Inaccettabile parole contro gli Armeni alla Conferenza azero sul Cristianesimo in Azerbaigian alla Pontificia Università Gregoriana (Korazym 11.04.25)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.04.2025 – Vik van Brantegem] – Giovedì 10 aprile 2025 alla Pontificia Università Gregoriana a Roma si è svolta la XII Conferenza Scientifica Internazionale dal titolo Cristianesimo in Azerbaigian: storia e modernità dedicata al patrimonio dell’Albania caucasica. L’evento è stato organizzato dal Baku International Multiculturalism Center, dall’A.A. Bakikhanov Institute of History and Etnology dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Azerbaigian, dall’Ambasciata della Repubblica di Azerbaigian presso la Santa Sede e dalla Comunità religiosa cristiana Alban-Udi. Una iniziativa che ha lasciato sgomenti tutti gli Armeni d’Italia e sicuramente del mondo intero, come espresso da Letizia Leonardi in un articolo su Assadakah News [*] e dal Consiglio per la comunità armena di Roma in un Comunicato Stampa questa mattina.

 

Sembra che nessuna organizzazione di studi armeni fosse stata a conoscenza di questa Conferenza. Ieri, il team di Monitoraggio del patrimonio culturale dell’Artsakh ha diffuso un avviso in armeno, inglese e russo: «Sono stati riuniti e reclutati decine di specialisti provenienti da diversi paesi (Turchia, Kazakistan, Uzbekistan, Corea del Sud, Russia, Polonia, Italia, Georgia, Germania, Francia, Canada, Stati Uniti, Lituania) con l’obiettivo di escludere la storia armena, la cultura armena e la presenza degli Armeni nel territorio dell’Azerbaigian, quindi, in particolare quei monumenti armeni, ricoperti da centinaia di iscrizioni armene, vengono presentati come albanesi. Si tratta di Amaras, Ganadzasar, Dadivank, ecc.
Per noi è anche incomprensibile che abbiano partecipato alcuni noti ricercatori del settore, visto che a questa Conferenza non ha partecipato nessun ricercatore Armeno e non è stata pronunciata una sola parola sugli Armeni.
Esprimiamo la nostra protesta e preoccupazione alle organizzazioni e alle comunità armene per la conservazione della cultura, alla comunità scientifica internazionale e alle nostre autorità per aver nascosto e ignorato in questo modo la nostra memoria, la nostra storia e la nostra cultura».

Pecunia non olet

Con l’occasione ricordiamo che l’Ambasciatore della Repubblica di Azerbaigian presso la Santa Sede è stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Piano, con una cerimonia tenutasi in Vaticano il 3 aprile 2025. Il riconoscimento è stato consegnato a S.E. Ilgar Mukhtarov dal Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, Arcivescovo Edgar Peña Parra.

Inoltre, che l’Ambasciata della Repubblica di Azerbaigian presso la Santa Sede ha messo in risalto sulla propria pagina Facebook, «che Vatican News aggiunge la lingua azerbaigiana alla sua offerta informativa dal 2 aprile, nel ventesimo anniversario dalla morte di San Giovanni Paolo II, il primo Papa a visitare l’Azerbaigian. Questo, spiega il Direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli – “rappresenta un contributo non soltanto per la diffusione della parola del Papa ma anche per  il dialogo fra le religioni: il messaggio di pace del Successore di Pietro, in un mondo sconvolto da guerre e violenza, è un ponte verso tutti coloro che non si arrendono al clima di chiusura e di odio ma cercano di costruire percorsi di incontri, conoscenza reciproca e fraternità”».

Inaccettabili parole contro gli Armeni
alla Pontificia Università Gregoriana
Comunicato Stampa
del Consiglio per la comunità armena di Roma
Venerdì, 11 aprile 2025

Il Consiglio per la comunità armena di Roma si unisce allo sgomento e rabbia di tutti gli Armeni per quanto accaduto ieri presso la Pontifica Università Gregoriana di Roma dove l’Ambasciata dell’Azerbaigian presso la Santa Sede ha organizzato un convegno dal titolo Cristianesimo in Azerbaigian, affittando un locale dell’Istituto senza rivelare alla proprietà la vera natura politica dell’iniziativa, come già accaduto anche in passato per concerti organizzati presso parrocchie romane.

Nel corso di questo evento ancora una volta gli oratori hanno ripetuto la falsa teoria sulla Chiesa Cristiana Albana che sarebbe stata spodestata da quella Armena; teoria infondata e ridicola che non ha alcun cultore al di fuori dell’Azerbaigian e che è stata riproposta per giustificare l’occupazione del Nagorno-Karabakh (Artsakh) cancellando secoli di civiltà e storia armena nella regione, dopo aver cacciato da quei territori, sotto la minaccia della pulizia etnica, più di 120 mila Armeni, che oggi, dopo aver perso tutto, persino le tombe dei loro cari, si trovano rifugiati in Armenia.

Ma non solo tali assurdità sono risuonate alla Gregoriana. Vi è stato persino chi ha attaccato gli Armeni, come l’analista politico Fuad Akhundov, accusandoli di distruggere i monumenti e i siti religiosi azeri e arrivando perfino ad affermare che “queste azioni non sono solo atti di vandalismo contro il patrimonio storico e culturale dell’Azerbaigian, ma riflettono anche una politica anticristiana volta a distorcere la vera storia della regione”.

Non possiamo che rilevare che si tratti solo di un patetico tentativo per scaricare sull’inerme popolo armeno le proprie colpe, vista l’opera di distruzione compiuta recentemente in Nagorno-Karabakh e, sul finire del secolo scorso, a Julfa.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma, che ha provveduto ad inviare una missiva al Rettore dell’Università Gregoriana, ritiene inaccettabile che istituzioni pontificie, ancorché in buona fede, ospitino tali eventi caratterizzati da armenofobia, razzismo, intolleranza e basati su teorie prive di qualsiasi valore storico, religioso e scientifico e offensive nei confronti di un popolo che ha versato il proprio sangue per non rinnegare la propria fede Cristiana e che si sta accingendo a commemorare il prossimo 24 aprile il 110° anniversario del Genocidio del 1915 dove persero la vita più di un milione e mezzo di Cristiani Armeni.

Non è tollerabile che università, chiese e parrocchie diventino vittime della politica manipolatrice di un regime che Freedom House colloca tra le dieci peggiori dittature al mondo. Un regime che a suon di soldi e bugie cerca di annientare la millenaria civiltà̀ di un popolo che per primo, nel 301, abbracciò ufficialmente il Cristianesimo.

Ci appelliamo alla Conferenza Episcopale Italiana e alle Istituzioni vaticane a vigilare con attenzione per prevenire simili atti mistificatori e non rischiare di essere accusate di complicità con il regime dell’Azerbaigian.

Convegno azero sul Cristianesimo
alla Pontificia Università Gregoriana
di Letizia Leonardi
Assadakah News, 10 aprile 2025

Dopo la mostra turca a Roma al Colosseo, in Vaticano arrivano gli Azeri. Oggi 10 aprile, dalla mattina e fino alle 18, alla Pontificia Università Gregoriana della Santa Sede in Vaticano, gestita dai Padri Gesuiti, si è svolta la XII Conferenza Scientifica Internazionale dal titolo Cristianesimo in Azerbaigian: storia e modernità dedicata al patrimonio dell’Albania caucasica. L’evento è stato organizzato dal Baku International Multiculturalism Center, dall’A.A. Bakikhanov Institute of History and Etnology dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Azerbaijan, dall’Ambasciata della Repubblica di Azerbaijan presso la Santa Sede e dalla comunità religiosa Cristiana Alban-Udi.

Alla conferenza sono intervenuti studiosi albanologici provenienti da Turchia, Kazakistan, Uzbekistan, Corea del Sud, Russia, Polonia, Italia, Georgia, Germania, Francia, Canada, Stati Uniti e Lituania.

Una iniziativa che ha lasciato sgomenti tutti gli Armeni d’Italia e sicuramente del mondo intero. Un convegno sulla Cristianità organizzata da un Paese musulmano che non ha avuto pietà di attaccare il Nagorno-Karabakh, di provocare una grave crisi umanitaria che ha colpito 120 mila Armeni, che ha attuato una pulizia etnica in una terra ancestralmente abitata e governata da Armeni che adesso è sparita dalle cartine geografiche perché presa con la forza dalla dittatura di Baku. Un Paese, l’Azerbaijan condannato per crimini dal Parlamento Europeo e non solo e che, non contento, ora minaccia l’Armenia.

Un evento, quello di oggi, presentato con una locandina che riproduce una chiesa chiaramente di architettura armena ma che loro spacciano come quella dell’Albania Caucasica.

Incredibile il discorso inviato dal Cardinale e Prefetto del Dicastero della Santa Sede per le Chiese Orientali Claudio Gugerotti che riportiamo integralmente.

«Grazie estimati organizzatori per aver reso possibile questo incontro, che certamente intende essere il segno eloquente dell’impegno alla valorizzazione del patrimonio spirituale e culturale, nella promozione del dialogo, della ricerca e dell’incontro tra culture e confessioni religiose.
L’Azerbaijan, crocevia di popoli e fedi, è una terra antica su cui territorio si custodiva una tradizione cristiana che affonda le sue radici nell’epoca dell’Albania caucasica.
I monumenti sacri, le chiese, i manoscritti e le memorie del tutto rappresentano non solo testimonianze artistiche, ma espressioni tangibili dell’anima di un popolo che ha saputo onorare Dio nella varietà e nelle forme e nella fedeltà della propria fede.
Questa conferenza si presenta pertanto quale un’opportunità eminente di riflessione, in cui il sapere scientifico si intreccia alla memoria e la ricerca, onesta e spensierata e spassionata, si fa ponte tra presente e futuro.
Gli interventi degli illustri relatori, provenienti da diversi contesti culturali e accademici, non solo arricchiscono l’intelletto, ma edificano altresì uno spirito di concordia e di rispetto tra le civiltà, suscitato da una riflessione su un’eminente eredità religiosa, che come sempre accade nelle diverse queiti, segna profondamente l’anima del popolo.
Quanto all’impegno promosso dall’Azerbaijan alla ripresa della multiculturalità, le parole del Santo Padre Francesco qua ci paiono particolarmente confacenti: “Il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e quindi è un dovere per i cristiani, come anche per le altre comunità religiose” (Evangelii gaudium di Papa Francesco, al numero 250).
Non posso qui non evocare con viva commozione le due visite apostoliche che hanno segnato le relazioni tra la Santa Sede e la nazione azerbaigiana, quella di San Giovanni Paolo II nel 2002 e quella di Papa Francesco nel 2016.
In particolare, San Giovanni Paolo II, rivolgendosi alla città di Baku, affermò: “La vostra è una terra di incontro, di scambio e di dialogo. In essa possono convivere uomini e donne appartenenti a diverse religioni e culture. Questo è un grande dono e una grande responsabilità” (Baku, 23 maggio 2002).
Questo dono e responsabilità restano oggi più che mai attuali.
Essi esigono che si custodiscano con coraggio e sapienza i segni del passato, affinché la memoria non venga violata e le nuove generazioni possano riconoscersi in un patrimonio che parla di identità nella pluralità.
Illustri Signori e Signore, che il presente simposio rappresenti una luminosa occasione di scambio, di crescita comune e di consolidamento dei valori legali, culturali e spirituali.
Auspico che i frutti di questo incontro non si limitino all’ambito accademico, ma si producano in testimonianza concreta di pace, giustizia e verità, che in un impegno veramente scientifico, certo, costituiscono a dissipare il livore e la divisione. Con tale animo e nella fiducia al futuro segnato dalla concordia, vi auguro proficuo e ispirato svolgimento dei lavori».

Un discorso sicuramente non critico, anzi. Un evento a Roma poco pubblicizzato ma che avrà gran clamore in Azerbaijan. Il Vaticano sapeva ma si è vergognato a diffondere la notizia o non sapeva? Il Rettore della Pontificia Università Gregoriana, che ha dato in affitto la sala, la più grande e di rappresentanza, sapeva o non sapeva che conferenza si sarebbe tenuta? Fatto è che il Cardinale e Prefetto del Dicastero della Santa Sede per le Chiese Orientali Claudio Gugerotti ha inviato il suo messaggio. Forse sarebbe stato meglio tacere, come ha taciuto quando gli Armeni sono stati attaccati e stremati dall’Azerbaijan.

Un comportamento ambiguo del Vaticano e della Pontificia Università Gregoriana che sarebbe il caso venisse chiarito. Pecunia non olet vale anche per il Vaticano visto che Baku sta finanziando, in occasione del Giubileo, il restauro della basilica di San Paolo fuori le Mura e di diversi monumenti storici e chiese?

[*] L’associazione  Assadakah, termine che significa “Amicizia”, nasce a Roma nel 1994, per iniziativa di Talal Khrais, giornalista di fama internazionale, per anni corrispondente di guerra. Proprio in ragione dell’esperienza professionale, Talal si è impegnato e continua a impegnarsi nella promozione di iniziative internazionali per divulgare la cultura della convivenza, della pace e della cooperazione fra le nazioni e le popolazioni. Ha ottenuto importanti riconoscimenti in diverse parti del mondo e ha lavorato in stretto rapporto con la Associazione della Stampa Estera di Roma.
Grazie alla propria attività, Assadakah oggi è una realtà consolidata e profondamente impegnata nell’organizzazione e nell’assistenza a giornalisti di tutti i Paesi in missione in zone di crisi, in particolare del Medio Oriente e Africa.
L’Associazione opera in collegamento con una solida rete di referenti e corrispondenti nelle diverse capitali del mondo arabo, oggi coordinate da un’efficiente squadra di collaboratori che formano lo scheletro portante della Redazione di Assadakah News Agency, agenzia stampa collegata, diretta da Roberto Roggero, a sua volta giornalista con alle spalle diversi anni di corrispondenza di guerra.
Nonostante non pochi tentativi di imitazione, Assadakah, rimane l’unica reale associazione italo-araba che agisce per abbattere le frontiere sociali, culturali e religiose e che lavora per divulgare la cooperazione e la convivenza, all’insegna delle diversità come strumento di unione e non di separazione fra i popoli. In virtù di tale missione ha ottenuto il riconoscimento ufficiale della Lega degli Stati Arabi. Negli anni ha continuato a mantenere un elevato livello di informazione e di gestione dei rapporti culturali e politici, anche grazie all’adesione di nuovi soci, esponenti di alta professionalità nel campo giuridico internazionale, nell’arte, nella cultura, nella comunicazione, nell’ambiente, nella promozione di gemellaggi fra realtà italiane, europee e del mondo arabo, nelle relazioni istituzionali e diplomatiche, nei rapporti imprenditoriali italiani ed esteri.

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Roma – La Comunità Armena chiede al Vaticano di non essere complice degli azeri (Assadakah 11.04.25)

Letizia Leonardi (Assadakah News) – Non si placa lo sconcerto della Comunità Armena di Roma e degli armeni di tutto il mondo per la XII Conferenza Scientifica Internazionale dal titolo “Cristianesimo in Azerbaigian: storia e modernità”, organizzata ieri, 10 aprile, dal Baku International Multiculturalism Center, dall’A.A. Bakikhanov Institute of History and Etnology dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Azerbaijan, dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaijan presso la Santa Sede e dalla comunità religiosa cristiana Alban-Udi alla Pontificia Università Gregoriana. Non solo per il coinvolgimento consapevole o non consapevole della Santa Sede ma per l’ennesimo tentativo dell’Azerbaijan di accreditarsi come Paese musulmano rispettoso della cristianità che, tuttavia smentisce con gli attacchi al popolo armeno evidenziati durante il convegno. Non li riportiamo per non alimentare le mistificazioni e la disinformazione azera. Baku sta continuando la guerra contro l’Armenia su tutti i fronti, anche attraverso il Vaticano, Il Consiglio della Comunità Armena di Roma ha inviato un comunicato stampa alla Conferenza Episcopale Italiana e a tutte le Istituzioni Vaticane che riportiamo qui integralmente.

“INACCETTABILI PAROLE CONTRO GLI ARMENI ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ GREGORIANA

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” si unisce allo sgomento e alla rabbia di tutti gli armeni per quanto accaduto ieri presso la Pontifica Università Gregoriana di Roma dove l’ambasciata dell’Azerbaigian presso la Santa Sede ha organizzato un convegno dal titolo “Cristianità̀ in Azerbaigian”, affittando un locale dell’Istituto senza rivelare alla proprietà la vera natura politica dell’iniziativa, come già accaduto anche in passato per concerti organizzati presso parrocchie romane.

Nel corso di questo evento ancora una volta gli oratori hanno ripetuto la falsa teoria sulla chiesa cristiana albana che sarebbe stata spodestata da quella armena; teoria infondata e ridicola che non ha alcun cultore al di fuori dell’Azerbaigian e che è stata riproposta per giustificare l’occupazione del Nagorno Karabakh (Artsakh) cancellando secoli di civiltà e storia armena nella regione, dopo aver cacciato da quei territori, sotto la minaccia della pulizia etnica, più di 120 mila armeni, che oggi, dopo aver perso tutto, persino le tombe dei loro cari, si trovano rifugiati in Armenia.

Ma non solo tali assurdità sono risuonate alla Gregoriana. Vi è stato persino chi ha attaccato gli armeni, come l’analista politico Fuad Akhundov, accusandoli di distruggere i monumenti e i siti religiosi azeri e arrivando perfino ad affermare che “queste azioni non sono solo atti di vandalismo contro il patrimonio storico e culturale dell’Azerbaigian, ma riflettono anche una politica anticristiana volta a distorcere la vera storia della regione”.

Non possiamo che rilevare che si tratti solo di un patetico tentativo per scaricare sull’inerme popolo armeno le proprie colpe, vista l’opera di distruzione compiuta recentemente in Nagorno Karabakh e, sul finire del secolo scorso, a Julfa.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma”, che ha provveduto ad inviare una missiva al Rettore dell’Università Gregoriana, ritiene inaccettabile che istituzioni pontificie, ancorché in buona fede, ospitino tali eventi caratterizzati da armenofobia, razzismo, intolleranza e basati su teorie prive di qualsiasi valore storico, religioso e scientifico e offensive nei confronti di un popolo che ha versato il proprio sangue per non rinnegare la propria fede cristiana e che si sta accingendo a commemorare il prossimo 24 aprile il 110 anniversario del Genocidio del 1915 dove persero la vita più di un milione e mezzo di cristiani armeni.

Non è tollerabile che università, chiese e parrocchie diventino vittime della politica manipolatrice di un regime che “Freedom House” colloca tra le dieci peggiori dittature al mondo. Un regime che a suon di soldi e bugie cerca di annientare la millenaria civiltà̀ di un popolo che per primo, nel 301, abbracciò ufficialmente il cristianesimo.

CI APPELLIAMO ALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA E ALLE ISTITUZIONI VATICANE A VIGILARE CON ATTENZIONE PER PREVENIRE SIMILI ATTI MISTIFICATORI E NON RISCHIARE DI ESSERE ACCUSATE DI COMPLICITA’ CON IL REGIME DELL’AZERBAIGIAN.

Consiglio per la comunità armena di Roma”.

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Roma – Convegno azero sul cristianesimo alla Pontificia Università Gregoriana (Assadakah 10.04.25)

Letizia Leonardi (Assadakah News) – Dopo la mostra turca a Roma al Colosseo, in Vaticano arrivano gli azeri. Oggi 10 aprile, dalla mattina e fino alle 18, alla Pontificia Università Gregoriana della Santa Sede in Vaticano, gestita dai Padri Gesuiti, si è svolta la XII Conferenza Scientifica Internazionale dal titolo “Cristianesimo in Azerbaigian: storia e modernità” dedicata al patrimonio dell’Albania caucasica. L’evento è stato organizzato dal Baku International Multiculturalism Center, dall’A.A. Bakikhanov Institute of History and Etnology dell’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Azerbaijan, dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaijan presso la Santa Sede e dalla comunità religiosa cristiana Alban-Udi.

Alla conferenza sono intervenuti studiosi albanologici provenienti da Turchia, Kazakistan, Uzbekistan, Corea del Sud, Russia, Polonia, Italia, Georgia, Germania, Francia, Canada, Stati Uniti e Lituania.

Una iniziativa che ha lasciato sgomenti tutti gli armeni d’Italia e sicuramente del mondo intero. Un convegno sulla cristianità organizzata da un Paese musulmano che non ha avuto pietà di attaccare il Nagorno Karabakh, di provocare una grave crisi umanitaria che ha colpito 120 mila armeni, che ha attuato una pulizia etnica in una terra ancestralmente abitata e governata da armeni che adesso è sparita dalle cartine geografiche perché presa con la forza dalla dittatura di Baku. Un Paese, l’Azerbaijan condannato per crimini dal Parlamento Europeo e non solo e che, non contento, ora minaccia l’Armenia. Un evento, quello di oggi, presentato con una locandina che riproduce una chiesa chiaramente di architettura armena ma che loro spacciano come quella dell’Albania Caucasica. Incredibile il discorso inviato dal Cardinale e Prefetto del Dicastero della Santa Sede per le Chiese Orientali Claudio Gugerotti che riportiamo integralmente.

“Grazie estimati organizzatori per aver reso possibile questo incontro, che certamente intende essere il segno eloquente dell’impegno alla valorizzazione del patrimonio spirituale e culturale, nella promozione del dialogo, della ricerca e dell’incontro tra culture e confessioni religiose.

L’Azerbaijan, crocevia di popoli e fedi, è una terra antica su cui territorio si custodiva una tradizione cristiana che affonda le sue radici nell’epoca dell’Albania caucasica.

I monumenti sacri, le chiese, i manoscritti e le memorie del tutto rappresentano non solo testimonianze artistiche, ma espressioni tangibili dell’anima di un popolo che ha saputo onorare Dio nella varietà e nelle forme e nella fedeltà della propria fede.

Questa conferenza si presenta pertanto quale un’opportunità eminente di riflessione, in cui il sapere scientifico si intreccia alla memoria e la ricerca, onesta e spensierata e spassionata, si fa ponte tra presente e futuro.

Gli interventi degli illustri relatori, provenienti da diversi contesti culturali e accademici, non solo arricchiscono l’intelletto, ma edificano altresì uno spirito di concordia e di rispetto tra le civiltà, suscitato da una riflessione su un’eminente eredità religiosa, che come sempre accade nelle diverse queiti, segna profondamente l’anima del popolo.

Quanto all’impegno promosso dall’Azerbaijan alla ripresa della multiculturalità, le parole del Santo Padre Francesco qua ci paiono particolarmente confacenti:

“Il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e quindi è un dovere per i cristiani, come anche per le altre comunità religiose” (Evangelii Gaudium di Papa Francesco, al numero 250).

Non posso qui non evocare con viva commozione le due visite apostoliche che hanno segnato le relazioni tra la Santa Sede e la nazione azerbaigiana, quella di San Giovanni Paolo II nel 2002 e quella di Papa Francesco nel 2016.

In particolare, San Giovanni Paolo II, rivolgendosi alla città di Baku, affermò:

“La vostra è una terra di incontro, di scambio e di dialogo. In essa possono convivere uomini e donne appartenenti a diverse religioni e culture. Questo è un grande dono e una grande responsabilità” (Baku, 23 maggio 2002).

Questo dono e responsabilità restano oggi più che mai attuali.

Essi esigono che si custodiscano con coraggio e sapienza i segni del passato, affinché la memoria non venga violata e le nuove generazioni possano riconoscersi in un patrimonio che parla di identità nella pluralità.

Illustri Signori e Signore, che il presente simposio rappresenti una luminosa occasione di scambio, di crescita comune e di consolidamento dei valori legali, culturali e spirituali.

Auspico che i frutti di questo incontro non si limitino all’ambito accademico, ma si producano in testimonianza concreta di pace, giustizia e verità, che in un impegno veramente scientifico, certo, costituiscono a dissipare il livore e la divisione. Con tale animo e nella fiducia al futuro segnato dalla concordia, vi auguro proficuo e ispirato svolgimento dei lavori”.

Un discorso sicuramente non critico, anzi. Un evento a Roma poco pubblicizzato ma che avrà gran clamore in Azerbaijan. Il Vaticano sapeva ma si è vergognato a diffondere la notizia o non sapeva? Il rettore della Pontificia Università Gregoriana, che ha dato in affitto la sala, la più grande e di rappresentanza, sapeva o non sapeva che conferenza si sarebbe tenuta? Fatto è che il Cardinale e Prefetto del Dicastero della Santa Sede per le Chiese Orientali Claudio Gugerotti ha inviato il suo messaggio. Forse sarebbe stato meglio tacere, come ha taciuto quando gli armeni sono stati attaccati e stremati dall’Azerbaijan.

Un comportamento ambiguo del Vaticano e della Pontificia Università Gregoriana che sarebbe il caso venisse chiarito. Pecunia non olet vale anche per il Vaticano visto che Baku sta finanziando, in occasione del Giubileo, il restauro della basilica di San Paolo fuori le Mura e di diversi monumenti storici e chiese?

Come l’Azerbaijan sfrutta il calcio per la sua politica estera (Eastjournal 09.04.25)

Svariate autocrazie in giro per il mondo utilizzano lo sport per “ripulire” la propria immagine agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Seguendo l’esempio dei suoi vicini del Golfo, l’Azerbaijan è stato particolarmente attivo in queste pratiche di cosiddetto sportwashingGrandi eventi, sponsorizzazioni e persino i nomi delle squadre del campionato di calcio azero sono sfruttati dal regime di Aliyev non solo per migliorare la reputazione internazionale dell’Azerbaijan, ma anche per portare avanti i suoi obiettivi regionali di politica estera.

FK Qarabağ e la propaganda di guerra

La squadra di calcio FK Qarabağ è stata costretta a spostarsi nella capitale quando le forze armene hanno preso il controllo di Agdam durante la Prima Guerra del Nagorno-Karabakh. Al seguito di numerosi problemi finanziari,  nel 2001 la società si ritrova sull’orlo del fallimento. Proprio in quel momento, il club viene salvato dal gruppo Intersun, controllato dai due fratelli Abdolbari e Hasan Gozal, vicini al governo azero. Come riportato dall’Independent, il via libera per l’acquisto della società sarebbe arrivato dallo stesso Heydar Aliyev, ex presidente e padre dell’attuale Capo di Stato.

Ad inizio anni 2000, il “club rifugiato” inizia la sua ascesa supportato da ingenti fondi provenienti da gruppi oligarchici filogovernativi. Dal 2014 comincia stabilmente a qualificarsi per le maggiori competizioni europee. Nel 2017 diventa addirittura il primo club azero nella storia ad accedere alla fase a gironi della Champions League, massima competizione calcistica europea per club. Le apparizioni in alcuni dei tornei di calcio più popolari al mondo hanno consolidato l’associazione tra Karabakh e Azerbaijan, sottraendo il nome alla tradizione armena. La propaganda interna dedica una grande attenzione a questo progetto sportivo e non perde occasione di enfatizzare il valore simbolico dei successi della squadra all’interno della disputa territoriale del Nagorno-Karabakh.

Lo stesso club utilizza la sua crescente esposizione mediatica per supportare la retorica governativa sul conflitto. Durante la guerra del 2020 la UEFA (federazione calcistica europea) ha emesso una diffida contro il Qarabağ a causa dei saluti militari eseguiti dai suoi giocatori prima di un match internazionale e ha radiato il suo responsabile della comunicazione, Nurlan Ibrahimov, per aver lanciato sui suoi social un appello “a uccidere tutti gli armeni, giovani e vecchi, senza distinzione”.

Eventi e sponsorizzazioni

In termini di visibilità, l’esempio più significativo di sportwhashing è sicuramente il Gran Prix di Azerbaijan di Formula 1, che si è svolto ogni anno a partire dal 2017. Il governo azero, però, ha mostrato molto interesse anche per gli eventi del mondo del calcio. Nel 2019 Baku ha ospitato la prestigiosa finale di Europa League tra Chelsea e Arsenal (qui abbiamo raccontato il caso legato al giocatore armeno Mkhitaryan). La partita ha suscitato molte critiche, sia da parte delle organizzazioni non-governative, che hanno denunciato i tentativi del governo azero di usare lo sport per nascondere i suoi abusi, sia da parte degli adetti ai lavori, che hanno lamentato considerevoli problematiche logistiche ed organizzative legate all’evento. Nonostante le controversie che hanno accompagnato la finale, la UEFA decide di disputare in Azerbaijan quattro partite del campionato europeo di calcio per nazionali UEFA Euro 2020, rinviato al 2021 a causa della pandemia di Covid-19.

L’Azerbaijan ha anche lavorato sul fronte delle sponsorizzazioni. La compagnia statale petrolifera SOCAR è stata uno dei principali sponsor della UEFA tra il 2013 e 2020, proprio negli anni in cui Baku inizia ad essere coinvolta nell’organizzazione di importanti competizioni continentali. Il rapporto è stato interrotto a causa della pubblicazione di contenuti aggressivi riguardante la Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh da parte dei profili social della SOCAR.

Il governo azero ha finanziato diverse squadre calcistiche europee con lo sponsor “Azerbaijan – Land of Fire”. La scritta è apparsa nella maglietta dello Sheffield Wednesday, una squadra di serie B inglese, del Lens, squadra francese di Ligue 1, e soprattutto dell’Atletico Madrid, che con lo sponsor governativo sulla divisa ha addirittura giocato la finale di Champions League del 2014.

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Ambasciatore Ferranti incontra ministro del Lavoro dell’Armenia (Ansa 09.4.25)

Redazione Ansa

(ANSA) – ROMA, 09 APR – L’Ambasciatore d’Italia a Jerevan, Alessandro Ferranti, è stato ricevuto dal Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali della Repubblica di Armenia, Narek Mkrtchyan. Nel corso dell’incontro, sono stati trattati temi relativi alla disabilità, alla sicurezza sociale, alla digitalizzazione, focalizzandosi anche sulle opportunità future.
Il Ministro Mkrtchyan ha sottolineato l’importanza di finalizzare il Memorandum di Cooperazione negoziato con le controparti italiane del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero per le Disabilità, al fine di rilanciare la collaborazione bilaterale.
L’Ambasciatore Ferranti, a sua volta, ha evidenziato la comune volontà di espandere la cooperazione tra i due Paesi anche nel settore del lavoro e della protezione sociale, esprimendo la sua disponibilità a contribuire all’ulteriore sviluppo delle relazioni tra Italia e Armenia. (ANSA).

Vite al fronte. Donbass, Libano, Siria, Nagorno Karabakh (Culturabologna.it 07.04.25)

Luca Steinmann presenta il suo libro Vite al fronte. Donbass, Libano, Siria, Nagorno Karabakh: il grande intreccio delle guerre nelle storie di chi le ha vissute (Rizzoli).
Con Mara Morini, Università di Genova.
Modera Stefano Totaro, Geopolis.
Introduce Francesco Curati, Geopolis.


Negli ultimi anni Steinmann ha vissuto conflitti in tutti gli angoli della Terra, aggregandosi a eserciti, popolazioni e combattenti tra loro nemici: durante la guerra in Libano del 2024 è stato tanto sul lato israeliano quanto su quello di Hezbollah; ha viaggiato sia per i territori in mano ad Assad, tornandoci dopo la sua caduta, sia in quelli abitati da ribelli e civili a lui ostili lungo i confini della Siria; è andato nel Nagorno Karabakh durante i combattimenti e poi di nuovo dopo la fuga di massa degli armeni, osservando il ripopolamento di questa regione da parte degli azerbaigiani. Senza dimenticare il Donbass, dove è stato uno dei pochissimi giornalisti occidentali a seguire le truppe russe mentre invadevano l’Ucraina. In tutti questi viaggi ha raccolto le testimonianze di soldati e civili che, travolti dalle guerre, non riescono più a liberarsene, nemmeno fuggendo all’estero. Ha incontrato gli ebrei ucraini che nel 2022 sono scappati in Israele per poi ritrovarsi un anno dopo trascinati nuovamente nella guerra di Gaza; i palestinesi rifugiati in Libano e Siria e travolti anche lì dai conflitti; i cristiani del Medio Oriente ormai sempre meno numerosi; gli armeni in fuga dalla guerra in Siria che, dopo essersi stabiliti nel Nagorno Karabakh, sono dovuti scappare di nuovo. Attraverso le loro storie, Steinmann mostra come tutte queste guerre siano intrecciate e si alimentino a vicenda. Con una prosa avvincente, conduce il lettore alla scoperta di aree inesplorate dai media, dando voce senza filtri a persone che lottano per la quotidiana sopravvivenza, talvolta imbracciando loro stesse le armi tra le file di milizie, eserciti e battaglioni di mercenari, come il Gruppo Wagner. E lo fa con la forza narrativa di chi cerca sempre di restituire alle guerre non la verità ideologica ma la spietata realtà dei fatti. Quella realtà che in tanti dimentichiamo perché, “alla fine, chi vince sui campi di battaglia si conquista un posto al tavolo delle grandi potenze del mondo. Anche chi fino a cinque minuti prima subiva accuse di terrorismo, pulizia etnica e genocidio. Solo gli sconfitti finiscono sul banco degli imputati”.

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La Pasqua armena: un viaggio tra tradizioni, sapori e spiritualità nel 2025 (Gaeta.it 07.04.25)

La Pasqua armena, o Zatik, si celebra il 20 aprile 2025 con riti spirituali e tradizioni culinarie che uniscono comunità e cultura, riflettendo l’identità profonda del popolo armeno.

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La Pasqua, conosciuta in Armenia come Zatik, rappresenta una delle celebrazioni più autentiche e ricche di significato per il popolo armeno. Questo evento va oltre i confini di una semplice festività religiosa, trasformandosi in un’esperienza intensa che unisce spiritualitàstoria e tradizioni culinarie. Nel 2025, le celebrazioni si svolgeranno il 20 aprile, invitando visitatori e locali a riscoprire il patrimonio culturale di una nazione che affonda le radici in un passato millenario.

Zatik: la Pasqua armena tra religione e cultura

La Pasqua, o Zatik, in Armenia è un evento che suscita emozioni profonde e fervore religioso. La festività è caratterizzata da cerimonie sacre che riflettono la dedizione della popolazione alla propria fede. Gli abitanti di questa nazione celebrano Zatik in modo particolare, e la data del 20 aprile rappresenta un momento di ritrovo comunitario essenziale. Nel corso della celebrazione, è possibile assistere a liturgie che cantano di rinascita e speranza, portando i partecipanti a riflettere sull’importanza di tali valori nella vita quotidiana.

I riti pasquali non si limitano solo all’aspetto spirituale; coinvolgono anche una commistione di elementi culturali che caratterizzano l’identità armena. I canti liturgici, intrisi di storie antiche, risuonano nelle chiese, creando un’atmosfera di trascendenza. Ogni gesto, dall’accensione delle candele ai saluti tradizionali, come “Kristos haryav i merelots” , ha un significato specifico, rivelando l’intreccio tra fede e tradizione che accompagna i festeggiamenti.

Echmiadzin: centro spirituale e culturale

Echmiadzin rappresenta il cuore della devozione religiosa armena, situata a pochi chilometri da Yerevan. Questa città non è solo un punto di riferimento spirituale, ma anche un sito riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità. La cittadella ospita la cattedrale fondata nel IV secolo da San Gregorio l’Illuminatore e durante le celebrazioni pasquali si trasforma in un fulcro di partecipazione e riflessione.

Nel 2025, i fedeli affolleranno le strade di Echmiadzin in occasione della messa pasquale, una celebrazione segnata da una liturgia ricca di simbolismi e canti che svelano la bellezza della tradizione religiosa armena. Il restauro della cattedrale avvenuto di recente permette ai visitatori di ammirare affreschi secolari immersi in un’illuminazione suggestiva, accentuata dal chiarore delle candele. Questa scelta architettonica non è coincidente; il calore del luogo invita alla meditazione e alla condivisione di momenti sacri, ulteriormente rinforzati dai segni di comunità e affetto.

La tavola armena: simbolo di condivisione e convivialità

Un aspetto fondamentale della Pasqua in Armenia è la celebrazione attorno alla tavola, dove ogni piatto racconta una storia di rinascita e speranza. Le famiglie si riuniscono per gustare specialità tradizionali, tra cui pesceuova sode e riso pilaf arricchito da frutta secca, che esprimono il legame tra passato e presente. L’Atsik, un piatto a base di grano, diventa un simbolo della resurrezione, portando i commensali a riflettere sul significato del sacrificio e della speranza.

Un momento di gioco tipico, noto come “battaglia delle uova”, coinvolge partecipanti di tutte le età in sfide amichevoli, dove si tenta di rompere l’uovo altrui mantenendo intatto il proprio. Questo gioco non è soltanto un divertimento, ma rappresenta anche la rivalità amichevole e l’unità familiare.

La cucina armena, ricca di sapori e storie, arricchisce ulteriormente l’esperienza pasquale. Piatti come la trota Ishkhan, pescata nel Lago Sevan, rivelano il profondo legame tra tradizione culinaria e cultura. Il vino, elemento centrale nella liturgia e nei festeggiamenti, riempie i calici, creando un’atmosfera di convivialità. Il lavash, un pane tradizionale, è un simbolo di ospitalità e viene presentato come un dono sempre gradito.

Zatik: un’immersione nella cultura armena

Trascorrere la Pasqua in Armenia è un’opportunità per scoprire una cultura affascinante e ricca di significato. Zatik offre un contesto unico, dove spiritualità e convivialità si fondono, creando una celebrazione che va oltre la religione. Le strade storiche, i monumenti antichi e le tradizioni culinarie diventano elementi essenziali per comprendere la vera essenza armena, segnando ogni istante di festeggiamenti con significati profondi.

Un viaggio in Armenia durante il periodo pasquale permette di sentirsi parte di un ambiente dove ogni tradizione ha una storia da raccontare e dove ogni piatto porta con sé ricordi di generazioni. L’accoglienza e il calore del popolo armeno arricchiscono questa esperienza, rendendo indimenticabile ogni momento trascorso nel paese, in un’interazione diretta con la cultura e la fede di una nazione straordinaria.

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Pasqua 2025 in Armenia: scopri la magia di Zatik tra fede e tradizioni (Viaggiarenews)

 

Genocidio degli Armeni, a Treviso la rassegna: “Garun – La Primavera” (Trevisotoday 05.04.25)

Dal 5 aprile al 10 maggio il capoluogo della Marca ospiterà una mostra, uno spettacolo teatrale e un concerto d’eccezione in occasione del 110imo anniversario del genocidio del popolo armeno. La presentazione della rassegna a Ca’ Sugana

La presentazione dell’evento a Ca’ Sugana

Dal 5 aprile al 10 maggio 2025, Treviso ospiterà la rassegna culturale “Garun – La Primavera” per commemorare il 110imo anniversario del genocidio armeno con tre eventi unici: una mostra d’arte, uno spettacolo teatrale e un concerto. Il progetto è di Gayane Sahakyan, organizzato da nusica.org con il contributo e il patrocinio del Comune di Treviso e di Fondazione Mazzotti, con il supporto di Jane Demirchian, Ziper, Antikyan Gallery, Casa Armenia e Attori per Caso.

GARUN PROGRAMMA-2
GARUN PROGRAMMA-2

Mostra

Dal 5 aprile al 4 maggio Casa Robegan ospiterà la mostra “Primavera di Luce” che celebra la luce come simbolo di rinascita attraverso le opere di artisti come Henry Elibekyan, Francesco Stefanini, Francesco De Florio e Max Solinas. L’inaugurazione alle ore 18 vedrà tra i presenti un ospite speciali come Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia. “Diventa un raggio di luce, la luce nell’oscurità. In tal caso potresti perfino diventare un faro per qualcuno” le parole di Alessandro Poliarni attorno alle quali sono stati scelti gli artisti italiani Francesco Stefanini, Francesco De Florio e Max Solinas, e il pittore armeno Henry Elibekyan. Saranno le loro opere, attraverso il linguaggio dell’arte, a indicare il cammino che porta verso la luce e la rinascita. Così come la primavera della luce è una rinascita, un’espansione, un’apertura, così è stato per il popolo armeno dopo il genocidio del 1915. Per la generazione sopravvissuta al genocidio, è stato fondamentale preservare il proprio patrimonio culturale, la lingua madre, il diritto di esistere, trasformare il dolore in energia vitale, per far fiorire una nuova esistenza. Una nuova primavera. 110 anni dopo, a Treviso, si può parlare del passato attraverso l’arte, senza confini, pregiudizi, lingue o nazionalità. Per gli artisti, la partecipazione all’esposizione diventa un’occasione di ricerca ed espressione di sé come “particella” separata, ma allo stesso tempo congiunta nel risveglio della rinascita. Grazie alla collaborazione con la casa editrice Leonida Edizioni e l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia, durante il periodo di apertura della mostra saranno disponibili tre volumi del grande poeta armeno Yeghishe Charents, pubblicati per la prima volta in italiano dalla casa editrice in occasione del 125esimo anniversario dalla sua nascita. La mostra sarà aperta al pubblico dal venerdì alla domenica, il venerdì dalle 15 alle 19. sabato e domenica dalle 10 alle 18. Chiusura straordinaria: 20 aprile. Aperture straordinarie: 21 aprile (ore 10-18) e 1 maggio (10-18). Ogni giovedì, su prenotazione, si potranno incontrare gli artisti.

Teatro

Il 24 aprile, ore 20.30, all’auditorium di Santa Caterina di Treviso, andrà invece in scena Le Allodole nel Deserto, a cura di Associazione Attori per Caso, per la regia di Patrizia Marcato. Tratto dal romanzo La Masseria delle Allodole di Antonia Arslan, lo spettacolo mette in luce, attraverso le esperienze delle donne armene, la resilienza, il sacrificio e la forza dello spirito umano. L’associazione Culturale Attori per Caso, in occasione del centodecimo anniversario del genocidio armeno, ha deciso di affrontare il tema del primo eccidio del Novecento, attraverso una rivisitazione al femminile di uno dei romanzi più intensi degli ultimi anni, La Masseria delle Allodole, pubblicato dalla padovana Antonia Arslan nel 2004, diventato un film grazie ai fratelli Taviani nel 2007. Arslan è stata professoressa di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova, ha scritto saggi sulla narrativa popolare e sulle scrittrici italiane dopo l’Unità e ha tradotto II canto del pane e Mari di grano del poeta armeno Daniel Varuja. Teatro, danza, immagini, canto e musica dal vivo si alternano nella narrazione, mentre la musica originale suonata durante lo spettacolo è firmata dal compositore Avedis Nazarian, esperto di didattica musicale e docente che ha partecipato e si è fatto promotore di simposi sulla musica contemporanea armena, in Armenia e in Francia. Ingresso gratuito, prenotazioni all’indirizzo mail: staff@nusica.org o al numero di telefono +39 3274610693

Concerto

In chiusura, il 10 maggio ore 21 all’auditorium di Santa Caterina a Treviso, si terrà il concerto di musica armena del Lusine Grigoryan Trio, capitanato dalla pianista Lusine Grigoryan e completato da Norayr Gapoyan, duduk, e Vladimir Papikyan, santur e voce. L’ensemble eseguirà gli arrangiamenti di Levon Eskenian sulla musica di Gurdjieff, Komitas, Sayat Nova e Ashugh Jivani fondendo tradizioni popolari armene con interpretazioni classiche. Sia Gapoyan che Papikyan sono membri del Gurdjieff Ensemble, celebrato per le loro suggestive performance di opere musicali armene e ispirate a Gurdjieff, filosofo, scrittore, mistico, musicista e maestro di danze armeno. Lusine Grigoryan, una delle pianiste più importanti dell’Armenia, con una serie di album registrati dalla ECM Records, si è esibita sui palcoscenici di tutta Europa, America, Medio Oriente e Australia. Come solista ha suonato in prestigiosi festival e sale da concerto quali l’Holland Festival di Amsterdam, il Bozar in Belgio, la sala Gulbenkian in Portogallo, il Nostalgia Festival in Polonia e il Canberra International Music Festival in Australia. Prima del concerto, degustazione di vini armeni offerti da Casa Armenia, luogo d’incontro per la cultura, il cibo, i vini e i distillati armeni in Italia. Biglietti: 14 euro intero online, 15 euro comprato in loco. Ridotto Under 18, persone con disabilità e Over 70 a 10 euro.

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COMUNICATO STAMPA 4 APRILE – GARUN. INIZIATIVE 110°ANNIVERSARIO GENOCIDIO ARMENI (AgenParl)

La tragedia degli armeni nella nuova edizione del libro di Arslan (Il Resto del Carlino 05.04.25)

La scrittrice presenta ‘La masseria delle allodole’, romanzo che racconta lo sterminio a partire da una casa sulle colline d’Anatolia

La scrittrice, traduttrice e docente di origine armena Antonia Arslan

La scrittrice, traduttrice e docente di origine armena Antonia Arslan

La scrittrice Antonia Arslan presenta, in occasione dei venti anni dalla prima pubblicazione, la nuova edizione del suo romanzo ‘La masseria delle allodole’ (Bur – Rizzoli). L’appuntamento è per oggi alle 17.30 alla libreria Ubik di via San Romano. Ispirato ai ricordi familiari dell’autrice, il racconto della tragedia di un popolo “mite e fantasticante”, gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell’Anatolia, dove nel maggio 1915, all’inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l’odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un “maschietto-vestito-da-donna” salperanno per l’Italia.

Antonio Arslan è scrittrice, traduttrice e accademica italiana con origini armene. Laureata in archeologia, è stata professoressa di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice e sulla galassia delle scrittrici italiane. Attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan – del quale ha tradotto le raccolte II canto del pane e Mari di grano – ha dato voce alla sua identità armena. Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, ‘La masseria delle allodole’, che ha vinto il Premio Stresa di narrativa e il Premio Campiello.

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L’Armenia muove un primo passo verso l’Unione europea (Rainews 04.04.25)

Il presidente Vahagn Khachaturyan firma la legge approvata a marzo dal parlamento: “Non è la richiesta d’adesione ma l’inizio di un processo”. La Russia alza subito la voce: lasci l’Unione economica eurasiatica

L'Armenia muove un primo passo verso l'Unione europea

ARMENIAN PRESIDENCY via AFP

Il presidente armeno Vahagn Khachaturyan, il 31 marzo 2025 a Yerevan

Il presidente dell’Armenia, Vahagn Khachaturyan, ha firmato una legge che pone le basi legali per l’adesione del paese del Caucaso meridionale all’Unione Europea, nell’ottica di diversificare i legami internazionali al di là del tradizionale partner russo. I media armeni hanno riferito che il Presidente Vahagn Khachaturyan ha firmato la legge, approvata dal Parlamento il mese scorso.

Il primo ministro Nikol Pashinyan, che ha avvicinato il paese all’Occidente da quando è salito al potere nel 2018, ha ripetutamente sottolineato che il disegno di legge non rappresenta una richiesta di adesione all’Ue, ma l’inizio di un più ampio processo di integrazione. Ha affermato che l’opinione pubblica non deve aspettarsi una rapida adesione della Repubblica post-sovietica e che, in ogni caso, sarà necessaria l’approvazione tramite referendum.

L’approvazione del disegno di legge precede le elezioni generali previste per il prossimo anno e un possibile referendum sulle modifiche costituzionali richieste dall’Azerbaigian, rivale di lunga data dell’Armenia, nell’ambito di un accordo di pace per porre fine a quasi quattro decenni di conflitto tra i due paesi: il mese scorso, infatti, è stato raggiunto l’accordo su una bozza di trattato di pace per porre fine al conflitto sulla regione del Nagorno-Karabakh, ma Baku non intende dare l’approvazione finale finché Yerevan non modificherà la sua costituzione.

Sebbene l’Armenia abbia sviluppato buone relazioni con l’Ue, l’adesione non sarà facile. Il paese montuoso di 2,7 milioni di abitanti, senza sbocco sul mare, non condivide alcun confine con l’Ue e il suo acerrimo rivale Azerbaigian è un importante fornitore di gas per i Paesi dell’Unione. La Russia ha ripetutamente affermato che Yerevan dovrà lasciare l’Unione economica eurasiatica, un blocco commerciale guidato da Mosca, se entrerà nell’Ue. L’economia armena rimane profondamente dipendente da Mosca, da cui importa gran parte dell’energia.

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L’Armenia firma la legge per avviare il processo di adesione all’Unione Europea. (Sardegnagol)