AttualitàGli ambientalisti armeni accusano l’Azerbaigian di usare la COP29 per fare Greenwashing (Scenari Economici 08.11.24)

Sentendosi escluse dalla partecipazione diretta alla prossima conferenza sul clima COP29, che inizierà l’11 novembre a Baku, le organizzazioni ambientaliste armene hanno rilasciato una dichiarazione in cui esortano i partecipanti a parlare dei diritti e della protezione ambientale dell’Azerbaigian.

La dichiarazione, rilasciata dall’organizzazione non governativa Ecolur con sede a Yerevan e firmata da oltre 50 altre entità armene, accusa il governo azero di utilizzare la COP29 per creare una narrativa di “greenwashing” volta a oscurare le violazioni dei diritti e a nascondere le presunte carenze nella salvaguardia degli ecosistemi regionali.

Le ONG armene hanno specificamente accusato l’Azerbaigian di essere impegnato in una “deforestazione di massa” nel territorio armeno attualmente occupato dalle forze armate azere sulla scia della riconquista del Nagorno-Karabakh da parte di Baku. Secondo la dichiarazione dell’ONG, le attività azere nell’area stanno “devastando gli ecosistemi” attraverso la costruzione di una rete di strade e l’impianto di mine terrestri che “limitano il movimento dei residenti [armeni] nelle vicinanze e li privano dell’accesso all’acqua”.

Baku, Azerbaigian

La dichiarazione esorta inoltre i partecipanti a parlare di quelle che definisce “violazioni del diritto umanitario, pulizia etnica della popolazione armena indigena [e] distruzione del patrimonio storico e culturale armeno” in Karabakh.

I funzionari azeri negano le accuse di violazione dei diritti contro gli armeni del Karabakh, citando una serie di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che sostengono la sovranità di Baku sull’enclave del Karabakh.

Sembra improbabile che molti partecipanti sollevino pubblicamente argomenti non ambientali durante la COP29. Un accordo di ospitalità tra l’agenzia delle Nazioni Unite che gestisce la conferenza annuale e il governo dell’Azerbaigian contiene un linguaggio che potenzialmente consente ai padroni di casa di rivalersi legalmente su chiunque esprima pubblicamente critiche alle politiche del governo. Quindi chi si reca a Baku deve stare attento e pesare le parole. 

La dichiarazione dell’ONG armena ha criticato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici per aver scelto Baku come città ospitante. Data la tensione in corso intorno al processo di pace tra Armenia e Azerbaigian, gli ambientalisti armeni non si sono sentiti sicuri di partecipare alla conferenza.

“La decisione di tenere la COP29 a Baku è stata di per sé problematica, considerando non solo il fatto che tale evento si tiene in un Paese con un’economia basata sui combustibili fossili, ma anche la realtà che questo Stato utilizza i profitti derivanti da queste risorse per espandere l’aggressione militare e violare palesemente il diritto internazionale”, si legge nella dichiarazione.

Intanto però l’Azerbaigian è riuscito a massimizzare i propri contatti internazionali e le proprie ricchezze e ha ottenuto l’ospitalità di questo evento. Un paese che vive di petrolio e gas  dovrebbe guidare la discussione sulla decarbonizzazione. La cosa è leggermente farsesca.

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Armenia: domenica 10 novembre Giornata di preghiera per pace e liberazione dei prigionieri. Karekin II, “vostro sostegno è segno di solidarietà e fratellanza cristiana” (SIR 08.11.24)

Promossa da Karekin II, patriarca supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, domenica 10 novembre si svolgerà in tutto il mondo una Giornata di preghiera per la pace in Armenia. A Ginevra il Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) dà appuntamento nella cattedrale di Saint Pierre alle 17. In un video messaggio giunto all’organismo ecumenico alla vigilia dell’iniziativa, il Patriarca Karekin ha detto: “Il vostro sostegno al popolo dell’Artsakh, in particolare a coloro che sono in difficoltà e a coloro che sono detenuti illegalmente nelle prigioni dell’Azerbaijan, è una profonda testimonianza di solidarietà e fratellanza cristiana”. Riflettendo sulle “indicibili difficoltà e sulla pulizia etica che la regione sta affrontando”, ha aggiunto: “Il vostro impegno a unirvi a noi nella preghiera rinnova la nostra speranza nella nostra richiesta di giustizia, pace e dignità per tutti e in particolare per il riconoscimento dei diritti del nostro popolo dell’Artsakh e della libertà dei nostri figli prigionieri”.
In un comunicato diffuso oggi, il Wcc invita “tutte le persone di buona volontà” a unirsi a questa giornata di preghiera “per l’Armenia, per la pace, per il sostegno ai rifugiati e per la liberazione degli ostaggi di guerra”. La Giornata si svolge domenica  10 novembre perché la Cop29 si svolgerà quest’anno in Azerbaigian. Il Wcc ricorda a questo proposito che l’aggressione militare contro la Repubblica del Nagorno-Karabakh/Artsakh nel settembre-ottobre 2020, seguita dal blocco totale durato dieci mesi del corridoio di Lachin e dallo sfollamento forzato di circa 120.000 armeni dalle loro terre ancestrali nel settembre 2023, rimane “una preoccupazione critica”. “La Cop29 – afferma il Wcc – rappresenta un’opportunità unica per sostenere la liberazione incondizionata dei 23 ostaggi armeni, nonché prigionieri politici e giornalisti azeri detenuti nelle prigioni azere”. A Roma, il Pontificio Collegio armeno e la Rappresentanza della Chiesa apostolica armena presso la Santa Sede organizzano insieme una preghiera ecumenica che si terrà alle ore 17 presso la Chiesa armena di San Nicola da Tolentino (via S. Nicola da Tolentino 17), per “pregare il Signore per la liberazione di coloro dei nostri fratelli che sono stati fatti prigionieri”.

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10 novembre, giornata di preghiera per il popolo armeno (Riforma.it)

Armenia Azerbaigian, parlamentari al governo: favorire pace/ Da Lega a Pd: appello per liberare prigionieri (Varie 08.11.24)

ARMENIA AZERBAIGIAN, APPELLO PER LA PACE
Dalla Lega al Pd, centrodestra e centrosinistra si uniscono tramite alcuni dei loro parlamentari per lanciare un appello per la liberazione dei prigionieri e detenuti armeni. In una lettera scritta in vista della COP29, conferenza Onu sul cambiamento climatico che sarà ospitata dall’Azerbaigian, deputati e senatori che rappresentano i partiti della maggioranza e dell’opposizione hanno elaborato alcune richieste per il governo, con l’obiettivo principale di spingere Armenia e Azerbaigian di arrivare a un accordo di pace e a far rilasciare chi si trova ancora nelle carceri azere.

Infatti, ci sono 23 prigionieri di guerra a Baku e altri detenuti. L’idea è di far leva sui rapporti commerciali e politici con Baku, basti pensare alla partnership nel settore energetico grazie alla quale si è creato un solido legame con l’Azerbaigian. Inoltre, l’Italia ha interesse nella stabilizzazione della zona, motivo per il quale può incoraggiare azioni che avvicinino i due Paesi al punto tale da arrivare a un accordo di pace definitivo. Di sicuro, il rilascio di prigionieri e detenuti sarebbe un buon segnale con ricadute positive sulla conferenza, oltre che su tutta la regione, secondo i parlamentari.

LE RICHIESTE DEI PARLAMENTARI
La richiesta esplicita dei parlamentari italiani al governo Meloni è di sensibilizzare l’Azerbaigian affinché liberi i prigionieri e detenuti armeni proprio in concomitanza con COP29, come segno di amicizia con il nostro Paese e di buona volontà. Si chiede altresì di occuparsi del loro rientro a casa e di esprimere a entrambi i Paesi la volontà dell’Italia di collaborare per arrivare a un accordo di pace nella regione che sia definitivo.

CHI HA FIRMATO L’APPELLO AL GOVERNO ITALIANO
I firmatari della Lega sono gli onorevoli Simone Billi, Paolo Formentini, Giulio Centemero, Erik Pretto e Gianpiero Zinzi e i senatori Stefano Borghesi, Gian Marco Centinaio ed Elena Murelli. Per quanto riguarda Forza Italia, a firmare l’appello sono gli onorevoli Alessandro Battilocchio, Deborah Bergamini, Giorgio Lovecchio, Andrea Orsini, Catia Polidori e l’eurodeputato Massimiliano Salini. Invece, per il Partito democratico i senatori Susanna Camusso, Graziano Delrio, Filippo Sensi, Francesco Verducci, Sandra Zampa e Tatjana Rojc con gli onorevoli Andrea Casu, Piero Fassino e l’eurodeputato Brando Benifei.

Per il Movimento 5 Stelle ci sono i senatori Gabriella di Girolamo e Luigi Nave con l’onorevole Gianmauro Dell’Olio. I firmatari del partito che guida il governo, Fratelli d’Italia: i senatori Andrea De Priamo, Roberto Menia e gli onorevoli Lorenzo Malagola, Stefano Maullu, Andrea Pellicini ed Emanuele Pozzoli. L’onorevole Alessandro Colucci per Noi Moderati e la senatrice Mariastella Gelmini per Gruppo Civici d’Italia, UDC, Noi moderati. Infine, gli onorevoli Benedetto Della Vedova (+Europa) e Federica Onori (Azione), i senatori Aurora Floridia (Avs), Ivan Scalfarotto (Italia Viva) e Luigi Spagnolli (Gruppo Per le Autonomie).

Il Sussidiario


COP29: appello bipartisan per il rilascio di 23 prigionieri armeni (Gazzetta Diplomatica)

Appello per la liberazione dei prigionieri e detenuti armeni (Tempi.it)

COP29: appello bipartisan per il rilascio di 23 prigionieri armeni

L’appello bipartisan dei parlamentari italiani per il rilascio di 23 prigionieri di guerra armeni e altri detenuti le cui famiglie attendono da tempo il ritorno a casa in occasione della COP29

Premesso che dall’11 al 22 novembre 2024 l’Azerbaigian ospiterà COP29, conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico;
Considerato che l’Italia ha ottimi rapporti commerciali e politici con Baku e intrattiene una proficua collaborazione anche nel campo energetico, il che ci posiziona fra i primissimi partner europei dell’Azerbaigian;
Valutato che è interesse dell’Italia che l’area sud caucasica sia pacificamente stabilizzata e pertanto vengano incoraggiate tutte le azioni che promuovano un aumento di fiducia tra Armenia e Azerbaigian e la firma di un definitivo accordo di pace;
Preso atto che, dopo i recenti conflitti, risultano ancora trattenuti, con differenti motivazioni, a Baku, 23 prigionieri di guerra armeni e altri detenuti le cui famiglie attendono da tempo il ritorno a casa;
Considerato che il loro rilascio rappresenterebbe un segnale positivo nelle relazioni fra i due Paesi e avrebbe ulteriori positive ricadute su tutta l’area regionale e sulla stessa COP29;

i sottoscritti, deputati e senatori della repubblica italiana chiedono al Governo

• di sensibilizzare il partner azero affinché in concomitanza con l’evento COP29 proceda, quale gesto di buona volontà e in segno di amicizia con l’Italia, alla liberazione di tutti i prigionieri e detenuti armeni;

• di curare, qualora necessario anche con mezzi propri, il ritorno a casa degli stessi;

di comunicare ad Armenia e Azerbaigian l’impegno dell’Italia finalizzato al raggiungimento di un accordo definitivo di pace nella regione.

On. Alessandro Battilocchio -FI
On. Brando Benifei- PD Eurodeputato
On. Deborah Bergamini- FI
On. Simone Billi- Lega
Sen. Stefano Borghesi-Lega
Sen. Susanna Camusso-PD
On. Andrea Casu- PD
On. Giulio Centemero- Lega
Sen. Gian Marco Centinaio – Lega
On. Alessandro Colucci- Noi moderati
Sen. Andrea De Priamo- FdI
On. Gianmauro Dell’Olio- 5 Stelle
On. Benedetto Della Vedova – + Europa
Sen. Graziano Delrio – PD
Sen. Gabriella di Girolamo – 5 Stelle
On. Piero Fassino- PD
Sen. Aurora Floridia- Alleanza Verdi e Sinistra
On. Paolo Formentini- Lega
Sen. Mariastella Gelmini- Gruppo Civici d’Italia – UDC- Noi moderati
On. Giorgio Lovecchio- FI
On. Lorenzo Malagola- FdI
On. Stefano Maullu- FdI
Sen. Roberto Menia- FdI
Sen. Elena Murelli- Lega
Sen. Luigi Nave- 5 Stelle
On. Federica Onori- Azione
On. Andrea Orsini- FI
On. Andrea Pellicini- FdI
On. Catia Polidori- FI
On. Emanuele Pozzoli- FdI
On. Erik Pretto – Lega
Sen.    Tatjana Rojc – PD
On. Massimiliano Salini- FI Eurodeputato
Sen. Ivan Scalfarotto – Italia Viva
Sen. Filippo Sensi – PD
Sen. Luigi Spagnolli- Gruppo Per le Autonomie
Sen. Francesco Verducci- PD
Sen. Sandra Zampa – PD
On. Gianpiero Zinzi – Lega

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Conflitti d’interesse e corruzione: la COP29 in Azerbaigian è una farsa prima di cominciare (L’Indipendente 08.11.24)

Tra l’11 e il 22 novembre si terrà a Baku, in Azerbaijan la COP 29, la ventinovesima conferenza annuale delle Nazioni Unite sulla lotta al cambiamento climatico. Per la prima volta, l’evento si svolgerà in una ex repubblica sovietica e vedrà tra i 40 e i 50 mila partecipanti, tra delegati, funzionari, leader politici e del mondo economico e finanziario e membri delle ONG – un numero estremamente elevato, seppur inferiore agli 84 mila partecipanti alla COP28 di Dubai dell’anno scorso. Al centro dell’evento di quest’anno vi sarà la discussione in merito ai finanziamenti, per i quali i Paesi sarebbero pronti a negoziare un nuovo obiettivo globale di finanza per il clima, il New Collective Quantified Goal (NCQG). Così come per gli Emirati Arabi Uniti lo scorso anno, l’Azerbaijan appare poco credibile come Paese ospitante dell’iniziativa sul clima. La sua economia dipende infatti in gran parte dall’estrazione di combustibile fossile, mentre la cultura politica, autoritaria e resistente all’esame critico, risulta in contrasto con i principi di trasparenza e inclusione su cui si fonda il sistema delle Nazioni Unite. Dunque, anche questa edizione della COP sembra essere avvolta dall’ipocrisia, oltre che costituire una questione di famiglia per il Presidente azero, Ilham Aliyev, in quanto buona parte delle aziende e degli sponsor collegati all’evento sono in mano a membri della sua famiglia.

COP Co-Opted, il rapporto pubblicato alla fine di ottobre da Transparency International e Anti-Corruption Data Collective, ha sollevato preoccupazioni sul fatto che la convenzione quadro «mancasse di protezioni contro l’influenza delle aziende e dei combustibili fossili nell’organizzazione della COP del Paese ospitante». Brice Böhmer, che ha guidato il lavoro di Transparency International sul cambiamento climatico e la governance, ha affermato che «senza linee guida su chi può essere un partner della COP e su come dovrebbe essere gestito il conflitto di interessi, è molto facile per i regimi corrotti assicurarsi che la loro famiglia e i loro amici possano usare la COP per ripulire i loro precedenti e beneficiare direttamente della COP».

Circa 5 mila tra i partecipanti alla Conferenza soggiorneranno in camere ultra-lussuose del Sea Breeze Resort, sul Mar Caspio, con accesso diretto a una spiaggia lunga sette chilometri, 50 bar e ristoranti e oltre 60 piscine. Il complesso turistico, che si estende su 500 ettari, appartiene a Emin Agalarov, ex genero del presidente Ilham Aliyev. Se già questo può ricoprire di un velo di ipocrisia l’evento, va inoltre aggiunto che buona parte delle aziende collegate all’evento e degli sponsor sono in mano a famigliari stretti del presidente.

Tra i partner ufficiali della COP29 figurano infatti il produttore alimentare Azersun e PASHA Holding, un conglomerato che abbraccia interessi nel settore bancario, assicurativo e delle costruzioni. La PASHA Holding appartiene a Leyla e Arzu Aliyeva, le due figlie adulte del presidente Aliyev. Hassan Gozal, nipote di Abdolbari Gozal, presidente di Azersun, è stato direttore di tre società costituite nelle Isole Vergini britanniche a nome delle sorelle Aliyeva, secondo un’indagine dell’International Consortium for Investigative Journalists.

Altri due sponsor della conferenza sul clima sono Silk Way West Airlines e un’azienda tessile chiamata GILTEX. La compagnia aerea è in ultima analisi di proprietà di un ex funzionario statale, Zaur Akhundov, mentre Arzu Aliyeva, figlia del presidente azero, era una dei tre proprietari di Silk Way Bank, l’ex braccio finanziario di Silk Way Group, di cui fa parte il vettore aereo. GILTEX, che controlla fino al 70% del mercato tessile locale, faceva parte di un conglomerato chiamato Gilan Holding. Un’indagine dell’OCCRP del 2018 ha rivelato che le figlie del Presidente Aliyev, attraverso una società registrata negli Emirati Arabi Uniti, avevano una partecipazione di maggioranza in Gilan Holding insieme ai figli di Kamaladdin Heydarov, ministro delle Situazioni di emergenza dell’Azerbaigian, nonché membro del comitato organizzatore della COP29.

Bank ABB, precedentemente nota come Banca Internazionale dell’Azerbaigian, è il Principal Banking Partner della COP e ha dichiarato di voler utilizzare «le intuizioni e le partnership forgiate alla COP29» per «promuovere soluzioni finanziarie che sostengano la stabilità ambientale, sociale ed economica». La banca fece notizia per il ruolo che ricoprì nello scandalo conosciuto con il nome di «lavanderia a gettoni azera», riguardante il riciclaggio di 2,9 miliardi di dollariSOCAR Green, Energy Transition Partner dell’evento, è una filiale per l’energia pulita della compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian. Anche in questo caso, i due sponsor sono emblema di corruzione, poca trasparenza e ipocrisia nello svolgere della conferenza sul clima delle Nazioni Unite.

Amnesty International ha inoltre denunciato come l’Azerbaijan abbia una lunga storia di limitazione alla libertà di espressione, associazione e riunione. Le proteste pacifiche, comprese quelle tenute da gruppi ambientalisti, sono sempre state duramente represse e più di 300 persone sono attualmente incarcerate con accuse politicamente motivate. Il lavoro dei giornalisti è gravemente ostacolato da leggi draconiane e dalla costante minaccia di ritorsioni. La maggior parte dei media indipendenti sono stati eliminati, così come vaste fasce della società civile dell’Azerbaigian. La tortura e altri maltrattamenti durante la detenzione sono diffusi in Azerbaigian e l’impunità è radicata.

Insomma, questi sono gli ingredienti della COP29 delle Nazioni Unite che si terrà a breve in Azerbaijan. Non proprio adatti alla credibilità e alla riuscita della conferenza sul clima.

[di Michele Manfrin]

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Lutto nell’episcopato (Armeno cattolico) – (Osservatore Romano 08.11.24)

S.E. Monsignor Pablo Léon Hakimian, eparca di San Gregorio de Narek en Buenos Aires degli Armeni ed esarca per i fedeli di rito armeno residenti in America Latina e Messico, è morto mercoledì scorso, 6 novembre, all’età di 70 anni, dopo una lunga malattia. Il compianto presule era nato a Le Caire, in Egitto, l’11 novembre 1953, ed era divenuto sacerdote il 14 agosto 1981. Nominato eparca di San Gregorio de Narek en Buenos Aires degli Armeni ed esarca per i fedeli di rito armeno residenti in America Latina e Messico il 4 luglio 2018, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 29 settembre. Le esequie saranno celebrate lunedì 11 novembre nella cattedrale di Nuestra Señora de Narek a Buenos Aires.

Migrazioni: dal sogno americano alla prigione (Osservatorio Balcani e Caucaso 06.11.24)

La storia di Eric, un armeno di quarant’anni che ha cercato di migrare negli Stati Uniti, partendo dall’Armenia attraversando l’Europa, la Cina e il Messico. Il suo approdo da migrante irregolare negli USA è coinciso con il carcere. Uscito di prigione grazie ad un avvocato ora prova a rifarsi una vita

06/11/2024 –  Armine Avetisyan Yerevan

Il sogno americano è la convinzione che in America le persone possano raggiungere successo e prosperità indipendentemente dal loro background sociale o dalle loro circostanze, se hanno diligenza e determinazione. Si basa su idee come opportunità economiche, libertà, uguaglianza e miglioramento della qualità della vita. Questo sogno spesso ispira i migranti e le loro famiglie in cerca di una vita migliore, anche se in realtà molti affrontano sfide e ostacoli.

“Ho trascorso due mesi in prigione; non avevo mai sperimentato una sofferenza simile in vita mia. Era il caos”, inizia Eric (nome di fantasia), un uomo armeno di 40 anni arrivato di recente negli Stati Uniti.

Residente a Yerevan, circa un anno fa ha iniziato a presentare domanda all’ambasciata degli Stati Uniti, ma non ha mai ottenuto il visto. Dopo l’ennesimo rifiuto, ha condiviso il suo sogno con un caro amico, che gli ha consigliato di contattare un’organizzazione speciale che avrebbe potuto aiutarlo.

“Ho chiamato e ho incontrato un uomo. Non era armeno. Mi ha assicurato che poteva aiutarmi ad arrivare negli Stati Uniti. Il servizio costava 25mila dollari, che avrebbero coperto tutto: voli, sistemazione in hotel e così via. Non avevo tutti quei soldi, ma avevo una bella macchina, che ho venduto”.

Eric ha ottenuto un visto Schengen, che gli avrebbe permesso di entrare nell’UE e poi in Messico per raggiungere gli Stati Uniti. È stato avvisato che doveva essere pronto a partire in qualsiasi momento. Quel momento è arrivato molto rapidamente e inaspettatamente.

Racconta che, dopo aver ricevuto il visto, chiedeva aggiornamenti quasi ogni giorno, ma riceveva sempre la stessa risposta: “Oggi non è il giorno giusto”. Un giorno, circa due ore dopo la solita risposta, ha ricevuto una chiamata che lo invitava a recarsi velocemente all’aeroporto perché il suo volo era imminente.

“Sono partito da Yerevan per Barcellona. Secondo l’accordo, avrei dovuto rimanere lì per una notte e poi viaggiare in Messico. Una volta arrivato a Barcellona, sono stato portato in un hotel. C’era un altro uomo lì, anche lui arrivato con lo stesso ‘servizio’, e dovevamo partire insieme. Quella notte, ho dormito a malapena, e anche lui. Abbiamo fumato e parlato del futuro; entrambi sentivamo di essere sulla strada giusta”.

Il giorno dopo, tuttavia, sono stati informati che avrebbero dovuto aspettare un altro giorno. Il giorno dopo, un’auto li ha portati all’aeroporto. Tuttavia, il piano non si è concretizzato.

“All’aeroporto ci hanno controllato i documenti e non ci hanno permesso di imbarcarci sul volo per il Messico. Il nostro contatto ha mandato un’auto e ci hanno riportato in hotel. Siamo rimasti lì per altri due giorni e ci hanno detto che c’erano dei problemi. Poi abbiamo saputo che non avremmo potuto raggiungere il Messico attraverso la Spagna e siamo partiti per Bruxelles. La stessa storia è successa lì, non ci hanno permesso di volare in Messico e siamo rimasti lì per un altro giorno prima di essere riportati a Barcellona”. Sono rimasti a Barcellona per altri due giorni prima di dirigersi a Madrid, ma invece di andare in Messico sono finiti a Dubai.

“Ci hanno detto che non potevamo andare in Messico attraverso l’Europa. Ci hanno suggerito di calcolare quanti soldi avevamo già speso e farci restituire gli altri, ma io volevo raggiungere gli Stati Uniti. Siamo rimasti a Dubai per qualche altro giorno, poi siamo partiti per la Cina. In Cina si è unito a noi un altro uomo, che era in viaggio da dicembre e non era riuscito a raggiungere il Messico”.

Eric e i suoi compagni di viaggio sono rimasti in Cina per circa una settimana, e quando avevano quasi perso le speranze sono riusciti a partire per il Messico. Una volta arrivato lì, Eric era sicuro di essere vicino al suo sogno.

“Sono rimasto a Tijuana per oltre una settimana. Abbiamo attraversato il confine in auto. In quel momento, ho pensato che fosse fatta; invece, mi sono ritrovato da immigrato irregolare in una prigione americana”.

Da quel momento, la vita di Eric si è trasformata in un incubo. Dice che non era stato avvisato di questi rischi. Nella cella c’erano decine di altri migranti irregolari. Ricordare le condizioni di vita lo fa inorridire.

“C’era una tazza nel bagno destinata ai detenuti musulmani per lavarsi. Un giorno, quando avevamo bisogno di acqua, uno di loro ha dovuto bere da quella tazza… Non voglio ricordare… No… Mi sono ammalato e sono stato ricoverato in ospedale… Per uscire di prigione, avevo bisogno di un avvocato. Mi avevano dato un contatto per un avvocato che mi aiutasse con le questioni legali e, quando finalmente ho avuto il diritto di chiamare, l’ho contattato. È stato lui a iniziare a lavorare per il mio rilascio”.

Non essendo mai stato dietro le sbarre in vita sua, Eric aveva visto le prigioni solo nei film e questa prigione gli ricordava quelle dei film di Hollywood. C’era una chiesa dove i detenuti potevano lavorare per un dollaro all’ora.

“Era un lavoro da custode. Ho fatto domanda al prete per lavorare anch’io, ma non per i soldi; volevo solo fare qualcosa per evitare di impazzire. L’ironia è che quando ho ricevuto una risposta dalla chiesa mi hanno informato che ero libero”.

Dopo due mesi di prigione, Eric è stato rilasciato con l’aiuto dell’avvocato, a cui deve circa novemila dollari. Non sa ancora come ripagherà quella cifra perché non ha un permesso di lavoro; è ancora libero con la condizionale, con un dispositivo metallico attaccato alla caviglia che monitora ogni suo movimento.

“Ho lasciato la mia famiglia a Yerevan: mia moglie e due bambini piccoli. Quando me ne sono andato, mia moglie e io avevamo concordato che sarebbero venuti anche loro, ma questo ora è fuori discussione. Ho provato sulla mia pelle cosa significhi attraversare illegalmente la frontiera. Sono comunque fortunato. In prigione ho incontrato persone che hanno sofferto ancora di più. C’era una famiglia che è arrivata dall’Africa. Hanno portato con sé i loro animali domestici in gabbia…”.

Avendo avuto un lavoro stabile, una casa e un’auto a Yerevan, Eric ora sogna di lavorare come tassista così da poter almeno pagare il debito dell’avvocato e comprare un biglietto di ritorno. Non è a conoscenza della sorte degli uomini che sono arrivati in Messico con lui, dicendo che sono stati portati in un’altra prigione e che non ha modo di contattarli.

“Forse un giorno il mio sogno americano diventerà realtà; non lo escludo, ma sento che quel giorno è tutt’altro che vicino”.

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Questo articolo è stato prodotto nell’ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell’Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell’Unione europea.

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Appello per la liberazione degli ostaggi armeni in Azerbaigian (Tempi 06.11.24)

Non possiamo «rimanere in silenzio di fronte alla violazione da parte dell’Azerbaigian dei diritti degli armeni dell’Artsakh e all’indifferenza della comunità internazionale». Scrivono così in un comune appello i leader spirituali della Chiesa apostolica armena (Aram I), cattolica (Raphaël Bedros Minassian XXI) ed evangelica (Paul Haidostian) a pochi giorni dalla conferenza Onu sul clima che si svolgerà a Baku (Azerbaigian) a partire dall’11 novembre.

Nell’appello – come riportato da Vatican News – le tre autorità religiose ricordano quanto accaduto in Nagorno-Karabakh (Artsakh) con la cacciata di 120 mila persone e il sistematico saccheggio e distruzione di edifici e monumenti religiosi armeni. A questo si aggiunge la situazione delle persone in ostaggio nelle carceri di Baku per le quali Aram, Bedros e Haidostian auspicano «una rapida liberazione».

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Madonna dei Debitori Speranza dell’Artsakh (La Voce del Parlamento 05.11.24)

La Madonna dei Debitori:  Speranza per il Popolo Armeno dell’Artsakh

di Lelio Antonio Deganutti
In un momento di grande sofferenza e incertezza per il popolo dell’Artsakh, la Madonna dei Debitori diventa un simbolo di speranza e solidarietà. Così come questa figura sacra è stata invocata dai fedeli italiani per sostenere chi è oppresso da debiti e ingiustizie, ora si fa portatrice della voce di chi, lontano, vive il dramma dell’esilio e della perdita.
La Madonna dei Debitori: Un Faro di Speranza per il Popolo Armeno dell'Artsakh
La Madonna dei Debitori: Un Faro di Speranza per il Popolo Armeno dell’Artsakh
Da mesi, oltre 120 mila armeni dell’Artsakh sono stati costretti a lasciare le loro terre ancestrali, subendo persecuzioni, distruzioni di chiese e monumenti culturali e il calvario di un’identità che rischia di essere cancellata.
Mentre i loro leader e sostenitori sono trattenuti come prigionieri, la loro comunità affronta il rischio di un’intera scomparsa culturale e umana, nel silenzio e nell’indifferenza della comunità internazionale.
I fedeli della Madonna dei Debitori, guidati dai principi di giustizia e pace del Vangelo, si sentono chiamati a prendere una posizione e a rispondere a questo grido di aiuto.
In particolare, il passo di Matteo 5,9 – “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” – risuona con forza, richiamando il popolo cristiano a farsi strumento di pace e compassione.
Per questo, si annuncia una messa speciale in onore della Madonna dei Debitori, dedicata alla protezione del popolo dell’Artsakh. Durante la celebrazione, i fedeli pregheranno affinché la Vergine interceda presso Dio e doni al popolo armeno conforto, speranza e la forza di rimanere saldi nella propria fede e identità.
La Madonna dei Debitori è conosciuta per la sua capacità di intervenire nei momenti di bisogno, di ascoltare le preghiere di chi è vessato e perseguitato, offrendo sostegno e luce nelle situazioni più buie.
Ora, i fedeli italiani estendono il suo abbraccio al popolo armeno, nella speranza che questo atto di comunione possa attirare l’attenzione dei governi e della comunità internazionale sulla giusta causa di un popolo che chiede solo di poter vivere nella propria terra, in pace e dignità.
La Madonna dei Debitori: Un Faro di Speranza per il Popolo Armeno dell'Artsakh
La Madonna dei Debitori: Un Faro di Speranza per il Popolo Armeno dell’Artsakh
Questa celebrazione sarà un simbolo di unità spirituale tra due popoli e un richiamo a tutti i credenti: non si può restare indifferenti di fronte a chi soffre.
La Madonna dei Debitori diventa così il ponte che unisce la sofferenza e la speranza, ricordando che la fede e la giustizia sono la base di ogni vera libertà e pace.
di Lelio Antonio Deganutti.
La Madonna dei Debitori: Un Faro di Speranza per il Popolo Armeno dell'Artsakh
La Madonna dei Debitori: Un Faro di Speranza per il Popolo Armeno dell’Artsakh
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Matera Film Festival, Atom Egoyan: «Vorrei portare in piazza a Matera una rappresentazione di Salomè» (Lagazzettadelmezzogiorno 05.11.24)

MATER – «Sono contento di essere stato invitato a Matera e di aver potuto vedere questa città misteriosa e antica, scoperta guardando la pellicola di Pier Paolo Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo”, visto che ero molto interessato ai film che parlavano di Gesù. Sto pensando di fare qui una rappresentazione teatrale di Salomè nella piazza centrale». Le parole sono di Atom Egoyan, 64 anni, regista, armeno naturalizzato canadese, di levatura internazionale, ospite d’eccezione della quinta edizione del Matera Film Festival, durante la quale venerdì presenterà in anteprima nazionale il suo ultimo lavoro Seven Veils con Amanda Seyfried, già diretta dal regista nel film Chloe – Tra seduzione e inganno del 2009.

Il maestro, sceneggiatore e produttore cinematografico nel corso della conferenza stampa di ieri ha raccontato il suo rapporto con la tecnologia, con il cinema che sta subendo una profonda trasformazione, sempre più aperto alla sperimentazione di nuovi linguaggi e prossimo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Ma anche con il cinema italiano del Dopoguerra, ricordando grandi registi come Pasolini, Fellini, Visconti e Antonioni che lo hanno in qualche modo influenzato e ispirato nel corso di una lunga carriera iniziata quarant’anni fa.

Il suo ultimo lavoro è Seven Veils, «dove – spiega il regista – ho cercato di raccontare nuovamente la storia di Salomè di Richard Strauss (riportata nel film diretto da Egoyan per la prima volta nel 1996, ndr), il cui libretto è basato sulla traduzione in tedesco dell’omonima tragedia di Oscar Wilde, dove tutti i livelli di interpretazione sono maschili, e dove tutti uomini guardano un personaggio femminile che, in quest’opera, si assume la responsabilità di chiedere la testa di Giovanni Battista, sulla base di qualcosa che non può avere, ossia l’amore carnale».

La storia però viene attualizzata, con la protagonista che è una regista teatrale, che deve riportare in scena la «Salomé», ma nel farlo è tormentata dai traumi non ancora risolti. «Uno dei momenti clou della storia – sottolinea il regista – è quando Salomé bacia Giovanni Battista, un gesto che crea una separazione tra testa e corpo. È un’immagine scioccante, ma il compito dell’arte proprio quello di risvegliare ciò che è dentro di noi. Da questo punto di vista, se pensiamo ai tanti conflitti che ci sono oggi nel mondo, l’arte ricopre un ruolo molto importante nel restituire un significato ai nostri sentimenti».

Quanto ai registi italiani che hanno influenzato la sua produzione. Egoyan non ha dubbi: «Oltre a Pier Paolo Pasolini, anche i film di Marco Bellocchio, Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti che ha questa eccezionale capacità di unire il realismo di Rossellini con la tradizione barocca di altri registi. E naturalmente Federico Fellini». Sul futuro del cinema il regista parla di «un momento di transizione. Dobbiamo incominciare a realizzare che lavoreremo anche con l’intelligenza artificiale. Adesso dobbiamo vedere a cosa ci porterà».

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Armenia: Œuvre d’Orient, manifestazione oggi pomeriggio a Parigi “Nessuna Cop29 in Azerbaigian senza rilascio degli ostaggi del Nagorno-Karabakh” (SIR 05.11.24)

Con lo slogan “Nessuna Cop29 in Azerbaigian senza rilascio degli ostaggi del Nagorno-Karabakh”, si svolgerà oggi pomeriggio a Parigi dalle 18.30 alle 20 una manifestazione dell’Œuvre d’Orient. L’appuntamento – fa sapere l’organizzazione – è in piazza dei Diritti Umani, Esplanade du Trocadéro. L’iniziativa è promossa insieme a Consiglio di coordinamento delle Associazioni armene di Francia e all’Associazione a sostegno dell’Artsakh. “La decisione di organizzare la COP29 in Azerbaigian – dichiara nella nota mons. Pascal Gollnisch, direttore generale dell’Œuvre d’Orient – è un affronto ai valori di giustizia, pace ed ecologia che questo vertice mondiale dovrebbe difendere”.