In Armenia la statua di Cristo più alta del mondo (AciStampa 20.09.24)

Non è certamente in linea con la tradizione del culto armeno, la statua del Cristo Redentore alta 33 metri che sta per essere inaugurata in Armenia. E, infatti, alla notizia della costruzione della statua, Etchmiadzin (il “Vaticano” della Chiesa Apostolica Armena) ha fatto sapere che davvero la statua non era in linea con la tradizione armena.

In fondo, la prima nazione cristiana del mondo ha costruito la sua fede intorno al libro, alle miniature e ai khachkar, le enormi croci di pietra che si trovano ovunque in Armenia. Questo Cristo Redentore, invece, è di foggia occidentale, moderno, quasi uno schiaffo nel panorama armeno. E proprio per questo destinato a fare notizia.

Sarà alto 33 metri, e dunque più alto del Cristo Redentore di Rio de Janeiro e più imponente del Cristo Re di Swiebodzin, in Polonia, che misura complessivamente 52,5 metri.

Il Cristo Redentore armeno sarà alto 33 metri e sarà posto in cima a un piedistallo di 44 metri sul Monte Hatis in Armenia.

Il progetto, guidato dall’imprenditore Gagik Tsarukyan, è quasi completato dopo l’inizio dei lavori nel luglio 2022. Si dice che favorirà il turismo, ma l’Associazione delle Guide Armena ha inviato una lettera aperta, sottolineando che “a differenza che in nazioni cattoliche come il Brasile, la cristianità armena non ha una tradizione di statue”, e dunque questa presenza non favorirà il turismo, perché “alla fine i turisti vengono per vedere e sperimentare la vita reale”.

Nemmeno queste proteste hanno fatto fermare il progetto. Tsarukyan aveva comprato 146 ettari di terreno nel 2008, che includevano la cima della montagna dove è costruita la statua, e ha aperto il cantiere nel 2022.

 

Pordenonelegge, incontro con Antonia Arslan per i 20 anni de La Masseria delle Allodole (Il Popolo 20.09.24)

Incontro di storia e storie quello che ha visto al centro la scrittrice di origine armena Antonia Arslan intervistata dal direttore del Festival Gian Mario Villalta. Al lavoro per a ristampa con nuova sua prefazione della Masseria per l’inizio del 2025

Pordenonelegge, incontro con Antonia Arslan per i 20 anni de La Masseria delle Allodole

Pubblichiamo l’incipit della intervista presente su IL POPOLO di domenica 15 settembre

Professoressa Arslan, cosa ha prodotto “La masseria delle allodole” in questi venti anni?
Ha prodotto una specie di movimento che non mi aspettavo. Tanti che lo hanno letto – anche a scuola e questo mi fa immensamente piacere -, me lo dicono di continuo. Ho l’impressione che questo libro sia stato letto davvero e che ora tante persone sappiano della tragedia armena, cosa che prima era del tutto sconosciuta. E’ stato anche occasione per saperne di più dell’Armenia stessa: ne sono nati viaggi.
Si può ben sostenere che la sua “masseria” ha rotto il velo del silenzio sul genocidio armeno?
Crederei di sì e ringrazio il Signore per questo obiettivo raggiunto. La grande colpa era infatti questa: il silenzio calato subito su quegli orrendi atti di morte. Da parte mia, non avendo scelto di ricorrere ad una scrittura storica come un saggio, ma avendo optato per il romanzo, ho facilitato la conoscenza di quanto era accaduto. Un romanzo che ha camminato parecchio: in venti anni ha raggiunto 45 edizioni.

(continua la lettura sul numero cartaceo – se abbonato puoi scaricare il pdf dal sito/ archivio)

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Erevan tra Francia e Russia (Asianews 20.09.24)

La visita in Armenia di Stéphane Séjourné, ministro uscente del governo francese e candidato al ruolo di commissario europeo, è stata guardata con sospetto a Mosca, che cerca di mantenere saldi i suoi legami storici. Mentre a Erevan i “parner minori” della coalizione di Pašinyan raccolgono firme per un referendum sull’ingresso del Paese nell’Ue.

Erevan (AsiaNews) – Il ministro degli Esteri uscente della Francia Stéphane Séjourné, candidato al ruolo di commissario Ue, ha compiuto una visita a Erevan nei giorni scorsi, suscitando reazioni molto critiche da parte della Russia, che vede nel “nuovo idillio” tra Armenia e Francia il tentativo di sostituzione della storica partnership con il Cremlino. Il direttore scientifico dell’Istituto per le ricerche internazionali Mgimo, la scuola dei diplomatici di Mosca, Sergej Markedonov, ha commentato la situazione con un ampio articolo sul canale Telegram Bunin&Co.

Secondo l’esperto, “gli incontri tra armeni e francesi si sono talmente intensificati che ormai non stupiscono più nessuno, sono diventati una routine diplomatica”. D’altra parte, i francesi intrattengono rapporti frequenti anche con l’Azerbaigian, mantenendo “un tono costante di lotta retorica”, difendendo i diritti degli armeni riguardo alla situazione del Nagorno Karabakh, ma spaziando poi sugli argomenti più vari. Gli armeni cercano piuttosto di accreditare la tesi che Parigi stia diventando il più importante alleato di Erevan, e un protagonista decisivo in tutta l’area del Caucaso meridionale.

La visita di Séjourné ha però un carattere più specifico, secondo Markedonov, a cui bisogna prestare maggiore attenzione. Da un lato egli ritiene che il viaggio fosse un “tour di commiato” prima di trasferirsi a Bruxelles nel governo di Ursula von der Leyen, dove sostituirà il dimissionario Thierry Breton. Dopo l’Armenia, il ministro francese si è recato a Chişinău e ad Atene, e anche in Moldavia la sua presenza è stata molto frequente in questi anni, considerando anche l’imminenza delle elezioni presidenziali e del referendum per l’integrazione europea. La Grecia è poi un partner di lunga data della Francia, come contrappeso agli interessi della Turchia nella regione, e negli ultimi due anni si sono molto sviluppate le relazioni dei greci con l’Armenia.

D’altra parte, osserva il direttore della scienza diplomatica russa, “non bisogna scordare le iniziative politiche interne all’Armenia, che hanno un significato internazionale”. Da giugno si discute sulla possibilità di inserire il Paese nella Ue, per iniziativa della “Piattaforma delle forze democratiche” a cui si sono uniti “tutti gli occidentalisti armeni” come Aram Sarkisyan, leader del partito “Repubblica”, Arman Babadžanyan del movimento “In nome della repubblica”, Tigran Khzmalyan del “Partito europeo dell’Armenia”, i cosiddetti “partner minori” del premier Nikol Pašinyan.

Secondo gli oppositori del premier, questi gruppi sono manovrati da Pašinyan per testare l’opinione pubblica e propagandare idee che egli, per varie ragioni, non vuole attribuire a sé stesso e alla propria cerchia. Lo stesso Pašinyan ha in effetti espresso opinioni critiche in pubblico sul possibile ingresso dell’Armenia nella Ue, fa notare Markedonov, ma “il tempo scorre, e da settembre si raccolgono le firme per organizzare un referendum sulla questione”, una campagna che verrà condotta fino al 14 novembre allo scopo di portare la proposta in parlamento, per cui servono almeno 50mila sottoscrizioni, e “ovviamente Parigi appoggia in pieno questa iniziativa”.

Il politologo osserva che nelle condizioni attuali, in cui si riformano molti approcci tipici della “guerra fredda”, il tema dei rapporti dell’Armenia con l’Europa va visto nel contesto del conflitto globale, e per questo “Séjourné a Erevan ha ricordato la Russia, indicandola come il principale ostacolo sulla via della democratizzazione e dell’integrazione europea dell’Armenia, assicurando che la Francia sarà sempre accanto al popolo armeno”. Il sostegno francese appare per molti aspetti più retorico che concreto, come anche nelle dichiarazioni dello stesso Emmanuel Macron e di altri membri del governo di Parigi, mentre “Mosca sta a guardare, cercando di mantenere saldi tutti i suoi legami storici nel Caucaso”.

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Nizza, la Cinémathèque riapre con due giornate dedicate all’Armenia (Montecarlonews 20.09.24)

Dopo la stagione estiva e le proiezioni all’aperto sul Quai de la Douane, la Cinémathèque di Nice riapre le porte della sua sala mercoledì 18 settembre alle 17:45 con C.R.A.Z.Y di Jean-Marc Vallée, seguito alle 20 da Johnny got his gun di Dalton Trumbo, proposto in copia restaurata in uscita nazionale.

La nuova stagione della Cinémathèque sarà ricca ed eclettica con film di patrimonio e film più recenti, appuntamenti con personalità e retrospettive che permetteranno di arricchire la cultura cinematografica.

Il programma di apertura
Venerdì 20 settembre alle ore 19
Incontro proposto nell’ambito dell’anno dell’Armenia seguito dalla proiezione del film «L’esercito del crimine» dedicato al manifesto rosso e a Missak Manouchian.

Sabato 21 settembre alle 17
Robert Guédiguian visiterà nuovamente la cineteca di Nizza per presentare i suoi altri due film che evocano l’Armenia «Il viaggio in Armenia» e «Una storia di pazzi». Una retrospettiva più ampia sarà dedicata a Robert Guédiguian in sala e online della Cinémathèque di Nizza, su iniziativa di Magali Altounian.

Sabato 5 ottobre alle ore 16
Incontro proposto in occasione del Festival Europeo del Cortometraggio di Nizza “Un Festival C’est Trop Court!”, incentrato quest’anno sulla Grecia.  L’appuntamento sarà accompagnato da una retrospettiva dedicata a Costa Gavras.

Per completare la programmazione che riecheggia al Festival del cortometraggio, la Cinémathèque di Nizza proporrà un ciclo di lungometraggi «Made in Greece» tra cui Pauvres Créatures di Yórgos Lánthimos.

L’intera programmazione in programma fino al 18 ottobre 2024 è inserita al fondo di questo articolo.

La Cinémathèque di Nice si trova al Cinéma Megarama Nice Vauban in avenue François Mitterrand.

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Un anno dopo l’invasione del Nagorno-Karabakh, «l’Armenia è a rischio» (Tempi 19.09.24)

Il 19 settembre 2023 l’Azerbaigian occupava l’Artsakh cacciando dalla loro terra 120 mila armeni. I profughi, vittime di «pulizia etnica», sperano di tornare a casa ma hanno paura: «Come possiamo fidarci di Baku?»
Gli armeni festeggiano nel centro di Erevan il giorno dedicato alla repubblica dell'Artsakh
A un anno dall’invasione del Nagorno-Karabakh da parte degli azeri, gli armeni rivendicano la loro terra (Ansa)

La parola “casa”, per Lusine, non ha più senso. Ogni volta che lei, il marito o i quattro figli pronunciano questa parola pensano alla grande e comoda abitazione che dieci anni fa la famiglia della donna armena 35enne aveva costruito ad Askeran, nel Nagorno-Karabakh. Ma dal 19 settembre 2023, da quando cioè l’esercito dell’Azerbaigian ha invaso la Repubblica dell’Artsakh, costringendo 120 mila armeni alla fuga, Lusine non sa neanche se la sua casa esista ancora o se sia stata rasa al suolo dagli azeri dopo l’occupazione.

Da un anno Lusine vive in Armenia in uno scheletro di calcestruzzo finito soltanto per metà insieme a 20 persone. Il marito ha appena trovato lavoro, ma la famiglia dispone a malapena dei soldi per sopravvivere e il governo di Erevan non ha abbastanza fondi per coprire tutte le spese. «Siamo dovuti scappare in un giorno. Ora non abbiamo più nulla. Quale sarà il nostro futuro?».

Il dilemma degli armeni del Nagorno-Karabakh

L’angoscia e le domande di Lusine son…

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La rottura tra Mosca ed Erevan passa da un complotto sventato. Ecco cos’è successo (Formiche 19.09.24)

L’Armenia rivela di aver sventato un complotto armato ai danni del governo e organizzato in Russia. E rimarca il distanziamento dall’alleanza militare con Mosca

L’Armenia accusa Mosca di ingerire nei propri affari sovrani. Mercoledì 18 settembre il Comitato Investigativo della Repubblica d’Armenia ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che sette persone saranno accusate di “prepararsi a usurpare il potere… usando la violenza e la minaccia di violenza per assumere i poteri del governo”. Cinque persone di nazionalità armena e due ex-residenti della regione del Nagorno Karabakh sarebbero state reclutate, per la cifra mensile di 220.000 rubli (equivalenti a circa 2.377 dollari) per seguire tre mesi di addestramento in Russia, dove avrebbero imparato ad utilizzare armi da fuoco di calibro pesante, e sarebbero stati sottoposti a una serie di controlli e di test eseguiti con la macchina della verità per determinare la loro fedeltà, prima di essere trasferiti alla “base militare di Arbat” sita a Rostov-on-Don, nella regione meridionale della Federazione. Alcune delle reclute si sarebbero rifiutate di partecipare all’addestramento e sarebbero tornate in Armenia, ha dichiarato il comitato, aggiungendo che l’intervento delle forze dell’ordine armene ha sventato il complotto.

Sebbene il comitato non abbia implicato le autorità russe nel presunto complotto, la notizia avrà certamente un impatto all’interno di un contesto di legami già tesi tra Mosca ed Erevan. Le relazioni tra l’Armenia e il suo alleato storico si sono infatti profondamente inasprite negli ultimi anni, soprattutto a partire dal dicembre del 2022, quando l’Azerbaigian ha messo in atto un blocco delle linee di rifornimento nella regione del Karabakh, causando una crisi umanitaria, e ancora di più dal settembre del 2023, quando le forze azere hanno messo in atto una campagna militare fulminea per ottenere il pieno controllo sulla regione contesa. L’inazione delle forze di pace russe, dispiegate nell’area in seguito al conflitto scoppiato nel 2020, è stata causa di veementi critiche rivolte da Erevan a Mosca, che però ha respinto le accuse sostenendo che le sue truppe non avevano il mandato per intervenire.

In tutta risposta, il Paese caucasico ha invertito la direzione della sua politica estera verso Occidente, iniziando con il congelamento della sua adesione all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (l’alleanza militare guidata da Mosca), inoltre, inviando aiuti umanitari all’Ucraina in lotta contro la Russia e organizzando esercitazioni congiunte con le forze armate statunitensi.

Dal canto suo il Cremlino ha ritirato il suo contingente di peace-keeping, e ha intessuto relazioni più strette con l’Azerbaigian, storico rivale dell’Armenia: il mese scorso il presidente azero Ilham Aliyev ha avuto colloqui amichevoli con il presidente Vladimir Putin a Baku. Mosca ha anche accusato l’Unione europea di aver sconfinato nella sua autodichiarata sfera di influenza (il cosiddetto near abroad) firmando accordi di partenariato con il governo armeno.

Parlando mercoledì, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha giurato che il reindirizzamento dell’Armenia verso l’Occidente continuerà. “Se vedremo una possibilità più o meno realistica di diventare un membro a pieno titolo dell’Unione Europea non perderemo quel momento”, ha affermato il leader caucasico. Che ha anche impiegato toni molto duri contro l’alleanza di cui ancora, anche se formalmente, il suo Paese fa parte: “Abbiamo congelato la nostra adesione alla Csto non solo perché la Csto non sta adempiendo ai suoi obblighi di garantire la sicurezza dell’Armenia, ma anche perché la Csto sta creando minacce alla sicurezza, all’esistenza e alla statualità dell’Armenia”, ha detto Pashinyan, asserendo come l’Armenia stia ancora aspettando risposte a domande sulla sua sicurezza. E più il silenzio continuerà, più l’Armenia si allontanerà dall’alleanza militare. Lasciando intendere che ci sono alte probabilità di una rottura permanente.

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Ma la Russia ha provato a rovesciare il governo armeno? (CDT)

L’Armenia sventa un colpo di stato organizzato da Mosca. Così Erevan si è avvicinata all’Ue (Il Foglio)

 

Chi è rimasto in Nagorno Karabakh? (RSI 19.09.24)

Un anno fa l’Azerbaigian prese il controllo sulla regione autonoma, costringendo alla fuga immediata oltre 100’000 armeni

 

La situazione sul campo

Telegiornale 13.09.2024, 20:00

Di: TG/OCartu

È passato esattamente un anno da quando l’Azerbaigian con una rapida operazione militare, in soli due giorni, ha invaso e conquistato ciò che restava della regione autonoma indipendente del Nagorno Karabakh, storicamente popolata da armeni. Una mossa che aveva costretto praticamente tutta la popolazione residente (circa 120’000 persone) a emigrare altrove, soprattutto in Armenia. Il tutto è avvenuto nel quasi totale silenzio della comunità internazionale, mentre molti osservatori hanno denunciato il rischio di una pulizia etnica.

Il Nagorno Karabakh, ufficialmente Repubblica dell’Artsakh dal 2017, era uno Stato autoproclamatosi indipendente e riconosciuto solo da tre Stati non appartenenti all’ONU. L’Azerbaigian ha sempre ribadito la sua sovranità sull’area, confermata dal diritto e dalla comunità internazionale (sin da una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU).

Chi c’è nella regione un anno dopo?

Un anno fa l’esodo dal Nagorno-Karabakh

Telegiornale 13.09.2024, 20:00

Da mesi nella regione è ora in atto un ripopolamento di cittadini azeri, favoriti da un programma voluto dal Governo azero per permettere agli sfollati degli anni ‘90 di tornare a vivere nell’area, in nuove residenze messe a disposizione da Baku. “Restano invece vuote le case abitate fino allo scorso anno dagli armeni – spiega Luca Steinmann, collaboratore della RSI che ha visitato la regione – ci sono cittadine e villaggi completamente spopolati”.

“Attualmente – sottolinea Steinmann – sono circa 8’000 le persone installatesi e il numero è destinato ad aumentare molto. C’è molta attività nelle pianure, dove lavorano gli sminatori che stanno bonificando l’area”.

Dalla radio

La storia del Nagorno Karabakh

La regione autonoma del Nagorno-Karabakh è figlia dell’Unione Sovietica. Una terra semplice, promessa agli armeni cristiani all’interno di un Paese musulmano come l’Azerbaigian. Una volta crollata l’Unione Sovietica, nel 1991, il Nagorno Karabakh si è autoproclamato “indipendente” dall’Azerbaigian, che per questo è entrato in guerra contro l’Armenia, causando tra il 1994 e il 1995 30’000 morti e un milione di sfollati.

La vittoria armena ha congelato il conflitto per molti anni, con i due eserciti separati da una linea di contatto ben definita (anche se in realtà non sono mancati degli sporadici incidenti), fino a quando nel 2020 l’Azerbaigian si è preso la rivincita e in 44 giorni ha conquistato quasi tutta la regione, che Baku non aveva mai smesso di considerare abusivamente occupata.

Agli armeni è così rimasta solo una piccola porzione di terra, collegata all’Armenia da un’unica strada, il corridoio di Lacin, sul quale la Russia avrebbe dovuto vegliare, ma che in realtà l’Azerbaigian ha più volte occupato. La Russia temeva che da lì potessero transitare armi, ma di fatto a essere bloccato è stato il passaggio di cibo e beni essenziali, causando una terribile crisi umanitaria e accrescendo la rabbia degli armeni contro gli azeri.

In questo scenario si è arrivati al 19-20 settembre 2023, quando l’Azerbaigian ha sferrato l’attacco finale, la terza offensiva in 30 anni, e ha convinto il presidente del Nagorno Karabakh a sciogliere la regione indipendente da gennaio 2024.

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Sestri: il ricordo di “Yeghishe Charents, lo scrittore del genocidio armeno (LevanteNews 19.09.24)

Dall’Associazione Partigiani Cristiani Sestri Levante

L’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani – Sezione Tigullio è lieta di comunicare che sabato 21 settembre alle ore 17:00 presso Sala Bo di Palazzo Fascie Rossi a Sestri Levante (GE) si terrà la conferenza “Appuntamento con la Storia – Yeghishe Charents, lo scrittore del genocidio armeno vittima dello stalinismo”.

Dopo i saluti di ANPC e dell’Amministrazione Comunale nella persona dell’Assessore alla Cultura Maura Caleffi, a intervenire, con il coordinamento del Presidente del Panathlon Tigullio Chiavari Fabrizio Pagliettini, sarà la scrittrice Letizia Leonardi, autrice del libro Yeghishe Chaents, vita inquieta di un poeta.

“Yeghishe Charents – spiega il Presidente di ANPC Tigullio Umberto Armanino – è un personaggio straordinario, un poeta e un patriota, che, oltre ad aver lasciato poesie note e apprezzate in tutto il mondo, ha dato prova di notevole impegno civile. Nel 1915 ha preso parte come volontario alla resistenza armena contro l’esercito turco sul fronte caucasico e in seguito, prese le distanze dalla causa comunista, si è opposto anche al regime sovietico, finendo i suoi giorni appena quarantenne nel 1937 nelle carceri in cui erano detenuti i prigionieri politici.”

“L’evento – aggiunge Umberto Armanino – sarà l’occasione per affrontare un tema importante e ancora ben poco conosciuto come il genocidio Armeno. Nonostante le vittime abbiano superato il milione, sono purtroppo pochi a ricordare le deportazioni ed eliminazioni perpetrate dall’Impero Ottomano ai danni della minoranza armena. Anche Papa Giovanni Paolo II, nell’ormai lontano 2001, ha richiamato l’attenzione su quello che viene generalmente definito il “primo genocidio del XX secolo” La cittadinanza è invitata a partecipare.”

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Primo anniversario dell’attacco militare dell’Azerbajgian che ha provocato lo sfollamento forzato dell’intera popolazione dell’Artsakh (Korazym 19.09.24)

 Un anno fa, il 19 settembre, a seguito dell’attacco militare dell’Azerbaijan, l’intera popolazione autoctona dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, più di 115.000 Armeni, ha dovuto abbandonare le proprie case nel giro di pochi giorni. Questo sfollamento forzato, che è stato l’ultima fase della politica di pulizia etnica dell’Azerbajgian, ha avuto luogo durante la sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quando l’intera comunità internazionale si è riunita ancora una volta per discutere dell’imperativo della risoluzione pacifica dei conflitti, dell’istituzione della stabilità e dello sviluppo, condannando l’uso della forza, la violazione delle norme internazionali e dei diritti umani in diverse parti del mondo.

L’ha ricordato oggi il Ministero degli Esteri dell’Armenia in una dichiarazione, osservando che durante l’anno passato, il governo armeno ha adottato le misure necessarie, anche con l’aiuto di partner internazionali, per rispondere alle esigenze primarie e a medio termine degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sfollati con forza, nonché per sviluppare i programmi necessari a lungo termine.

Le discussioni ad alto livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite riprenderanno la prossima settimana a New York: gli eventi dell’anno scorso dimostrano l’importanza di sforzi urgenti per garantire la stabilità internazionale, la realizzazione di idee e misure che consentirebbero l’instaurazione della pace.

La posizione della Repubblica di Armenia per garantire la stabilità nel Caucaso meridionale è chiara, ricorda il Ministero degli Esteri dell’Armenia: immediata istituzione della pace e di relazioni basate sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale, sulla visione di garantire uno sviluppo sostenibile, un’interconnettività efficace e la prosperità nella regione.

Per realizzare tutto ciò, per non perdere l’opportunità disponibile in questo momento e per creare un ambiente favorevole a una vita più stabile e dignitosa per generazioni, il Ministero degli Esteri dell’Armenia aspetta una chiara dimostrazione di volontà politica e impegno per l’agenda di pace da parte di altri attori interessati allo stesso obiettivo.

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Per Antonia Arslan, la narratrice del genocidio (Tempi 19.09.24)

A vent’anni dalla prima edizione de “La masseria delle allodole”, canto notturno di un molokano errante (e di una trota argentina del lago di Sevan) per la professoressa Arslan, nostra Madre Armenia, misteriosa portatrice di un prezioso fardello di dolore e pace insieme
Antonia Arslan, scrittrice e saggista di origine armena, autrice del bestseller La masseria delle allodole
Antonia Arslan, scrittrice e saggista di origine armena, autrice del bestseller La masseria delle allodole

Avevo concluso con il Molokano. La delusione era troppo forte per la totale assenza di segnali che riguardassero un minimo cambiamento per la vita degli armeni e della loro patria. Dannazione certa, indifferenza sigillata, che serve suonare il piffero se ci sovrasta una sordità totalitaria? Poi è successo qualcosa. In sogno o nello stadio appannato del dormiveglia. Noi molokani, è noto, leggiamo molto la Bibbia. E sappiamo che a volte i sogni dicono la verità, a volte si avvicinano angeli, correggendo le nostre aride analisi diurne. Naturalmente, da prendersi cum grano salis, e non ve lo traduco in armeno.

Agosto 2024. Ho appena inviato la mia ultima lettera agli amici italiani. Succede che sulla riva del lago di Sevan me ne sto sdraiato tra pietre e ciuffi di erbe odorose, sono assopito, infine la luna mi conduce a un sonno profondo. Ed ecco sento un tocco leggero sulla mia fronte. Una trota argentina mi aveva sfiorato balzando dalle acque azzurre, e contraddicendo la sua mutezza,…

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