Armenia-Azerbaigian. Ministro Mirzoyan: “Presto un accordo di pace”. (Sardegnagol 01.11.24)

Tira aria di accordo tra Armenia e Azerbaigian, Paesi vicini alla sigla del trattato di pace e alla ridelimitazione dei confini nazionali. A suggerirlo, l’ultima dichiarazione del ministro degli esteri armeno Ararat Mirzoyan, secondo il quale “molto presto sarà firmato un accordo di pace completo”.

Secondo il principale diplomatico armeno, Yerevan e Baku si notificheranno presto la ratifica dei regolamenti per il lavoro delle commissioni sulla delimitazione dei confini, dopodiché il processo potrà proseguire.

Nel contempo si lavora pure alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Turchia.

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Nella Marca la villa veneta preferita dagli armeni per il giorno più bello (Corriere delle Alpi 01.11.24)

Villa Corner della Regina a Cavasagra di Vedelago ha chiuso la stagione primavera/estate con oltre 50 celebrazioni nuziali ospitate, molti gli stranieri. Gli armeni la scelgono ricordando Caterina Cornaro. E poi i matrimoni a cavallo e quelli con effetti speciali

Arrivano dagli Stati Uniti, Australia, Nigeria, Germania e Olanda. Ma anche dalla Armenia seguendo le tracce dell’unica regina della Serenissima, quella Caterina Cornaro che fu regina di Cipro, Armenia e Gerusalemme a cavallo del Cinquecento. La Marca trevigiana piace agli stranieri che vogliono sposarsi: perché vicina a Venezia, perché ne incorpora lo stile, probabilmente anche perché costa meno.

C’è una location, in particolare, che più di altre sta raccogliendo decine e decine di prenotazioni: oltre cinquanta nella sola estate appena trascorsa. È la storica Villa Corner della Regina a Cavasagra di Vedelago, nel Trevigiano, apprezzata per lo stile palladiano, il suo parco e la sua cucina guidata da uno chef di lunga esperienza.

General manager del Gruppo Buongiorno Hotels, che si occupa in prima persona della gestione di Villa Corner della Regina nell’ambito wedding, è una donna, Nicoleta Donoaga, 26 anni, un’esperienza sul campo acquisita nelle altre strutture del Gruppo.

Nicoleta Donoaga, general manager del Gruppo Buongiorno Hotels

«La stagione wedding 2024 è stata caratterizzata da un tripudio di culture e nazionalità», sottolinea Nicoleta Donoaga, «Grazie all’offerta variegata e capace di rispondere ai desideri degli sposi, ci siamo consolidati in termini di presenze, ma anche di tipologie di allestimenti e servizi per rendere il festeggiamento indimenticabile e gradevole per tutti i partecipanti».

Tra le cerimonie più curiose, ospitate a Villa Corner della Regina, tre nozze con ingresso a cavallo. Una, in particolare, ha visto l’animale, un frisone nero di nome Hulk (preparato con staffe fiorite e criniera frisé), portare le fedi agli sposi che lo attendevano sull’altare nel parco.

Unica nel suo genere anche la cerimonia nuziale armena, in abiti ricamati e con un menù a tema. In questo caso, come da tradizione, è stato il padre dello sposo, un docente di storia che oggi vive a Miami, a scegliere i dettagli della festa. Il rito, tra i più suggestivi di tutte le chiese orientali cristiano-ortodosse, ha visto l’incoronazione dello sposo e della sposa in laguna e poi i festeggiamenti con un party a Villa Corner della Regina abbinato a un viaggio storico nella residenza, sulle orme della regina Caterina Cornaro che la costruì.

“Pizza a mezzanotte”, invece, per una coppia italiana che ha deciso di chiudere la giornata offrendo agli ospiti un assaggio di focacce salate appena sfornate.

«Abbiamo lavorato molto anche sulle scenografie della villa e gli allestimenti: dai tagli della torta a bordo piscina con sfondo di fuochi d’artificio e spettacoli di luce, alle installazioni vegetali che hanno visto protagoniste le storiche piante di limone della villa trasformate in abat-jour. Non da ultimo, il coreografico posizionamento di lampadari in vetro di Murano en plein air che hanno trasformato il parco in un salone delle feste veneziano» aggiunge la general manager Nicoleta Donoaga.

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A Torino il ristorante che fa autentica cucina dell’Armenia (con grandi vini del Caucaso) – (CiboToday 31.10.24)

Con poco più di tre milioni di abitanti, l’Armenia è una terra di monasteri e villaggi di montagna – oltre l’80% del territorio nazionale è montuoso, senza affacci sul mare ma ricco di acque dolci – a cavallo tra l’Europa e l’Asia, in quell’area caucasica che la vede stretta tra la Turchia, la Georgia, l’Iran e l’Azerbaigian.

La storia degli armeni nel resto del mondo

 

Alcuni piatti di Casa Armenia
Alcuni piatti di Casa Armenia

 

Culla del Cristianesimo, l’Armenia ha una storia antica e un’identità culturale forgiata da invasioni, rotte commerciali, mire geopolitiche che riportano alla memoria un passato sanguinoso. Non a caso, una parte cospicua della comunità armena – ben più numerosa di quella rimasta in patria – oggi risiede all’estero. E con sé ha portato anche le tradizioni gastronomiche di una cucina che fonda le sue basi sulla pastorizia, conserva lasciti dell’impero ottomano, mostra tratti comuni con altri Stati dell’ex Unione Sovietica e un’apertura significativa alle influenze mediorientali.

Casa Armenia a Torino: la storia

 

L'interno di Casa Armenia
L’interno di Casa Armenia

 

A Torino questi sapori si scoprono da Casa Armenia, il ristorante aperto in zona Vanchiglia da Harutyun Vopanyan nel 2020. Un’avventura non troppo pianificata, intrapresa per dare riscontro all’apprezzamento degli amici che, ospiti di Harutyun e della sua famiglia, si dimostravano piacevolmente sorpresi da pietanze (ancora) poco conosciute in Italia. Così, pur senza esperienza pregressa nella ristorazione, prendeva forma il progetto Casa Armenia, “inizialmente un piccolo spazio nato come gastronomia, subito ostacolato dal Covid e poi ripreso di slancio con la riapertura dei locali”, ricorda Vopanyan. La buona risposta del pubblico, in una Torino curiosa di scoprire una nuova cucina, ha portato in poco tempo ad ampliare il menu e gli spazi. “Io e mia moglie gestiamo tutto, dividendoci i compiti; il personale è in gran parte armeno. Il progetto è ancora a trazione familiare e la proposta rispecchia la nostra tradizione gastronomica: quando arriva qualche cliente armeno, anche se abbiamo soprattutto ospiti italiani, ritrova i sapori di casa. Importiamo le spezie dall’Armenia, come pure le bevande e i vini; olio e carne sono invece italiani”.

La cucina dell’Armenia, dal pane lavash alle spezie

In cucina si prepara giornalmente il pane lavash, un flatbread non lievitato e sottile, tutelato come patrimonio dell’umanità dall’Unesco per il ruolo centrale nella liturgia armena. Da mangiare in accompagnamento con insaccati tradizionali come il basturma (prosciutto crudo) e il suciuk (salame), ci sono gli involtini di cavolo ripieni – variazione sul tema di una ricetta diffusa in tutta l’area caucasica, qui farciti con legumi, ma anche quelli di vite e le verdure sottaceto.

Tra le specialità della casa, le insalate permettono di avvicinarsi agli abbinamenti di gusto più tipici della cucina armena: il tabuleh è arricchito con foglie di coriandolo fresco, di cui si utilizzano con frequenza anche i semi, essiccati e tritati per conferire una nota agrumata alle pietanze; nell’insalata di barbabietola con aglio vengono aggiunte le noci, altro ingrediente amato in Armenia (se ne produce anche una marmellata per dolci), come tutta la frutta secca; mentre l’equilibrio della vinegret di derivazione russa (con barbabietola, fagioli rossi, patate, cipolle e cetrioli marinati) si ottiene dosando con cura un mix di spezie.

Cosa si mangia da Casa Armenia: i piatti

 

Vino di melograno che si può provare da Casa Armenia
Vino di melograno che si può provare da Casa Armenia

Come le erbe – oltre al coriandolo, aneto e basilico rosso – anche la frutta arricchisce molti piatti: “Facciamo largo uso di melograno, che in Armenia è un prodotto simbolo; ma utilizziamo anche frutti meno consumati in Italia, come l’olivello spinoso o il corniolo”. La specialità più richiesta? “Le grigliate di carne, anche in versione spiedino extralarge”. Ma c’è anche una buona scelta di zuppe insolite per il palato italiano (come la tanapur con yogurt, orzo e coriandolo), oltre agli immancabili ravioli ripieni (khinkali), in forma di fagotti di pasta ripieni di carne di manzo e maiale speziato, mutuati dalla Georgia. 

La carne, di cui la dieta armena è ricca, è protagonista anche di padellate, polpette (le ishli kufta a base di bulgur e noci, farcite con manzo speziato), verdure al forno ripiene. “Abbiamo dato a Torino qualcosa che non c’era e che piace. Vediamo il ristorante come una finestra aperta sulla nostra cultura, e per questo abbiamo mantenuto accessibile il prezzo, che in media si aggira intorno ai 40€ per una cena completa. Se vogliamo far conoscere la cucina armena dobbiamo dare a tutti la possibilità di assaggiarla”. Anche lo spazio, informale e accogliente, si presenta come una vetrina per i prodotti armeni, vini in primis.

Casa Armenia e la distribuzione di vini

 

Spiedino di carne di Casa Armenia pronto per essere cotto
Spiedino di carne di Casa Armenia pronto per essere cotto

 

L’importazione e la distribuzione di vini sono diventate infatti il core business di Casa Armenia: “Chi arrivava al ristorante apprezzava molto i nostri vini; quindi, abbiamo aperto un negozio (ora in fase di trasloco e ampliamento, n.d.r.) per permettere di acquistarli al dettaglio. E quando l’interesse è cresciuto è arrivato l’e-commerce. Oggi riforniamo molti ristoranti e locali in tutta Italia, siamo presenti al Vinitaly, collaboriamo con l’Ais e altre associazioni del settore per far scoprire un prodotto ancora poco conosciuto in Italia”.

I grandi vini dell’Armenia arrivano in Italia

Si punta sulle migliori cantine dell’Armenia, per importare (in esclusiva) vini di fascia alta, che siano un valore aggiunto sul mercato enologico italiano: “In Armenia i vigneti sono tutti in quota, oltre i mille metri di altitudine, su terreni vulcanici. Abbiamo diversi vitigni autoctoni, e una produzione varia, non solo vini in anfora”. Si aggiunga il tradizionale vino di melograno, ottenuto dal succo del frutto simbolo del Paese, vinificato in acciaio insieme a una ridotta percentuale di uva o in purezza. Così anche il vino diventa strumento di scoperta di una terra che ha molto da raccontare.

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Comunicato stampa LETTERA APERTA AL MINISTRO TAJANI RIGUARDO LE INQUALIFICABILI DICHIARAZIONI DEL VICEMINISTRO CIRIELLI

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha inviato l’allegata lettera aperta al ministro degli Affari esteri della repubblica italiana, on. Antonio Tajani.

L’oggetto della missiva riguarda le dichiarazioni del viceministro Edmondo Cirielli a seguito del plebiscitario voto del parlamento europeo che, ancora una volta, ha condannato il regime dell’Azerbaigian per la violazione dei diritti umani, la gestione dei rapporti con l’Armenia e la questione del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno Karabakh (Artsakh) nonché la detenzione di prigionieri di guerra armeni in violazione degli accordi e delle convenzioni internazionali.

Il “Consiglio” chiede al titolare del dicastero “se la posizione assunta dal Vice Ministro Cirielli – così apertamente sbilanciata a favore dell’Azerbaigian e contro il pronunciamento del Parlamento Europeo – sia condivisa dal Ministero degli Esteri Italiano e dalla Sua Persona”.

Nel documento si sottolinea inoltre l’influente azione di alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia (Terzi, Scurria e lo stesso Cirielli fra tutti) che sembrano quasi dettare l’agenda politica italiana per quanto riguarda la regione caucasica.

CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ’ ARMENA DI ROMA

Segreteria


Di seguito il testo della lettera aperta inviata al Ministro Tajani

Egr. on.

Antonio Tajani

Ministero degli Affari esteri

Roma

Oggetto: lettera aperta al ministro Tajani riguardo le dichiarazioni del viceministro Cirielli

Illustre sig. Ministro,

lo scorso 24 ottobre il parlamento europeo, ha votato a larghissima maggioranza (453 voti a favore, 31 contrari, 89 astensioni) una risoluzione sulla situazione in Azerbaigian, la violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, i rapporti con l’Armenia e la questione del patrimonio culturale e religioso armeno nel Nagorno Karabakh (Artsakh) nonché la detenzione di prigionieri di guerra armeni in violazione degli accordi e delle convenzioni internazionali.

Il viceministro degli Affari Esteri, on. Edmondo Cirielli, ha rilasciato una intemerata dichiarazione stampa criticando fortemente il voto dei parlamentari europei.

Non nuovo a tali esternazioni contro gli armeni e l’Armenia, l’on. Cirielli ha difeso a spada tratta il regime di Baku sorvolando peraltro su tutto il tema dei diritti umani e altre questioni che evidentemente non ritiene importanti.

Poiché si tratta non di un semplice parlamentare ma di un membro del governo in forza al Suo dicastero, gradiremmo sapere se la posizione assunta dal Vice Ministro Cirielli – così apertamente sbilanciata a favore dell’Azerbaigian e contro il pronunciamento del Parlamento Europeo – sia condivisa dal Ministero degli Esteri Italiano e dalla Sua Persona.

In qualità di cittadini italiani di origine armena, riteniamo che l’opportunità di preservare le forniture di gas azero (e non solo azero…) all’Italia non giustifichino i silenzi sulle gravissime violazioni di diritti umani in Azerbaigian che pongono il Paese tra le dieci peggiori dittature al mondo (fonte “Freedom house”).

Sul tema, dobbiamo purtroppo osservare come taluni esponenti di Fratelli d’Italia (su tutti i senatori Terzi e Scurria) sembrano dettare l’agenda della politica estera italiana ignorando quella opportuna posizione di equidistanza che ha contraddistinto l’operato della Farnesina negli anni.

Ringraziandola per l’attenzione che vorrà dare alla presente, voglia accettare i nostri migliori saluti e auguri di buon lavoro.

CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ ARMENA DI ROMA

COP29, Baku, Nagorno Karabakh. Non solo clima (Vocevangelica 30.10.24)

“Siamo convinti che una tale preghiera globale organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) incoraggerà la partecipazione di comunità cristiane, missioni diplomatiche, rappresentanti dei media e tutte le organizzazioni internazionali interessate”, ha detto Karekin II, patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, in vista della preghiera per gli ostaggi armeni indetta per il prossimo 10 novembre e promossa dal CEC, organismo ecumenico con sede a Ginevra che comprende più di 350 chiese anglicane, evangeliche, ortodosse e veterocattoliche in tutto il mondo.
“È nostra sincera speranza che questo sforzo spirituale possa aumentare la consapevolezza globale della crisi umanitaria in corso e promuova una soluzione pacifica, basata su verità e giustizia”, ha aggiunto il Catholicos Karekin II.
In un comunicato stampa diffuso ieri il CEC invita tutte le persone di buona volontà a unirsi a una giornata di preghiera per l’Armenia – per la pace, per il sostegno ai rifugiati e per la liberazione degli ostaggi di guerra – appunto, il 10 novembre, alla vigilia dell’apertura dei negoziati sul clima della COP29 (11-22 novembre 2024) a Baku, in Azerbaigian.

Oltre la COP29

“L’aggressione militare contro la Repubblica di Nagorno Karabakh/Artsakh a settembre-ottobre 2020, seguita da sei mesi di blocco totale del corridoio di Lachin per dieci mesi e dallo sfollamento forzato di circa 120.000 armeni dalle loro terre ancestrali avvenuto un anno fa, a novembre del 2023, rimane un problema critico”, si legge nel comunicato del CEC. Secondo molti, e anche secondo il CEC, “la COP29 offre un’opportunità unica per propugnare la liberazione incondizionata dei 23 ostaggi armeni, così come dei prigionieri politici azeri e dei giornalisti detenuti nelle carceri azere”.
Il moderatore del CEC, il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, ha dichiarato che l’Armenia ha bisogno delle nostre preghiere. “La fede ha accompagnato il popolo armeno sin dagli albori della Chiesa apostolica armena nel 301 d.C. – ha detto -, ma il futuro è incerto”. Tuttavia, Bedford-Strohm è convinto che “le nostre preghiere raggiungeranno i loro cuori e le loro anime e li rafforzeranno”.
Il segretario generale del CEC, il pastore Jerry Pillay, ha invitato tutte le chiese a rispondere all’appello alla preghiera e ha inoltre sollecitato la comunità internazionale a continuare a fornire il suo sostegno. “Rimaniamo solidali in preghiera con la Chiesa apostolica armena e con i partner ecumenici in Armenia”, ha detto. “Ribadiamo il nostro appello per una pace giusta e sostenibile in piena conformità con il diritto internazionale umanitario e i diritti umani”.

Sistematiche violazioni dei diritti umani

Dopo l’offensiva militare azera nel Nagorno Karabakh di poco più di un anno fa – e che ha causato la fuga di circa 120.000 armeni dell’enclave verso l’Armenia – sono state documentate violazioni sistematiche dei diritti dei detenuti armeni trattenuti in Azerbaigian, di abusi e di processi iniqui.
Durante un evento ospitato al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, esperti di diritti umani ed esponenti del CEC hanno denunciato la detenzione illegale di almeno 23 armeni. Siranush Sahakyan, avvocata armena per i diritti umani, ha esortato la comunità internazionale a utilizzare la COP29 come occasione per fare pressione sul governo azero. Nel corso del panel si è discusso anche della distruzione sistematica del patrimonio culturale e religioso nell’ex enclave armena. Peter Prove, direttore della Commissione delle Chiese per gli Affari Internazionali del CEC, ha evidenziato l’urgenza di affrontare queste violazioni, criticando il tentativo dell’Azerbaigian di migliorare la propria immagine internazionale attraverso la presidenza della COP29, mentre persistono gravi violazioni dei diritti umani.

È in questo quadro che il 10 novembre alle 17 a Ginevra, il CEC organizzerà un servizio di preghiera locale nella cattedrale di San Pietro in collaborazione con la comunità armena.

Preghiera per il popolo armeno

Di seguito la preghiera proposta dal CEC per l’occasione:

Dio misericordioso,

portiamo oggi davanti a te il popolo armeno.

Ti lodiamo per tutti i doni con i quali lo hai benedetto: la forza della sua fede, la bellezza delle sue chiese, l’ispirazione delle sue liturgie, gli straordinari talenti espressi nell’arte e nella cultura, la resilienza con la quale ha vinto le sfide della sua storia.

Portiamo davanti a te ciò che ne oscura la vita in questi giorni: le lacrime di chi ha perso i propri cari, vittime dell’aggressione militare. L’insicurezza di coloro che sono dovuti fuggire dalla proprie case e che adesso temono per il proprio futuro. La distruzione nella guerra di chiese sante e preziose.

Tu sei la luce del mondo. Manda la tua luce nei cuori di tutti coloro che sono stati colpiti e ispirali ancora e ancora con il tuo spirito di fede, amore e speranza. (trad.: G. M. Schmitt)

Il corpo incorrotto del cardinale Agagianian (Corrispondenza Romana 30.10.24)

Lo scorso 12 settembre 2024, al termine del Sinodo della Chiesa Armena Cattolica, è avvenuta la traslazione da Roma a Beirut, in Libano, delle spoglie mortali del Servo di Dio, cardinale Gregorio Pietro (in armeno Krikor Bedros) Agagianian, quindicesimo patriarca di quella Chiesa, morto a Roma nel 1971. Il feretro è stato accolto nella capitale libanese dal Patriarca Minassian, dal Primo ministro Najīb Mīqātī e dalle massime personalità religiose e politiche. Ciò che ha reso straordinaria questa traslazione è che il corpo del cardinale Agagianian, oltre mezzo secolo dopo la sua morte, malgrado non sia stato imbalsamato, è incorrotto, perfettamente integro. Il suo volto è tranquillo e sorridente. Sul blog di Padre Livio troverete alcune immagini veramente sorprendenti https://blogdipadrelivio.it/il-corpo-incorrotto-del-servo-di-dio-il-card-agagianian/

Il corpo del cardinale Agagianian, ha attraversato la città di Beirut, in un’urna trasparente, applaudito dalla folla che lanciava petali di rose come al passaggio di un santo, fino alla cattedrale armena dei Santi Elia e Gregorio Illuminatore, dove è stato sepolto.

Ma chi era il cardinale Agagianian? Nato in Georgia nel 1895, Gregorio Pietro Agagianian studiò a Roma fin da giovanissimo presso il Pontificio Collegio Armeno, di cui fu in seguito sia vice-rettore che Rettore e venne ordinato sacerdote nel 1917. Nominato Vescovo   l’11 luglio 1935 da Papa Pio XI, il 30 novembre 1937 fu eletto Patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici.

Il 18 febbraio 1946 Papa Pio XII lo creò cardinale assegnandogli il titolo di San Bartolomeo all’Isola. Alla morte di Pio XII, Silvio Negro, vaticanista del “Corriere della Sera”, lo indicava come favorito dai pronostici in conclave, per la sua conoscenza della curia, la sua competenza di giurista e la sua pietà esemplare. Fu eletto invece Giovanni XXIII. Il cardinale Agagianian, sostenuto dai conservatori, fu un papabile anche nel conclave del 1963 che elesse Paolo VI. Guidò in veste di prefetto, la Congregazione di Propaganda Fide dal 1958 al 1970 e partecipò al Concilio Vaticano II. Morì a Roma il 16 maggio 1971, in fama di santità. Nel 2022 è stata avviata la sua causa di beatificazione e ha quindi il titolo di Servo di Dio.

Nei processi di beatificazione e canonizzazione è prevista la ricognizione canonica dei resti dei candidati alla santità e quando, al momento della riesumazione, il corpo appare non decomposto, senza che vi sia stata un’imbalsamazione, la Chiesa considera il corpo incorrotto come un segno soprannaturale. Il corpo incorrotto non è in sé stesso una prova di santità, ma ne costituisce una conferma, tanto che la Chiesa lo dichiara al momento della canonizzazione.

I santi con i corpi incorrotti sono comunque rari. Infatti i santi canonizzati dalla Chiesa negli ultimi cinque secoli sono stati circa 1700 e di essi poco più di un centinaio sono stati trovati incorrotti. Tra questi santa Cecilia, il cui corpo fu scoperto intatto oltre 1500 anni dopo la morte, santa Chiara da Montefalco e santa Caterina da Bologna, santa Caterina Labouré e santa Bernadette Soubirous, san Giovanni Bosco e san Luigi Orione. Nel bel libro di don Charles Murr L’anima segreta del Vaticano (Fede e Cultura, Verona 2024), tra i numerosi episodi che Suor Pascalina racconta al giovane sacerdote americano suo amico vi è anche questo. Quando nel 1956 Pio XII volle aprire la causa di beatificazione di Pio IX e fu riesumato il suo corpo, mandò la sua collaboratrice a rivestire il corpo del Papa, dopo che monsignor Enrico Dante e la commissione ne ebbero esaminato lo stato. «Quando la bara fu aperta – ricorda suor Pascalina – non riuscivo a credere ai miei occhi. Sembrava non morto, ma addormentato! Il corpo era perfettamente intatto! Non solo, ma le dita, i polsi, le braccia erano morbidi, flessibili». Suor Pascalina dovette tagliare i capelli, radere la barba e spuntare le unghie di Pio IX, prima di rivestirlo con gli abiti pontifici.

Si è parlato di incorruttibilità del corpo anche per Giovanni XXIII, ma il corpo di papa Roncalli, a differenza di quello di Pio IX fu imbalsamato e quando i corpi dei Papi subiscono questo trattamento il fenomeno non può essere definito di origine soprannaturale e l’ipotesi dell’incorruttibilità viene esclusa.

Perché il numero dei santi che sono sfuggiti al processo di decomposizione è così esiguo? La risposta sta nel dogma centrale della Chiesa cattolica, che è quello della Risurrezione dei morti. I corpi degli uomini sono destinati a decomporsi dopo la morte per poi ricongiungersi con le loro anime alla fine del mondo. La morte è la separazione dell’anima dal corpo e quando il corpo degli uomini è privato dell’anima, che è il suo principio unitario e vivificatore, si decompone e torna in cenere. Però, il giorno del Giudizio universale, tutte le anime si riuniranno con i loro corpi che verranno resi incorruttibili, sia quelle degli eletti che quelle dei dannati. In Paradiso e all’Inferno si andrà con anima e corpo per l’eternità. Tuttavia, solo i corpi di coloro che saranno in Paradiso riceveranno un corpo glorioso, spirituale, conforme a quello di Cristo risorto. Per questo san Paolo dice «E i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità» (1 Cor 15, 52-53).

Dio, che destina gli uomini alla corruzione dei corpi, per renderli incorruttibili quando risorgeranno, ha disposto tuttavia che alcuni di essi, eccezionalmente, sfuggano al processo di decomposizione.  I loro corpi possono essere accompagnati anche da altri fenomeni soprannaturali, quali il profumo che emanano, il ringiovanimento e talora il movimento. Nel caso del cardinale Agagianian colpisce, ad esempio il ringiovanimento. Basta paragonare le immagini del suo volto riesumato e quelle delle sue ultime fotografie per rendersi conto che il corpo del cardinale dimostra molto meno dei 76 anni che aveva quando è morto. Ciò che è inspiegabile deve rimandarci all’esistenza di Dio Creatore, che nella sua infinita Sapienza ha la capacità di modificare le leggi della natura per il bene delle anime. Per questo non dobbiamo trascurare i segni che la Divina Provvidenza mette spesso davanti ai nostri occhi. Nel caso del Servo di Dio Gregorio Pietro Agagianian fa riflettere anche il suo arrivo nella Terra dei Cedri, il Libano, proprio nel momento in cui il Medio Oriente è in fiamme, come a significare che solo la santità può spegnere quelle fiamme che rischiano di incendiare il mondo.

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Viaggio in Armenia, una delle culle della viticoltura, che si rilancia tra vino, cibo e cultura. (Youtube 30.10.24)

Alla scoperta di un Paese fuori dalle rotte enoturistiche più classiche, ma ricco di storia, con una lunga tradizione vinicola e culinaria. Come raccontano Zaruhi Muradyan (Vine and Wine Foundation of Armenia), Sophie Pallas (Oiv), Arpine Nersisyan (guida turistica), e produttori come Anoush Iskndaryan (Northen Terroir), Eduard Avetisyan (Kataro) e Samvel Machanyan (Alluria).

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L’Occidente ripaga col silenzio i doni di Aliyev (Tempi 30.10.24)

Come si noterà dal fatto che c’è il suo nome scritto sopra (ironia), il Molokano ha rinunciato al patteggiamento e a mettersi a riposo crogiolandosi nel proprio decoroso fallimento, e accetta l’eventuale sconfitta della storia, ampiamente prevedibile vista l’enorme sproporzione tra le forze in campo. Da una parte la minima Armenia, molto più piccola di Davide, senza neanche le pietre aguzze per la fionda, e un Golia meno stupido dell’eroe dei Filistei. Eppure, le trote argentate del lago di Sevan guizzano, e il nemico che le vorrebbe fiocinare non ha ancora trovato l’algoritmo per decifrare le traiettorie della loro malinconica bellezza. Queste principesse della mia vita mi esortano a insistere, ed è alla fine la scelta più razionale che ci possa essere.

Le uniche cose interessanti sono quelle imprevedibili, e il fatto più cospicuo della storia ha spezzato le catene dell’impossibile: l’Eterno che entra nel tempo, un punticino carnale ma infinito, quel Gesù Nazareno che è l’amore d…

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LE SCIARPE ARTISTICHE DI ARTUYT CELEBRANO CENTO ANNI DI SERGEI PARAJANOV (Manintown 300.10.24)

Esattamente cento anni fa, il mondo assisteva alla nascita di quello che poi sarebbe diventato uno tra i maestri più immensi della cinematografia moderna: Sergei Parajanov. Nato a Tbilisi, in Georgia, il regista è passato alla storia firmando capolavori del calibro di Le ombre degli antenati dimenticati (1965) e Il colore dei melograni (1969), testimoni di un genio artistico a dir poco straordinario. Visionario e a tratti surrealista, il lavoro di Parajanov consiste in una narrazione magnetica e affascinante; un corpus che, come affermato dal regista italiano Michelangelo Antonioni, restituisce «una bellezza semplicemente perfetta».

Nel 2024, la preziosa eredità lasciata dal cineasta viene celebrata in Armenia (e oltre) con eventi che rendono omaggio al suo importante contributo artistico e culturale… ma non solo. Un marchio in particolare, nato proprio dal desiderio di far conoscere opere di maestri armeni, dal Medioevo all’astrattismo moderno, si schiera oggi in prima linea, pronto a far rivivere l’operato dell’iconico regista. Parliamo di Artuyt, brand dall’animo fortemente creativo, noto al pubblico per prodotti pregiati quali sciarpe in seta, lana e cashmere, cravatte e fazzoletti da taschino.

Parajanov 100: la nuova linea by Artuyt ispirata al grande maestro armeno

Con l’intento di innalzare uno tra i nomi più influenti nel panorama culturale armeno, quest’anno Artuyt consegna una speciale collezione, nata dall’unione di stile rinascimentale e minimalismo moderno. Parajanov 100 – così è stata intitolata la linea – si compone di sciarpe e foulard ispirati ai film e alla personalità artistica del regista. Eleganti, opulenti e dai colori ben studiati, i pezzi sprigionano un caleidoscopio di emozioni (proprio come le produzioni di Parajanov), facendo del blu la nuance predominante. A questa si giustappongono poi il grigio, l’oro e il giallo, spesso inseriti in uno scenario dallo stile barocco che riprende diverse pellicole del cineasta.

Osservando più da vicino la collezione, alcuni pezzi in particolare balzano immediatamente all’occhio. Andersen’s Birthday, per esempio, è una sciarpa in seta con decorazioni stravaganti che prendono spunto dall’immaginario di Hans Christian Andersen, tra gli autori più apprezzati da Parajanov. Un ricco mosaico dorato avvolge l’intera scena rappresentata, mettendone in risalto texture e atmosfera onirica. Proseguendo si incontrano Variation with Shell on Themes by Pinturicchio and Raphael, foulard ispirato ai maestri del Rinascimento Pinturicchio e Raffaello con un piacevole tocco contemporaneo; e Several Episodes from Gioconda’s Life, una reinterpretazione giocosa della Monna Lisa di Leonardo che un compagno di cella di Parajanov aveva tatuata sulla schiena. Per non parlare poi del foulard Pasha, che raffigura la spiccata passione del regista per l’Oriente.

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Profili falsi e fake news, così la COP29 ripulisce il volto dell’Azerbaijan (Greenme 29.10.24)

Esattamente com’è accaduto con la Conferenza delle parti di Dubai dell’anno scorso, quando profili falsi elogiavano la presidenza degli Emirati Arabi Uniti anche per la COP29 c’è rischio di fake news che non fanno altro che celebrare il Paese ospitante

Centinaia di profili creati ad hoc su X volti a promuovere la controversa scelta dell’Azerbaijan, super produttore di petrolio e gas, di ospitare la COP29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del mese prossimo.

Gli account sono stati creati principalmente dopo luglio, quando sette dei 10 post più attivi che utilizzavano gli hashtag #COP29 e #COP29Azerbaijan criticavano soprattutto il ruolo dell’Azerbaijan nel conflitto con l’Armenia, utilizzando finanche hashtag come #stopgreenwashgenocide.

Leggi anche: Il Pianeta si surriscalda, ma l’azione climatica è in letargo: la COP29 sarà in grado di svegliarci?

A settembre, poi, la situazione si è praticamente capovolta e i post più attivi provenivano dall’account ufficiale Cop29 Azerbaijan. Non difficile, se si pensa che il Governo dell’Azerbaigian ha anche una certa esperienza nell’uso di account non autentici su Facebook per prendere di mira i giornalisti e gli attivisti democratici del Paese, nonché nell’uso di bot e di troll su X per criticare l’Armenia.

Ora, secondo Global Witness che ha condotto le nuove analisi, i post governativi rigonfi e fasulliovviamente stanno soffocando le critiche indipendenti sul record del Paese sulla crisi climatica e sulla repressione dei diritti umani.

Cosa sta accadendo

Il Governo dell’Azerbaijan supervisionerà il vertice ONU sul clima, che inizierà l’11 novembre prossimo, e in cui gli Stati cercheranno ancora una volta di realizzare i tagli urgenti ai combustibili fossili, ormai imperativi per evitare gli impatti più distruttivi del crollo climatico.

Ma proprio il Paese ospitante ha significative riserve di combustibili fossili e intende aumentare la produzione di gas del 50% nel prossimo decennio. Dunque, non c’è dubbio che non si abbiano interessi concreti.

Anche l’ultimo summit sul clima, la COP28, si era tenuto in uno stato petrolifero, gli Emirati Arabi Uniti, e nel periodo precedente a quella conferenza un esercito di falsi account sui social media promuoveva e difendeva lo Stato. Allora, i Paesi non sono riusciti a concordare di “eliminare gradualmente” i combustibili fossili alla COP28, come molti volevano, scegliendo invece l’ambizione più debole di “abbandonare i combustibili fossili“.

I più di 70 account sospetti a sostegno del Governo dell’Azerbaijan

L’analisi del Global Witness mostra il tentativo di manipolare artificialmente la conversazione. Per ora sono stati trovati 71 account che utilizzano hashtag che amplificano ripetutamente i messaggi ufficiali del Governo dell’Azerbaijan. Tutti sono sospettosamente simili tra loro:

  • hanno lo stesso aspetto: tutti i 71 account hanno immagini della natura, come fiori o alberi, nella loro immagine del profilo e/o la loro immagine banner
  • alcuni di loro sembrano esattamente uguali l’uno all’altro: sette degli account hanno la stessa immagine del profilo e/o la stessa immagine del banner di un’altra. Gli account con i fiori bianchi condividono anche lo stesso nome
  • sono nuovi: il 93% degli account è stato creato negli ultimi sei mesi
  • amplificano lo stesso contenuto: generalmente gli account si limitano a ritwittare piuttosto che pubblicare i propri contenuti. A settembre, il 70% di questi retweet proveniva da account politici ufficiali dell’Azerbaijan
  • usano gli stessi hashtag: spesso questi profili non aggiungono alcun commento ai loro retweet oltre agli hashtag. Più della metà dei loro post a settembre erano #COP29 o #COP29Azerbaijan. Nel 10% dei loro post, hanno anche usato l’hashtag nazionalistico #KarabakhIsAzerbaijan
  • sono collegati tra loro: più della metà degli account è collegata a sei o più degli altri account. L’87% è connesso ad almeno un altro account della rete
  • cambiano aspetto insieme e a volte pubblicano in modo coordinato e sequenziale
profili fake cop29

@Global Witness

Da Global Witness hanno scritto a X per chiedere di indagare su questi account e sulla piattaforma e avrebbe risposto che aveva hanno preso provvedimenti contro la maggior parte di essi, ma è pur vero ahinoi che che Elon Musk ha evidentemente priorità molto differenti.

Abbiamo anche scritto al governo dell’Azerbaigian e gli organizzatori della COP29 per dare loro l’opportunità di commentare il nostro Risultati. Non hanno risposto, concludono da Global Witness.

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