Il governo armeno ha intrapreso un passo significativo per rafforzare le sue relazioni nel settore della difesa con l’occidente, assumendo un esperto consulente dell’industria della difesa britannica per facilitare i contatti con aziende del Regno Unito. Questa mossa rappresenta un tentativo di Yerevan di migliorare la propria posizione geopolitica, in un momento in cui la regione del Caucaso è teatro di crescenti tensioni e instabilità. Il consulente selezionato, un veterano con una vasta esperienza nel settore della difesa, avrà il compito di agire da intermediario tra il governo armeno e le principali imprese britanniche di difesa, promuovendo partnership strategiche e opportunità di cooperazione.
L’iniziativa riflette l’obiettivo dell’Armenia di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento militare, allontanandosi dalla tradizionale dipendenza dalla Russia e cercando di integrarsi maggiormente con i paesi occidentali. Questo approccio potrebbe facilitare l’accesso dell’Armenia a tecnologie avanzate di difesa e contribuire a migliorare le sue capacità di sicurezza nazionale, in un contesto in cui le preoccupazioni per la sicurezza e la difesa sono in aumento a causa delle relazioni tese con l’Azerbaigian e delle dinamiche di potere nella regione del Caucaso. Inoltre, l’assunzione di un consulente britannico segnala un potenziale avvicinamento politico e militare dell’Armenia con il Regno Unito, un paese che ha dimostrato un interesse crescente per gli sviluppi geopolitici nel Caucaso, soprattutto alla luce dei recenti conflitti e delle sfide per la stabilità regionale. Questo sviluppo rientra nella più ampia strategia armena di potenziamento delle proprie relazioni internazionali, utilizzando strumenti di diplomazia militare ed economica per garantire il supporto di attori globali influenti e per proteggere i propri interessi strategici.
L’ottava conferenza mondiale sul turismo del vino delle Nazioni Unite si terrà a Yerevan, in Armenia, dall’11 al 13 settembre 2024, concentrandosi sulla conservazione del patrimonio culturale attraverso l’enoturismo, un segmento che assieme al turismo gatronomico continua a crescere per importanza e pero econmico.
L’evento, co-organizzato dal Ministero dell’Economia dell’Armenia, porta il motto “Il patrimonio in ogni bottiglia: creare autentiche esperienze enoturistiche“, sottolineando l’importanza di bilanciare la modernità con le tradizioni locali.
Zurab Pololikashvili, segretario generale del turismo delle Nazioni Unite, ha sottolineato l’ascesa dell’enoturismo e il suo ruolo crescente nello sviluppo rurale e nella conservazione culturale, attraverso la proposta commerciale delle tradizioni consolidate, in altre parole la condivisione delle “esperienze”.
L’Armenia, con la sua ricca storia vinicola, si presenta come un contesto ideale per discutere e promuovere pratiche innovative nel settore.
Durante la conferenza verranno condivise le esperienze di importanti regioni vinicole come Barolo (Italia), Borgogna (Francia) e Mendoza (Argentina). Inoltre, esperti del Consiglio d’Europa presenteranno i progetti dell’itinerario culturale Iter Vitis.
Aziende leader, come le cantine Catena Zapata offriranno workshop sulle strategie e le tecnologie dell’e-commerce applicate all’enoturismo sostenibile.
In Armenia esiste anche Areni-1, una caverna dove sono stati ritrovati i resti del più antico sistema per produrre vino (risalente a 6100 anni fa).
La conferenza affronterà anche la comunicazione globale nel turismo del vino, con esperti come Jochen Heussner e Alder Yarrow che discuteranno su come raggiungere un pubblico più ampio e promuovere la collaborazione nel settore.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-27 19:15:152024-08-27 19:15:15Il vino e l’enoturismo, carte importanti per l’Armenia (Gist Magazine 27.08.24)
L’Armenia è pronta a svelare la statua di Gesù Cristo più alta del mondo, che supererà l’altezza del Cristo Redentore brasiliano. La statua armena raggiungerà un’altezza impressionante di 33 metri, rispetto ai 30 metri del Cristo Redentore, e sarà posta in cima a un piedistallo di 44 metri sul Monte Hatis, in Armenia.
Essendo la prima nazione ad adottare il cristianesimo come religione di stato, l’Armenia occupa un posto significativo nella storia cristiana. Il progetto, guidato dall’imprenditore Gagik Tsarukyan, è quasi completato dopo l’inizio dei lavori nel luglio 2022. Nonostante l’approvazione del governo, la Chiesa armena ha espresso disapprovazione, affermando che la statua non è in linea con le sue secolari tradizioni di culto.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-27 19:13:592024-08-27 19:13:59Sarà in Armenia la Statua di Cristo Più Alta del Mondo. Sul Monte Hathis. (Stilum Curiae 27.08.24)
Baku ha coltivato buone relazioni con la Russia, beneficiando della partnership energetica e del sostegno politico per il conflitto in Nagorno-Karabakh. Ma allo stesso tempo ha rafforzato i legami con l’Unione europea, aumentando le esportazioni di gas per aiutare Bruxelles a ridurre la dipendenza energetica da Mosca
Vladimir Putin ha incontrato la settimana scorsa a Baku il presidente azero Ilham Aliyev in una delle rare visite ufficiali dell’autocrate russo fuori dai confini nazionali da quando è stato emesso il mandato d’arresto internazionale nei suoi confronti. Tante le questioni all’ordine del giorno affrontate dai due autocrati, quasi tutte con una certa rilevanza a livello internazionale: il conflitto in Nagorno-Karabakh, le forniture energetiche, il rafforzamento degli scambi commerciali —che nel 2023 hanno superato i quattro miliardi di dollari— e il potenziamento delle tratte per il trasporto merci (per la Russia l’attraversamento dell’Azerbaijan è diventato fondamentale per avere uno sbocco sui porti dell’Iran).
Una visita che è servita a Putin per dimostrare di avere ancora degli interlocutori a livello internazionale ma che in un certo senso ne certifica l’indebolimento nel Caucaso meridionale: dopo anni di sostegno all’Armenia, lo zar ha scelto di abbandonare Erevan per avvicinarsi all’Azerbaijan, Paese molto più potente ma meno incline a farsi dettare l’agenda da Mosca.
L’incontro di Baku arriva a distanza di due anni e mezzo dalla dichiarazione sull’interazione alleata, un documento siglato nel 2022 da Putin e Aliyev, diventato il principio di una collaborazione che l’anno successivo permetterà all’Azerbaijan di occupare il Nagorno-Karabakh in maniera praticamente indisturbata. In questo modo il presidente azero è riuscito a rafforzare il suo ruolo nel Caucaso meridionale proprio mentre la Russia si indeboliva perdendo la sua influenza sul Governo armeno.
Abbiamo chiesto a Giorgio Comai, ricercatore e analista dell’Osservatorio Balcani Caucaso, di raccontare a Linkiesta che idea si è fatto del bilaterale di Baku: «Per l’Azerbaijan questa visita è servita soprattutto dal punto di vista della politica interna. Aliyev è riuscito a dimostrare che il suo Governo è indipendente a livello internazionale e che non prende ordini né da Putin né dall’occidente. Ha confermato quella retorica da leader autoritario che gli ha permesso di governare per oltre vent’anni.
Putin aveva la necessità di farsi vedere fuori dai confini russi, per lui è stato utile a livello internazionale, anche se l’Azerbaijan si trova in una situazione molto favorevole e non si farà dettare l’agenda dalla Russia. In un certo senso Putin ne esce un po’ ridimensionato ma in questa fase Mosca ha bisogno di partnership internazionali e ha avuto un approccio pragmatico. Il presidente russo e quello azero si capiscono al volo essendo due leader autoritari con un background compatibile, entrambi di formazione sovietica. Ovviamente sono tanti anche gli interessi reciproci in comune».
I due autocrati hanno affrontato la questione delle forniture energetiche e anche in questo caso il paese del Caucaso meridionale è sembrato partire da una posizione di forza. I buoni rapporti con la Russia, migliorati dopo l’invasione dell’Ucraina, non hanno impedito all’Azerbaijan di trarre vantaggio dalle sanzioni occidentali che hanno colpito Putin.
Baku, infatti, aumentando le forniture di gas ai Paesi dell’Unione europea ha aiutato l’Europa a rendersi indipendente da Mosca. Parallelamente, però, Aliyev e Putin stanno definendo un nuovo accordo bilaterale. Su quest’ultimo aspetto Bruxelles dovrà tenere alta l’attenzione soprattutto se, come sembra, la nuova intesa sul gas dovesse favorire Putin (in autunno se ne saprà di più ma ci sono già diverse ipotesi).
È evidente che, fino a questo momento, chi esce vincitore da questa situazione è il presidente azero Aliyev che è riuscito a vendere il gas all’Europa e allo stesso tempo ad aumentare gli affari con Putin, fornendogli anche un corridoio di transito strategico per l’accesso delle merci russe ai porti iraniani. Il tutto restando sostanzialmente impunito dopo l’invasione del Nagorno-Karabakh. «Non conosciamo ancora i dettagli dell’accordo sul gas tra Russia e Azerbaijan —prosegue Comai— ma sembra plausibile che riguardi schemi mirati a utilizzare risorse russe per facilitare l’esportazione di gas azero.
Ad esempio, Baku potrebbe vendere il proprio gas agli europei e utilizzare internamente quello acquistato dalla Russia. Tecnicamente non violerebbe le sanzioni europee ma in maniera indiretta aiuterebbe non poco le casse del Cremlino. Finora l’Unione europea ha dimostrato una certa tolleranza e l’Azerbaijan ne ha tratto enormi vantaggi ma se dovesse continuare ad avvicinarsi a Mosca le cose potrebbero cambiare» conclude Comai.
C’è poi un altro aspetto che dovrebbe preoccupare Bruxelles e Washington: come riportato da Politico, Aykhan Hajizade, portavoce del ministero degli Esteri dell’Azerbaijan, ha confermato che il Paese del Caucaso ha intenzione di aderire al blocco dei paesi Brics. Lo ha fatto a margine della visita di Putin, in un momento in cui Mosca sta spingendo molto sull’alleanza con gli altri paesi del blocco (Brasile, Cina, India e Sudafrica ai quali si sono recentemente aggiunti Egitto, Emirati Arabi, Etiopia e Iran). Non potrebbe essere altrimenti, viste le sanzioni occidentali. L’ingresso di una potenza ricca di materie prime come l’Azerbaijan darebbe ulteriore linfa a un’alleanza economica che in questo momento risulta fondamentale per l’economia russa. Non è una buona notizia. Né per l’Unione europea né, soprattutto, per l’Ucraina.
Nuova edizione del libro a settembre e cinque eventi per il ventennale. «Ho un sogno, irrealizzabile: rivedere il mio Karabakh, la sua gente operosa, le montagne e il monastero di Dadivank»
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In una bella casa sulle colline dell’Anatolia, nel maggio 1915 i turchi sterminarono uomini e bambini armeni e trascinarono le donne in Siria, a morire per fame, malattia, sfinimento tra marce, violenza e campi di prigionia. Antonia Arslan, scrittrice padovana di origine armena, ha fatto conoscere questa storia, che è anche quella della sua famiglia, nel libro best-seller «La Masseria delle Allodole» (Rizzoli), che compie vent’anni dalla pubblicazione. Da allora, il suo impegno per testimoniare il genocidio armeno non si è mai fermato. Rizzoli ripubblica «La Masseria delle Allodole» e cinque eventi celebrano Antonia Arslan e il libro, tributo alla scrittrice, voce del popolo armeno: l’1 settembre a Calalzo in sala consiliare (ore 18). Due gli appuntamenti alla grande festa del libro di pordenonelegge, il 17 settembre a Udine nella Fondazione Friuli (ore 18) e il 18 settembre a Pordenone, al PalaPaff (ore 10.30), in entrambi Arslan sarà in dialogo con Gian Mario Villalta, scrittore e direttore artistico di pordenonelegge. Il 28 settembre a Treviso nella chiesa di San Francesco (ore 16.30). E il 6 ottobre a Padova per La Fiera delle Parole, omaggio alla scrittrice al Centro Culturale San Gaetano (ore 11) con il reading dal romanzo delle attrici Federica Santinello e Laura Cavinato.
Antonia Arslan, vent’anni dopo l’uscita del libro «La Masseria della allodole», che attualità conserva la storia?
«Quella storia è purtroppo ancora attualissima. La piccola e povera Armenia è sotto minaccia di annientamento culturale e anche umano, dopo che l’Azerbaigian, alleato della Turchia, ha invaso e fatto sparire la piccola repubblica del Nagorno Karabakh, abitata da 120mila armeni, che sono fuggiti tutti in 3 giorni. Lì ci sono stata varie volte, era abitato da tribù armene da migliaia di anni. Oggi, il governo azero dichiara che tutta l’Armenia è “Azerbaigian occidentale (Western Azerbaijian)”».
Nella nuova edizione del romanzo, ci saranno modifiche?
«A settembre ci sarà una fascetta speciale. Una nuova edizione con una mia prefazione dopo vent’anni uscirà invece in una collana speciale a inizio 2025. Non ci saranno modifiche nel testo, forse solo nei ringraziamenti».
Il suo nonno paterno, Yerwant Arslanian (che nel 1923 ha fatto italianizzare il cognome in Arslan), le raccontò quanto accadde in Armenia: la famiglia spazzata via dalla violenza turca. Che memoria conserva di quelle confidenze?
«È una memoria composta di tanti ricordi fissati nella mia mente e circondati come di un’aura dorata. Intangibili ma ancora vividi, che non interagiscono con gli altri ricordi, ma in qualche modo li arricchiscono».
Dopo l’uscita di «La Masseria delle allodole» e il successo in tutto il mondo, tra le tante presentazioni, c’è una storia, un incontro, che le è rimasto impresso?
«Diversi. Se ci penso, ho dei flash sulle sale di alcuni piccoli paesi dove la gente si è commossa fino alle lacrime, poi mi hanno scritto, cercato, hanno fatto leggere il libro nelle scuole, scritto poesie. E tanti hanno deciso di andare in Armenia, hanno fatto fotografie, mangiato il cibo locale… La più emozionante, però, è stata la presentazione ufficiale del romanzo davanti al Congresso degli Stati Uniti».
Il genocidio armeno cosa insegna al mondo contemporaneo?
«Il passato non insegna, purtroppo. La storia non è magistra vitae. Tuttavia, ho sempre pensato – e spesso ne ho parlato – che la tragedia degli armeni risiede anche (e forse soprattutto) nell’occultamento immediato dei fatti e nella complicità, nel silenzio delle potenze vincitrici dopo il Trattato di Losanna del 1923. E’ questa la grande differenza con la Shoah ebraica».
Se dovesse scrivere oggi «La Masseria delle allodole», cambierebbe qualcosa?
«Sarò franca, neanche una parola. E l’ho riletto con molta attenzione».
Dopo la Masseria e con tanti altri romanzi, è diventata voce nel mondo del popolo armeno. Com’è cambiata la sua vita?
«Molto. Già nell’estate del 2004 la Masseria ha cominciato a ricevere tanti premi letterari, dal Berto Opera Prima al Fenice Europa, dal Manzoni allo Stresa, dalla Selezione Campiello al Fregene, in tutto più di 20. Una tendenza continuata negli anni successivi, fino al Premio Serao a Napoli e al recente Comisso a Treviso e sono stata finalista al Los Angeles Times e a Dublino. Ma la cosa che davvero mi ha cambiato la vita è stato l’instancabile passaparola di lettrici e lettori, continuato con inviti a ripetizione, ancora adesso, dappertutto in Italia e all’estero, dalla Svezia alla Russia, dall’Irlanda al Regno Unito alla Svizzera alla Francia agli Usa, dalla Romania alla Bulgaria alla Grecia al Libano».
Per il suo impegno a favore dell’Armenia e per la verità che da sempre persegue, è stata minacciata. Ha pensato di mollare?
«No, mollare mai. Ma ho avuto curiose avventure di boicottaggi perfino ridicoli, come in Germania dove l’editore annullò un viaggio programmato con la scusa che non trovava una stanza d’albergo per me. Ma il boicottaggio più pesante fu esercitato contro il film dei fratelli Taviani: si erano preparati ad impedirne la circolazione in diversi paesi, fra cui gli Usa. E purtroppo così è avvenuto».
Cosa sta accadendo oggi in Nagorno Karabakh?
«In sostanza, nella generale distrazione dell’intero Occidente, è calato un vergognoso silenzio sulla conquista del territorio del settembre 2023, la fuga in massa degli abitanti e l’attuale de-armenizzazione completa, in corso, anche attraverso una campagna ben orchestrata di menzogne storiche».
Nel settembre 2023 infatti l’Azerbaigian ha nuovamente attaccato e più di 100mila persone sono state costrette all’esodo…
«Stanno abbattendo le croci antiche dappertutto, i famosi katchkar, demolendo le chiese e ogni traccia armena. Nella capitale hanno cambiato i nomi delle strade, dando ad esempio il nome di Enver Pascià, uno dei tre principali responsabili del genocidio del 1915».
Perché si parla di genocidio nella Striscia di Gaza?
«Per ignoranza del senso preciso del termine “genocidio”, come da definizione dell’inventore del termine Raphael Lemkin nel 1944, confermato solennemente dall’assemblea dell’Onu del dicembre 1948, che si riferisce a quando un governo decide di eliminare una parte della propria popolazione che ritiene indegna, come è successo con gli ebrei. E anche in Ruanda e in Cambogia».
Anche a proposito della guerra in Ucraina, dove sono stati sterminati bambini e civili si parla di genocidio.
«Ci sono superficialità e incompetenza a tutti i livelli, talmente diffuse… Sembra che usare la parola genocidio faccia più effetto, ma è un fraintendimento voluto. È una strage orrenda, ma non è genocidio. L’intento finale non è sterminare l’intero popolo, secondo il significato di genocidio, ma è il dominio».
Cosa potrebbe aiutare la pace?
«Noi, gente comune poco possiamo fare. Ma una cosa è possibile: abbassare i toni dei conflitti verbali che impazzano, giornali e social compresi».
Il più grande desiderio?
«Il mio più grande desiderio in questo momento è la guarigione della mia carissima amica ammalata. E poi ho un sogno, irrealizzabile: rivedere il mio Karabakh, la sua gente operosa, le montagne e il monastero di Dadivank, uno dei luoghi più spirituali del mondo».
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-24 18:06:132024-08-26 18:07:19Antonia Arslan, i vent’anni del best-seller «La Masseria delle Allodole»: «Sono stata più volte minacciata ma non mollerò» (Coriere del veneto 24.08.24)
L’Unione europea, per la prima volta nella storia, si appresta a fornire sostegno militare all’Armenia. Con la misura di assistenza, per un valore di dieci milioni di euro, l’Unione cambia passo nello scacchiere geopolitico caucasico e intende proporsi come alternativa credibile alla Federazione Russa.
Il Consiglio dell’Unione europea, con l’annuncio del 22 luglio, ha deciso di impegnare risorse nell’ambito dello strumento europeo per la pace[1] (EPF), nello specifico per: “rafforzare le capacità logistiche delle forze armate armene e contribuire a migliorare la protezione dei civili in caso di crisi ed emergenze”, oltreché per “potenziare la resilienza dell’Armenia e accelerare l’interoperabilità delle sue forze armate in caso di eventuale futura partecipazione del paese alle missioni e operazioni militari internazionali, comprese quelle condotte dall’UE”. Il sostegno concretamente consentirà di realizzare un accampamento destinato ad un battaglione, nell’ambito del più ampio accordo di partenariato globale e rafforzato UE-Armenia.
La decisione dell’UE, più nella forma che nella sostanza, evidenzia un crescente interventismo europeo in Transcaucasia. A seguito della seconda guerra del Nagorno-Karabakh infatti, l’Armenia ha mostrato il proprio disappunto circa il sostegno ricevuto dalla Federazione Russa, e si è gradualmente allontanata dalla sfera di influenza di Mosca in favore di una maggiore collaborazione con gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea.
L’annuncio di fine luglio è significativo perché apre le porte a possibili future collaborazioni in campo militare con l’Unione, una prospettiva impensabile nel 2020.
Oltre alla collaborazione in campo militare, avanza quella in campo politico. L’Unione ha infatti avviato i colloqui con Erevan per la liberalizzazione dei visti, un percorso ripido e tortuoso, ma necessario per incanalare i rapporti in termini di una prospettiva europea credibile.
Se da un lato gli annunci di luglio segnano passi in avanti in termini di cooperazione fra UE e Armenia, dall’altro allontanano la prospettiva di una lunga attesa pace fra Erevan e Baku. Il Ministero degli Affari Esteri azero ha infatti considerato la mossa “sbagliata e pericolosa” e solo utile ad aumentare la tensione nella regione attraverso una politica di militarizzazione. Di simile avviso ovviamente anche Mosca che, attraverso il portavoce del Presidente russo, ha espresso la speranza che Erevan non seguirà il percorso di politica estera che ha scelto Kiev a suo tempo.
Nel contempo un presunto accordo segreto, riportato da “Iran International”, tra Teheran e Erevan per la fornitura di armi, inclusi droni kamikaze, per un valore totale di 500 milioni di dollari sarebbe sorprendente, specie in ragione dell’azione di diversificazione delle alleanze operata da Erevan negli ultimi mesi. I due Paesi hanno prontamente smentito l’accordo, ma l’intesa si spiegherebbe eventualmente nella necessità di mantenere un difficile equilibrismo tra pesi e contrappesi nella regione, una circostanza tutta da confermare e assai pericolosa per le sorti dell’Armenia.
La principale sfida per l’UE, ormai inseritasi nello scacchiere geopolitico caucasico, sarà ora bilanciare il supporto all’Armenia con l’impegno per promuovere la stabilità e la pace nella regione, evitando un’escalation delle ostilità.
[1]Lo strumento europeo per la pace è stato istituito nel marzo 2021 per finanziare azioni nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune volte a prevenire i conflitti, preservare la pace e rafforzare la sicurezza e la stabilità internazionali. In particolare, tale strumento consente all’UE di finanziare azioni concepite per rafforzare le capacità di paesi terzi e organizzazioni regionali e internazionali in materia militare e di difesa.
Il presidente del Festival Internazionale in programma a Matera dal 3 al 10 novembre 2024 sarà il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Atom Egoyan, al quale verrà dedicata una retrospettiva dedicata alla sua carriera, sovrintendendo alla giuria per i lungometraggi.
Atom Egoyan, all’anagrafe Atom Yeghoyan, è un regista armeno nato a Il Cairo il 19 luglio 1960 e naturalizzato canadese, che si è affermato come uno dei più importanti registi del panorama internazionale. I temi che Egoyan persegue nelle sue opere sono principalmente orientati sulla questione dell’identità e delle radici familiari e su quello dell’utilizzo delle tecnologie come strumento ambivalente per la registrazione e la conservazione della memoria
Nel 1994 Egoyan si è aggiudicato l’importante Premio Internazionale della critica al Festival di Cannes per il film Exotica, ambientato nel mondo del peep-show, mentre il film successivo Il dolce domani, tratto dal romanzo di Russell Banks, ha vinto nel 1997 il Premio speciale della giuria sempre al Festival di Cannes, ricevendo anche due nomination all’Oscar per la regia e la migliore sceneggiatura non originale. Quest’anno il regista ha partecipato con il suo ultimo film Seven Veils al Golden Apricot International Film Festival (GAIFF) tenutosi in luglio a Yerevan (Armenia).
Quest’anno il famoso regista sarà presente al Matera Film Festival, che in una settimana prevede un ricco e diversificato programma, con proiezioni internazionali e fuori concorso, anteprime, un focus dedicato al Comics & Games e alla serialità televisiva.
Il Festival Internazionale rappresenta da cinque anni, con il simbolo creativo della balena Giuliana, l’anello di congiunzione tra la Città dei sassi e il cinema, tra il passato e il futuro., caratterizzandosi per la transmedialità e l’attenzione ai nuovi linguaggi che appartengono anche al mondo del cinema come: la musica, il fumetto, la letteratura, il gaming, i cartoons e le nuove tecnologie, l’Intelligenza Artificiale.
Un ampio spazio verrà inoltre dedicato ai giovani, alle scuole di ogni ordine grado, alle università, con percorsi formativi e attività pensate ad hoc per loro. Non mancheranno i temi di grande attualità sociale quali la sostenibilità ambientale, la libertà e legalità, la parità di genere, in linea con gli obiettivi dell’agenda Onu 2030.
Inoltre, questa edizione del Festival celebra il trentesimo anniversario del film Pulp fiction di Quentin Tarantino con protagonisti John Travolta, Uma Thurman e Maria De Medeiros, un evento speciale che si aggiunge ad una ricca e variegata agenda che accontenterà tutti gli spettatori.
Anche quest’anno si tratta dunque di un’occasione di incontri, di conoscenza, di svago e divertimento, che coinvolge gli spettatori i professionisti del settore e gli stakeholder.
Il Festival offre un montepremi di 10.000 € suddiviso tra le diverse categorie di: 5.000 € per il miglior lungometraggio, 3.000 € per il miglior documentario e 2.000 € per il miglior cortometraggio (oltre a sette sezioni fuori concorso).
Tanti sono stati i personaggi presenti e premiati nelle precedenti edizioni (artisti, cineasti di fama internazionale, leggende del cinema, autori), e tra questi possiamo citare Terry Gilliam, Robin Wright, David Cronenberg, Nicola Piovani, Alessandro Tersigni, Claudio Santamaria, Paolo Sassanelli, Giovanna Ralli, Violante Placido, Cinzia TH Torrini e tanti altri.
Matera, la Città dei Sassi, è stata la location di più di 40 film, scelta da Pier Paolo Pasolini ai fratelli Taviani, da Francesco Rosi a Roberto Rossellini, passando per Lina Wertmuller, Giuseppe Tornatore, Gianni Amelio, fino ai Colossal internazionali come The passion of Christ di Mel Gibson,Ben Hur di Timur Bekmambetov e la venticinquesima pellicola della saga di James Bond, 007 No time to die di Cary Fukunaga.
Nel 1993 l’UNESCO ha nominato Matera Patrimonio Mondiale dell’Umanità, mentre nel 2019 è stata Capitale Europea della Cultura.
La manifestazione è sostenuta dal Comune e dalla Provincia di Matera oltre che dalla Regione Basilicata.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-23 19:10:212024-08-26 19:17:12La Quinta Edizione Del Matera Film Festival Sarà Presieduta Dal Regista Atom Egoyan (Gazzettadaltacco 23.08.24)
Nuovo ordinario per gli Armeni Cattolici dell’Europa Orientale. E’ l’ Arciprete Kevork Noradounguian, dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, finora Vicario Patriarcale del medesimo Istituto e Superiore del Convento di Nostra Signora di Bzommar. Papa Francesco gli ha assegnato la Sede titolare Arcivescovile di Sebaste degli Armeni, con il titolo di Arcivescovo.
Nato ad Aleppo, in Siria, il 16 novembre 1968, nel 1997 ha ottenuto la licenza in Scienze dell’Educazione presso la Pontificia Università Salesiana dopo esser stato ordinato sacerdote ad Aleppo per l’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar.
Tra gli incarichi ricoperti anche quello di Parroco della Comunità armeno-cattolica a Mosca e Rettore della chiesa di san Nicola da Tolentino e Rettore del Pontificio Collegio Armeno in Urbe Parroco degli armeni cattolici a Lione in Francia fino al 2023, ad agosto era stato trasferito dalla Francia in Libano dove al presente è Vicario Patriarcale dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar e Superiore del Convento di Nostra Signora di Bzommar.
Un nuovo ordinario per gli armeni dell’Europa orientale
Mons. Kevork Noradounguian, siriano, guiderà i fedeli di rito armeno che vivono tra i Paesi baltici e il Caucaso.
«Il Santo Padre ha nominato Ordinario per gli Armeni Cattolici dell’Europa Orientale il Rev.do Arciprete Kevork Noradounguian, dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, finora Vicario Patriarcale del medesimo Istituto e Superiore del Convento di Nostra Signora di Bzommar, assegnandogli la Sede titolare Arcivescovile di Sebaste degli Armeni, con il titolo di Arcivescovo»: così ieri il bollettino della Santa Sede dava notizia della nomina del presule siriano, nato ad Aleppo nel 1968 e ordinato sacerdote nel 1995 per l’Istituto del clero patriarcale di Bzommar, società sacerdotale fondata in Libano ma operante in vari Paesi in cui sono presenti i fedeli di rito armeno-cattolico.
Quella armena è una Chiesa orientale sui iuris, unita a Roma dal 1742 e retta dal patriarca di Cilicia degli Armeni (attualmente Raphaël Bedros XXI Minassian), che ha sede in Libano. Varie suddivisioni ecclesiastiche (eparchie, arcieparchie, esarcati, ordinariati) hanno giurisdizione sui fedeli armeni sparsi nel mondo. L’ordinariato dell’Europa orientale ha sede in Armenia e include 44 parrocchie comprese tra la regione caucasica, la Russia, la Bielorussia e i Paesi baltici.
Benché poco nota a noi occidentali, dalla comunità armena proveniva uno degli ecclesiastici più noti della seconda metà del secolo scorso: il cardinale Gregorio Pietro Agagianian, prefetto di Propaganda Fide, che al conclave del 1958 fu molto vicino a diventare Papa al posto di Roncalli (come lo stesso Giovanni XXIII, un anno dopo l’elezione, raccontò ai connazionali del “Papa armeno mancato”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-21 18:03:132024-08-26 18:04:51Il Papa nomina il nuovo ordinario degli armeni in Europa (AciStampa 21.08.24)
Ben 58 casi di infezione da febbre del Nilo occidentale sono stati confermati in Armenia. Lo ha detto Stepan Atoyan, direttore del Centro nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie. “Ad oggi, in Armenia sono stati confermati 58 casi di infezione da febbre del Nilo occidentale, 41 pazienti sono stati ricoverati in ospedale, le loro condizioni sono per lo più di gravità moderata”, ha detto Atoyan. Secondo il direttore del Centro nazionale, una persona è morta a causa della malattia: si tratta di un uomo nato nel 1938, che soffriva di malattie croniche concomitanti.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-21 18:01:142024-08-26 18:05:47Armenia: confermati 58 casi di febbre del Nilo occidentale (Agenzia Nova 21.08.24)
La Russia è pronta a partecipare alla risoluzione della situazione di tensione nel Caucaso meridionale tra l’Azerbaigian e l’Armenia. Lo ha detto oggi il presidente Vladimir Putin incontrando a Baku quello azero Ilham Aliyev.
“Tutti sanno – ha affermato Putin, citato dall’agenzia Interfax – che la Russia si trova a fronteggiare altre crisi, principalmente riguardo all’Ucraina. Ma le relazioni storiche della Russia con il Caucaso meridionale richiedono il nostro coinvolgimento in questi eventi, per quanto richiesto dalle parti”.
“Qualunque cosa possiamo fare per facilitare la conclusione di un trattato di pace, come la demarcazione dei confini e lo sblocco dei rispettivi legami logistici ed economici, saremmo felici di farla”, ha aggiunto il presidente russo.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2024-08-19 12:38:082024-08-26 17:54:59Putin a Baku, 'pronti a mediazione tra Azerbaigian e Armenia' (Ansa 19.08.24)
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