Oscar 2025 International Film: l’Armenia torna in corsa con la tragicommedia Yasha e Leonid Brezhnev (Fai informazione 07.09.24)

L’Armenia porta agli Oscar 2025 la toccante storia di Yasha, un ex comunista che, incapace di accettare la fine dell’URSS, si rifugia in un mondo di fantasie. La tragicommedia di Baghdasaryan, vincitrice di 5 Anahit Awards (gli Oscar armeni) esplora il tema della nostalgia per il passato e della difficoltà di adattarsi al presente.

TRAMA: Yasha, un ex delegato del Partito Comunista dell’Unione Sovietica al congresso del 1976, vive ora una pensione solitaria, aggrappato ai fasti del passato. Mentre il mondo intorno a lui è cambiato radicalmente con la dissoluzione dell’URSS, lui continua a sognare dialoghi politici con Breznev e altri leader del partito. Questa nostalgia, però, crea una crescente distanza dalla sua famiglia, che fatica a comprendere il suo attaccamento a un’ideologia ormai superata.

Lo scorso anno l’Armenia inviò Amerikatsi di Michael A. Goorjian che riuscì ad entrare nella shortlist dei semifinalisti, ma senza poi ottenere la candidatura.

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La faccia come l’Azerbaigian (Il Fatto Quotidiano 07.09.24)

 

Azerbaigian: Zampa (Pd), dopo lista nera parole Meloni beffa =AGI0380 3 POL 0 R01 /
Azerbaigian: Zampa (Pd), dopo lista nera parole Meloni beffa =
(AGI) – Roma, 6 set. – “Suonano davvero come una beffa le parole
della presidente Meloni che nel suo messaggio al G7 di Verona
sottolinea il ruolo dei parlamenti dei paesi che ne fanno parte
e dei paesi europei in ‘difesa della liberta’ e della
democrazia’ e non pronuncia una parola, lei o i presidenti delle
due Camere che sono espressione della sua maggioranza politica,
per condannare l’assurda e inaccettabile decisione
dell’Azerbaigian di pubblicare una black list di 76 parlamentari
del Consiglio d’Europa, di cui 5 italiani. Ed e’ ancora piu’
grottesco che mentre a Verona si esalta il ruolo fondamentale
dei pa…

 

VENERDÌ 06 SETTEMBRE 2024 12.02.31
FASSINO

Italia-Azerbaigian, Fassino (Pd): più che il diritto poté il petrolio

Italia-Azerbaigian, Fassino (Pd): più che il diritto poté il petrolio Italia-Azerbaigian, Fassino (Pd): più che il diritto poté il petrolio “Da Meloni e Tajani silenzio su ‘indesiderabilità’ parlamentari CdE” Roma, 6 set. (askanews) – “Intervenendo al Forum di Cernobbio il Presidente dell’Azerbaigian Aliev ha dichiarato ‘siamo per l’Italia il primo fornitore di petrolio e il secondo di gas’ aggiungendo che sette paesi dell’Unione dipendono dalle pipeline energetiche che attraversano l’Azerbaigian e per questo ‘l’Ue considera l’Azerbaigian un partner affidabile’. Parole inequivoche che spiegano perche né la Presidente del Consiglio né il Ministro degli Esteri ricevendo ieri in pompa magna il Presidente Aliev non abbiano ritenuto di chiedere la revoca della inaccettabile e ritorsiva decisione delle autorità azere di dichiarare ‘indesiderabili’ 76 parlamentari del Consiglio d’Europa, tra cui 5 italiani, che esercitando le loro prerogative parlamentari non hanno ratificato le credenziali della delegazione azera, stante le reiterate violazioni da parte del regime di Baku dei diritti umani e dei principi democratici costitutivi del Consiglio d’Europa”. Lo dichiara in una nota Piero Fassino, uno dei 5 parlamentari italiani colpiti dall’atto ritorsivo deciso dalle autorità dell’Azerbajgian. “Insomma parafrasando Dante (‘piu che il dolor poté il digiuno’) – conclude l’esponente del Pd – si può ben dire ‘più che il diritto poté il petrolio’. Una manifestazione penosa di subalternità e opportunismo che certo non fa onore al nostro Paese”. Sam 20240906T120218Z

NAGORNO KARABAKH. ARMENIA E AZERBAIJAN DELIMITANO I CONFINI (NotizieGeopolitiche 06.09.24)

Azerbaigian e Armenia si sono praticamente accordati su una soluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh. Lo ha reso noto il presidente azero Ilham Aliyev, il quale ha spiegato che è stata trovata l’intesa sull’80% del testo del trattato di pace. Aliyev ha anche sottolineato che Baku e Yerevan hanno iniziato il processo di delimitazione dei confini, spiegando che “non si tratta solamente della delimitazione, ma anche della demarcazione. Sì, questo è il primo piccolo passo: è stata concordata solo una sezione di tredici chilometri del nostro confine, che è più di mille chilometri. Tuttavia, questo è un passo nella giusta direzione”.

IRAN. Teheran convoca l’ambasciatore russo per l’appoggio al Corridoio Zangezur (Agcnews 05.09.24)

Il Ministero degli Esteri iraniano ha “invitato” l’ambasciatore russo Alexei Dedov per esprimere le preoccupazioni di Teheran sul sostegno di Mosca al progetto del corridoio Zangezur.

Secondo Dolat. ir e BneIntelliNews, il progetto del corridoio Zangezur è un percorso proposto che collegherebbe l’Azerbaijan alla sua exclave di Nakhchivan attraverso l’Armenia. Sebbene sia sostenuto dall’Azerbaijan e dalla Turchia, l’Armenia ha respinto il progetto, temendo che potesse portare a modifiche nei confini regionali. L’Iran condivide queste preoccupazioni, considerando il corridoio come una potenziale minaccia alla sua sicurezza nazionale e influenza regionale.

Durante l’incontro con l’ambasciatore Dedov, Mojtaba Damirchi Lou, Direttore generale dell’Eurasia per il Ministero degli Affari Esteri iraniano, ha sottolineato la necessità di rispettare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale come base per una pace sostenibile e una cooperazione regionale.

I colloqui si sono anche concentrati sull’opposizione dell’Iran alla modifica dei confini riconosciuti a livello internazionale e sull’importanza di considerare le legittime preoccupazioni di tutti gli attori regionali.

I funzionari hanno discusso l’attuazione di iniziative economiche tenendo conto degli interessi di tutte le parti coinvolte.

Anche l’imminente incontro del meccanismo consultivo 3+3 e l’incontro dei ministri degli Esteri che coinvolgono Iran, Russia e Azerbaigian sono stati argomenti di discussione.

Alternativo a Zangezur è il Corridoio Aras, risultato dell’opposizione e della resistenza dell’Iran al Corridoio Zangezur; un mezzo per ridurre la tensione con l’Azerbaigian, mantenendo l’approccio equilibrato dell’Iran nel Caucaso meridionale e rafforzando il formato 3+3, riporta il Caci.

Il ministero degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore russo in seguito alle osservazioni della portavoce del Ministero degli esteri russo Maria Zakharova, che ha riconosciuto le preoccupazioni dell’Iran, ma ha ribadito l’impegno di Mosca nel facilitare la connettività tra Yerevan e Baku.

Zakharova ha affermato che le discussioni sul corridoio Zangezur fanno parte di uno sforzo più ampio da parte di un gruppo di lavoro trilaterale composto da Russia, Azerbaigian e Armenia per ripristinare i collegamenti di trasporto nel Caucaso meridionale, sulla base degli accordi raggiunti nel 2020 e nel 2021, ha riferito Arminfo lo scorso 28 agosto.

L’Iran sostiene che nessuna regola darebbe priorità alla sicurezza e alla posizione geopolitica di un singolo paese nella regione del Caucaso meridionale rispetto agli altri. Pertanto, Mosca non dovrebbe mai aspettarsi di ricorrere all’idea del corridoio di Zangezur per risolvere le controversie con l’Armenia, riporta Tasnim.

“Inoltre, la creazione del corridoio di Zangezur si tradurrà nella chiusura di una delle porte dell’Iran verso l’Europa e ridurrà il numero dei vicini dell’Iran da 15 a 14.

Alla Russia è stato anche consigliato di evitare di adottare misure che potrebbero compromettere le relazioni strategiche tra Mosca e Teheran, perché l’idea del corridoio di Zangezur creerà un nuovo punto critico vicino ai confini molto delicati dell’Iran nordoccidentale”, prosegue l’agenzia iraniana.

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L’impresa sportiva del Fc Noah riapre il dibattito sul Nagorno-Karabakh (L’inkiesta 04.09.24)

La notizia, a livello sportivo, è che il Fc Noah è il primo club a raggiungere la fase a gironi della Conference League — la terza competizione di calcio europea per prestigio — dopo aver superato tutte le fasi preliminari del torneo. Si tratta inoltre di un caso abbastanza raro di un club proveniente dall’Armenia che riesce a competere nelle fasi finali di un evento Uefa. Ma a livello politico il Noah ha molto di più da dire, e la sua presenza nell’Europa del calcio, nei prossimi mesi, potrebbe servire a riportare l’attenzione su una delle storie più dimenticate della politica del continente: la questione del Nagorno-Karabakh.

La regione è collocata lungo il confine tra Armenia e Azerbaijan, ed è storicamente contesa tra i due Stati fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nel 1991, parte del territorio venne rivendicato dalla Repubblica dell’Artsakh, un’entità politica armena autoproclamata in una regione de jure sotto controllo azero. Da allora, la guerra è andata avanti a fasi alterne, e ha visto, soprattutto di recente, la netta imposizione militare dell’Azerbaijan, più ricco e armato.

Se la prima guerra, combattuta all’inizio degli anni Novanta, aveva sancito l’indipendenza de facto del Nagorno-Karabakh, la seconda, combattuta nel 2020, ha visto gran parte della Repubblica dell’Artsakh finire sotto controllo azero. L’entità politica armena nella regione è stata definitivamente smantellata a seguito di un’ulteriore offensiva tenutasi nel settembre 2023, solo un anno fa. Ma cosa c’entra il Fc Noah con tutto questo?

La risposta armena al Qarabağ
Nel corso dell’ultimo decennio, le tensioni un tempo sopite tra Azerbaijan e Armenia sono tornate a crescere, e a ciò ha contribuito in parte anche il calcio. In questo periodo un club azero quasi sconosciuto, il Qarabağ, si è imposto come la principale forza del campionato locale e nel 2017 ha ottenuto la sua prima storica qualificazione ai gironi di Champions League, diventando da allora un volto ricorrente nelle competizioni europee. Originario della città di Ağdam, nel Nagorno-Karabakh, il club si è trasferito nel 1993 a Baku, ma ha presto finito per diventare un simbolo delle rivendicazioni azere sulla regione.

L’Armenia non ha mai mancato di denunciare l’ascesa del Qarabağ come un’operazione politica del governo di Baku, e le tensioni hanno raggiunto il loro picco sportivo nel 2019, quando la finale di Europa League si è disputata proprio nella capitale azera. In quell’occasione, il centrocampista dell’Arsenal (oggi dell’Inter) Henrikh Mkhitaryan, di nazionalità armena, si rifiutò di scendere in campo. Sempre nel 2017, a Yerevan vedeva la luce il Fc Noah, che però all’epoca si chiamava Artsakh, ed era chiaramente la risposta armena alle rivendicazioni azere sulla regione contesa fin dal 1991.

La questione va ben al di là dei nomi. Pur avendo sede nella capitale, a distanza di sicurezza dalla zona del conflitto, la sede dell’accademia giovanile del club era a Step’anakert, la capitale della Repubblica dell’Artsakh (oggi controllata dall’Azerbaijan e ribattezzata Khankendi). Il fondatore della società era un imprenditore locale, Sevan Aslanyan, che pochi mesi dopo aprì anche una sezione di basket del club.

Ma il legame tra l’Artsakh e la repubblica filo-armena divenne ancora più evidente nel 2019, quando Aslanyan cedette il controllo del club a Karen Abrahamyan, un militare formatosi in Russia che l’anno prima era stato nominato ministro della Difesa della repubblica dell’Artsakh.

Dall’Artsakh al Fc Noah
Una delle prime mosse di Abrahamyan come nuovo proprietario della squadra è stata quella di chiudere la sezione della pallacanestro per concentrarsi unicamente sul calcio, e successivamente ha ribattezzato il club Fc Noah. Il riferimento è al patriarca biblico Noè, la cui leggendaria arca sarebbe segretamente custodita nel monte Ararat, uno dei simboli nazionali dell’Armenia (al punto che è anche un altro club di calcio molto vincente negli ultimi anni ha un nome che lo rievoca, il Fc Ararat-Armenia). Il cambio di nome non ha comunque cancellato il legame tra il Fc Noah e la Repubblica dell’Artsakh, visto il ruolo politico e militare del suo proprietario.

Successivamente, il club è passato spesso di mano, e nel 2020 è finito sotto il controllo di Roman Gevorkyan, imprenditore armeno che ha contestualmente creato una holding chiamata Noah Football Group, attraverso cui ha poi assunto il controllo anche del Siena. Gevorkyan e la sua società meriterebbero in realtà un approfondimento a parte, ma basti sapere che sostenevano economicamente la Repubblica dell’Artsakh e avevano discussi legami d’affari con la Russia.

D’altronde, Mosca ha sempre sostenuto le rivendicazioni armene sulla regione, fino a che l’offensiva del 2023 non ha portato Yerevan ad accusare la Russia di averli abbandonati. L’Unione europea, generalmente più vicina a Baku, ha provato a inserirsi in questa spaccatura, facilitando il raggiungimento del cessate il fuoco.

Cosa ci sia oggi dietro il Fc Noah non è facile da capire. Nell’agosto 2023 Gevorkyan ha ceduto le sue quote del club a Vardges Vardanyan (un anno dopo aver venduto anche il Siena). Il nuovo proprietario è il re delle scommesse sportive online in Armenia, ma su di lui non si hanno molte informazioni, anche se non sembrerebbe essere che un omonimo di Ruben Vardanyan, il ricco imprenditore armeno vicino a Putin che ha servito come primo ministro dell’Artsakh tra il novembre 2022 e il febbraio 2023, e che attualmente è in prigione in Azerbaijan dopo l’arresto seguito all’offensiva di un anno fa.

Nel frattempo, nel gradino superiore della piramide Uefa — l’Europa League — il Qarabağ azero è pronto a iniziare un’altra stagione di primo piano nel calcio europeo.

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AZERBAIGIAN: Vietato l’ingresso a 76 deputati europei critici del regime (Eastjournal 03.09.24)

L’Azerbaigian ha vietato l’ingresso nel paese ai 76 deputati dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), che, a gennaio, hanno votato contro la ratifica dei poteri della delegazione della repubblica all’organizzazione. Tra i “non più grati” vi sono anche cinque parlamentari italiani di centrosinistra: Piero Fassino, Francesco Verducci, Andrea Orlando, Sandra Zampa (PD) e Aurora Floridia (Europa Verde).

“Le persone che hanno votato contro la delegazione azera presso la PACE sono state incluse nella lista delle ‘persone non grate‘. Se queste persone cercano di entrare in Azerbaigian prima che venga ripristinato il mandato della nostra delegazione presso la PACE, non potranno entrare nel paese”. Lo ha detto in un comunicato l’addetto stampa del Ministero degli Affari Esteri dell’Azerbaigian, Aykhan Hajizade.

Il voto contro la delegazione di Baku a Strasburgo

Il 24 gennaio scorso, a sorpresa, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa aveva votato contro la ratifica delle credenziali della delegazione parlamentare dell’Azerbaigian, con una maggioranza ampia e trasversale: 76 no, 10 sì (turchi e albanesi), e 4 astenuti (svizzeri, norvegesi e bosniaci).

Il socialdemocratico tedesco Frank Schwabe aveva motivato la proposta di voto contrario con gli oltre 200 prigionieri politici, la pulizia etnica del Nagorno Karabakh, e i tre divieti ai relatori PACE di visitare il paese nel 2023, oltre al non invito ad osservare le elezioni presidenziali del febbraio 2024 (poi vinte da Ilham Aliyev col 92% dei suffragi. Altri delegati alla PACE hanno citato l’arresto dell’economista e politico Gubad Ibadoghlu, e la repressione di AbzasMedia dopo le inchieste sulla corruzione.

In reazione, il giorno dopo l’Azerbaigian ha sospeso la propria partecipazione e cooperazione con la PACE, accusando di una “campagna diffamatoria“, “azerbaigianofoba” e basata sui doppi standard.

La posizione in bilico di Baku nel Consiglio d’Europa

L’Azerbaigian è membro del Consiglio d’Europa dal 2001, e la decisione della PACE non mette a rischio la sua partecipazione all’organizzazione europea né la giurisdizione della Corte europea dei diritti umani. Negli scorsi vent’anni, tuttavia,  anziché migliorare i propri standard di democrazie e diritti umani, il regime azero ha consolidato autocrazia e repressione.

La “diplomazia del caviale” di Baku ha sfruttato l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa come meccanismo di legittimazione internazionale del regime, tramite la corruzione di compiacenti deputati europeo-occidentali. L’italiano Luca Volontè (UdC) è stato il primo delegato PACE ad essere arrestato e condannato in primo grado a 4 anni nel 2021 per aver ricevuto una tangente da due milioni dal lobbista azero Suleymanov nel 2013 per indirizzare il voto del gruppo PPE, di cui era capogruppo alla PACE. Vari politici tedeschi restano sotto inchiesta in Germania.

L’Azerbaigian è sempre più in tensione con il Consiglio d’Europa, in particolare dopo la totale riconquista del Nagorno Karabakh del settembre 2023, garantita dai droni israeliani. Dopo che la sessione autunnale della PACE ha condannato l’attacco, l’Azerbaigian non ha invitato i membri di PACE a osservare le elezioni presidenziali straordinarie di febbraio. Né ha esteso l’invito alla PACE ad osservare le venture elezioni legislative del 1° settembre.

Con l’invasione russa dell’Ucraina, i paesi UE hanno velocemente ridotto la propria dipendenza energetica da Mosca, a favore di altri fornitori di energia – la Norvegia, ma anche l’Azerbaigian. Il gas azero, tramite il gasdotto TAP, oggi rappresenta il 5% degli import UE, ed è di particolare importanza per Grecia, Bulgaria, Romania e Italia. La nuova leva politica ha permesso a Baku di aumentare i propri attacchi ai critici del regime in Europa e oltre. Negli ultimi mesi, l’Azerbaigian è stato accusato di fomentare il separatismo anti-francese in Nuova Caledonia, nel Pacifico.

Verso la COP29: una nascente condizionalità autocratica?

La decisione di dichiarare “persone non grate” un buon numero di deputati di paesi europei potrebbe tuttavia mettere in discussione il ruolo globale dell’Azerbaigian. Baku sarà sede della conferenza internazionale sul clima COP29 dall’11 al 22 novembre. Frank Schwabe ha già espresso intenzione di parteciparvi. In caso le autorità azere gli neghino l’ingresso, le relazioni di Baku con i paesi europei potrebbero ulteriormente peggiorare.

Baku ha subordinato la revoca del divieto d’ingresso al ripristino del mandato della sua delegazione presso la PACE. Come nota l’analista moldavo Dionis Cenușa, “questo tipo di approccio transazionale tra uno Stato membro e il CoE è piuttosto nuovo, ma potrebbe trarre ispirazione da un tipo emergente di condizionalità autocratica del ricatto contro le organizzazioni guidate da regole occidentali.”

“Prima di essere esclusa dal Consiglio d’Europa a causa dell’aggressione contro l’Ucraina nel marzo 2022, la Russia era solita condizionare il suo contributo finanziario. Né il Consiglio d’Europa né l’UE hanno reagito alla lista nera e al ricatto dell’Azerbaigian, che ha coinvolto deputati dei loro stati membri”, ricorda Cenușa.

Lo scorso gennaio, l’attivista azero per i diritti umani Anar Mammadli affermava per OC Media che lo stato e i cittadini  dell’Azerbaigian possono ancora trarre vantaggio dall’appartenenza del paese al Consiglio d’Europa. Lo stesso Mammadli è stato nei mesi successivi imprigionato dal regime azero.

“Una banda criminale attorno all’illegittimo presidente Aliyev in Azerbaigian ha osato imprigionare il vincitore del premio per i diritti umani Václav Havel del Consiglio d’Europa Mammadli Anar. Non c’è modo per l’Azerbaigian di tornare all’Assemblea parlamentare [del Consiglio d’Europa]. Non ora e non a gennaio”, ha affermato Schwabe a fine aprile.

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Armenia e Azerbaigian potrebbero non essere lontane da un accordo di pace (Eunews 03.09.24)

Bruxelles – Il conflitto più che trentennale tra l’Armenia e l’Azerbaigian potrebbe essere avviato verso una conclusione che, se raggiunta, sarebbe senz’altro storica. Ma rimangono ancora dei problemi irrisolti sulla strada della completa pacificazione tra Yerevan e Baku, a cominciare dall’annosa questione dei confini e dal riarmo di entrambi i Paesi. Così, in un’area dove si intrecciano le influenze politiche e gli interessi strategici di vari attori internazionali, la soluzione duratura che da tempo si ricerca potrebbe non essere ancora a portata di mano. 

Durante una conferenza stampa lo scorso 31 agosto, il premier armeno Nikol Pashinyan ha annunciato di aver inoltrato a Baku una proposta per la stipula di un trattato di pace che possa mettere fine al conflitto tra i due Paesi del Caucaso meridionale iniziato trentasei anni fa, nel 1988 (ancora prima della dissoluzione dell’Urss) e incentrato intorno alla sovranità contesa sull’area del Nagorno-Karabakh. Dopo varie fasi di guerra, alternate a periodi di relativa stabilità in cui il conflitto è parso congelato, l’Azerbaigian nell’autunno del 2023 ha riconquistato militarmente l’enclave armena entro i propri confini.

Stando a quanto anticipato da Pashinyan, la bozza comprenderebbe 17 articoli: su 13 ci sarebbe già un “accordo totale” delle due parti, mentre su altri tre ci sarebbe un “accordo parziale“. Mancherebbe dunque l’accordo su un ultimo punto, ma non è stato spiegato quali siano i temi rimasti irrisolti (anche se non è difficile immaginarlo, come vedremo tra un attimo). La proposta di Yerevan a Baku è, sostanzialmente, di siglare un trattato contenente i punti già concordati, e di lasciare ad una seconda fase di negoziati il resto.

Con la firma, ha dichiarato il primo ministro armeno, le due ex repubbliche sovietiche avvierebbero anche formali relazioni diplomatiche, prendendo a modello i negoziati bilaterali che hanno portato, lo scorso dicembre, al rilascio dei prigionieri armeni catturati dall’esercito azero nell’offensiva di pochi mesi prima e più recentemente ad un accordo per la creazione di una commissione mista per la demarcazione dei confini tra i due Paesi. Dopo diversi mesi in cui il processo negoziale sembrava in stallo, si tratta sicuramente di un’iniezione di fiducia per trovare la difficile quadra in una regione che non conosce pace da decenni. 

Sicuramente, una delle questioni ancora irrisolte ha a che fare con la costituzione armena, che include un riferimento alla riunificazione tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh (la riunificazione è citata in un documento risalente al 1989, a sua volta ripreso dalla dichiarazione d’indipendenza del 1990 cui la carta fondamentale del Paese fa riferimento in un preambolo). Ora, l’Azerbaigian ha ripetutamente chiesto la rimozione di tale riferimento, ma pare che solo lo scorso maggio Pashinyan abbia chiesto all’organo incaricato di rivedere la costituzione (creato nel 2022) di riscrivere interamente la carta, per sottoporla a referendum popolare nel 2027, anche se l’opinione pubblica armena non sembra ancora accettare la perdita definitiva della regione azera.

Un’altra annosa questione, che parrebbe essere stata recentemente sciolta (o forse, probabilmente, solo rimandata), è quella del corridoio di Zangezur che Baku richiedeva per connettere l’exclave di Nakhchivan al territorio azero. Secondo alcuni analisti, le autorità azere avrebbero fatto questa concessione a Yerevan proprio in cambio delle citate modifiche costituzionali.

Ma sulla strada della pacificazione potrebbe mettersi di traverso anche la corsa al riarmo di entrambi i Paesi. Ad oggi, le forze armate azere vantano una netta superiorità, con Baku che viene rifornita da Turchia, Israele, Pakistan e una serie di Stati europei inclusa l’Italia, mentre Yerevan riceve armi ed equipaggiamenti militari da Francia e India. I governi armeno e azero sostengono pubblicamente di non avere intenzione di attaccarsi a vicenda, ma data la storia martoriata della regione fare previsioni sul futuro è tutt’altro che semplice.

Negli ultimi anni, l’Armenia sta cercando di allontanarsi dall’orbita russa e di avvicinarsi all’Ue, con la quale ha approfondito i legami diplomatici, politici e militari. Del resto, Bruxelles ha sempre incentivato il processo negoziale tra i due Paesi, impiegando anche una missione di pace sul confine armeno. Quanto all’Azerbaigian, Baku è diventato uno dei principali partner energetici dei Ventisette dopo l’avvio dell’invasione russa dell’Ucraina (sempre dal Paese caucasico arriva in Italia, peraltro, il gas naturale trasportato dal Tap).

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AZERBAIJAN. Elezioni anticipate vinte da Alijev. l’OSCE scettica (Agcnews)


Aliyev: “Circa l’80% del testo dell’accordo di pace è stato concordato nei negoziati con Armenia” (Trt)


Il nuovo protagonismo dell’Azerbaigian sulla scena mondiale (G. Chinappi) (Faro di Roma)

Mostra “La preghiera tradotta nel linguaggio dei colori” di Vazgen Brutyan (Venetonews 03.09.24)

L’associazione Italiarmenia propone la mostra “La preghiera tradotta nel linguaggio dei colori” dell’artista armeno Vazgen Brutyan.

Iniziativa realizzata in collaborazione con il Comune di Padova.

Evento collegato

Mercoledì 4 settembre, ore 17:00
Presentazione del volume “Confesso con fede” in 50 lingue, a cura dei Padri della Congregazione Mechitarista dell’Isola di San Lazzaro degli Armeni, Venezia.
Intervengono:

  • Vartan Giacomelli – associazione Italiarmenia
  • padre Serop Jamourlian – Congregazione Mechitarista, Venezia
  • Alberto Peratoner – Facoltà Teologica del Triveneto, Padova
  • Antonia Arslan – scrittrice e saggista
  • Vazgen Brutyan – artista, Yerevan, Armenia

A seguire inaugurazione della mostra.

Per informazioni

Associazione Italiarmenia
sito www.italiarmenia.it

(Comune di Padova)

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La statua di Cristo più grande al mondo sta per nascere in Armenia, tra corruzione e scempi ambientali (Repubblica 03.09.24)

Ideata e sponsorizzata da un controverso oligarca, sarà la statua di Cristo più alta del mondo ed è investita da gravi polemiche: incoerente con la tradizione ecclesiastica della Chiesa locale, è stata progettata per erigersi sui resti di una fortezza del II millennio a.C. già danneggiata dai lavori preliminari. Ma una modifica al piano originario potrebbe venire in soccorso del sito archeologico, scoperto nel 2019 da un team italo-armeno

TBILISI – Più alta del Cristo Redentore di Rio de Janeiro, più imponente dell’attuale titolare del record mondiale, il Cristo Re di Swiebodzin, in Polonia, che misura complessivamente 52,5 metri: in Armenia è stata quasi completata una statua che supererà tutte quelle costruite finora.

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Armenia: il dilemma del nucleare (Osservatorio Bacani e Caucaso 02.09.24)

L’Armenia vuole chiudere la centrale nucleare di Metsamor, obsoleta e costruita in territorio sismico, e costruire un nuovo impianto entro il 2036. Per realizzarlo, Yerevan sta negoziando con Russia, Francia e Stati Uniti: una partita che tocca questioni energetiche ma anche geopolitiche

02/09/2024 –  Onnik James Krikorian

All’inizio di agosto il governo armeno ha istituito un nuovo organismo per monitorare l’attesa chiusura del vecchio reattore nucleare di Metsamor, costruito nel periodo sovietico, che dovrebbe essere sostituito da un nuovo impianto entro il 2036. Al momento Yerevan sta negoziando con diversi paesi – in particolare con Russia, Stati Uniti e Corea del Sud – per costruire un nuovo reattore capace di soddisfare le future esigenze energetiche dell’Armenia.

La centrale nucleare di Metsamor, entrata in funzione alla fine degli anni ’70, attualmente copre il 30-40% del fabbisogno elettrico nazionale. La percentuale varia a seconda della stagione.

Da tempo, ormai, la centrale di Metsamor suscita preoccupazione dal punto di vista della sicurezza, considerando la struttura e l’obsolescenza dell’impianto, oltre al fatto di sorgere in un’area sismica. Già negli anni 2000 l’Unione europea aveva chiesto di mettere fuori uso il vecchio impianto. Però in assenza di alternative, il reattore di Metsamor è sempre rimasto in funzione, eccetto nei sei anni successivi al devastante terremoto del 1988.

La decisione di sostituirlo arriva in un momento caratterizzato da preoccupazioni per il riscaldamento globale e dal tentativo di passare dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. A completare il quadro, le rivalità geopolitiche nel Caucaso meridionale che hanno raggiunto livelli senza precedenti dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022.

Nel dicembre 2023 l’Armenia ha firmato un accordo con l’agenzia nucleare russa Rosatom per modernizzare il reattore di Metsamor in modo da mantenerlo in vita fino al 2036, ossia fino a quando il nuovo impianto non sarà pronto. Recentemente anche i rappresentanti dell’azienda francese Framatome, produttrice di reattori nucleari, hanno visitato l’Armenia per incontrare Armen Grigoryan, segretario del Consiglio di sicurezza armeno. Il funzionario di Yerevan ha reagito con entusiasmo al rinnovato interesse della Francia per lo sviluppo del settore nucleare armeno.

In molti però ritengono che Yerevan sia più favorevole alla possibilità che gli Stati Uniti costruiscano un nuovo impianto basato sui cosiddetti “small modular reactors” [SMR, piccoli reattori modulari]. Pur non essendo stati sufficientemente testati per uso civile, gli SMR sono visti come un espediente per aiutare i paesi come l’Armenia a ridurre la loro dipendenza energetica da Mosca.

Qualche mese fa Armen Grigoryan ha dichiarato che i colloqui con gli Stati Uniti sugli SMR sono entrati in una fase “sostanziale”, rendendo più concreta l’ipotesi di una partnership energetica tra Washington e Yerevan. Recentemente, il Dipartimento di stato degli Stati Uniti ha confermato di aver ricevuto una richiesta di Yerevan di accelerare il processo.

Il nocciolo della questione è l’autorizzazione – prevista dalla legge statunitense sull’energia atomica del 1946 – per esportare tecnologie nucleari civili all’estero. Nel luglio di quest’anno, nel corso di una visita a Yerevan, Samantha Power, direttrice dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), ha lodato l’impegno dell’Armenia nel potenziare le sue fonti di energia rinnovabile, sottolineando che l’energia nucleare svolgerà un ruolo chiave nella transizione energetica del paese.

Nel 2022, l’Armenia ha prodotto 9 GWh (gigawattora) di energia elettrica: il 43,5% da gas, il 32% da fonti nucleari, il 21,8% da impianti idroelettrici, mentre il solare e l’eolico hanno raggiunto rispettivamente appena il 2,7% e lo 0,02%.

L’energia nucleare è considerata un elemento chiave per ridurre la dipendenza energetica di Yerevan da Mosca, soprattutto tenendo conto del fatto che la Russia, sulla base di un accordo siglato nel 2013, potrebbe detenere il monopolio sulla fornitura e la distribuzione del gas in Armenia fino al 2043.

Nel maggio 2022, Antony Blinken, segretario di stato americano, e Ararat Mirzoyan, ministro degli Esteri armeno, hanno firmato un memorandum per esplorare le potenzialità dei piccoli reattori nucleari. Washington però deve ancora costruire un primo SMR operativo sul proprio territorio, dopo che l’anno scorso un progetto di questo tipo è stato abbandonato per via dei costi stimati in 5-9 miliardi di dollari.

Ad ogni modo, gli analisti vicini al primo ministro armeno Nikol Pashinyan credono che il governo di Yerevan sia favorevole all’opzione SMR. Pashinyan l’ha già definita “politicamente appetibile”.

L’anno scorso una delegazione armena si è recata in visita negli Stati Uniti per esplorare le potenzialità degli SMR e la possibilità di smarcarsi da Mosca. Nonostante alcuni esperti, compresi quelli dell’ufficio dell’Onu a Yerevan, invitino alla cautela nei confronti della tecnologia SMR, sottolineando che le tecnologie russe sono già state testate e utilizzate in Armenia, Pashinyan continua ad esprimere interesse per i reattori statunitensi.

Sembra dunque che il premier armeno abbia già preso una decisione e che stia solo aspettando che si creino i presupposti legali per permettere all’Armenia di ricevere le tecnologie nucleari statunitensi per uso civile.

Resta però la questione della fornitura del combustibile nucleare, che attualmente viene trasportato in Armenia dalla Russia per via aerea. Non è chiaro come Yerevan possa procurarselo altrimenti nel caso di un’eventuale rottura con Mosca.

In un articolo  scritto per il think tank Carnegie Endowment for International Peace, l’analista Areg Kochinyan parla della possibilità di ottenere l’uranio dal Kazakistan, ammesso che la Russia consenta il transito attraverso il proprio spazio aereo. Una seconda via potrebbe passare dall’Azerbaijan, ipotesi che però sembra poco realistica anche nel caso di un’eventuale normalizzazione delle relazioni tra Baku e Yerevan.

L’unica alternativa che rimane – quella di trasportare il combustibile nucleare attraverso il Mar Caspio e l’Iran – dipende dalla prontezza degli Stati Uniti di accettare tale scelta.

Ad ogni modo, la decisione definitiva su come sostituire il reattore nucleare di Metsamor dovrebbe essere presa nei prossimi due anni e con ogni probabilità rifletterà le dinamiche della rivalità tra Occidente e Russia nel Caucaso meridionale.

Nel frattempo, venerdì 30 agosto, sono state nuovamente sollevate preoccupazioni sulla sicurezza dopo che il reattore di Metsamor, colpito da un fulmine, si è temporaneamente spento. Il governo ha sottolineato che l’interruzione è scattata grazie al corretto funzionamento dei sistemi di sicurezza automatizzati della vecchia centrale. Il giorno successivo il reattore ha ripreso a funzionare.

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