Armenia, i cattolici dell’Europa orientale hanno un nuovo ordinario (Renovatio21 02.09.24)

La diplomazia vaticana non va in vacanza: il 21 agosto 2024 Papa Francesco ha effettuato una nomina di primaria importanza per l’ordinariato cattolico degli armeni dell’Europa orientale.

Fr. Kevork Noradounguian è stato scelto per diventare Arcivescovo di Sebaste degli Armeni, titolo che spetta a colui che esercita la funzione di «ordinario» sugli Armeni cattolici dell’Europa orientale. L’Annuario Pontificio spiega che questi ordinariati sono «strutture geografiche istituite per le comunità cattoliche orientali che non hanno una propria gerarchia in un luogo specifico».

Sono guidati da un prelato nominato dalla Santa Sede, che risponde direttamente a quest’ultima, ed esercita la giurisdizione sui cattolici orientali che non hanno vescovi propri. Questo ordinariato è, tuttavia, collegato al Patriarcato armeno di Cilicia, che è stato recentemente presentato su questo sito. Il nuovo vescovo risiederà a Yerevan, la capitale dell’Armenia.

Padre Noradounguian, che sarà consacrato vescovo a breve, assume così la guida di una quasi-diocesi per i fedeli armeni cattolici dell’Europa orientale, in un territorio che comprende Armenia, Georgia, Russia e Ucraina. In altre parole, un terreno dove si mescolano guerre ibride e guerre aperte, in mezzo agli interessi geopolitici globali, e dove i cattolici sono spesso vittime collaterali.

In effetti, Armenia e Azerbaigian si stanno facendo a pezzi da decenni a causa di un conflitto territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh, riconquistata nel settembre 2023 da Baku dopo una guerra lampo contro i separatisti armeni che si erano impossessati di questo territorio negli anni Novanta.

Quasi tutti gli armeni cattolici hanno dovuto abbandonare la regione e abbandonarla ai musulmani. Dopo questa amara sconfitta, le autorità armene hanno fatto la scelta, con gravi conseguenze, di prendere le distanze dal vicino russo – accusato di inerzia – e di avvicinarsi all’Unione Europea e all’Occidente, cosa che non ha mancato di offendere il Cremlino.

In Georgia, dove il nuovo ordinario esercita ora la sua giurisdizione sugli armeni cattolici, il problema è diverso: il potere in carica ha deciso di avvicinarsi un po’ di più a Mosca, con il rischio di accentuare la frattura con l’Europa.

Per quanto riguarda l’Ucraina, che rientra anch’essa nel governo di padre Noradounguian, la guerra aperta che la Russia sta conducendo contro il Paese mette anche gli armeni cattolici in una situazione più che delicata.

Il sito web Nor Haratch riporta la biografia del nuovo vescovo. Nato ad Aleppo, Siria, nel 1968, è stato ordinato sacerdote il 20 agosto 1995 per l’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar (Libano). È stato vicerettore del seminario minore, vicario della parrocchia di Bourj Hammoud, rettore del seminario minore poi del seminario minore e maggiore, amministratore ed economo generale dell’Istituto.

Successivamente è stato parroco della comunità armena cattolica di Mosca, rettore della chiesa di San Nicola da Tolentino e rettore del Pontificio Collegio Armeno di Roma, amministratore apostolico ad nutum Sanctae Sedis del Patriarcato armeno cattolico di Gerusalemme e Amman e parroco della parrocchia armena cattolica di Lione, Francia (2015-2023).

Inutile dire che il nuovo arcivescovo di Sebaste degli armeni non è stato scelto a caso. Il prelato ha familiarità con la Russia – e con le autorità russe – poiché ha trascorso diversi anni a trattare con la comunità armena insediata sulle rive del fiume Moscova.

La sua biografia dimostra che ha familiarità con le complesse questioni del Medio Oriente. Non c’è dubbio che la sua conoscenza del territorio e dei principali attori politici e religiosi della regione sarà una risorsa per la Santa Sede nel garantire la sopravvivenza della minoranza armena cattolica e promuovere la pace nella regione.

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Armenia. Pressioni degli Usa per dirottare il paese verso occidente (Notizie Geopolitiche 02.09.24)

L’ambasciatrice statunitense in Armenia, Christina Quinn, ha incontrato nei giorni scorsi il procuratore generale armeno, Anna Vardapetyan, per discutere delle riforme che Washington intende sostenere nel paese. Gli Stati Uniti stanno già investendo milioni di dollari per plasmare il settore della sicurezza armena, una mossa che suggerisce un crescente tentativo di controllo da parte di Washington su settori governativi che dovrebbero essere formalmente indipendenti.
L’interesse degli Stati Uniti in Armenia non si limita ai soli investimenti diretti. La figura di Anna Vardapetyan infatti offre un ulteriore spunto di riflessione. Vardapetyan è considerata un’agente d’influenza occidentale, in linea con molti altri collaboratori del governo guidato dal primo ministro Nikol Pashinyan, salito al potere in seguito alla rivoluzione colorata del 2018. Dal 2015 Vardapetyan è membro del Royal Institute of International Affairs di Londra, noto come Chatham House. Questa organizzazione è ufficialmente riconosciuta in Russia come ostile, a causa del suo sostegno all’opposizione pro-occidentale e delle sue pressioni per un cambiamento di potere nel paese.
Chatham House promuove l’adozione di riforme favorevoli a Washington non solo in Armenia e Russia, ma in tutti i paesi dell’ex blocco sovietico. Vardapetyan appare come la rappresentante ideale di questi interessi in Armenia, sostenendo riforme che mirano a mettere sotto controllo occidentale settori chiave dello stato.
Prima della sua nomina a procuratore generale, Vardapetyan era assistente di Pashinyan giocando un ruolo significativo nell’eliminazione dei rivali dell’opposizione che avrebbero potuto minacciare la posizione del premier, noto per le sue inclinazioni pro-occidentali. Questa collaborazione tra l’ambasciata statunitense e il procuratore generale suggerisce un’influenza sempre più marcata degli Stati Uniti nella politica interna armena, sollevando interrogativi sull’autonomia del paese e sul futuro delle sue istituzioni democratiche.

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Azerbaigian, la democrazia soffocata da gas e petrolio (RSI 01.09.24)

n Azerbaigian, oggi – domenica 1° settembre – si tengono le elezioni parlamentari. Ci si aspetta una nuova vittoria del presidente Ilham Aliyev, in carica dal 2003. Gli attivisti denunciano una stretta sui diritti umani e la mancanza di trasparenza nelle elezioni. Attualmente, nelle carceri azere ci sono oltre 300 prigionieri politici, tra attivisti, giornalisti e accademici. Da tempo Human Rights Watch denuncia violenze e torture sistematiche nelle prigioni azere.

Le elezioni sono state anticipate per via della COP29, la conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà proprio a Baku a novembre. In molti denunciano l’ipocrisia di organizzare il più importante evento mondiale sul clima in un paese la cui economia è basata sui combustibili fossili. Il 98% dell’approvvigionamento energetico del paese dipende da petrolio e gas, così come il 90% dell’export.

Oggi le devastazioni ambientali nel paese caucasico sono evidenti: circa 30’000 ettari della penisola di Absheron, dove si estrae maggiormente il petrolio, sono inquinati. Nonostante ciò, per allontanarsi dal gas russo, nel 2022 l’Unione Europea ha firmato un accordo per aumentare l’importazione di gas dall’Azerbaigian, rimanendo in silenzio sulle continue violazioni dei diritti umani e civili.

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“Pordenonelegge” a Udine, il dialogo con Antonia Arslan martedì 17 settembre (Udineoggi

31.08.24 – 08:00 – Sono passati vent’anni, ma quella storia non smette di essere attuale e di parlare al nostro tempo: «L’Armenia resta a rischio, dopo l’invasione del Nagorno Karabakh da parte dell’Azerbaigian. L’obiettivo è quello di invadere tutta l’Armenia, un pezzo alla volta». La scrittrice Antonia Arslan resta vigile osservatrice degli accadimenti legati alla “sua” Armenia, e il suo romanzo di culto, La masseria delle allodole, si conferma un libro “necessario” due decenni dopo la prima pubblicazione datata 2004. Non è un caso che Rizzoli abbia deciso di rieditarlo, in questo ventennale, suggellando il successo di un romanzo che ha vinto decine di premi ed è stato presentato anche davanti al Congresso americano. Proprio Antonia Arslan sarà protagonista della “prima volta” di Pordenonelegge a Udine, alle soglie dell’avvio della 25a edizione, in programma dal 18 al 22 settembre. Appuntamento martedì 17 settembre, alle 18 nella sede di Fondazione Friuli: con l’autrice dialogherà il direttore artistico di Pordenonelegge, Gian Mario Villalta. La partecipazione è liberamente aperta al pubblico, è suggerita la prenotazione iscrivendosi attraverso il proprio account mypnlegge sul sito www.pordenonelegge.it. Info: Tel. 0434.1573100 mail segreteria@pordenonelegge.it.

Un ulteriore incontro con l’autrice è in programma a Pordenone mercoledì 18 settembre, giornata inaugurale del festival, sempre in dialogo con Gian Mario Villalta (ore 10.30, PalaPAFF!).

Con La masseria delle allodole, il suo romanzo d’esordio, Antonia Arslan attingeva alle memorie familiari per raccontare la tragedia di un popolo “mite e fantasticante”, gli armeni, e la struggente nostalgia per una patria e una felicità perdute. Yerwant – il nonno31 dell’autrice padovana – aveva lasciato, appena tredicenne, la casa paterna per studiare nel collegio armeno di Venezia. Ora, dopo quasi quarant’anni, si appresta a tornare nella Masseria delle Allodole, tra le colline dell’Anatolia, dove potrà finalmente riabbracciare i suoi cari. La notizia si diffonde nella cittadina natale, inebriata dai gelsomini in fiore e dai dolci preparati per la Pasqua, un’euforica frenesia che pervade lo scorrere quieto dei giorni. Si sta organizzando la festa di benvenuto e tutti, parenti e amici, sono invitati a prendervi parte. La Masseria è rimessa a nuovo, per completare l’opera è stato perfino ordinato da Vienna un pianoforte a mezza coda. Ma siamo nel maggio del 1915. L’Italia è entrata in guerra e ha chiuso le frontiere mentre il partito dei Giovani Turchi insegue il mito di una Grande Turchia, in cui non c’è posto per le minoranze. Yerwant non verrà, e non ci sarà nessuna festa. Al suo posto, solo orrore e morte. Un’odissea segnata da marce forzate e campi di prigionia, fame e sete, umiliazioni e crudeltà. Grazie alla tenacia di madri figlie e sorelle, al loro sacrificio e all’aiuto disinteressato di chi rifiuta di farsi complice della violenza, tre bambine e un “maschietto-vestito-da-donna”, dopo una serie di rocambolesche avventure, riusciranno a salvarsi e a raggiungere Yerwant in Italia. E sarà lui a garantire per loro un futuro e a custodire le “memorie oscure” che oggi la nipote Antonia ha trasfuso in un romanzo dolce e straziante come una fiaba

Pordenonelegge, promosso dalla Fondazione Pordenonelegge.it presieduta da Michelangelo Agrusti, è a cura di Gian Mario Villalta (direttore artistico), Alberto Garlini e Valentina Gasparet. Il programma della 25^ edizione è consultabile dalla homepage del sito pordenonelegge.it.

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Lavaggio del cervello: come i libri delle scuole turche raccontano il genocidio armeno (Asianews 31.08.24)

Lo scrive il giornalista di inchiesta Uzay Bulut in un approfondimento pubblicato sul Gatestone Institute. Una narrazione degli eventi che “stravolge la storia”, negando anche che armeni, assiri e greci siano popolazioni autoctone. E i bambini diventano adulti “ripetendo a memoria le bugie insegnate loro nelle scuole”.

Istanbul (AsiaNews) – Un vero e proprio “lavaggio del cervello”. Così il giornalista di inchiesta turco Uzay Bulut definisce, in un’inchiesta pubblicata sul sito web del Gatestone Institute in un articolo intitolato “I libri di testo turco: stravolgere la storia”, i libri di testo che Ankara usa per gli studenti nella sezione dedicata alla storia del genocidio armeno e assiro.

“Le autorità governative turche – scrive il reporter – hanno preso di mira i propri popoli indigeni dell’Anatolia, vale a dire i greci pontici e gli armeni. Nel ventesimo secolo, la Turchia ottomana ha sterminato in gran parte questi popoli attraverso un genocidio”. Ciononostante, nei testi si parla di “richieste infondate di greci e armeni”. In precedenza le sezioni erano definiti, prosegue nell’analisi, “Pontus Issue” e “Armenian Question”. Ora “sono cambiati in ‘Rivendicazioni infondate del Ponto’ e ‘Rivendicazioni infondate armene’”.

Ankara nega anche che armeni, assiri e greci siano popolazioni autoctone della terra in cui i turchi si sono insediati secoli dopo, occupando il territorio e sterminando chi già vi abitava. Fra gli elementi più critici, sottolinea Uzay Bulut, “è che ai giovani scolari turchi, che non hanno alcuna idea della vera storia del loro Paese, viene fatto il lavaggio del cervello con falsità sull’origine del loro Paese e viene alimentato l’odio verso i resti delle minoranze”.

Di conseguenza, questi bambini diventano adulti ripetendo a memoria le bugie insegnate loro nelle scuole, negando che l’impero ottomano abbia commesso un genocidio contro gli armeni, gli assiri e i greci autoctoni. Questi bambini, afferma, “non hanno alcuna colpa se non conoscono la vera storia del loro Paese, né i fatti relativi al genocidio commesso contro le minoranze”.

A loro viene propinata la menzogna che le minoranze hanno vissuto “felici” nell’impero per secoli, fino a quando le potenze europee “non le hanno istigate a ribellarsi al loro governo. Al contrario, le minoranze che vivevano nell’Impero Ottomano – avverte – sono sempre state oppresse, ridotte in schiavitù, attaccate, derubate, rapite, violentate e massacrate, fino al genocidio del 1915. Queste minoranze non erano nemmeno considerate cittadini di seconda classe”.

Le minoranze “non avevano alcun diritto ed erano alla mercé dei loro brutali governanti” sottolinea il giornalista, che definisce l’educazione degli studenti turchi come “disinformazione, distorsione intenzionale e revisionismo storico”. “Non si tratta solo di una disputa tra armeni e turchi”, perché Ankara “sa meglio di chiunque altro che le accuse di genocidio sono reali”. Prova ne sono “gli archivi ottomani in suo possesso” che spiegano “la verità, anche dopo essere stati selettivamente ripuliti da qualsiasi prova incriminante”.

Secondo il dottor Gregory H. Stanton, presidente di Genocide Watch, la negazione è l’ultimo stadio del genocidio: “La negazione è la continuazione di un genocidio perché è un tentativo continuo di distruggere psicologicamente e culturalmente il gruppo vittima, per negare ai suoi membri persino il ricordo degli omicidi dei loro parenti”. Il governo turco dovrebbe finalmente affrontare “la realtà dei fatti” e insegnare “agli innocenti studenti turchi i tragici fatti della storia sui massacri e sul genocidio” conclude il giornalista. Perché non sono responsabili “né la giovane generazione di oggi né l’attuale governo turco, che non esisteva nemmeno durante questi omicidi”.

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Enoturismo, la Conferenza Onu dall’11 settembre in Armenia (Agenziaviaggimah 30.08.24)

Mancano pochi giorni all’inizio della Conferenza globale sul turismo del vino, evento voluto da UN Tourism che si terrà a Yerevan, Repubblica di Armenia, dall’11 al 13 settembre 2024.

Heritage in Every Bottle: Crafting Authentic Wine Tourism Experiences” è il tema scelto per questa edizione su cui esperti, produttori e rappresentanti di regioni vinicole di tutto il mondo discuteranno e si confronteranno.

Il programma comprende sessioni tecniche, presentazioni tematiche, masterclass e workshop che si svolgeranno giovedì 12 e venerdì 13 settembre. Rappresentanti di celebri regioni vinicole, tra cui la Borgogna (Francia) e Mendoza (Argentina), presenteranno esempi delle migliori pratiche.

Iter Vitis, itinerario culturale del vino e della vite del Consiglio d’Europa, condividerà approfondimenti dal punto di vista della rete, con interventi della presidente italiana Emanuela Panke.

Focus dei dibatti e delle discussioni i legami tra vino, turismo e cultura come mezzo per rivitalizzare e promuovere le tradizioni, l’integrazione delle diverse tradizioni nell’esperienza del turismo enologico e lo sviluppo di strategie di comunicazione efficaci per raggiungere un pubblico sempre più vasto.

Tra gli ospiti, l’esperto di digitalizzazione, l’italiano Jochen Heussner, lo scrittore Alder Yarrow e Paul Wagner del Culinary Institute of America e del Napa Valley College per gli Usa; per la Germania Gergely Szolnoki, professore di ricerca di mercato presso l’Università di Geisenheim. In agenda anche gli interventi del ministro del turismo dell’UruguayEduardo Sanguinetti, e di Carolina Fuller di Catena Zapata (Argentina), n. 1 tra le “World’s Best Vineyards” 2023.  

«L’Armenia è onorata di ospitare l’8ª Conferenza globale sul turismo del vino delle Nazioni Unite. Con la nostra tradizione vinicola millenaria e il ricco patrimonio culturale, siamo in una posizione unica per mostrare le pratiche innovative e l’eccezionale cultura del vino. Questa conferenza offre una piattaforma speciale per la collaborazione, l’apprendimento e l’avanzamento del turismo del vino», ha sottolineato Susanna Hakobyan, direttrice ad interim del Tourism Committee della Repubblica di Armenia.

Il turismo enologico, che è cresciuto molto negli ultimi anni, è anche l’occasione per il turista di conoscere non solo storie, usanze e rituali profondamente radicati nella storia della vinificazione, ma anche tutta la comunità sociale, la ricchezza storica e il patrimonio artistico delle regioni che si visitano.

«Il turismo del vino è profondamente legato alla cultura e all’identità del territorio, svolgendo un ruolo cruciale nel favorire l’empowerment rurale e lo sviluppo delle comunità, aiutando le destinazioni a diversificare le loro offerte turistiche. Questa conferenza non solo cerca di mettere in evidenza questi aspetti, promuovere scambi e favorire la cooperazione tra le destinazioni, ma anche di celebrare il ricco patrimonio vinicolo dell’Armenia, il suo popolo e la sua cultura», ha affermato Sandra Carvao, direttrice market intelligence, policies and competitiveness, UN Tourism.

In occasione dell’evento ci sarà l’opportunità di visitare la caverna di Areni-1, dove è stata ritrovata la più antica cantina al mondo, risalente a 6.100 anni fa.

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L’ Armenia accoglie la Conferenza globale sul turismo del vino delle Nazioni Unite (Agenfood.it)
Armenia accoglie la Conferenza globale sul turismo del vino (uominidonnecomunicazione)
Enoturismo, Armenia pronta ad accogliere Conferenza globale dell’Onu (Askanews)
Armenia: a Yerevan, dall’11 settembre, la Conferenza globale sul turismo del vino

Alla (riscoperta) di Sergei Parajanov (Ciakmagazine 30.08.24)

Una delle tante belle cose della Mostra del cinema di Venezia è senz’altro la sezione Venezia Classici. Prima di tutto perché offre l’opportunità di vedere magnifici film del passato perfettamente restaurati e riportati al loro antico splendore. E poi perché, lato documentari, permette di far conoscere a un pubblico più giovane dei grande cineasti le cui opere sono di difficile reperibilità e di cui, spesso, le nuove generazioni non conoscono. E non conoscere le opere di Sergej Parajanov è un peccato.

Armeno nato in Georgia cento anni fa, Parajanov è morto nel 1990, dopo una vita dedicata all’arte, al cinema e alla verità. Osteggiato dal regime sovietico, è stato più volte arrestato e condannato a pene detentive, supportato dalla comunità artistica mondiale che ogni volta a gran voce ne chiedeva il rilascio. Ci ha lasciato pochi film, tutti straordinari, come Il colore del melograno e La leggenda della fortezza di Suram, realismo magico applicato alle antiche storie della tradizione armena.

Un cinema unico, analizzato nel documentario “I will revenge this world with love” S. Paradjanov diretto da Zara Jian e che vede la partecipazione di alcuni grandi registi particolarmente influenzati dalle sue opere, come Emir Kusturica, Tarsem Singh e Atom Egoyan, naturalizzato canadese, ma Armeno di famiglia.

«Penso che per qualsiasi regista armeno, direi per qualsiasi creatore di immagini armeno, Parajanov ha un’influenza enorme» ci ha detto Egoyan, che abbiamo raggiunto nel suo studio in Canada. «Perché rappresenta l’Armenia dall’interno e dall’esterno. Era una  figura diasporica, perché è vissuto in Ucraina e ha girato film in Ucraina, ma era molto legato al Caucaso, non solo all’Armenia, ma all’intera regione. Poi, come artista, ha un’assoluta unicità di visione. Il fatto che abbia creato un linguaggio visivo allo stesso tempo molto formale e incredibilmente libero è un’alchimia meravigliosa. Il colore dei melograni è quasi un museo visivo, per me è stata un’ispirazione diretta per Calendar, un mio film del 1993, per cui sono andato praticamente in pellegrinaggio in molte chiese in cui lui stesso aveva girato. Potrei continuare all’infinito. Voglio solo dire che è una figura monumentale che ha creato un cinema unico».

Per Zara Jian raccontare e far raccontare l’opera di Parajanov, soprattutto in questo momento, mentre la guerra tra Russia e Ucraina si fa sempre più cruda e violenta, era una missione di vita.

«Sono cresciuta in Armenia fino all’età di 17, 18 anni. Naturalmente sapevo chi fosse, ma è stato quando sono andata via, prima in Russia, poi a Los Angeles, che in modo molto misterioso si presentava in qualche forma nella mia vita. Un’opera in un museo, una retrospettiva. Nel tempo ho approfondito lo studio della sua vita e delle sue opere e sono diventata più consapevole della portata del suo lascito. Come essere umano ho capito tutte le sue scelte.

Sulla sua arte non ho parole, perché quest’uomo, anche in prigione, creava. E tutte quello che ha fatto sono per me capolavori. Cercava di essere in mezzo alla bellezza creandola, perché non riusciva ad accettare ciò che il mondo offriva. Poi, nel 2.020, c’è stata la guerra in Armenia, ed è stato il periodo più difficile della mia vita, a quel tempo vivevo a Mosca. Ero confusa, aggressiva den e sentivo che mi stavo distruggendo. Ma rimasi comunque in Russia, perché avevo molte domande da fare questa guerra. Nel 2022, in ottobre, otto mesi dopo l’inizio del conflitto con l’Ucraina, non riuscivo nemmeno a respirare, ho fatto le valigie, sono tornata in Armenia e sono andata al Museo Parajanov.

Guardando il suo autoritratto, e ricordando che lui si definiva figlio di tre nazioni, una cosa che oggi non sarebbe possibile. E ho iniziato a pensare che questo suo messaggio sia oggi fondamentale da trasmettere alle giovani generazioni, per cambiare le cose continuando a fare arte e a creare bellezza. Così la mia missione è diventata quella di portare questo messaggio ai miei amici alle giovani generazioni attraverso le opere e la vita di Sergej Parajanov»

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Venezia: in 39 dal mondo per studiare lingua e cultura armene (Genteveneta 29.08.24)

Per il 38° anno l’Associazione Culturale Padus-Araxes con sede a Venezia (Dorsoduro) celebra con successo la chiusura dell’edizione 2024 del corso estivo di lingua e cultura armena, organizzato in collaborazione con lo Studium Generale Marcianum Fondazione di Venezia.

Quest’anno 39 corsisti provenienti da Armenia, Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Russia, Spagna/Catalogna, Scozia, Svizzera, Turchia e Stati Uniti d’America hanno deciso di trascorrere tre settimane di studio e cultura a Venezia. Non casuale è la scelta della città lagunare come posto privilegiato per ospitare giovani e non provenienti da diversi paesi del Mediterraneo, dell’Europa, delle Americhe e dell’Asia, in cui comunità armene della Diaspora hanno fondato una loro seconda patria.
Pur rifacendosi al VII secolo, ai tempi della costruzione della Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello da parte dell’esarca armeno-bizantino di Ravenna Isacco, il legame tra gli Armeni, Venezia e la Serenissima si consolidò nel tardo medioevo e nella prima età moderna grazie agli scambi commerciali tra la Repubblica, il Regno armeno di Cilicia, la Crimea e Tana.
La simbiosi armeno-veneziana ebbe poi il suo massimo apice nei secoli XVII e XVIII prima con la potente famiglia degli Sceriman, mercanti di Nuova Giulfa in Persia, i quali contribuirono al sostegno economico della Serenissima, e successivamente con l’Abate Mechitar il quale, su concessione del Senato veneziano, s’insediò nell’isola di San Lazzaro in laguna, intrecciando le proprie sorti e quelle della sua congregazione di monaci alle sorti della Regina dell’Adriatico.

Mons. Levon Zekiyan, Arcieparca degli Armeni di Costantinopoli e direttore del corso di lungua e cultura armene, tenutosi a Venezia. Nella foto di apertura i 39 corsisti.

Le lezioni, che si svolgono dal lunedì al sabato per un totale di 65 ore curriculari, hanno luogo nella cornice del Seminario Patriarcale di Venezia alla Salute, mentre le attività pomeridiane extra-curriculari si tengono nel patronato salesiano Leone XIII, une delle residenze dove corsisti e corpo docente sono ospitati. Quest’ultimo include, oltre al Direttore del Corso, mons. Levon Zekiyan, Arcieparca degli Armeni di Costantinopoli e Turchia, la vicedirettrice Benedetta Contin (Italia/Austria), Karin Akal (Turchia), Artsvi Bakhchinyan (Armenia), Aram Ipekdjian (Italia/Austria), Tamar Mangasaryan (Turchia), Raffi Setian (USA), Sossi Soussanian (Ungheria), Rosine Tachdjian Atamian (Francia).
Il corso si sviluppa su quattro livelli, dal primo rivolto ai principianti assoluti fino all’ultimo dedicato a parlanti madrelingua, in cui rientrano anche insegnanti delle scuole primarie e secondarie armene di Istanbul. Il corso, che ha celebrato quest’anno la sua XXXVIII edizione, vanta la partecipazione di circa 1500 studenti provenienti da 38 paesi diversi e appartenenti a quaranta etnie diverse.

Per i numerosi partecipanti, che ogni agosto dal 1986 trascorrono tre settimane a Venezia con l’intento d’apprendere la lingua armena, Venezia rappresenta perciò non solo il luogo privilegiato di disvelamento e rivelazione della propria memoria storica, ma anche uno spazio emotivo in cui si rinnova e perpetua il singolare incontro tra Oriente ed Occidente grazie all’atmosfera unica che il corso estivo riesce a creare.

Tra le attività pomeridiane e serali, aperte anche alla cittadinanza veneziana, di interesse e rilevanza culturale sono stati due concerti di musica tradizionale e spirituale armena, tenuti dal M° Alessandro Ferrarese, dal M° Aram Ipekdjian e da Burag Mesropian, nella chiesa dei Ss. Apostoli a Cannaregio il 7 agosto e nella chiesa di san Trovaso a Dorsoduro l’8 agosto, col patrocinio dell’Archivio Vittorio Cini e dell’ispiratore dell’Archivio medesimo, il principe Giovanni Alliata di Montereale. I corsisti hanno inoltre potuto partecipare ad una lezione sull’identità armena e le sfide presenti tenuta dall’armeno-veneziano-costantinopolitano Boghos L. Zekiyan e alla presentazione della prima guida turistica della Diaspora armena redatta da Ruben Kulaksezian (Little Armenias, 2023) presso il Patronato Leone XIII il 6 agosto.

Tra le attività extra-curriculari più amate ed apprezzate si enumerano la visita alla ricerca delle tracce armene in città, tenuta da Evelyn Korsch, la divina Liturgia presso l’antica chiesa della Santa Croce a San Marco, celebrata dall’arcivescovo Zekiyan, la visita guidata al monastero di San Lazzaro ed infine la festa dell’Assunta con la benedizione dell’uva, celebrata dai padri Mechitaristi all’Isola di San Lazzaro.

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Presentazione del libro “Confesso con fede” e mostra “La preghiera tradotta nel linguaggio dei colori” opere dell’artista armeno Vazgen Brutyan (Padovanews 29.08.24)

Programma dell’evento:

Ore 17 –  Presentazione del libro “Confesso con fede in 50 lingue, a cura dei Padri della Congregazione Mechitarista dell’Isola di San Lazzaro degli Armeni, Venezia.

Interventi di:

Vartan Giacomelli, Associazione Italiarmenia

padre Serop Jamourlian, Congregazione Mechitarista, Venezia

Alberto Peratoner, Facoltà di Teologia del Triveneto, Padova

Antonia Arslan, scrittrice e saggista

Vazgen Brutyan, artista, Yerevan, Armenia

A seguire: Inaugurazione della mostra “La preghiera tradotta nel linguaggio dei colori, con opere dell’artista armeno Vazgen Brutyan.

Dettagli sul libro “Confesso con fede”.

Il libro, edito nel 2023 dalla Congregazione Armena Mechitarista in occasione dell’850° anniversario della morte di San Nerses Snorhali, contiene una preghiera intensa e poetica che intreccia riferimenti biblici, liturgici e teologici.

Nerses Snorhali, uno dei santi più venerati della Chiesa armena, è stato un monaco, presbitero, vescovo e infine catholicos di tutti gli armeni. La sua opera è riconosciuta per aver abbozzato una teologia ecumenica, rendendolo un precursore del movimento ecumenico contemporaneo.

Dettagli sulla mostra “La preghiera tradotta nel linguaggio dei colori”.

Le opere d’arte esposte sono realizzate dall’atelier Ardēan dell’artista armeno Vazgen Brutyan, con l’intento di riscoprire il ricco patrimonio culturale armeno attraverso nuove espressioni artistiche. Ispirandosi all’architettura armena, ai manoscritti, alle incisioni e ai khachkar, l’atelier Ardēan crea una versione unica di arte contemporanea.

La mostra, intitolata “La preghiera tradotta nel linguaggio dei colori“, è una commemorazione significativa dell’850° anniversario della scomparsa di San Nerses Snorhali. Ardēan ha utilizzato le 50 traduzioni della preghiera per realizzare altrettante opere d’arte, creando una fusione affascinante di antichi manoscritti, elaborate miniature e la vibrante cultura armena. Queste opere d’arte originali trasportano il visitatore in un regno dove storia e creatività si intrecciano in modo armonioso.

La prima esposizione di queste opere ha avuto luogo presso l’Isola di San Lazzaro del Congregazione Mechitarista a Venezia, da ottobre 2023 a gennaio 2024.

L’iniziativa è realizzata in collaborazione con il Comune di Padova.

Informazioni:

Mostra aperta dal 4 al 18 settembre 2024.

Orari: 9:30 – 12:30 | 16 – 19 (chiuso il lunedì), ingresso libero.

Associazione Italiarmenia

(Padovanet – rete civica del Comune di Padova)

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Università, Italia e Armenia rafforzano i rapporti grazie agli atenei di Tuscia e Perugia (IlSole24ore 29.08.24)

Sottoscritto l’accordo di collaborazione tra l’Eurasia International University (Yerevan – Armenia), l’Università della Tuscia e l’Università per Stranieri di Perugia finalizzato all’attivazione di un istituto armeno-italiano

di Redazione Scuola

Università della Tuscia
Università della Tuscia

1′ di lettura

Italia e Armenia rafforzano i rapporti grazie alle università della Tuscia e di Perugia. È stato sottoscritto oggi a Yerevan (Armenia) l’accordo di collaborazione tra l’Eurasia International University (Yerevan – Armenia), l’Università della Tuscia e l’Università per Stranieri di Perugia finalizzato all’attivazione di un istituto armeno-italiano. La cerimonia di firma si è svolta presso la sede della Eurasia International University alla presenza dei rettori dei tre atenei, delle delegazioni delle due università italiane, dei media locali e dei rappresentanti del ministero armeno per l’istruzione superiore e degli affari esteri. Nel corso dell’incontro sono intervenuti anche i referenti dell’ambasciata italiana a Yerevan.

L’iniziativa

L’iniziativa avviata nei mesi scorsi porterà alla creazione di un centro culturale per la promozione e l’insegnamento della lingua e della cultura italiana in Armenia e come strumento di diffusione della lingua e cultura armena in Italia. L’evento si inserisce per entrambe le università italiane in un programma congiunto di visite e incontri bilaterali con le istituzioni partner in Armenia, al fine di rafforzare i partenariati già esistenti e di implementare ulteriori attività sfruttando la complementarietà delle competenze dei due atenei italiani.

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Patto tra la Stranieri e altre due università per un nuovo istituto armeno-italiano (Umbria24)