La protesta degli armeni dell’Artsakh (AsiaNews 23.10.24)

Le ong del Nagorno-Karabakh in piazza contyro la chiusura del gruppo di Minsk, l’unica istituzione in possesso di un mandato internazionale per il conflitto con l’Azebaigian. A un anno dalla campagna militare di Baku, gli esuli armeni vivono tuttora in condizioni precarie a Erevan o in accampamenti e nelle zone vicine alla frontiera, nella speranza di tornare nella patria nativa.

Erevan (AsiaNews) – I rappresentanti delle Ong dell’Artsakh, il Nagorno Karabakh riannesso all’Azerbaigian, hanno organizzato un’azione di protesta presso il palazzo del ministero degli esteri di Erevan, chiedendo alle autorità di non sottostare alla pretesa di Baku di sciogliere il gruppo di Minsk dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l’unica istituzione in possesso di un mandato internazionale per il conflitto tra Armenia e Azerbaigian.

Artur Grigoryan, uno dei rappresentanti delle associazioni, ispirate dal movimento “Tavowš in nome della patria” dell’arcivescovo Bagrat Galstanyan, ha comunicato di aver consegnato un appello al ministro degli esteri Ararat Mirzoyan, sottoscritto dai membri di oltre 50 gruppi che già a fine settembre avevano presentato analoga richiesta al presidente dell’Osce Ian Borg, il vice-premier di Malta.

Nel documento il “popolo dell’Artsakh” ricorda gli impegni della repubblica dell’Armenia nella difesa del Nagorno Karabakh, in accordo con le norme del diritto sia nazionale, sia internazionale. “L’Azerbaigian pretende sfacciatamente dall’Armenia di firmare una richiesta congiunta di scioglimento del gruppo dell’Osce, ma le autorità di Erevan non devono sottomettersi a questa e altre imposizioni delle autorità di Baku, perché sarebbe umiliante e priverebbe tutti gli armeni dei loro diritti più importanti”, ha affermato Grigoryan, insistendo sul fatto che “la difesa degli interessi dei cittadini dell’Artsakh e dei meccanismi internazionali che li garantiscono, è un aspetto della più importante questione della difesa degli interessi nazionali dell’Armenia”.

Oltre al vescovo Galstanyan, ha espresso il suo pieno appoggio il presidente del Partito Rivoluzionario dell’Artsakh, Artur Osipyan, secondo il quale “il problema del Nagorno Karabakh rimane aperto, e la comunità internazionale non ha dato una definizione esaustiva; perfino i membri dell’Onu hanno dichiarato che lo status della repubblica indipendente deve ancora essere risolto, è un compito di tutto il mondo armeno”.

Gli appelli dei cittadini armeni, ormai profughi, della regione passata sotto il controllo degli azeri, si sono rinnovati dopo il primo anniversario della conquista bellica del 20 settembre 2023, realizzata con un’azione militare di aggressione estesa all’uso di armi pesanti, artiglieria e aviazione d’assalto. Il 28 settembre l’allora presidente dell’Artsakh, Samvel Šakhramanyan, era stato costretto a sciogliere tutte le istituzioni repubblicane, e dal 1° gennaio 2024 l’Artsakh aveva smesso ufficialmente di esistere.

Il popolo degli armeni della regione occupata è stato costretto a un esodo biblico, di oltre 115 mila persone, recandosi nella patria storica, dove tuttora vivono in gran parte in condizioni precarie, senza mai rinunciare a difendere i propri diritti, ritenendo illegittima l’annessione dell’Artsakh all’Azerbaigian. Il governo di Erevan ha realizzato una serie di programmi per assistere i gruppi dei profughi per le necessità più urgenti e per la loro integrazione in Armenia, con una sezione speciale del ministero delle politiche sociali.

Molti profughi hanno trovato una sistemazione pur provvisoria nella capitale e in altre città, ma un numero considerevole vive ancora in accampamenti e nelle zone vicine alla frontiera con l’Azerbaigian, nella speranza di tornare nella patria nativa dell’Artsakh. Una di queste zone è la provincia di Tavowš, da cui la guida della locale eparchia, l’arcivescovo Bagrat, ha guidato il grande movimento popolare di protesta che chiede le dimissioni del ministro Nikol Pašinyan e dell’intero governo, giudicato arrendevole e “traditore”, avendo consegnato senza resistenza l’Artsakh all’Azerbaigian. Lo accusano di essere anche pronto a cedere altri territori, senza difendere l’integrità e l’identità della patria armena.

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AVVENTURE NEL MONDO PRESENTA: ARMENIA, IL REGNO DELL PIETRE URLANTI. RACCONTO DI VIAGGIO ATTRAVERSO LE FOTO DI IAGO CORAZZA (Il Tacco di Bacco 22.10.24)

AVVENTURE NEL MONDO PRESENTA: ARMENIA, IL REGNO DELL PIETRE URLANTI. RACCONTO DI VIAGGIO ATTRAVERSO LE FOTO DI IAGO CORAZZA
Giovedì 24 ottobre, dalle ore 20.30, al circolo “Barion” di Bari (Molo S.Nicola, 5) l’Angolo dell’Avventura di Bari e Avventure Nel Mondo organizzano la serata “Il Regno delle pietre urlanti”, con Iago Corazza e Greta Ropa.
Durante l’evento ci sarà la presentazione dell’ultimo reportage del mitico fotografo Iago Corazza, di National Geographic sull’Armenia, il “Regno delle Pietre Urlanti”.
Con le solite imprevedibili sorprese del coordinatore più stravagante di Avventure nel Mondo, autore di leggendari reportage dalla Papua all’Etiopia, dalle Vanuatu al Giappone…e da Bologna a Miami con 60.000 km fatti in auto. L’ingresso alla sola proiezione è libero fino a esaurimento posti con prenotazione obbligatoria sul sito https://www.viaggiavventurenelmondo.it/eventi/4iqke86kzzhxo
L’eventuale cena a fine serata con spaghetti all’assassina al ristorante del circolo ha un costo di 10 euro.
Info: Elvio D’Addato 3389489853

Web: www.viaggiavventurenelmondo…

Bari (Bari)
Circolo Barion – molo San Nicola, 5 Bari lungomare
ore 20:30
ingresso con prenotazione

Genocidio: parola terribile che perseguita l’umanità. A cura di Cinzia Perrone (Alessandria Today 22.10.24)

A scuola qualcuno avrà studiato il De Bello Gallico, quel formidabile bollettino di guerra scritto da Giulio Cesare, che racconta della strage dei Galli.

La storia la raccontano i vincitori visto che non abbiamo una versione di Vercingetorige sui fatti. Ebbene Giulio Cesare racconta nel suo De Bello Gallico un vero e proprio genocidio che portò alla strage di quasi 1 milione di Galli, chi dice 2.

Non ci dimentichiamo che l’Impero Romano rase al suolo anche la sua rivale Cartagine, la quale scomparve come società dalla storia e i sopravvissuti all’assedio furono venduti come schiavi; Cartagine ricompare nella storia solo secoli dopo.

Il termine genocidio verrà scoperto molto più tardi quando durante la seconda guerra mondiale Hitler fece deportare per poi sterminare diversi milioni di ebrei.

Perché lo sterminio degli Ebrei è stato immediatamente definito come un genocidio nella stessa Germania che l’ha compiuto, mentre ad esempio quello degli Armeni, a distanza di un secolo, è ancora negato dallo Stato turco, che processa chi ne parla?

Se in Europa avesse vinto la follia di Hitler, lo sterminio di sei milioni di esseri umani, sarebbe stato sminuito, negato e rimosso dalla storiografia ufficiale, e i partigiani sarebbero ancora oggi considerati fuorilegge e briganti, anziché eroi.

Hitler ha perso, e per gli ebrei c’è giustizia storica. Gli Armeni hanno perso, e per il milione di Armeni sterminati in Turchia, non c’è verità.

Da quando nel 1944 il professor Raphael Lemkin, ebreo polacco, coniò la parola “genocidio” si è avuto prima l’accoglimento del termine nel diritto internazionale e successivamente la creazione di tribunali internazionali per il perseguimento del crimine di genocidio.

Ma la storia non è quella grande “maestra di vita” perché gli errori e gli orrori continuano a ripetersi suffragati dalla banalità del male e dal senso di dominazione dell’altro.

Facciamo una carrellata a titolo esemplificativo di alcuni tra i più feroci genocidi della storia, sapendo sicuramente di dimenticarne qualcuno, visti quanti ne sono avvenuti, e ahimè forse avverranno ancora.

Il genocidio degli Aborigeni australiani: forse uno dei più crudeli e dimenticati genocidi della storia, fatto contro persone inermi e pacifiche, portato avanti con talmente tanto successo, che ora i pochi superstiti aborigeni rimasti, hanno del tutto dimenticato la propria lingua e le proprie tradizioni.

Il genocidio degli Indiani del Nord e Sud America: anche questo lo possiamo definire un genocidio perfetto; mai nessuno ha protestato, nonostante le decine di milioni di morti in pochi secoli, la cultura indiana è stata praticamente dimenticata da tutti e anzi, questo genocidio è stato osannato per decenni da libri, film, telefilm statue, piazze eccetera.

Il genocidio dei Catari: fatto dalla Chiesa cattolica, in cui donne e bambini furono massacrati per ordine del Vaticano che proclamò ai suoi soldati: “Uccideteli tutti, poi quando saranno morti, sarà Dio a giudicare se sono eretici o no”.

Il genocidio del Ruanda, avvenuto solo pochi anni fa, milioni di morti a colpi di machete, solo per una differenza etnica.

Il genocidio ucraino: perpetrato da Stalin, forse per un enorme errore di giudizio economico del dittatore sovietico, ma resta il fatto che milioni di ucraini furono lasciati a morire di fame.

Il genocidio armeno: fatto dai turchi, che consideravano gli armeni ‘nemici della patria (già citato).

Il genocidio greco: fatto sempre dai turchi, stavolta a danno dei greci che abitavano in Turchia.

Il genocidio Rom: gli zingari da sempre perseguitati in quanto ‘popolo nomade’ quindi diverso dai popoli europei, nel XX° secolo vennero considerati dai nazisti inferiori e deportati in campi di concentramento e in campi di sterminio; ne morirono centinaia di migliaia.

L’Olocausto nero: la deportazione di 10 milioni di schiavi neri, strappati alla loro terra per andare a lavorare nei campi in America del Nord e del Sud.

Il genocidio in Cambogia: 3 milioni di morti, un orrore senza fine perpetrato all’inizio per ragioni politiche e poi in un susseguirsi di atrocità sempre maggiori per la follia di un capo comunista (Pol Pot).

Il genocidio in Congo: fatto dai Belgi – o meglio – da Re Leopoldo di Belgio che aveva degli enormi possedimenti di terra di sua proprietà. Qui migliaia di persone vennero torturate e uccise per scopi commerciali.

Le guerre Herero: un vero genocidio fatto dai tedeschi in Africa nel 1904-1907 in Namibia (che erano le colonie africane tedesche).

Il genocidio Bengalese: a inizio anni ’70 sempre per ragioni politiche ed etniche, le forze militari pakistane attaccarono il Bengala allo scopo di sterminare la nuova classe dirigente. Fu un massacro. Alcuni storici parlano di 3.000.000 di persone uccise, di 400.000 donne torturate e violentate, 10.000.000 di profughi. Il tutto in un brevissimo arco di tempo: si calcolano circa 10.000 persone uccise al giorno.

Il genocidio del popolo Sudanese: si stima che un milione e novecentomila cristiani e animisti siano morti a causa del blocco imposto dal governo di Khartoum all’arrivo degli aiuti umanitari destinati al Sudan meridionale.

Il genocidio Nigeriano: dopo un colpo di stato, gli abitanti del sud-est del Paese furono esclusi dal sistema di potere e nel 1967 il governatore militare di quella zona dichiarò la secessione in Repubblica del Biafra. Iniziò così una guerra civile molto aspra. Non riuscendo ad avere la meglio, i nigeriani iniziarono un durissimo assedio al Biafra. Sono circa tre i milioni di persone morte durante il conflitto per fame o malattie.

Il genocidio del popolo dell’Indonesia: nel periodo 1965 – 67, quasi un milione di comunisti indonesiani sono stati deliberatamente eliminati dalle forze governative indonesiane, mentre tra il 1974 e il 1999 sono stati eliminate da gruppi paramilitari filo-indonesiani 250 mila persone della popolazione di Timor-Est.

Il genocidio dei popoli dell’America Latina: dalla Rivoluzione messicana, ai “desaparecidos” delle dittature militari degli ultimi decenni del XX secolo, sono oltre un milione le vittime innocenti della violenza di Stato dei regimi sudamericani.Inoltre solo in Amazzonia si calcola che quasi 800 mila indios sono morti in un secolo, per le angherie e i soprusi subiti.

Il genocidio dei popoli della Cina: nell’anno 1900, la rivolta dei “Boxer” causò oltre 30 mila morti, in gran parte cristiani, e sono almeno 48 milioni i cinesi caduti sotto il regime di Mao tra il “Grande salto in avanti”, le purghe, la rivoluzione culturale e i campi di lavoro forzato, dal 1949 al 1975.

Per non parlare delle vittime dei genocidi e delle “pulizie etniche” compiute nella ex -Jugoslavia, in Liberia, Sierra Leone, Angola, Libano, Corea del Nord, Sri Lanka, Haiti, Tibet …  con un elenco che continua fino ai nostri giorni. La guerra in Afghanistan nell’autunno 2001 e l’invasione dell’Iraq nella primavera 2003 e la triste situazione della Siria.

Se è vero che la Shoà fu il genocidio per eccellenza, quello per cui è stato inventato questo termine, gli altri furono meno famosi, meno scientifici e con un numero minore di morti, ma avevano sempre il fine ultimo di cancellare dalla faccia della terra il nemico, o presunto tale.

Mai che si parli degli altri genocidi vissuti dall’umanità, a cominciare dall’Inquisizione della religione cattolica, durata oltre 500 anni, che massacrava (bruciandoli vivi sul rogo) gli oppositori alla sua tirannia, definendoli “eretici”, per passare al genocidio, tutt’ora in corso, dei Palestinesi, senza dimenticare il massacro (perché di questo si tratta) perpetrato dagli americani a Hiroshima e Nagasaki (oltre 300.000 vittime in pochi istanti, praticamente tutti civili, inclusi anziani, donne e bambini, oltre alle conseguenze che ancora pagano in salute i contemporanei di quei luoghi).

Ora mi chiedo, di quanto vogliamo allungare ancora questa lista dell’orrore?

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Papa Francesco nomina due Patriarchi nel Dicastero per le Chiese Orientali (ACIStampa 22.10.24)

Due patriarchi faranno parte del Dicastero per le Chiese Orientali  per volere del Papa, saranno Raphaël Bedros XXI Minassian, dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, Patriarca di Cilicia degli Armeni, e Raphael Thattil, Arcivescovo Maggiore di Ernakulam- Angamaly dei Siro-Malabaresi (India).

Con loro diventano membri del Dicastero anche il Cardinale José Cobo Cano, Arcivescovo di Madrid e Ordinario per i fedeli orientali residenti in Spagna sprovvisti di Gerarchia della propria Chiesa sui iuris; Salvatore Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione,

Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo; Filippo Iannone, O. Carm., Prefetto del Dicastero per i Testi Legislativi; Laurent Ulrich, Arcivescovo di Paris e Ordinario per i fedeli orientali residenti in Francia sprovvisti di Gerarchia della propria Chiesa sui iuris; Jorge Ignacio García Cuerva, Arcivescovo di Buenos Aires e Ordinario per i fedeli orientali residenti in Argentina sprovvisti di Gerarchia della propria Chiesa sui iuris; Jozef Maxim, dei Monaci Studiti Ucraini, Arcivescovo di Prešov per i cattolici di rito bizantino (Slovacchia); Gregor Maria Hanke, O.S.B., Vescovo di Eichstätt (Germania).

Intanto il Sinodo della Chiesa di Cilicia degli Armeni ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcieparchia di Istanbul degli Armeni, presentata da S.E. Mons. Lévon Boghos Zékiyan, e ha nominato Amministratore eparchiale della medesima Arcieparchia il Rev.do Arciprete Vartan Kirakos Kazanjian, finora Protosincello della stessa.

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Etchmiadzin, riconsacrata la più antica cattedrale del mondo (AciStampa 21.10.24)

Quando nel 2019 Papa Francesco visitò Etchmiadzin, la cattedrale della Chiesa Apostolica Armena era ancora in fase di restauro, e solo un ristretto gruppo di persone vi poté entrare. Alla fine di settembre, dopo dodici anni di lavori, la cattedrale è stata riconsacrata, alla presenza delle più alte cariche dello Stato e di varie delegazioni, tra cui una delegazione della Santa Sede guidata dal Cardinale Leonardo Sandri, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali.

La delegazione vaticana era composta anche dall’arcivescovo Flavio Pace, segretario del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e dall’arcivescovo Michel Jalakh, segretario del Dicastero per le Chiese Orientali. È rimasta ad Etchmiadzin dal 27 al 29 settembre.

La riconsacrazione di quella che è considerata la più antica cattedrale del mondo è arrivata al termine di ben 12 anni di lavori di restauro. In questi dodici anni, la Divina Liturgia si è tenuta nel monastero di San Gayané.

La riconsacrazione della cattedrale ha visto accorrere migliaia di fedeli della Chiesa Apostolica Armena, una Chiesa ortodossa di rito orientale in realtà con differenze nemmeno troppo sostanziali con la Chiesa cattolica. Tuttavia, la celebrazione all’interno della cattedrale era aperta solo al clero.

La riconsacrazione ha interessato tutti gli altari della cattedrale. In particolare, quello di sinistra è stato riconsacrato dal catholicos Karekin II, mentre quello di Sinistra dal Patriarca Sahag II Mashalyan. Vescovi provenienti dalle quattro sedi patriarcali della Chiesa Apostolica Armena di Etchmiadzin, Antelias, Gerusalemme e Costantinopoli hanno riconsacrato la fonte battesimale e 16 colonne, che simboleggiano l’unità della Chiesa Armena. Le colonne rappresentanto i dodici apostoli, i quattro evangelisti, l’apostolo Paolo e San Gregorio l’illuminatore.

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La delegazione vaticana è stata accolta dall’arcivescovo Ante Jozic, che da poco ha prseso il suo posto di nunzio in Gerogia e Armenia, e da monsignor Aleksandr Rahinia, Consigliere di nunziatura.

Il 27 settembre, Karekin II ha accolto la delegazione durante la mattina, mentre nel pomeriggio dello stesso giorno tutte le delegazioni di Chiese e organizzazioni hanno potuto condividere un messaggio e la preghiera finale.

La sera, presso la Cattedrale i cui lavori di restauro sono da poco conclusi, si è tenuta la veglia con la prima parte della cerimonia di consacrazione.

Il mattino del 28 tutti gli ospiti si sono recati in preghiera al Mausoleo che ricorda le vittime del Genocidio, e al cimitero dei caduti nel conflitto in ArtsakH.

Nel pomeriggio, presso l’altare all’aperto a Etchmiadzin si è tenuta le benedizione del Santo Myron, che era stata rimandata di un anno rispetto alla scadenza dei sette anni nel 2022 a causa del conflitto ed anche per consentire la conclusione dei lavori di ristrutturazione e consolidamento della cattedrale.

La mattina di domenica 29 è stata celebrata la consacrazione dell’altare della cattedrale, seguita dalla Divina liturgia, sempre presiedute da S.S. Karekin II

Nel suo messaggio, il Cardinale Sandri ha detto di “pregare che in questi tempi di dure sofferenze per il popolo armeno, queste celebrazioni rappresentano in invito per costruire la vostra esistenza personale e comunitaria sulla Roccia che è Cristo, e porre sulle nostre ferite l’olio della consolazione”.

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Azerbaigian: lettera di Biden ad Aliyev, Usa pronti a sostenere pace con l’Armenia (AgenziaNova 21.10.24)

Baku, 21 ott 16:17 – (Agenzia Nova) – Gli Stati Uniti sono pronti a sostenere una pace duratura e dignitosa tra l’Azerbaigian e l’Armenia che metta fine a secoli di conflitto. È quanto si legge in una lettera inviata dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden all’omologo dell’Azerbaigian Ilham Aliyev. “Sono lieto di constatare che la sua nazione e l’Armenia hanno compiuto progressi costanti verso la conclusione di un accordo di pace che normalizzerebbe le relazioni tra i due Paesi”, ha scritto Biden. “Un accordo di pace non solo garantirebbe la sovranità e l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, ma trasformerebbe l’intera regione, aprendo la strada a un aumento del commercio, degli investimenti e della connettività tra Europa e Asia centrale”, ha proseguito il presidente Usa. “Mentre l’attenzione del mondo si rivolge a Baku per la Cop29, avete un’opportunità unica per dimostrare il vostro impegno per la pace di fronte a un pubblico globale. Come sapete, la finalizzazione dei restanti articoli dell’accordo di pace richiederà creatività e compromessi da tutte le parti. Ma sono fiducioso che continuerete a rispettare questo momento e vi incoraggio a finalizzare un accordo quest’anno”, ha aggiunto Biden. (segue) (Rum)

Roma Film Fest, Segre: “Sono pessimista. Credo che la Shoah verrà dimenticata come con gli armeni” (Alanews 20.10.24)

La senatrice a vita protagonista del film ‘Liliana’

Cronaca (Roma). “Per quello che riguarda il mio pessimismo, dove tra qualche anno saremo tutti morti, poi ci saranno delle righe su qualche libro di storia e poi più nulla, mi ha sempre colpito la storia della deportazione degli armeni nel 1915, quando vennero lasciati morire di fame in una lunga marcia nel deserto. E allora ho detto che loro non erano proprio quattro gatti di cui non ci importa di cosa succederà, se questo è successo agli armeni, quello di essere dimenticati, questo succederà anche per la Shoah. Non solo per quanto riguarda i negazionisti, che ingigantivano e stigmatizzavano un errorino, ma con il tempo che passa di tende a dimenticare tutto. Non si studia la storia, non si studia il passato, anche italiano, purtroppo. Magari in futuro con l’AI si riusciranno a svegliare le coscienze”. Così Liliana Srgre, senatrice a vita e sopravvissuta alla Shoah, durante la conferenza stampa di presentazione del film ‘Liliana’ al Roma Film Fest. “Per quello che riguarda il mio pessimismo, dove tra qualche anno saremo tutti morti, poi ci saranno delle righe su qualche libro di storia e poi più nulla, mi ha sempre colpito la storia della deportazione degli armeni nel 1915, quando vennero lasciati morire di fame in una lunga marcia nel deserto. E allora ho detto che loro non erano proprio quattro gatti di cui non ci importa di cosa succederà, se questo è successo agli armeni, quello di essere dimenticati, questo succederà anche per la Shoah. Non si studia la storia, non si studia il passato, anche italiano, purtroppo. Magari in futuro con l’AI si riusciranno a svegliare le coscienze”. Così Liliana Srgre, senatrice a vita e sopravvissuta alla Shoah, durante la conferenza stampa di presentazione del film ‘Liliana’ al Roma Film Fest. (Marco Vesperini/alanews)

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Storico prestito del British Museum per mostra su Anahit in Armenia (Askanews 20.10.24)

Milano, 20 ott. (askanews) – Grazie ad uno storico prestito del British Museum vengono esposte per la prima volta in Armenia la testa e la mano sinistra della statua bronzea della dea armena Anahit, di epoca ellenistica. Questi pezzi saranno il fulcro della mostra “Dea Madre: da Anahit a Maria” ospitata dal Museo Nazionale di Storia dell’Armenia, che esporrà anche sessanta reperti della propria collezione, per rappresentare il concetto di divinità madre dal Neolitico fino ai giorni nostri. La mostra, inaugurata il 21 settembre in concomitanza con il Giorno dell’Indipendenza dell’Armenia, durerà fino al 21 marzo 2025.   L’esposizione, realizzata con il supporto del ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica d’Armenia, è frutto della cooperazione a lungo termine tra il Museo di Storia dell’Armenia e il British Museum. È uno degli eventi principali dell’offerta culturale dell’Armenia, che comprende oltre 40 tra gallerie e musei a Yerevan e nel resto del Paese, aperti tutto l’anno.   Il culto della Dea Madre negli altopiani armeni ebbe inizio nell’età della pietra e attraversò un lungo processo di cambiamenti, a seconda delle diverse concezioni del mondo e delle caratteristiche estetiche. Fin dall’inizio, incarnando la natura di una donna “genitrice e riproduttrice”, veniva rappresentata come simbolo della continuità della stirpe. In seguito, si formarono una serie di altre funzioni della “Dea Madre”: simbolo dell’agricoltura, dispensatrice del benessere familiare, guaritrice, e altro ancora. Particolare enfasi veniva posta sulla sua natura “creatrice”, che derivava dall’idea di identificare la donna con la “Madre Terra” nella mitologia.   Nel periodo ellenistico, Anahit era la dea della fertilità, della fecondità, del parto e, in un periodo iniziale, anche della guerra, ed era considerata una delle principali divinità della mitologia armena. La chiamavano Madre Dorata, Madre Nutriente, Grande Signora, Dorata, Dita d’Oro. In Armenia, il suo culto iniziò a diffondersi almeno dal IV secolo a.C., seguendo la sua diffusione nell’Asia Minore e in Siria. Nel periodo ellenistico e soprattutto in quello romano, si crearono condizioni più favorevoli per le comunanze culturali e il processo di sincretizzazione delle divinità.   La statua di bronzo fu scoperta da un contadino nel 1871 a Satala (oggi Sadak, Erzurum, Turchia). Risalente al II-I secolo a.C., è tradizionalmente associata ad Afrodite, la dea greca dell’amore e della bellezza, ma gli esperti l’hanno collegata alla sua controparte armena, Anahit. Il suo principale tempio era a Yeriza, nella regione di Yekeghyats (attuale Erzurum, Turchia). Il tempio di Anahit a Yeriza fu saccheggiato nel 34 a.C. durante un’invasione guidata dal generale romano Marco Antonio: i suoi soldati distrussero la statua e portarono i suoi frammenti a Roma. I pezzi passarono per vari mercanti d’antiquariato prima che il commerciante d’arte italiano Alessandro Castellani vendesse la testa al British Museum nel 1873 e successivamente donasse la mano sinistra nel 1875. È la prima volta che questi frammenti vengono esposti in Armenia. Una replica della statua è conservata nel Museo di Storia dell’Armenia.

 

 

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Archeologia. Scoperti i resti della più antica chiesa armena (Avvennire 19.10.24)

Situato nella città di Artaxata, nella pianura di Ararat, l’edificio a pianta ottagonale risale al IV secolo e testimonia la tradizione cristiana del Paese
La ricostruzione preliminare della chiesa paleocristiana

La ricostruzione preliminare della chiesa paleocristiana – Artaxata Project – Università di Münster

Un gruppo di archeologi ha scoperto i resti di una chiesa armena paleocristiana risalente al IV secolo e situata ad Artaxata, nella pianura di Ararat. La città, fondata nel 176 a.C., fu capitale del Regno d’Armenia fino al 120 d.C. e nel periodo ellenistico divenne un’importante metropoli. L’edificio, sconosciuto prima del ritrovamento, è «la più antica chiesa archeologicamente documentata del Paese», spiega Achim Lichtenberger, docente dell’Università di Münster.

L’ateneo tedesco ha collaborato con l’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Armenia, con un progetto di scavo iniziato nel 2018 e un gruppo di ricercatori che si trova nel Paese da settembre. I resti, esaminati impiegando metodi geofisici, rivelano una pianta ottagonale di circa 30 metri di diametro e con estensioni a forma di croci, in cui gli archeologi hanno trovato i frammenti di piattaforme in legno datate al radiocarbonio alla metà del IV secolo. Durante gli scavi sono stati riportati alla luce anche le tegole di terracotta, il pavimento in malta e parte delle decorazioni in marmo.

Una delle colonne che reggevano la chiesa

Una delle colonne che reggevano la chiesa – Artaxata Project – Università di Münster

«Le chiese ottagonali erano finora sconosciute qui, ma le conosciamo bene perché sono presenti nella regione del Mediterraneo orientale, dove sono apparse per la prima volta nel IV secolo», sottolinea Mkrtich H. Zardaryan, archeologo dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Armenia. Al momento non si hanno informazioni che possano suggerire a chi fosse dedicata la chiesa, ma i lavori di scavo proseguiranno nel 2025 con l’obiettivo di approfondire la storia non soltanto dell’edificio religioso, ma anche della città e dell’intera regione. I legami tra Artaxata e il cristianesimo risalgono al 301 d.C., quando, secondo la leggenda, Gregorio l’Illuminatore convertì il re Tiridate III, rendendo l’Armenia il primo Stato ufficialmente cristiano al mondo. A ricordare l’episodio e la tradizione religiosa del Paese è il monastero medievale di Khor Virap, a pochi passi dalla chiesa recentemente scoperta.

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SCOPERTE LE ROVINE DI UNA CHIESA ARMENA RISALENTE A 1.700 ANNI  (Arte Magazine)

 

Il presidente Erdogan riceve i ministri degli Esteri di Azerbaigian, Russia, Iran e Armenia (Trt 19.10.24)

Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha ricevuto i ministri degli Esteri di Azerbaigian, Russia, Iran e Armenia.

Il presidente Erdogan ha ricevuto e incontrato il ministro degli Esteri di Azerbaigian Jeyhun Bayramov, il ministro degli Esteri di Russia Sergey Lavrov, il ministro degli Esteri di Iran Abbas Araghchi e il ministro degli Esteri di Armenia Ararat Mirzoyan, presso l’ufficio di lavoro di Dolmabahce, ad Istanbul.

Secondo quanto comunicato dalla Direzione delle Comunicazioni della Presidenza, durante l’incontro, tenutosi a porte chiuse per la stampa, si è discusso del processo di pace permanente nel Caucaso meridionale e di questioni regionali e globali.

Il presidente Erdogan ha dichiarato che la Türkiye attribuisce grande importanza alla piattaforma creata con l’intento di risolvere i problemi regionali attraverso il dialogo e che è piacevole che il panorama del Caucaso meridionale stia cambiando sulla strada di una pace duratura.

Il leader turco, affermando che la Türkiye continuerà a fornire ogni tipo di sostegno agli sforzi compiuti per garantire una pace duratura tra Azerbaigian e Armenia, ha aggiunto che gli sviluppi nella regione rendono necessario rafforzare la cooperazione e la solidarietà e che la trasformazione della piattaforma in una struttura istituzionale renderà più efficace il meccanismo di dialogo.

Il presidente Erdogan ha reso noto che Israele sta cercando di provocare per diffondere i conflitti nella regione, che ogni giorno senza cessate il fuoco si avvicina a una guerra regionale, che un embargo sulle armi contro Israele alle Nazioni Unite sarebbe un passo efficace per fermare l’aggressione israeliana e che la Türkiye continuerà ad esprimere questo concetto su ogni piattaforma.

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