NARDO’ – Laura Manieri e Lelè Pagliula hanno espresso il desiderio di donare, ai lettori della portella del cuore, i ricordi preziosamente custoditi dopo un viaggio straordinario in Armenia, sulle tracce del “nostro” San Gregorio l’Illuminatore. Nella giornata di oggi, ed a beneficio di tutti i neritini devoti al culto del santo, verranno “liberate” quattro puntate su questo percorso che inizia nell’anima di chiunque creda. Grazie ancora a Laura e Lelè a nome di tutti.
(La prossima puntata sarà online alle ore 11.30 di oggi)
INTRODUZIONE
Mi chiedono perché abbiamo fatto questo viaggio e visitato l’Armenia. Tanti i motivi.
La prima quella di “ toccare con mano“ e conoscere i luoghi dove San Gregorio Uomo, e poi Santo ha vissuto e realizzato il suo apostolato. Conoscere e capire questo paese ricco di bellezze, affascinante, con un popolo incarnato con il suo Santo e con la sua terra che come dice egregiamente il mio amico Alessandro Pellegatta nel suo libro Karastan, edito da Besa, si è salvato dalle occupazioni e dalle violenze solo grazie alla sua “cultura e alla sua lingua, all’amore per i libri e alla bellezza“ e aggiungiamo: con una forte e sincera fede che ha molto da insegnare a noi e al mondo intero.
Quanta bellezza in Armenia, un patrimonio culturale unico con oltre 1600 chiese disseminate in un piccolo territorio (29.800 mq con una popolazione di circa 3 milioni di abitanti) che ci sono apparse “discrete, semplici“ e che ci hanno raccontato la storia e le tracce profonde percorse da San Gregorio. Indimenticabili le Chiese e monasteri di Surb Echmiadzin sede della Chiesa Apostolia, KhorVirap, Echmiadzin, Spitakavor, Noravank, Santa Gaiana, Santa Ripsima, Shoghagat.
Sentiamo un forte e sincero bisogno di raccontare le profonde emozioni che abbiamo vissuto visitando questo paese , la grande generosità e semplicità del suo popolo, le diverse storie e sensazioni che ci hanno dato le famiglie armene con cui abbiamo condiviso la loro casa, la loro tavola e la loro vita ancora scandita dai tempi della natura offrendoci tutto quello che avevano senza chiederci nulla in cambio.
Per cui approfittiamo dello spazio che ci ha gentilmente concesso “PortadiMare“ per pubblicare alcune foto realizzate con il nostro cellulare e tre temi che riteniamo utili per conoscere l’Armenia e il suo popolo.
Il primo tema riguarda la vita e i luoghi dove ha vissuto l’Uomo e poi Santo Gregorio, protettore della nostra città, segue il tema delle migliaia e semplici croci incise e scolpite nelle chiese, nei cimiteri e sparse in tutto il paese che con la loro suggestione e bellezza trasmettono emozioni e immagini che infinite pagine scritte e raccontate non riescono a dire. Croci “urlanti “ scolpite dall’ uomo che gridano alla fede, alla speranza e che sono riuscite a farci ridere delle nostre ” piccole angosce“.
Ed infine un ricordo, alcune testimonianze e violente immagini sui genocidi e olocausti che per decine di anni si sono succeduti sul popolo armeno. Finalmente solo da pochi anni queste orrende storie cominciano ad essere riconosciute, dopo tantissimi anni di colpevole dimenticanza da tutto il mondo. Perchè? Forse perché questo popolo , così religioso, così semplice, con una cultura millenaria, con un paradisiaco territorio e pieno di bellezza, fa paura a un mondo pieno di esagerato benessere, preso dall’irrefrenabile vizio del consumo e dal vortice dei bisogni fatui?
L’Armenia, un piccolo territorio, culla del Cristianesimo, che vanta la più antica religione di stato confinata a Sud con una aggressiva Turchia, a Nord con un non meno aggressivo Afganistan, circondata dal mondo islamico e attualmente ricattata dalla Russia da cui dipende quasi totalmente dal punto di vista economico ed energetico.
Grazie Armenia, che con i tuoi cieli immensi e la semplicità e generosità della tua gente ci hai aiutato a scoprire momenti di vita vera , istanti profondi di vera spiritualità e soprattutto ci ha fatto assaporare “gocce di felicità“ colmando la nostra sete di eterni e inquieti viaggiatori.
Ringraziamo i nostri compagni di viaggio Lucia e Mario, sempre attenti e sensibili, che ci hanno aiutato ad arrivare in posti e luoghi bellissimi pieni di colori e profumi e uno sconosciuto giovane taxista che cogliendo la nostra sete di conoscere ci ha accompagnato, quasi adottandoci.
Grazie, Laura Manieri e Lele Pagliula
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NARDO’ – I due viaggiatori, Laura Manieri e Lelè Pagliula, incontrano tanta fedeli, soprattutto durante la visita alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, e constatano la loro profondo devozione e venerazione per San Grigor Lusavorich. Molti manifestano la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e Nardò. Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sanni che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò. (La prossima puntata alle ore 16.30)
VITA DI SAN GREGORIO ARMENIO
San Gregorio nacque in Armenia nel 260 circa,da un padre parto di nome Amok e da una madre armena di nome Okaha. Il padre che apparteneva alla dinastia reale degli Arsacidi assassinò il sovrano armeno Chosroe I e per questo fu costretto a rifugiarsi con la famiglia in Cappadocia nella città di Cesarea dove Gregorio venne educato al cristianesimo da un nobile convertito al cristianesimo di nome Eutelio.
Sembra che la nascita di Gregorio sia avvenuta vicino a un monumento eretto in onore di San Giuda Taddeo. Sposò una cristiana di nome Giuditta da cui ebbe due figli Aristakes e Verdanes, divenuti poi tutti e due santi. Dopo che fu ordinato sacerdote a Cesarea ritornò in Armenia nel seguito del principe ereditario Tiridate che era in esilio dopo l’assassinio del padre.
Questo avvenne dopo la vittoriosa campagna nel 267 di Galerio contro i persiani e per volontà e l’aiuto dell’imperatore Diocleziano. Tiridate essendo cresciuto in territorio romano educato secondo la cultura tardo-ellenistica dell’impero che considerava i cristiani come disturbatori della società e della religione volle festeggiare il suo ritorno con una solenne cerimonia offrendo incenso alla dea Anahita, la grande madre, il cui famoso santuario era sul loro percorso di ritorno.
Gregorio rilevò la sua identità cristiana, manifestò la sua missione di introdurre la religione cristiana nel suo paese natale e rifiutò di mettere una corona alla statua della dea pagana. Per questo ebbe ben quattordici specie di torture, una più crudele dell’altra, e infine Tiridate lo fece legare mani e piedi e scaraventare in un pozzo nel celebre carcere della capitale chiamato Khor Virap (Pozzo Profondo) circondato da serpenti e insetti velenosi dove rimase per ben quindici anni dal 298 al 313 mentre nel paese infuriavano le persecuzioni contro i cristiani.
Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo, luogo di prigionia di Gregorio è l’immagine universalmente nota dell’Armenia, persino per coloro che non ci hanno mai messo piede o che addirittura non sanno nemmeno dove si trovi. E’ un luogo profondamente spirituale oltre che luogo struggente per l’attaccamento e l’amore che la popolazione ha per questa montagna e per San Gregorio. Da evidenziare che il Monte Ararat che secondo la Bibbia è il luogo dove dopo l’inondazione approdò l’arca di Noè è completamente in territorio turco.
Continuando con la vita di San Gregorio, la leggenda cristiana vuole che a seguito delle persecuzioni contro i cristiani il re armeno venisse colto da una terribile malattia mentale dovuta all’uccisione della vergine cristiana Hripsime di cui era innamorato e che lo rifiutò. Da questa malattia nessun medico riusciva a curarlo e nell’afflizione generale della corte, la sorella del re sognò che solo l’incarcerato Gregorio avrebbe potuto guarirlo; per cui Gregorio sopravvissuto miracolosamente nella fossa fu portato a corte dove guarì il re dalla malattia ed esortò lui ed i principi ad accettare la religione cristiana catechizzandoli per sei mesi e ottenendone la conversione al punto tale che Tiridate fece distruggere gli idoli e abolì il paganesimo .
Nel contempo Gregorio, traversando tutta l’Armenia, trasformò i templi romani in chiese erigendo altari e croci ma rimandando però la loro consacrazione e il battesimo del re non essendo ancora Vescovo. Per questo motivo Tiridate e i principi lo elessero pastore supremo dell’Armenia e lo accompagnarono con una foltissima schiera di cavalieri a Cesarea, in Cappadocia, per la consacrazione che avvenne dalle mani del vescovo metropolita Leonzio che per l’occasione convocò nel 314 il Sinodo di Cesarea dove parteciparono venti vescovi con grande gioia e festa di tutti i convenuti e del popolo per lui e per la conversione dell’Armenia.
Nel viaggio di ritorno in Armenia vi fu uno scontro armato con la città ancora pagana di Astisat dove Gregorio prese possesso dell’antica sede vescovile vacante a causa delle persecuzioni. Vi sono testimonianze sulle rive dell’Eufrate dove Gregorio battezzò il re Tiridate, molti principi e soldati, sua moglie e le sue sorelle. Gregorio con la proclamazione del Cristianesimo come religione di Stato, organizzò la rinascita della Chiesa Armena consacrando e inviando nuovi vescovi e sacerdoti nelle diocesi, richiamò per aiutarlo i suoi due figli rimasti a Cesarea molto riluttanti perché dediti alla via d’anacoreta e nominò Aristakes suo ausiliare che lo sostituì al governo della Diocesi durante i suoi frequenti periodi di ritiro in eremitaggio.
Gregorio morì all’incirca nell’anno 328 mentre era in un eremo sul monte Seppouh e fu sepolto in un suo podere a Thordam, villaggio nella regione di Daranalik. La guida della Chiesa Armenia fu portata avanti dal figlio Vertanes essendo stato ucciso l’altro figlio Aristakes ucciso a Sofene da Archelao . Entrambi vennero canonizzati Santi dalla Chiesa Apostolica Armena.
E’ confermata la notizia di un viaggio che fece Gregorio insieme al re Tiridate a Roma per fare una visita al’’imperatore Costantino e nell’occasione si incontrò anche con Papa Silvestro da cui ebbe il titolo di Patriarca d’Oriente. A sua volta il figlio Aristakes aveva partecipato nel 325 al consiglio di Nicea, proclamato dall’Imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana.
Le reliquie del Santo vennero portate inizialmente nel villaggio armeno di Tharotan, ma in seguito si sparsero in vari luoghi: la sua mano destra si troverebbe a Etchmiadzin, la sinistra a Sis e il cranio a Napoli nella Chiesa di San Gregorio Armenio dove è stato trasportato da Costantinopoli per sottrarlo alla furia iconoclasta e si suppone che alcune reliquie siano arrivate da Napoli a Nardò.
Da aggiungere che la chiesa Armena pur tra tante vicissitudini e persecuzioni, l’ultima quella dell’ex regime sovietico, è stata sempre fedele a Roma donando alla chiesa figure di Santi e Martiri e ha manifestato sempre una fede genuina in un contesto molto influenzato e osteggiate dal mondo Islamico e dal mondo Ortodosso che la circonda.
Parlando con alcuni fedeli soprattutto durante la visita alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, ho avuto modo di constatare la loro profondo devozione e venerazione per San Grigor Lusavorich e molti di loro hanno manifestato la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e la Chiesa di San Gregorio e la nostra città. Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sapeva che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò.
VITA DI SAN GREGORIO ARMENIO
San Gregorio nacque in Armenia nel 260 circa,da un padre parto di nome Amok e da una madre armena di nome Okaha. Il padre che apparteneva alla dinastia reale degli Arsacidi assassinò il sovrano armeno Chosroe I e per questo fu costretto a rifugiarsi con la famiglia in Cappadocia nella città di Cesarea dove Gregorio venne educato al cristianesimo da un nobile convertito al cristianesimo di nome Eutelio.
Sembra che la nascita di Gregorio sia avvenuta vicino a un monumento eretto in onore di San Giuda Taddeo. Sposò una cristiana di nome Giuditta da cui ebbe due figli Aristakes e Verdanes , divenuti poi tutti e due santi. Dopo che fu ordinato sacerdote a Cesarea ritornò in Armenia nel seguito del principe ereditario Tiridate che era in esilio dopo l’assassinio del padre.
Questo avvenne dopo la vittoriosa campagna nel 267 di Galerio contro i persiani e per volontà e l’aiuto dell’imperatore Diocleziano. Tiridate essendo cresciuto in territorio romano educato secondo la cultura tardo-ellenistica dell’impero che considerava i cristiani come disturbatori della società e della religione volle festeggiare il suo ritorno con una solenne cerimonia offrendo incenso alla dea Anahita, la grande madre, il cui famoso santuario era sul loro percorso di ritorno.
Gregorio rilevò la sua identità cristiana , manifestò la sua missione di introdurre la religione cristiana nel suo paese natale e rifiutò di mettere una corona alla statua della dea pagana. Per questo ebbe ben quattordici specie di torture , una più crudele dell’altra, e infine Tiridate lo fece legare mani e piedi e scaraventare in un pozzo nel celebre carcere della capitale chiamato Khor Virap (Pozzo Profondo) circondato da serpenti e insetti velenosi dove rimase per ben quindici anni dal 298 al 313 mentre nel paese infuriavano le persecuzioni contro i cristiani.
Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo, luogo di prigionia di Gregorio è l’immagine universalmente nota dell’Armenia, persino per coloro che non ci hanno mai messo piede o che addirittura non sanno nemmeno dove si trovi. E’ un luogo profondamente spirituale oltre che luogo struggente per l’attaccamento e l’amore che la popolazione ha per questa montagna e per San Gregorio. Da evidenziare che il Monte Ararat che secondo la Bibbia è il luogo dove dopo l’inondazione approdò l’arca di Noè è completamente in territorio turco.
Continuando con la vita di San Gregorio , la leggenda cristiana vuole che a seguito delle persecuzioni contro i cristiani il re armeno venisse colto da una terribile malattia mentale dovuta all’uccisione della vergine cristiana Hripsime di cui era innamorato e che lo rifiutò. Da questa malattia nessun medico riusciva a curarlo e nell’afflizione generale della corte, la sorella del re sognò che solo l’incarcerato Gregorio avrebbe potuto guarirlo; per cui Gregorio sopravvissuto miracolosamente nella fossa fu portato a corte dove guarì il re dalla malattia ed esortò lui ed i principi ad accettare la religione cristiana catechizzandoli per sei mesi e ottenendone la conversione al punto tale che Tiridate fece distruggere gli idoli e abolì il paganesimo .
Nel contempo Gregorio, traversando tutta l’Armenia, trasformò i templi romani in chiese erigendo altari e croci ma rimandando però la loro consacrazione e il battesimo del re non essendo ancora Vescovo. Per questo motivo Tiridate e i principi lo elessero pastore supremo dell’Armenia e lo accompagnarono con una foltissima schiera di cavalieri a Cesarea , in Cappadocia, per la consacrazione che avvenne dalle mani del vescovo metropolita Leonzio che per l’occasione convocò nel 314 il Sinodo di Cesarea dove parteciparono venti vescovi con grande gioia e festa di tutti i convenuti e del popolo per lui e per la conversione dell’Armenia.
Nel viaggio di ritorno in Armenia vi fu uno scontro armato con la città ancora pagana di Astisat dove Gregorio prese possesso dell’antica sede vescovile vacante a causa delle persecuzioni. Vi sono testimonianze sulle rive dell’Eufrate dove Gregorio battezzò il re Tiridate, molti principi e soldati , sua moglie e le sue sorelle. Gregorio con la proclamazione del Cristianesimo come religione di Stato, organizzò la rinascita della Chiesa Armena consacrando e inviando nuovi vescovi e sacerdoti nelle diocesi, richiamò per aiutarlo i suoi due figli rimasti a Cesarea molto riluttanti perché dediti alla via d’anacoreta e nominò Aristakes suo ausiliare che lo sostituì al governo della Diocesi durante i suoi frequenti periodi di ritiro in eremitaggio.
Gregorio morì all’incirca nell’anno 328 mentre era in un eremo sul monte Seppouh e fu sepolto in un suo podere a Thordam , villaggio nella regione di Daranalik. La guida della Chiesa Armenia fu portata avanti dal figlio Vertanes essendo stato ucciso l’altro figlio Aristakes ucciso a Sofene da Archelao . Entrambi vennero canonizzati Santi dalla Chiesa Apostolica Armena.
E’ confermata la notizia di un viaggio che fece Gregorio insieme al re Tiridate a Roma per fare una visita al’’imperatore Costantino e nell’occasione si incontrò anche con Papa Silvestro da cui ebbe il titolo di Patriarca d’Oriente. A sua volta il figlio Aristakes aveva partecipato nel 325 al consiglio di Nicea, proclamato dall’Imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana.
Le reliquie del Santo vennero portate inizialmente nel villaggio armeno di Tharotan, ma in seguito si sparsero in vari luoghi: la sua mano destra si troverebbe a Etchmiadzin , la sinistra a Sis e il cranio a Napoli nella Chiesa di San Gregorio Armenio dove è stato trasportato da Costantinopoli per sottrarlo alla furia iconoclasta e si suppone che alcune reliquie siano arrivate da Napoli a Nardò.
Da aggiungere che la chiesa Armena pur tra tante vicissitudini e persecuzioni , l’ultima quella dell’ex regime sovietico, è stata sempre fedele a Roma donando alla chiesa figure di Santi e Martiri e ha manifestato sempre una fede genuina in un contesto molto influenzato e osteggiate dal mondo Islamico e dal mondo Ortodosso che la circonda.
Parlando con alcuni fedeli soprattutto durante la visita alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, ho avuto modo di constatare la loro profondo devozione e venerazione per San Grigor Lusavorich e molti di loro hanno manifestato la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e la Chiesa di San Gregorio e la nostra città . Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sapeva che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò.
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. SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – Il mistero delle croci armene
NARDO’ – Continua il bellissimo viaggio in Armenia, raccontato da Laura Manieri e Lelè Pagliula. L’ultima puntata è prevista per questa sera. Non mancate.
LE CROCI ARMENE (KHACHKAR)
Camminando per l’Armenia e visitando le sue Chiese, le onnipresenti Croci Armene attirano molto l’attenzione. La Khachkar, croce Armena, è come la croce latina con l’aggiunta che sugli angoli dei quattro bracci è rappresentato il trifoglio, simbolo della Trinità.
Nel linguaggio comune croce è sinonimo di dolore, ma la croce fiorita armena è sinonimo di bellezza e gioia. Ogni croce che si vede è diversa , particolare, personalizzata perché chi la ha realizzata partecipa in modo unico al sacrificio e alla resurrezione di Cristo. Ogni croce racconta una storia, un atto di fede e tutte le storie hanno in comune la storia cristiana del popolo armeno capace di fare fiorire la bellezza su ogni cosa. Anche sulla morte.
Un altro motivo più comune per erigere una Khachkar è la salvezza della propria anima , altri motivi sono la commemorazione di vittorie per la libertà e l’autonomia, il ricordo dei defunti, amori non corrisposti e anche come forma di protezione dai disastri naturali.
Le prime Khachkar degne di nota apparvero in Armenia nel IX secolo coincidendo con la rinascita armena dopo la liberazione degli Arabi. A quanto mi hanno raccontato e poi fatto vedere la croce più antica venne scolpita nell’879 a Gornmj ed è stata dedicata alla regina Katronid moglie del re Ashot I.
Il punto più alto dell’arte scultoria relativa a queste croci venne raggiunto tra il XII e il XIV secolo per poi scemare man mano durante l’epoca delle invasioni mongole alla fine del XIV secolo. La loro costruzione venne comunque ripresa nel nel XVI e XVII secolo , pur senza raggiungere le vette artistiche del XIV secolo.La tradizione è viva ancora oggi e soprattutto a Yerevan si possono ancora vedere giovani artisti scultori di Kachkar.
Oggi si racconta che sopravvivono almeno 40.000 croci . Ne abbiamo viste di bellissime nel Museo storico di Yerevan e presso la cattedrale di Echmiaddzin . Il luogo in Armenia che ospita il maggior numero di croci è il Campo dei Kachhkar a Noratus , sulle sponde del lago Sevan,un antico cimitero che ne racchiude circa 900 di vari periodi e vari stili.
La più grande collezione di Kachkar del mondo fino a qualche tempo fa si poteva trovare presso le rovine dellantica Julia , in Nakhichevan, un enclave dell’Azerbaijan sempre in territorio della antica Armenia. Purtroppo alla fine del 2005 emersero racconti e fotografie da parte di testimoni che mostravano soldati azeri deliberatamente intenti alla distruzione dei cippi funerari. Fotografie più recenti hanno purtroppo rilevato che l’intero cimitero è stato raso al suolo e che al suo posto è stato costruito un campo di addestramento militare.
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NARDO’ – Arriviamo alla fine del viaggio di Laura Manieri e Lelè Pagliula. Grazie a loro anche a nome delle migliaia di lettori che hanno letto il loro reportage. Li salutiamo con queste frasi: “Gli occhi delle persone che abbiamo incontrato in Armenia ci chiedono con la loro speranza, la loro gioia e la loro bellezza di continuare a parlare della loro storia e della loro verità. Un augurio per noi tutti, insieme alla nostra città, è di percorrere il ponte costruito dall’Uomo Santo Gregorio che ha dato tanta forza, identità e cultura al suo popolo e a noi tutti”.
IL GENOCIDIO DEL POPOLO ARMENIO
E’ fondamentale dare un accenno storico a cominciare dal 1800 per aiutare a capire le diverse ondate di sterminio ai danni del popolo Armeno.
L’immenso Impero Ottomano alla fine del XIX secolo è in uno stato di completo disfacimento. La corruzione serpeggia in ogni angolo dell’impero che vede scomparire i suoi domini in Europa con la nascita, dopo secoli di barbara oppressione, degli stati nazionali balcanici. I Turchi, che si erano installati nell’Anatolia di millenaria cultura greco-armena, temono la possibilità di rivendicazioni elleniche sulle coste dell’Asia Minore e soprattutto la nascita di una nazione armena.
Con la salita al trono di Abdul Hamid nel 1876, l’impero ottomano conta una forte presenza cristiana insieme a minoranze etniche costituite da greci, armeni e assiri. Gli Armeni sono concentrati nell’est dell’impero e non richiedono l’indipendenza ma solo uguaglianza e libertà culturale. Abdul Hamid viene duramente sconfitto dai russi ma le conseguense per l’impero non sono gravi poiché il primo ministro inglese Disraeli, spinto dal favore verso i Turchi dell’Inghilterra, fa in modo che non si venga a formare uno stato libero Armeno. Dopo che l’Inghilterra ottiene l’isola di Cipro, il sultano, temendo una futura ingerenza europea nella questione armena con la conseguente perdita di territori, dà inizio alle repressioni che portano all’uccisione tra il 1894 e il 1896 dai due ai trecentomila armeni ad opera dei battaglioni curdi appositamente costituiti dal sultano. Inizia una campagna di conversione forzata all’islam degli armeni che fallisce completamente e provoca forti persecuzioni e ondate migratorie. Inizia una grande serie di massacri che durerà almeno trenta anni sotto tre diversi regimi turchi con un immobilismo dell’Europa, dove ogni nazione ha paura che un’altra assuma maggiore rilevanza nello scacchiere caucasico e medio orientale.
Un nemico dell’Armenia molto più temibile del sultano, è stato il movimento dei “giovani turchi “ ed il loro partito “ Unione e Progresso “ imbevuto da dottrine socialiste e marxiste adattate per compiacere la strategia del sistema turco. I giovani turchi dal marxismo avevano ripreso la volontà di uguaglianza, ma concepita in modo che, per essere tutti uguali, devono essere tutti ottomani e per essere ottomani tutti dovevano essere turchi e musulmani. Per l’attuazione di questo principio che doveva portare alla formazione di un unico blocco megalitico turco, l’unico ostacolo era costituito dagli Armeni e dai Curdi.
Per i “ giovani turchi “, i curdi potevano essere facilmente assimilati non possedendo una forte identità e cultura mentre gli Armeni dovevano essere annientati ed eliminati perchè oltre ad essere cristiani, possedevano una cultura millenaria, professavano un’altra religione e avevano una loro lingua e alfabeto.
Quindi i “ giovani turchi “ avviarono una prova generale del genocidio nell’Aprile del 1909 eliminando oltre trentamila armeni. Poi tramite una dittatura militare pianificarono un genocidio perfetto imponendo il principio della omogeneizzazione della Turchia tramite la forza delle armi e organizzando una vera e propria macchina di sterminio di massa. Il sanguinario ministro della guerra Enver assoldò un corpo speciale composto da trentamila avanzi di galera che provocando trasferimenti forzati e azioni di guerriglia fecero massacri senza lasciare traccia. Iniziò una ignobile follia, un genocidio apparentemente mascherato che gli armeni chiamano METZ YEGHERN ( il grande male ) che portò in sei mesi allo sterminio di due milioni di armeni.
Nel museo dell’olocausto abbiamo annotato le modalità e gli scopi stabiliti dai turchi per lo sterminio:
– Eliminazione del cervello della nazione armena con l’arresto il 24 aprile 1915 degli esponenti dell’elite culturale armena. Intellettuali, deputati, prelati, commercianti,professionisti saranno deportati all’interno dell’Anatolia e massacrati.
– Eliminazione della forza della nazione armena. Gli armeni dai 18 ai 60 anni vengono chiamati alle armi. Questi da bravi cittadini si arruolavano e subito dopo vengono disarmati e a gruppi di cento isolati e massacrati. Di 350.000 soldati armeni non si salverà nessuno.
– Eliminazione di donne, vecchi e bambini. Nei luoghi vicino al mare e nel lago di Evian si procedeva all’annegamento sistematico di donne, vecchi e soprattutto bambini. Lo sterminio veloce e diretto per annegamento veniva applicato nelle zone in cui incombeva l’avanzata russa per il timore che alcuni si potessero salvare.
– Deportazioni e massacri. Si avviava la deportazione motivata dall’esigenza di spostamenti da zone non protette dalla guerra. Si costringevano gli armeni ad abbandonare le loro case e i villaggi che poi i curdi e i turchi confiscavano e depredavano dei beni. I convogli venivano privati dei carri per poter eliminare facilmente le persone per fatica e senza dover usare proiettili, venivano sempre attaccati e depredati e il bottino veniva diviso tra lo Stato e dato in premio agli esecutori materiali. Alle donne, se non venivano uccise e violentate, veniva data una possibilità di salvezza se si convertivano all’Islam, sposavano un turco ed affidavano i loro figli allo Stato. I pochi superstiti venivano portati nei campi di sterminio in pieno deserto, poi stipati in caverne, cosparsi di petrolio e bruciati vivi. Nel museo dell’olocausto a Yerevan abbiamo letto il rapporto del 1917 del medico militare tedesco Stoffels che racconta di avere visto, in grande numero di villaggi, chiese e case dove giacevano corpi bruciati e decomposti di donne e bambini. I corpi di queste vittime non sono stati identificati e non hanno trovato ancora sepoltura.
Il mausoleo innalzato dagli Armeni a Deir el-Zor a ricordo del loro olocausto è stato raso al suolo dai miliziani dell’Isis nell’autunno del 2014. L’Auschwiz degli Armeni non esiste più.
Abbiamo ancora negli occhi le foto che abbiamo visto nel Museo dell’Olocausto di Yerevan. Fotografie di stragi, violenze e carneficine di innocenti. Riflettendo su quanto abbiamo visto nei giorni della nostra permanenza in Armenia siamo sempre più convinti che la storia di questo popolo fatta di continue violazioni dei più sacrosanti diritti di umanità, di religione e nazionalità non morirà mai. Abbiamo fede che la giustizia per questo popolo risorgerà come le sue croci sempre di più e sarà sempre più viva.
Gli occhi delle persone che abbiamo incontrato in Armenia ci chiedono con la loro speranza, la loro gioia e la loro bellezza di continuare a parlare della loro storia e della loro verità. Un augurio per noi tutti, insieme alla nostra città, è di percorrere il ponte costruito dall’Uomo Santo Gregorio che ha dato tanta forza, identità e cultura al suo popolo e a noi tutti.
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