Turchi attraverso un processo di colonizzazione interna. Dopo un periodo di apertura verso le componenti non turche dell’impero, ha quindi inizio la “purificazione” dagli Assiri, dai Greci e dagli Ebrei. In Palestina possiamo parlare piuttosto di colonialismo d’insediamento, con cui gruppi israeliani, sull’onda sionista hanno occupato territori palestinesi uccidendo o cacciando la popolazione locale.
Memoria recente di fatti di lunga data
I genocidi sono violenze perpetuate nell’arco di lassi di tempo molto lunghi. Per i palestinesi si tratta di un processo in atto dal XIXsec, come definita da Rashid Khalidi una guerra centenaria. Allo stesso modo il genocidio armeno è stato preceduto dai massacri hamidiani degli ultimi decenni del XIX sec.
Linguaggio disumanizzante
In entrambi i casi il terreno della discriminazione è preparato dalle parole: maiali, cani per gli armeni e animali umani per i palestinesi attraverso le parole del ministro israeliano Galant. La negazione dell’essere umano precede la sua uccisione e la “legittima”.
Emergere di una coscienza nazionale
In ambedue le popolazioni il sentimento di affermazione della propria identità e la volontà di non soccombere è forte. Gli armeni reclamano diritti e sicurezza agli imperi russo e ottomano e poi chiedono l’indipendenza. La definizione di un’identità palestinese ha invece inizio già negli ambienti colti della Palestina ottomana XIX sec.
Comunità internazionale passiva
Il Reich tedesco sembra aver giocato un ruolo non indifferente nello sterminio armeno: alcuni ufficiali tedeschi sembra abbiano partecipato direttamente, altri avrebbero per lo meno potuto ostacolarlo. Nel caso Palestinese abbiamo visto non solo il completo silenziodell’Europa dei primi mesi ma anche l’aiuto concreto ed attivo degli USA.
Abbattere la cultura per abbattere un popolo
Molti intellettuali e uomini politici importanti sono stati uccisi in entrambi i casi, come dimostra l’assassinio del poeta Refaat Alareer da parte dell’esercito israeliano il 6 dicembre 2023.
Taboo
Anche senza utilizzare il termine genocidio, difficile da pronunciare persino per gli Stati non direttamente coinvolti, le alte sfere politiche finiscono per utilizzarne dei sinonimi. Un esempio è la richiesta operata da Netanyahu verso i suoi consiglieri volta a “ridurre la popolazione di Gaza al livello più basso possibile” attraverso la geolocalizzazione con l’intelligenza artificiale.
Conclusioni
Perché questo tipo di analisi sono necessarie? Poiché per quanto il mondo sia complesso e i tempi cambino e i personaggi anche, guardare al passato ed avere capacità di astrazione, dunque la capacità di riconoscere le trame di un fenomeno storico – tolte le armi usate, le nazionalità coinvolte, i leader del momento – permette di riconoscerle nel futuro. Senza mai ricorrere a semplificazioni, conoscere delle definizioni può aiutare a crearne di nuove e a ordinare la realtà.
Come il poeta palestinese Najwan Darwish nota in un’intervista del The Guardian:
“credi di scrivere del passato, ma in realtà stai scrivendo del tuo futuro.”
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-07-25 17:57:382024-07-25 17:57:38L’anatomia del genocidio (Latestatamagazine 25.07.24)
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