CALVI DELL’UMBRIA “La stella di Greccio”, il film diretto da Arnaldo Casali su San Francesco e la storia del presepe, presentato al pubblico lo scorso anno, sarà proiettato il 20 agosto alle 21:30 al Calvi Festival, nei giardini del Monastero, storica location della manifestazione. Il festival, diretto da Francesco Verdinelli, propone riflessioni su temi etici con una serie di appuntamenti di arte, cinema, musica, teatro e danza, e il film vi è proposto secondo un percorso coerente che è iniziato a Greccio stessa, è proseguito con la consegna a papa Francesco e continuerà a fine agosto in Armenia, al Fresco Film Festival, con proiezioni a Vanadzor e a Erevan. A Calvi la pellicola, che racconta in modo originale in chiave di commedia la vita del santo, è legata a doppio filo: proveniva infatti proprio da questo borgo Berardo, discepolo del santo, protomartire francescano. A proposito di presepe, inoltre, non si può non ricordare quello monumentale, di una certa rilevanza artistica, che è conservato in paese, del 1546, in terracotta policroma, realizzato da Giacomo e Raffaele da Montereale.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-19 11:40:492024-08-20 12:43:39Da Greccio all'Armenia, il film di Casali sul primo presepe di San Francesco stavolta fa tappa al Calvi Festival (Il Messaggero 19.08.24)
“Sono ore drammatiche. Sempre in tensione. Il conflitto si allargherà o potremo continuare a vivere in pace? È quindi una guerra dei nervi”. È Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli Armeni, a raccontare al Sir da Beirut come il Libano stia vivendo queste ore “decisive” per trovare un accordo in grado a porre fine ad un conflitto che sta di giorno in giorno lasciando con il fiato in sospeso l’intera regione. “Siamo distrutti in tutti i sensi”, dice Minassian, facendo riferimento alla situazione in cui versa il Libano. “Socialmente, economicamente e ora anche la sicurezza non esiste più. Se usciamo di casa, non sappiamo se torniamo. La paura è un sentimento umano”, racconta Minassian che aggiunge: “Quanto sta accadendo in Palestina ricorda quanto successe al popolo armeno. Tutti erano presenti. Tutti vedevano quanto stava accadendo ma nessuno ha fatto niente e abbiamo perso più di un milione e mezzo dei martiri armeni cristiani”.
Hamas e Israele si accusano a vicenda sul fallimento dei negoziati a Doha. “Questo dimostra – osserva il patriarca – la contraddizione che c’è tra il dire e il fare. Tutti dicono di essere pronti ad una tregua, ma allo stesso tempo si rafforzano gli armamenti. Noi guardiamo e non riusciamo a capire se dobbiamo credere alle parole che pronunciano o ai fatti che poi mettono in campo”.
Intanto, il presidente americano Joe Biden ha detto che una tregua a Gaza è “ancora possibile” e in queste ore il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è in Israele per riportare a casa gli ostaggi, ottenere un cessate il fuoco e rimettere tutti “sulla strada migliore per una pace e una sicurezza durature”.
Di fronte a questo momento così cruciale, Minassian lancia un appello: “La guerra mostra una sola cosa: la debolezza della mentalità dell’uomo. La sua incapacità a discutere, a mettersi in colloquio con l’altro per trovare una via che renda possibile la riconciliazione, la giustizia, il rispetto dell’umanità. E allo stesso tempo, la guerra è un atto contro Dio perché non siamo noi i padroni della vita umana. Ma noi stiamo facendo di tutto per distruggere questa norma divina. Il mio appello è molto semplice: cerchiamo di dare il diritto a ciascuno di vivere in una pace degna dell’umanità. È il grido semplice che sale dai popoli. Non vogliamo la guerra e chiediamo ai leader di trovare soluzioni che possono andare bene a tutte le parti”. Il patriarca è convinto che queste parole possono raggiungere i cuori dei “potenti”, di “chi ha la responsabilità di determinare, in queste ore, il destino di un’intera Regione. Sicuramente c’è la possibilità di toccare i loro cuori”, sottolinea il patriarca degli armeni. “Basta che si mettano per un attimo davanti allo specchio e si chiedano: ‘Cosa sto facendo, cosa voglio di questa vita?’. E, se hanno una coscienza ancora viva in loro, sicuramente trovano la risposta”.
Armenia, Manalive consegna la seconda tranche di aiuti umanitari per i rifugiati del Nagorno Karabakh. L’associazione italiana Manalive ha realizzato il Progetto “Rifugiati Dimenticati”, presentato nella sala del Cenacolo presso la Camera dei Deputati il 28 novembre scorso alla presenza dell’Ambasciatrice armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan e dell’Onorevole Giulio Centemero nell’ambito della mostra fotografica del fotografo Niccolò Ongaro “Artsakh. la fuga forzata degli Armeni dal Nagorno Karabakh nel 2023”. Il progetto è stato inaugurato con il primo invio di una tonnellata di beni di prima necessità per i profughi del Nagorno Karabakh presenti a Norq-Marash nella regione di Yerevan distribuiti dai volontari italiani presenti in Armenia.
Il 14 e 15 agosto è stata consegnata anche la seconda tranche di aiuti che è stata distribuita sempre dai volontari dell’associazione italiana insieme ai volontari armeni di Mission Armenia NGO ai profughi presenti nella comunità di Artashat nella regione di Ararat.
Gianmarco Oddo, presidente di Manalive spiega che «nell’assordante silenzio delle istituzioni e dei media internazionali si è consumata un’emergenza umanitaria nel cuore del Caucaso, 120.000 persone hanno dovuto abbandonare le proprie case e la propria terra. Il nostro progetto non mira soltanto all’aiuto immediato e concreto di queste famiglie ma anche ad accendere i riflettori su una situazione di cui in pochi si sono voluti occupare».
Alla Harutyunyan, Vice President di Mission Armenia NGO, aggiunge: «Abbiamo selezionato specificamente le famiglie sfollate dal Nagorno-Karabakh, dando priorità a quelle con membri disabili.
Esprimiamo la nostra più sentita gratitudine ai donatori per il loro supporto nel rendere possibile tutto questo».
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-17 08:33:062024-08-19 08:34:13“Rifugiati Dimenticati”, Manalive consegna la seconda tranche di aiuti umanitari per gli armeni fuggiti dal Nagorno Karabakh (Il Messaggero 17.08.24)
Il Festival dei Saraceni propone un suggestivo programma dedicato al patrimonio musicale armeno.
Giovedì 22 agosto alle 21 nell’Oratorio di Sant’Antonio di Pamparato il pubblico del Festival dei Saraceni potrà scoprire la suggestiva tradizione musicale dell’Armenia, nell’interpretazione al tempo stesso coinvolgente e molto idiomatica del violista Maurizio Redegoso Kharitian, dal pianista Tatevik Aivazian e di Aram Ipekdjian al duduk, un antico strumento musicale tradizionale armeno dal suono estremamente evocativo.
Stretta tra l’Europa, il Medio Oriente, la Russia e i paesi dell’Asia centrale, l’Armenia ha risentito profondamente delle influenze culturali degli imperi che con il tempo si sono succeduti in questa regione.
In particolare, nel corso dei secoli nel territorio corrispondente all’attuale Armenia sono passati tra gli altri gli urartei, una civiltà fiorita all’epoca degli assiri nella zona del Lago di Van e tuttora avvolta dalle nebbie del tempo, i greci, i persiani, i romani, gli arabi, gli ottomani e i russi ma – nonostante questo – il popolo armeno ha sempre saputo preservare la propria identità culturale, che iniziò a svilupparsi con l’adozione del Cristianesimo come religione di stato, avvenuta nel 301 d.C. – oltre un decennio prima dell’Editto di Milano emanato da Costantino e Licinio – e la creazione di un proprio alfabeto, che permise la traduzione in lingua armena dei testi sacri e la creazione di una fiorente letteratura.
Sotto il profilo musicale, l’Armenia vanta una tradizione antichissima, le cui prime testimonianze certe risalgono addirittura al V secolo d.C., quando vennero tradotti in armeno alcuni tropari e canti liturgici e vide la luce una serie di inni sacri originali.
L’importanza fondamentale di queste prime opere musicali fu sottolineata dall’antico storico armeno Mosè di Corene, che giunse al punto da definire la musica un elemento distintivo dell’identità nazionale.
Il programma di questo concerto è imperniato sulle figure carismatiche e molto affascinanti di quelli che vengono ritenuti i massimi protagonisti della cultura armena, ossia Komitas Vartapet e Georges Ivanovič Gurdjieff, alle cui opere fanno corona una serie di brani tradizionali, che consentono di apprezzare le sonorità molto evocative del duduk e del tar persiano, un aerofono ad ancia doppia il primo e uno strumento a sei corde simile al liuto suonato con un piccolo plettro d’ottone il secondo.
Tra le tempestose vicende che funestarono la storia del popolo armeno, nel 1869 nacque Soghomon Gevorki Soghomonyan, un compositore e musicologo geniale, passato alla storia della musica con il suo nome da monaco Komitas Vartapet. Accanto agli studi sacri e letterari, il giovane Soghomon si avvicinò alla musica, iniziando a nutrire un interesse sempre maggiore per la musica tradizionale del suo popolo, che lo portò a diventare l’antesignano degli etnomusicologi, molto prima dell’ungherese Béla Bartók.
Secondo Avedis Nazarian, un musicista contemporaneo armeno residente in Italia, Komitas ebbe «il merito di aver portato il canto popolare a un livello altissimo, ponendo le fondamenta della musica sinfonica e orchestrale armena».
Con la sua capillare ricerca, il compositore intendeva andare alle radici della musica armena, partendo da canti di epoca precristiana e non tralasciando espressioni musicali turche e curde.
Dopo avere pronunciato gli ordini sacri e assunto il nome Komitas, il compositore iniziò a scrivere una Divina Liturgia (Badarak) diventata una delle più utilizzate dalla Chiesa apostolica armena, e a presentare il patrimonio musicale del suo paese in tutte le principali nazioni europee.
Durante il genocidio armeno, Komitas fu deportato in uno sperduto paese dell’Anatolia centrale, ma l’intervento di alcuni intellettuali e dell’ambasciatore degli Stati Uniti ne permisero la liberazione e il ritorno a Istanbul. Purtroppo, le atrocità dei massacri compiuti contro il suo popolo fecero vacillare il suo equilibrio psico-fisico, al punto da renderne necessario nel 1919 il ricovero in una clinica psichiatrica parigina, dove si spense nel 1935. In seguito le sue ceneri furono traslate a Yerevan, dove oggi riposano con tutti gli onori nel Pantheon.
Nato sei anni dopo Komitas, Gurdjieff fu un intellettuale a tutto tondo, in quanto – oltre alla musica – si interessò di molti altri campi dello scibile umano, segnalandosi in particolare per le sue profonde speculazioni filosofiche, che lo portarono a elaborare la Quarta Via, che lui stesso definì come una forma di Cristianesimo esoterico.
Considerata come una strada per raggiungere un reale e completo sviluppo dell’uomo, la Quarta Via suscitò un grandissimo interesse nella sofisticata Europa dei primi anni del XX secolo, contribuendo a rendere Gurdjieff sempre più famoso e richiesto nei circoli più esclusivi.
Nell’ambito più strettamente musicale, Gurdjieff strinse un proficuo rapporto con il pianista e compositore russo Thomas de Hartmann, che scrisse centinaia di brani per pianoforte, dettatigli da Gurdjieff, che in seguito esercitarono un profondo influsso su molti musicisti contemporanei tra cui Franco Battiato e Keith Jarrett, oltre che su vari pensatori del milieu New Age.
A più di settant’anni di distanza dalla scomparsa di Gurdjieff e a quasi novanta da quella di Padre Komitas, Maurizio Redegoso Kharitian, Aram Ipekdjian e Antonio Sernia portano oggi avanti un’ambiziosa opera di riscoperta della musica tradizionale armena, presentandola in stagioni di grande prestigio.
In particolare, i tre interpreti si pongono l’obiettivo di proporre al grande pubblico una serie di brani, mantenendone intatto da un lato lo spirito evocativo e aggiungendo dall’altro le sonorità fresche ed estremamente attraenti del duduk e del tar persiano, per tramandare alle generazioni che verranno la preziosa eredità di un millennio e mezzo di storia della musica armena.
Giovedì 22 agosto 2024 – ore 21
Oratorio di Sant’Antonio
Pamparato
HAYREN – SUONI ARCAICI DELL’ARMENIA
Grigor Narekatsi (951-1003)
Havun Havun
Georges Ivanovič Gurdjieff (1875-1949) e Thomas de Hartmann (1884-1956)
In occasione delle Celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana, l’Ambasciata d’Italia a Jerevan, in collaborazione con la Galleria Nazionale di Armenia, ha organizzato la mostra intitolata “Frammenti di Arte d’Italia in Armenia”.
L’Ambasciatore d’Italia, Alfonso Di Riso, insieme al Vice Primo Ministro, Mher Grigoryan, ha proceduto al “simbolico” taglio del nastro, alla presenza di personalità del mondo politico, tra cui tre Viceministri del Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport, membri del Parlamento e di alcuni Direttori di Musei, fra cui l’ex Ministro della Cultura e ora Direttore del museo dei manoscritti, il Matenadaran.
La collezione si compone di circa duecento capolavori di maestri italiani, risalenti a varie epoche storiche, che vanno dal XIV al XX secolo. All’interno della mostra sono presenti capolavori di maestri assoluti, come Donatello, Tintoretto, Guercino, Canaletto e Canova, a testimonianza della ricchezza del patrimonio artistico e culturale italiano presente in Armenia e del profondo legame esistente tra i due paesi. La mostra rimarrà aperta fino a settembre.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-16 08:30:522024-08-19 08:32:02Share Share on Social Network Capolavori Italiani in mostra a Jerevan (Min. Esteri Italiano 16.08.24)
Sono state effettuate prima del previsto le attività di manutenzione preventive nella centrale nucleare armena di Metsamor e ora tutto funziona regolarmente. È quanto riferito dall’ente di gestione della centrale atomica.
Secondo il programma, “la messa in servizio dell’unità di potenza era prevista per il 18 agosto, ma grazie all’efficace lavoro del personale è stato possibile metterla in atto circa una settimana prima del previsto. Attualmente l’impianto funziona normalmente, rispettando le norme di sicurezza e affidabilità”, si legge nel messaggio.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-16 08:29:492024-08-19 08:30:41Armenia: effettuata prima del previsto la manutenzione della centrale nucleare (AgenziaNova 16.08.24)
Tra la fine dell’Olimpiade e i campionati di calcio che stanno per ricominciare, può capitare di imbattersi nel Nagorno-Karabakh. Fatto curioso, perché al momento il Nagorno Karabakh non esiste più.
Regione stretta tra l’Armenia e l’Azerbaigian, è stata un’enclave autonoma armena dell’ex Unione Sovietica, il cui territorio faceva parte però dell’Azerbaigian.
Già raccontato così il Nagorno Karabakh lascia intendere quale infauste vicende abbiano sempre tormentato la popolazione. Essere uno e anche l’altro, ma fino a un certo punto armeni e azeri hanno convissuto pacificamente. Con la fine dell’Unione Sovietica, come molte altre Repubbliche socialiste, anche il Nagorno Karabakh provò a rivendicare la sua indipendenza, ma da quel momento solo polvere e conflitti si sono succeduti.
L’Azerbaigian negli ultimi anni ha cercato con la forza di riottenere il territorio che ritiene suo di diritto e 120.000 armeni sono stati sfollati dalle proprie abitazioni, costretti alla fuga, privati di tutto quello che serve per sopravvivere. Anche qui la religione gioca un ruolo importante, essendo l’Azerbaigian quasi completamente musulmano, mentre gli armeni del Nagorno Karabakh per lo più cristiani.Gli storici e gli esperti di geopolitica ci diranno giustamente che non si tratta di uno stato sovrano, di un pretendente tuttalpiù, ma sta di fatto che questa terra non esiste più, questa terra fatta di persone che semplicemente avrebbero voluto continuare a vivere tranquille e in pace, e non esiste più proprio perché privata della sua essenza: le sue donne, i suoi uomini, i suoi bambini.
E proprio quelle donne, quegli uomini, quei bambini sono il motivo per cui può capitare di imbattersi nel Nagorno Karabakh oggi, perché sono stati incontrati, ascoltati, immortalati da Emanuela Colombo in uno splendido fotoreportage che racconta la tragedia meglio di qualsiasi trattato.
“C’era una volta il Nagorno Karabakh” è il titolo del reportage, sul web si possono leggere interviste e vedere buona parte delle immagini scattate. Non è una vicenda che scalda i nostri cuori e nemmeno li raffredda, ci lascia indifferenti, anche perché presi da altro, dall’Ucraina, dal Medio Oriente e poi dall’Olimpiade e dal calcio che è sempre importante per tutti noi, per farci dimenticare le brutture del mondo e per prenderci qualche giorno di respiro durante la settimana.
Peccato che i giorni di respiro ormai siano sette su sette e le nefandezze rimangano, così come la nostra indifferenza.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-15 08:23:122024-08-19 08:25:04INTERESSANO A QUALCUNO LE LACRIME DEL NAGORNO KARABAKH? (Altropensiero 15.08.24)
Anahit, nella tradizione armena pagana, è la divinità posta a guardia e a custodia dell’acqua e di tutto ciò che è fluido e il suo nome porta fortuna a chiunque ne celebri il culto. Giorgia Ohanesian Nardin, artista italiana di discendenza armena, disegna con Anahit un solo per il suo corpo, la sua relazione con le percezioni sottili, interrogandosi sulle politiche dello sguardo, creando un ambiente in cui il suono, il movimento e la parola si articolano senza precedenze.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-14 18:56:332024-08-15 18:59:02Giorgia Ohanesian Nardin disegna con Anahit un solo per il suo corpo (Ilgiornaledivicenza 14.08.24)
Le immagini satellitari di Google Earth non mentono: Dachalti, o Karintak come lo chiamavano gli armeni, è stato spazzato via. Dove un tempo si trovavano case, strade, oggi non resta che il vuoto. Di tutto il villaggio rimane in piedi solo una piccola chiesetta, situata a poca distanza da una nuova e imponente moschea in costruzione, circondata da poche abitazioni, presumibilmente destinate agli operai al lavoro. Le coordinate precise non sono necessarie: chiunque può cercare Dachalti su Google Earth e vedere con i propri occhi cosa significa, in termini visivi, la parola “annichilimento”. Ma Karintak, situato nel sud-ovest dell’Azerbaijan, fa parte di una cancellazione più ampia e dolorosa: la scomparsa della presenza armena dal Nagorno Karabakh, una regione contesa e martoriata, ora sotto stretto controllo azero.
Il regime autocratico di Ilham Aliyev ha avviato una sistematica demolizione del patrimonio storico e culturale armeno nella regione, un processo che trova il suo culmine in immagini come quelle di Dachalti pubblicate su Repubblica. Non permettendo ad alcun osservatore indipendente, nemmeno all’Unesco, di accedere al Nagorno Karabakh per verificare il rispetto dell’eredità armena, le foto satellitari sono fondamentali perché rappresentando il solo strumento di monitoraggio a disposizione della comunità internazionale. Le immagini di Google Earth sono infatti incluse nell’ultimo report del Caucasus Heritage Watch, un progetto di ricerca delle università statunitensi Cornell e Purdue, e documentano l’abbattimento della chiesa e di altri siti culturali armeni tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, con ogni probabilità per fare posto a un nuovo insediamento azero.
La stessa cosa, ricorda Luna De Bartolo su Repubblica, è accaduta all’exclave azera del Nakhichevan, che un tempo vantava un immenso patrimonio artistico e culturale, frutto di secoli di presenza della popolazione armena sul territorio. Chiese, cimiteri e migliaia di antichissime khachkar, croci di pietra tipiche dell’arte funeraria armena, costellavano la regione, ma oggi ogni traccia riconoscibile come armena è stata eliminata. In Nakhichevan non vi è rimasto neanche un armeno, e osservando la regione, si potrebbe dubitare che vi abbiano mai vissuto. Anche in Nagorno Karabakh sono entrati in azione i bulldozer atzechi che a Dachalti hanno distrutto tutto, persino un monumento ai caduti della Grande Guerra Patriottica, il conflitto combattuto dall’Unione Sovietica contro la Germania nazista, la cui distruzione ha provocato l’indignazione di Mosca. Ma anche la chiesa di San Giovanni Battista di Shusha/Shushi, meglio nota come Kanach Zham, risalente al XIX secolo, è stata completamente distrutta. Già danneggiata durante il conflitto del 2020, oggi non ne resta nulla.
Il Nagorno Karabakh, un tempo abitato da oltre centomila armeni, è ora un luogo dove la storia viene riscritta attraverso le ruspe. La Corte Internazionale di Giustizia aveva ordinato all’Azerbaijan di proteggere il patrimonio armeno, ma le demolizioni continuano indisturbate. Quella che appare nelle immagini di Google Earth è una visione agghiacciante: un intero popolo cancellato dalla geografia, con il rischio che un giorno si possa persino dubitare che sia mai esistito.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-14 18:49:012024-08-15 18:56:06Armeni "cancellati" dalla mappa del Nagorno Karabakh: le immagini dallo Spazio (Libero 14.08.24)
Roma, 13 ago. (askanews) – La bellezza senza tempo dell’Armenia è più accessibile che mai per i viaggiatori italiani. Raggiungibile con voli diretti da Milano, Roma e Venezia, in meno di 4 ore, l’Armenia si rivela una destinazione ideale anche per uno short break o un breve tour di 4-5 giorni.
Situata nel cuore del Caucaso, l’Armenia è un tesoro di storia e cultura, con numerosi monasteri medievali, fortezze, musei e monumenti da visitare. Tra questi spiccano i siti riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, che costituiscono la base per un breve tour alla scoperta del paese: i complessi monastici di Haghpat e Sanahin, il Monastero di Geghard e l’Alta Valle dell’Azat, e la cattedrale e le chiese di Echmiadzin insieme al sito archeologico di Zvartnots.
Complessi Monastici di Haghpat e Sanahin
Questi due monasteri, situati nella regione di Lori a circa 6 km di distanza uno dall’altro, rappresentano l’architettura medievale armena al suo apice. Fondati nel X secolo, Haghpat e Sanahin sono noti per la loro straordinaria fusione di stili architettonici bizantini e locali. I complessi includono chiese, biblioteche e refettori, e offrono un affascinante sguardo sulla vita monastica dell’epoca. Situati uno di fronte all’altro, separati da una profonda gola rocciosa, offrono vedute eccezionali sulle montagne circostanti.
Monastero di Geghard e l’Alta Valle dell’Azat
Il Monastero di Geghard, incastonato nella montagna e circondato dalla suggestiva valle dell’Azat, è un capolavoro dell’architettura armena. Fondato nel IV secolo e ampliato nel XIII secolo, Geghard è famoso per gli ambienti scavati nella roccia, illuminati dai raggi di sole che filtrano dall’alto creando un’atmosfera mistica. Questo sito spirituale offre un’esperienza unica, con le costruzioni erette nel corso dei secoli che si fondono perfettamente con la roccia circostante, in uno scenario naturale di rara bellezza.
Cattedrale e Chiese di Echmiadzin e sito archeologico di Zvartnots
Echmiadzin è il cuore spirituale del paese e la sede della Chiesa Apostolica Armena. La cattedrale, fondata nel IV secolo da San Gregorio, patrono dell’Armenia, è una delle chiese cristiane più antiche al mondo. Insieme alle chiese di Santa Hripsime, Santa Gayane e Shoghakat, questo sito rappresenta un esempio straordinario dell’architettura religiosa armena e della sua evoluzione nel corso dei secoli. Zvartnots, un magnifico esempio di architettura paleocristiana, risale al VII secolo. Questo complesso, situato vicino a Echmiadzin, include una cattedrale unica nel suo genere, con un design circolare e decorazioni elaborate. Nonostante i danni subiti nel corso dei secoli, le rovine di Zvartnots continuano a testimoniare la grandiosità dell’arte e della cultura armena antica.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-13 18:59:112024-08-15 19:00:23Turismo, in Armenia sulle tracce dei siti Unesco (Askanews 13.08.24)
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok