Parlamento Olanda riconosce a larga maggioranza genocidio armeno (Rassegna 23.02.18)

Olanda ha riconosciuto il Genocidio Armeno, ferri corti con la Turchia (Il Messaggero 23.02.18)

di Franca Giansoldati
Roma  – Il parlamento olandese ha riconosciuto il genocidio armeno con un voto 
destinato a deteriorare ulteriormente le relazioni con la Turchia. 

Il partito Unione Cristiana, partner nella coalizione guidata dal 
premier Mark Rutte, «ha proposto due mozioni alla camera bassa con 
il sostegno dei partiti di coalizione», ha detto Joel 
Voordewind. La prima mozione proponeva che «il parlamento potesse 
esprimersi in termini chiari sul genocidio armeno»; la seconda 
mozione chiedeva al governo di «inviare una delegazione a Yerevan 
il 24 aprile per la commemorazione del genocidio armeno e poi di 
seguito una volta ogni cinque anni». Le mozioni hanno raccolto il voto di quasi tutti i gruppi parlamentari, fatta esclusione di un gruppo minoritario che include tre parlamentari di origine turca.Da quando si sono aperti molti archivi nazionali, tra cui quello della Santa Sede, ormai nessuno mette più in dubbio la storicità di un massacro studiato a tavolino su base etnica e religiosa dall’allora governo ottomano che, dal 1915 al 1920 portò alla morte 1 milione e mezzo di cristiani.  

Ankara respinge il termine genocidio. La sua linea negazionista resta ferma riconoscendo solo mezzo milione di vittime come conseguenza diretta della 
sollevazione degli armeni contro l’Impero ottomano. 

I Paesi che riconoscono ufficialmente il genocidio armeno sono 
una ventina, tra cui l’Italia, la Germania e la Francia.Le relazioni bilaterali tra Turchia e Olanda sono al minimo storico dopo che il governo olandese ha annunciato di avere ritirato da Ankara il proprio ambasciatore, seguito dalla Turchia con il proprio rappresentante. Tutto è nato perchè l’anno scorso il governo olandese ha impedito a due ministri turchi di fare comizi durante delle manifestazioni organizzate dalla comunità turca a Rotterdam in occasione della campagna per il referendum sul rafforzamento dei poteri presidenziali di Erdogan.

Tensione Olanda-Turchia l’Aia approva una mozione sul genocidio armeno (Lumsanews 23.02.18)

Furente la reazione di Ankara “Condanniamo con forza la decisione”

Si inaspriscono i rapporti diplomatici tra Turchia e Olanda, dopo l’approvazione al parlamento dell’Aia di una mozione che definisce come “genocidio” il massacro perpetrato dall’Impero ottomano, predecessore dell’attuale Stato turco, contro gli armeni durante la prima guerra mondiale, tra il 1915 e il 1916. Le fonti storiche indicano in oltre un milione il numero delle vittime, ma Ankara ha sempre contestato questo bilancio, negando altresì che si sia trattato di un genocidio nel pieno senso del termine, sostenendo piuttosto che gli armeni furono vittime di un conflitto civile e non di un olocausto pianificato.

In un comunicato, diffuso dal proprio ministero degli Esteri, la Turchia ha quindi condannato “con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”. La mozione approvata dai Paesi Bassi è stata definita come “infondata” e “non legalmente vincolante”.

Dal canto suo, il governo olandese ha comunque fatto sapere che non intende dare seguito alla mozione approvata dal Parlamento, spiegando che il riconoscimento di un genocidio da parte dell’Aia avviene solo a seguito di una risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza dell’Onu, oppure dopo la una sentenza di un tribunale internazionale.

Non è la prima volta che la Turchia arriva ai ferri corti con un Paese occidentale proprio in merito a questo tema. Quando nel 2016 il Bundestag tedesco approvò una mozione analoga, Erdogan – furente – richiamò il suo ambasciatore da Berlino. Va osservato anche come le relazioni diplomatiche tra Turchia e Olanda fossero già incrinate, a causa dei comizi elettorali negati dalle autorità olandesi a due ministri turchi, in occasione del referendum costituzionale turco di un anno fa. Come se non bastasse, all’inizio di febbraio, l’Aia ha anche annunciato il ritiro formale del suo ambasciatore, che già non si trovava nella capitale turca da quasi un anno


L’Olanda riconosce  genocidio Armeni. La Turchia convoca incaricato affari olandese (Ilfogliettone.it 23.02.18)  


Parlamento Olanda riconosce a larga maggioranza genocidio armeno (Presstoday 23.02.18)

 
Il parlamento olandese riconosce il genocidio turco degli Armeni (Il Secolo d’Italia 23.02.18)

Il Parlamento olandese ha approvato a larga maggioranza una risoluzione che riconosce il genocidio armeno. Il governo olandese, da parte sua, ha reso noto che continuerà ad analizzare “la questione del genocidio armeno” ma non ha in programma un riconoscimento formale. Il ministro degli Esteri, Sigrid Kaag, ha annunciato la presenza di un rappresentante ufficiale per la cerimonia di commemorazione che il prossimo 24 aprile si svolgerà a Erevan. Tale atto però non costituirà un riconoscimento formale. Il voto del Parlamento rischia di creare tensione con la Turchia, che respinge l’uso del termine genocidio in relazione al massacro di 1,5 milioni di armeni. La Turchia, erede dell’impero ottomano, riconosce l’assassinio di tale quantità di persone tra il 1915 e il 1917 ma rifiuta categoricamente il termine genocidio. Il ministero degli Esteri turco ha immediatamente convocato l’incaricato d’affari dell’Olanda ad Ankara dopo che ieri il Parlamento olandese ha approvato a larga maggioranza la risoluzione. Lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale turca Anadolu, dopo le “condanne” arrivate dal ministero degli Esteri e dal ministro per gli Affari europei. A inizio febbraio l’Olanda ha ritirato l’ambasciatore dalla Turchia.


L’Olanda riconosce il genocidio armeno. La Turchia attacca: “Decisione infondata” (Eunews.it 23.02.18)

Il Ministero degli esteri turco: “Condanniamo con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”

Bruxelles – L’Olanda ha riconosciuto il genocidio armeno, sotto proposta dei deputati di maggioranza del partito di Unione cristiana, scatenando la reazione del governo della Turchia, che “condanna con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”. A dirlo è  il ministero degli Esteri di Ankara, Mevlüt Cavusoglu, ritenendo la mozione approvata ieri sera all’Aja come “infondata” e “non legalmente vincolante”.

Sono molti gli storici a definire l’uccisione di più di un milione di armeni da parte dell’esercito ottomano durante la prima guerra mondiale ‘genocidio’.  L’esecutivo di Instanbul ha da sempre sostenuto che non si è mai trattato di pulizia etnica ma di una “regolare repressione” dell’insurrezione armena, che “causò una guerra civile”. Nessun “genocidio pianificato” per Ankara, la cui relazione con il governo olandese va sempre più deteriorandosi.

I rapporti diplomatici tra L’Aia e Instanbul hanno iniziato a peggiorare lo scorso marzo, quando l’esecutivo olandese ha vietato i comizi elettorali dei ministri turchi  in supporto del referendum presidenzialista di Recep Tayyip Erdogan. Il governo dell’Aja era arrivato addirittura a impedire alla ministra della Famiglia, Fatma Betül Sayan Kaya di entrare nel consolato turco di Rotterdam. L’11 marzo l’Aja aveva vietato l’ingresso al ministro degli Esteri turco Mevlüt Cavusoglu. A quel punto Erdogan aveva definito gli olandesi residui ‘nazisti e fascisti’. L’Olanda in risposta ritirò l’ambasciatore olandese dalla Turchia.

“Come già detto dal presidente Juncker, con la Turchia abbiamo relazioni molto importanti ma bisogna essere in due per il tango”, ha fatto sapere il portavoce del presidente della Commissione europea Jean Claude Junker. “Il Paese si sta muovendo in una diversa direzione rispetto all’adesione all’Ue. Vediamo cosa ci riserverà il futuro”.


Olanda riconosce genocidio armeno  (ANSA 23.02.18)

(ANSA) – ISTANBUL, 23 FEB – La Turchia “condanna con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”. Lo scrive in una nota il ministero degli Esteri di Ankara, definendo la mozione approvata ieri sera all’Aja come “infondata” e “non legalmente vincolante”. Secondo molti storici furono oltre un milione gli armeni uccisi durante la prima guerra mondiale sotto l’impero ottomano, ma Ankara contesta il bilancio di morti e sostiene che non si sia stato un “genocidio” pianificato ma l’effetto di un conflitto civile. Il governo olandese ha comunque fatto sapere che non intende dare seguito alla mozione approvata dal Parlamento, spiegando che il riconoscimento di un genocidio da parte dell’Aja avviene solo se c’è una risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza dell’Onu o una sentenza di un tribunale internazionale. In casi analoghi avvenuti in passato, come nel 2016 in Germania, Ankara aveva richiamato il suo ambasciatore.


Genocidio armeno, via libera del parlamento olandese al riconoscimento. Turchia furiosa: convocato l’ambasciatore ad Ankara (31mag.nl 23.02.18)

Di recente, il riconoscimento tedesco e la presa di posizione del Vaticano, che ha parlato per la prima volta di “genocidio”, hanno provocato il raffreddamento delle relazioni con Ankara

La maggioranza alla Tweede Kamer, la camera bassa del parlamento olandese, ha approvato giovedì due mozioni riguardanti il ​​genocidio armeno del 1915. Una afferma che la Tweede Kamer “riconosce il genocidio armeno”, l’altra che un ministro olandese o un sottosegretario di Stato dovrebbero assistere alla commemorazione in Armenia ad aprile.

La Turchia ha convocato un rappresentante dell’ambasciata ad Ankara per chiedere spiegazioni. Da marzo 2017 non è più presente ambasciatore olandese, dopo che il paese della mezza luna ha ritirato le credenziali di Kees van Rij impedendogli di tornare nel Paese. Il caso verrà quindi seguito dai funzionari di grado inferiore ancora presente in Turchia.

Entrambe le mozioni sono state presentate dal parlamentare ChristenUnie Joel Voordewind. Tutti e quattro i partiti della coalizione hanno dato il via libera a sostenerle.

Centinaia di migliaia di armeni furono assassinati nel 1915, quando il territorio era ancora parte dell’impero ottomano. I turchi hanno sempre sostenuto si fosse trattato di “omicidi in tempo di guerra” e non di una pulizia etnica programmata. I turchi sostengono, inoltre, che gli armeni erano un pericolo perché stavano combattendo dalla parte del nemico russo. Per Ankara la questione è da sempre un nervo scoperto e l’annuncio del riconoscimento del genocidio da parte di paesi esteri ha sempre provocato reazioni furiose da parte dei governi turchi.

Di recente, il riconoscimento tedesco e la presa di posizione del Vaticano, che ha parlato per la prima volta di “genocidio”, hanno provocato il raffreddamento delle relazioni con Ankara.

Finora i Paesi Bassi non hanno mai riconosciuto ufficialmente il genocidio, parlando di “questione del genocidio armeno”. Ma una maggioranza in parlamento crede sia ora di cambiare. “Non possiamo negare la storia per timore di sanzioni, dopotutto il nostro paese ospita la capitale del diritto internazionale, quindi non dobbiamo avere paura di fare la cosa giusta anche qui”, ha dichiarato Voordewind al Trouw.

Trentesimo anniversario della votazione del Consiglio regionale. Le parole del presidente dell’Armenia per celebrare la ricorrenza (Karabakh.it 20.02.18)

Il 20 febbraio 1988, il Consiglio regionale del Nagorno-Karabakh si riunì in una sessione straordinaria per adottare una risoluzione che esprimeva la volontà popolare dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) per l’autodeterminazione libera. Tre decenni fa, gli armeni di tutto il mondo si unirono alla giusta richiesta e alla lotta di Artsakh.

Oggi festeggiamo il trentesimo anniversario di quella svolta storica, che la Repubblica di Artsakh ha giustamente proclamato come il Giorno della rinascita Artsakh. Inoltre, è diventato il giorno della rinascita del popolo armeno. Monte [Melkonian, eroico combattente della lotta di liberazione, NdR]  aveva ragione ad insistere sul fatto che se avessimo perduto l’Artsakh, avremmo voltato l’ultima pagina della storia dell’Armenia. Il 20 febbraio 1988 è stato il momento di unità, determinazione e risveglio nazionale del popolo armeno.

L’Azerbaijan ha risposto alla protesta pacifica e legittima del nostro popolo con i massacri a Sumgait e in altri luoghi. In quei giorni divenne chiaro che le persone in Artsakh erano destinate allo sterminio o alla vittoria fisica.

Siamo stati costretti a fare la guerra. Coloro che hanno scatenato la guerra erano convinti di avere un grande vantaggio e il problema del Karabakh si sarebbe risolto rapidamente e definitivamente sterminando gli armeni e spopolando l’Artsakh. A distanza di tre decenni possiamo affermare con sicurezza che il movimento del Karabakh ha salvato centinaia di migliaia di vite.

Forti del sostegno di tutta la nazione armena, gli armeni dell’Artsakh sono riusciti ad affrontare questo severo processo con onore. Oggi, quelli che ci chiamano nemici, ci accusano di tutto, ma l’unica colpa del popolo di Artsakh è che non hanno perso e non sono stati sterminati in quella guerra.

Cari compatrioti, si riteneva che  il movimento del Karabakh si sarebbe trasformato in una certa fase. Con la proclamazione dello Stato, il movimento non si ridusse, ma divenne una politica dello Stato. L’esplosione pan-nazionale e il risveglio sono stati coronati dalla reintegrazione dei nostri due stati armeni.

Possiamo sentire le stesse minacce di 30 anni fa mentre celebriamo il trentesimo anniversario del movimento del Karabakh. La propaganda anti-armena è continuata da 30 anni. Sembra che nulla sia cambiato. Ma l’abbiamo fatto. Il libero Artsakh, che ha scrollato di dosso il giogo azero 30 anni fa, si sta sviluppando ad un ritmo progressivo sia economicamente, sia politicamente, sia culturalmente.

Nella nostra coscienza pubblica ci può essere una percezione giustificata che ciò che viene fatto non è abbastanza. Pertanto, dobbiamo costantemente segnare la barra delle nostre esigenze e aspettative. Come nazione e stato, abbiamo ancora molto da fare. C’è molto lavoro da fare in tutti i campi, ma quello che abbiamo fatto insieme negli ultimi 30 anni, a volte nelle circostanze più difficili, in realtà è abbastanza. Ovviamente, questo è probabilmente il trentennale più importante della storia dell’Armenia degli ultimi secoli. Possiamo fare molto di più, eppure lo penseremo insufficiente.

La sottomissione non ha una scusa, mentre la libertà non ha alternative. Stiamo costruendo stati democratici e moderni nelle Repubbliche di Armenia e Artsakh. Rispettiamo pienamente i diritti umani fondamentali, poiché la libertà e la dignità sono valori assoluti per il popolo armeno.

Lunga vita alla Repubblica di Armenia! Lunga vita alla Repubblica di Artsakh che è emersa come risultato del Movimento del Karabakh!  Lunga vita ai pionieri del movimento del Karabakh!

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MILANO – dal 24 febbraio al 24 marzo – Corso di Spiritualita’ Armena presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose

SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – La vita del santo, raccontata nella sua terra (Portadimare 20.02.18)

NARDO’ – Laura Manieri e Lelè Pagliula hanno espresso il desiderio di donare, ai lettori della portella del cuore, i ricordi preziosamente custoditi dopo un viaggio straordinario in Armenia, sulle tracce del “nostro” San Gregorio l’Illuminatore. Nella giornata di oggi, ed a beneficio di tutti i neritini devoti al culto del santo, verranno “liberate” quattro puntate su questo percorso che inizia nell’anima di chiunque creda. Grazie ancora a Laura e Lelè a nome di tutti.
(La prossima puntata sarà online alle ore 11.30 di oggi)

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INTRODUZIONE

Mi chiedono perché abbiamo fatto questo viaggio e visitato l’Armenia. Tanti i motivi.

La prima quella di “ toccare con mano“ e conoscere i luoghi dove San Gregorio Uomo, e poi Santo ha vissuto e realizzato il suo apostolato. Conoscere e capire questo paese ricco di bellezze, affascinante, con un popolo incarnato con il suo Santo e con la sua terra che come dice egregiamente il mio amico Alessandro Pellegatta nel suo libro Karastan, edito da Besa, si è salvato dalle occupazioni e dalle violenze solo grazie alla sua “cultura e alla sua lingua, all’amore per i libri e alla bellezza“ e aggiungiamo: con una forte e sincera fede che ha molto da insegnare a noi e al mondo intero.

Quanta bellezza in Armenia, un patrimonio culturale unico con oltre 1600 chiese disseminate in un piccolo territorio (29.800 mq con una popolazione di circa 3 milioni di abitanti) che ci sono apparse “discrete, semplici“ e che ci hanno raccontato la storia e le tracce profonde percorse da San Gregorio. Indimenticabili le Chiese e monasteri di Surb Echmiadzin sede della Chiesa Apostolia, KhorVirap, Echmiadzin, Spitakavor, Noravank, Santa Gaiana, Santa Ripsima, Shoghagat.

Sentiamo un forte e sincero bisogno di raccontare le profonde emozioni che abbiamo vissuto visitando questo paese , la grande generosità e semplicità del suo popolo, le diverse storie e sensazioni che ci hanno dato le famiglie armene con cui abbiamo condiviso la loro casa, la loro tavola e la loro vita ancora scandita dai tempi della natura offrendoci tutto quello che avevano senza chiederci nulla in cambio.

Per cui approfittiamo dello spazio che ci ha gentilmente concesso “PortadiMare“ per pubblicare alcune foto realizzate con il nostro cellulare e tre temi che riteniamo utili per conoscere l’Armenia e il suo popolo.

Il primo tema riguarda la vita e i luoghi dove ha vissuto l’Uomo e poi Santo Gregorio, protettore della nostra città, segue il tema delle migliaia e semplici croci incise e scolpite nelle chiese, nei cimiteri e sparse in tutto il paese che con la loro suggestione e bellezza trasmettono emozioni e immagini che infinite pagine scritte e raccontate non riescono a dire. Croci “urlanti “ scolpite dall’ uomo che gridano alla fede, alla speranza e che sono riuscite a farci ridere delle nostre ” piccole angosce“.

Ed infine un ricordo, alcune testimonianze e violente immagini sui genocidi e olocausti che per decine di anni si sono succeduti sul popolo armeno. Finalmente solo da pochi anni queste orrende storie cominciano ad essere riconosciute, dopo tantissimi anni di colpevole dimenticanza da tutto il mondo. Perchè? Forse perché questo popolo , così religioso, così semplice, con una cultura millenaria, con un paradisiaco territorio e pieno di bellezza, fa paura a un mondo pieno di esagerato benessere, preso dall’irrefrenabile vizio del consumo e dal vortice dei bisogni fatui?

L’Armenia, un piccolo territorio, culla del Cristianesimo, che vanta la più antica religione di stato confinata a Sud con una aggressiva Turchia, a Nord con un non meno aggressivo Afganistan, circondata dal mondo islamico e attualmente ricattata dalla Russia da cui dipende quasi totalmente dal punto di vista economico ed energetico.

Grazie Armenia, che con i tuoi cieli immensi e la semplicità e generosità della tua gente ci hai aiutato a scoprire momenti di vita vera , istanti profondi di vera spiritualità e soprattutto ci ha fatto assaporare “gocce di felicità“ colmando la nostra sete di eterni e inquieti viaggiatori.

Ringraziamo i nostri compagni di viaggio Lucia e Mario, sempre attenti e sensibili, che ci hanno aiutato ad arrivare in posti e luoghi bellissimi pieni di colori e profumi e uno sconosciuto giovane taxista che cogliendo la nostra sete di conoscere ci ha accompagnato, quasi adottandoci.

Grazie, Laura Manieri e Lele Pagliula

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NARDO’ – I due viaggiatori, Laura Manieri e Lelè Pagliula, incontrano tanta fedeli, soprattutto durante la visita alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, e constatano la loro profondo devozione e venerazione per San Grigor Lusavorich. Molti manifestano la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e Nardò. Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sanni che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò. (La prossima puntata alle ore 16.30)

VITA  DI  SAN GREGORIO ARMENIO

San Gregorio nacque in Armenia nel 260 circa,da un padre parto di nome Amok e da una madre armena di nome Okaha. Il padre che apparteneva alla dinastia reale degli Arsacidi  assassinò il sovrano armeno Chosroe I  e per questo fu costretto a  rifugiarsi con la famiglia in Cappadocia nella città di Cesarea dove Gregorio venne educato al cristianesimo da un nobile convertito al cristianesimo di nome Eutelio.

Sembra che la nascita di Gregorio sia avvenuta vicino a un monumento eretto in onore di San Giuda Taddeo. Sposò una cristiana di nome Giuditta da cui ebbe due figli Aristakes e Verdanes, divenuti poi tutti e due santi. Dopo che fu ordinato sacerdote a Cesarea  ritornò in Armenia nel seguito del principe ereditario Tiridate che era in esilio dopo l’assassinio del padre.

Questo avvenne dopo la vittoriosa campagna nel 267  di Galerio contro i   persiani e per volontà e l’aiuto dell’imperatore  Diocleziano. Tiridate essendo cresciuto in territorio romano educato secondo la cultura tardo-ellenistica dell’impero che considerava i cristiani come disturbatori della società e della religione volle festeggiare il suo ritorno con una solenne cerimonia offrendo incenso alla dea Anahita, la grande madre, il cui famoso santuario era sul loro percorso di ritorno.

Gregorio rilevò la sua identità  cristiana, manifestò la sua missione di introdurre la religione cristiana nel suo paese natale  e rifiutò di mettere una corona alla statua della dea pagana. Per questo ebbe ben quattordici specie di torture, una più crudele dell’altra, e infine Tiridate lo fece legare mani e piedi e scaraventare  in un pozzo  nel celebre carcere della capitale chiamato  Khor Virap (Pozzo Profondo) circondato da serpenti e insetti velenosi dove rimase per ben quindici anni dal 298 al 313 mentre nel paese infuriavano le persecuzioni contro i cristiani.

Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo, luogo di prigionia di Gregorio è l’immagine universalmente nota dell’Armenia, persino per coloro che non ci hanno mai messo piede o che addirittura non sanno nemmeno dove si trovi. E’ un luogo profondamente spirituale  oltre che luogo struggente per l’attaccamento e l’amore che la popolazione ha per questa montagna e per San Gregorio. Da evidenziare che il Monte Ararat che secondo la Bibbia è il luogo dove dopo l’inondazione approdò l’arca di Noè è completamente in territorio turco.

Continuando con  la vita di San Gregorio, la leggenda cristiana vuole che a seguito delle persecuzioni contro i cristiani il re armeno venisse colto da una terribile malattia mentale dovuta all’uccisione della vergine cristiana Hripsime di cui era innamorato e  che lo rifiutò.  Da questa  malattia  nessun medico riusciva a curarlo e nell’afflizione generale della corte, la sorella del re sognò che solo  l’incarcerato Gregorio avrebbe potuto   guarirlo; per cui Gregorio sopravvissuto miracolosamente  nella fossa fu portato a corte dove guarì il re dalla malattia ed esortò lui ed i principi ad accettare la religione cristiana catechizzandoli per sei mesi e ottenendone la conversione al punto tale che Tiridate fece distruggere gli idoli e abolì il paganesimo .

Nel contempo Gregorio, traversando  tutta l’Armenia, trasformò i templi romani in chiese erigendo altari e croci ma rimandando però la loro consacrazione e il battesimo del re non essendo ancora Vescovo. Per questo motivo Tiridate e i principi lo elessero pastore supremo dell’Armenia e lo accompagnarono con una foltissima schiera di cavalieri a Cesarea, in Cappadocia, per la consacrazione che avvenne dalle mani del  vescovo metropolita Leonzio che per l’occasione convocò nel 314  il Sinodo di Cesarea dove  parteciparono  venti vescovi  con grande gioia  e festa di tutti i convenuti e del popolo per lui e per la conversione dell’Armenia.

Nel viaggio di ritorno in Armenia vi fu uno scontro armato con la città ancora pagana di Astisat dove Gregorio prese possesso dell’antica sede vescovile vacante a causa delle persecuzioni. Vi sono testimonianze sulle rive dell’Eufrate dove Gregorio battezzò il re Tiridate, molti principi e soldati, sua moglie e le sue sorelle. Gregorio con la proclamazione del Cristianesimo come religione di Stato,  organizzò  la rinascita della Chiesa Armena consacrando e inviando nuovi vescovi e sacerdoti nelle diocesi, richiamò per aiutarlo i suoi due figli rimasti a Cesarea molto riluttanti perché dediti alla via d’anacoreta e nominò Aristakes suo ausiliare che lo sostituì al governo della Diocesi durante i suoi frequenti periodi di ritiro in eremitaggio.

Gregorio morì all’incirca nell’anno 328 mentre era in un eremo sul monte Seppouh e fu sepolto in un suo podere a Thordam, villaggio nella regione di Daranalik. La guida della Chiesa Armenia fu portata avanti dal figlio Vertanes essendo stato ucciso  l’altro figlio Aristakes ucciso a Sofene da Archelao . Entrambi vennero canonizzati Santi dalla Chiesa Apostolica Armena.

E’ confermata la notizia di un viaggio che fece Gregorio insieme al re Tiridate a Roma per fare una visita al’’imperatore Costantino e nell’occasione si incontrò anche con Papa Silvestro da cui ebbe il titolo  di Patriarca d’Oriente. A sua volta il figlio Aristakes aveva partecipato nel 325 al consiglio di Nicea, proclamato dall’Imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana.

Le  reliquie del Santo vennero portate inizialmente nel villaggio armeno di Tharotan, ma in seguito si sparsero in vari luoghi: la sua mano destra si troverebbe a Etchmiadzin, la sinistra a Sis e il cranio a Napoli nella Chiesa di San Gregorio Armenio dove è stato trasportato da Costantinopoli per sottrarlo alla furia iconoclasta e si suppone che alcune reliquie siano arrivate da Napoli a Nardò.

Da aggiungere che la chiesa Armena pur tra tante vicissitudini e persecuzioni, l’ultima quella dell’ex regime sovietico, è stata sempre fedele a Roma donando alla chiesa figure di Santi e Martiri e ha manifestato sempre una fede genuina in un contesto molto influenzato e osteggiate dal mondo Islamico e dal mondo  Ortodosso che la circonda.

Parlando con alcuni fedeli  soprattutto durante la visita  alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, ho avuto modo di constatare la loro profondo devozione e venerazione  per San Grigor Lusavorich e molti di loro hanno manifestato la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e la Chiesa di San Gregorio e la nostra città. Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sapeva  che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò.

VITA  DI  SAN GREGORIO ARMENIO

San Gregorio nacque in Armenia nel 260 circa,da un padre parto di nome Amok e da una madre armena di nome Okaha. Il padre che apparteneva alla dinastia reale degli Arsacidi  assassinò il sovrano armeno Chosroe I  e per questo fu costretto a  rifugiarsi con la famiglia in Cappadocia nella città di Cesarea dove Gregorio venne educato al cristianesimo da un nobile convertito al cristianesimo di nome Eutelio.

Sembra che la nascita di Gregorio sia avvenuta vicino a un monumento eretto in onore di San Giuda Taddeo. Sposò una cristiana di nome Giuditta da cui ebbe due figli Aristakes e Verdanes , divenuti poi tutti e due santi. Dopo che fu ordinato sacerdote a Cesarea  ritornò in Armenia nel seguito del principe ereditario Tiridate che era in esilio dopo l’assassinio del padre.

Questo avvenne dopo la vittoriosa campagna nel 267  di Galerio contro i   persiani e per volontà e l’aiuto dell’imperatore  Diocleziano. Tiridate essendo cresciuto in territorio romano educato secondo la cultura tardo-ellenistica dell’impero che considerava i cristiani come disturbatori della società e della religione volle festeggiare il suo ritorno con una solenne cerimonia offrendo incenso alla dea Anahita, la grande madre, il cui famoso santuario era sul loro percorso di ritorno.

Gregorio rilevò la sua identità  cristiana , manifestò la sua missione di introdurre la religione cristiana nel suo paese natale  e rifiutò di mettere una corona alla statua della dea pagana. Per questo ebbe ben quattordici specie di torture , una più crudele dell’altra, e infine Tiridate lo fece legare mani e piedi e scaraventare  in un pozzo  nel celebre carcere della capitale chiamato  Khor Virap (Pozzo Profondo) circondato da serpenti e insetti velenosi dove rimase per ben quindici anni dal 298 al 313 mentre nel paese infuriavano le persecuzioni contro i cristiani.

Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo, luogo di prigionia di Gregorio è l’immagine universalmente nota dell’Armenia, persino per coloro che non ci hanno mai messo piede o che addirittura non sanno nemmeno dove si trovi. E’ un luogo profondamente spirituale  oltre che luogo struggente per l’attaccamento e l’amore che la popolazione ha per questa montagna e per San Gregorio. Da evidenziare che il Monte Ararat che secondo la Bibbia è il luogo dove dopo l’inondazione approdò l’arca di Noè è completamente in territorio turco.

Continuando con  la vita di San Gregorio , la leggenda cristiana vuole che a seguito delle persecuzioni contro i cristiani il re armeno venisse colto da una terribile malattia mentale dovuta all’uccisione della vergine cristiana Hripsime di cui era innamorato e  che lo rifiutò.  Da questa  malattia  nessun medico riusciva a curarlo e nell’afflizione generale della corte, la sorella del re sognò che solo  l’incarcerato Gregorio avrebbe potuto   guarirlo; per cui Gregorio sopravvissuto miracolosamente  nella fossa fu portato a corte dove guarì il re dalla malattia ed esortò lui ed i principi ad accettare la religione cristiana catechizzandoli per sei mesi e ottenendone la conversione al punto tale che Tiridate fece distruggere gli idoli e abolì il paganesimo .

Nel contempo Gregorio, traversando  tutta l’Armenia, trasformò i templi romani in chiese erigendo altari e croci ma rimandando però la loro consacrazione e il battesimo del re non essendo ancora Vescovo. Per questo motivo Tiridate e i principi lo elessero pastore supremo dell’Armenia e lo accompagnarono con una foltissima schiera di cavalieri a Cesarea , in Cappadocia, per la consacrazione che avvenne dalle mani del  vescovo metropolita Leonzio che per l’occasione convocò nel 314  il Sinodo di Cesarea dove  parteciparono  venti vescovi  con grande gioia  e festa di tutti i convenuti e del popolo per lui e per la conversione dell’Armenia.

Nel viaggio di ritorno in Armenia vi fu uno scontro armato con la città ancora pagana di Astisat dove Gregorio prese possesso dell’antica sede vescovile vacante a causa delle persecuzioni. Vi sono testimonianze sulle rive dell’Eufrate dove Gregorio battezzò il re Tiridate, molti principi e soldati , sua moglie e le sue sorelle. Gregorio con la proclamazione del Cristianesimo come religione di Stato,  organizzò  la rinascita della Chiesa Armena consacrando e inviando nuovi vescovi e sacerdoti nelle diocesi, richiamò per aiutarlo i suoi due figli rimasti a Cesarea molto riluttanti perché dediti alla via d’anacoreta e nominò Aristakes suo ausiliare che lo sostituì al governo della Diocesi durante i suoi frequenti periodi di ritiro in eremitaggio.

Gregorio morì all’incirca nell’anno 328 mentre era in un eremo sul monte Seppouh e fu sepolto in un suo podere a Thordam , villaggio nella regione di Daranalik. La guida della Chiesa Armenia fu portata avanti dal figlio Vertanes essendo stato ucciso  l’altro figlio Aristakes ucciso a Sofene da Archelao . Entrambi vennero canonizzati Santi dalla Chiesa Apostolica Armena.

E’ confermata la notizia di un viaggio che fece Gregorio insieme al re Tiridate a Roma per fare una visita al’’imperatore Costantino e nell’occasione si incontrò anche con Papa Silvestro da cui ebbe il titolo  di Patriarca d’Oriente. A sua volta il figlio Aristakes aveva partecipato nel 325 al consiglio di Nicea, proclamato dall’Imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana.

Le  reliquie del Santo vennero portate inizialmente nel villaggio armeno di Tharotan, ma in seguito si sparsero in vari luoghi: la sua mano destra si troverebbe a Etchmiadzin , la sinistra a Sis e il cranio a Napoli nella Chiesa di San Gregorio Armenio dove è stato trasportato da Costantinopoli per sottrarlo alla furia iconoclasta e si suppone che alcune reliquie siano arrivate da Napoli a Nardò.

Da aggiungere che la chiesa Armena pur tra tante vicissitudini e persecuzioni , l’ultima quella dell’ex regime sovietico, è stata sempre fedele a Roma donando alla chiesa figure di Santi e Martiri e ha manifestato sempre una fede genuina in un contesto molto influenzato e osteggiate dal mondo Islamico e dal mondo  Ortodosso che la circonda.

Parlando con alcuni fedeli  soprattutto durante la visita  alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap,  ho avuto modo di constatare la loro profondo devozione e venerazione  per San Grigor Lusavorich e molti di loro hanno manifestato la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e la Chiesa di San Gregorio e la nostra città . Numerosi armeni  e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sapeva  che San Grigor   è il Santo Patrono di Nardò.

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. SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – Il mistero delle croci armene

NARDO’ – Continua il bellissimo viaggio in Armenia, raccontato da Laura Manieri e Lelè Pagliula. L’ultima puntata è prevista per questa sera. Non mancate.
croci

LE CROCI ARMENE  (KHACHKAR)

Camminando per l’Armenia e visitando le sue Chiese, le onnipresenti Croci Armene  attirano molto  l’attenzione. La Khachkar, croce Armena, è come la croce latina con l’aggiunta che sugli angoli dei quattro bracci è rappresentato il trifoglio, simbolo della Trinità.

Nel linguaggio comune croce è sinonimo di dolore, ma la croce fiorita armena è sinonimo di bellezza e gioia. Ogni croce che si vede è diversa , particolare, personalizzata perché chi la ha realizzata partecipa in modo unico al sacrificio e alla resurrezione di Cristo. Ogni croce racconta una storia, un atto di fede e tutte le storie hanno in comune la storia cristiana del popolo armeno capace di fare fiorire la bellezza su ogni cosa. Anche sulla morte.

Un altro motivo più comune per erigere una Khachkar è la salvezza della propria anima , altri motivi sono la commemorazione di vittorie per la libertà e l’autonomia, il ricordo dei defunti, amori non corrisposti e anche come forma di protezione dai disastri naturali.

Le prime Khachkar degne di nota apparvero in Armenia nel IX secolo coincidendo con la rinascita armena dopo la liberazione degli Arabi. A quanto mi hanno raccontato e poi fatto vedere   la croce più antica venne scolpita nell’879  a Gornmj ed è stata dedicata alla regina Katronid moglie del re Ashot I.

Il punto più alto dell’arte scultoria relativa a queste croci venne raggiunto tra il XII e il XIV  secolo per poi scemare man mano durante l’epoca delle invasioni mongole alla fine del XIV secolo. La loro costruzione venne comunque ripresa nel nel XVI e XVII secolo , pur senza raggiungere le vette artistiche del XIV secolo.La tradizione è viva ancora oggi e soprattutto a Yerevan si possono ancora vedere giovani artisti scultori di Kachkar.

Oggi si racconta che sopravvivono almeno 40.000 croci . Ne abbiamo viste di bellissime nel Museo storico di Yerevan e presso la cattedrale di Echmiaddzin . Il luogo in Armenia che ospita il maggior numero di croci è il Campo dei Kachhkar a Noratus , sulle sponde del lago Sevan,un antico cimitero che  ne racchiude circa 900 di vari periodi e vari stili.

La più grande collezione di Kachkar del mondo fino a qualche tempo fa si poteva trovare presso le rovine dellantica Julia , in Nakhichevan, un enclave dell’Azerbaijan sempre in territorio della antica Armenia. Purtroppo alla fine del 2005 emersero racconti e fotografie da parte di testimoni che mostravano soldati azeri deliberatamente intenti alla distruzione dei cippi funerari. Fotografie più recenti hanno purtroppo rilevato che l’intero cimitero è stato raso al suolo e che al suo posto è stato costruito un campo di addestramento militare.

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4. SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – Il genocidio del popolo armeno

NARDO’ – Arriviamo alla fine del viaggio di Laura Manieri e Lelè Pagliula. Grazie a loro anche a nome delle migliaia di lettori che hanno letto il loro reportage. Li salutiamo con queste frasi: “Gli occhi delle persone che abbiamo incontrato in Armenia ci chiedono con la loro speranza, la loro gioia e la loro bellezza di continuare a parlare della loro storia e della loro verità. Un augurio per noi tutti, insieme alla nostra città, è di percorrere il ponte costruito dall’Uomo Santo Gregorio che ha dato tanta forza, identità e cultura al suo popolo e a noi tutti”.
genocidio

IL GENOCIDIO DEL POPOLO ARMENIO

E’ fondamentale dare un accenno storico a cominciare dal 1800 per aiutare a capire le diverse ondate di sterminio ai danni del popolo Armeno.

L’immenso Impero Ottomano alla fine del XIX secolo è in uno stato di completo disfacimento. La corruzione serpeggia in ogni angolo dell’impero che vede scomparire i suoi domini in Europa con la nascita, dopo secoli di barbara oppressione, degli stati nazionali balcanici. I Turchi, che si erano installati nell’Anatolia di millenaria cultura greco-armena, temono la possibilità di rivendicazioni elleniche sulle coste dell’Asia Minore e soprattutto la nascita di una nazione armena.

Con la salita al trono di Abdul Hamid nel 1876, l’impero ottomano conta una forte presenza cristiana insieme a minoranze etniche costituite da greci, armeni e assiri. Gli Armeni sono concentrati nell’est dell’impero e non richiedono l’indipendenza ma solo uguaglianza e libertà culturale. Abdul Hamid viene duramente sconfitto dai russi ma le conseguense per l’impero non sono gravi poiché il primo ministro inglese Disraeli, spinto dal favore verso i Turchi dell’Inghilterra, fa in modo che non si venga a formare uno stato libero Armeno. Dopo che l’Inghilterra ottiene l’isola di Cipro, il sultano, temendo una futura ingerenza europea nella questione armena con la conseguente perdita di territori, dà inizio alle repressioni che portano all’uccisione tra il 1894 e il 1896 dai due ai trecentomila armeni ad opera dei battaglioni curdi appositamente costituiti dal sultano. Inizia una campagna di conversione forzata all’islam degli armeni che fallisce completamente e provoca forti persecuzioni e ondate migratorie. Inizia una grande serie di massacri che durerà almeno trenta anni sotto tre diversi regimi turchi con un immobilismo dell’Europa, dove ogni nazione ha paura che un’altra assuma maggiore rilevanza nello scacchiere caucasico e medio orientale.

Un nemico dell’Armenia molto più temibile del sultano, è stato il movimento dei “giovani turchi “ ed il loro partito “ Unione e Progresso “ imbevuto da dottrine socialiste e marxiste adattate per compiacere la strategia del sistema turco. I giovani turchi dal marxismo avevano ripreso la volontà di uguaglianza, ma concepita in modo che, per essere tutti uguali, devono essere tutti ottomani e per essere ottomani tutti dovevano essere turchi e musulmani. Per l’attuazione di questo principio che doveva portare alla formazione di un unico blocco megalitico turco, l’unico ostacolo era costituito dagli Armeni e dai Curdi.

Per i “ giovani turchi “, i curdi potevano essere facilmente assimilati non possedendo una forte identità e cultura mentre gli Armeni dovevano essere annientati ed eliminati perchè oltre ad essere cristiani, possedevano una cultura millenaria, professavano un’altra religione e avevano una loro lingua e alfabeto.

Quindi i “ giovani turchi “ avviarono una prova generale del genocidio nell’Aprile del 1909 eliminando oltre trentamila armeni. Poi tramite una dittatura militare pianificarono un genocidio perfetto imponendo il principio della omogeneizzazione della Turchia tramite la forza delle armi e organizzando una vera e propria macchina di sterminio di massa. Il sanguinario ministro della guerra Enver assoldò un corpo speciale composto da trentamila avanzi di galera che provocando trasferimenti forzati e azioni di guerriglia fecero massacri senza lasciare traccia. Iniziò una ignobile follia, un genocidio apparentemente mascherato che gli armeni chiamano METZ YEGHERN ( il grande male ) che portò in sei mesi allo sterminio di due milioni di armeni.

Nel museo dell’olocausto abbiamo annotato le modalità e gli scopi stabiliti dai turchi per lo sterminio:

–          Eliminazione del cervello della nazione armena con l’arresto il 24 aprile 1915 degli esponenti dell’elite culturale armena. Intellettuali, deputati, prelati, commercianti,professionisti saranno deportati all’interno dell’Anatolia e massacrati.

–          Eliminazione della forza della nazione armena. Gli armeni dai 18 ai 60 anni vengono chiamati alle armi. Questi da bravi cittadini si arruolavano e subito dopo vengono disarmati e a gruppi di cento isolati e massacrati. Di 350.000 soldati armeni non si salverà nessuno.

–          Eliminazione di donne, vecchi e bambini. Nei luoghi vicino al mare e nel lago di Evian si procedeva all’annegamento sistematico di donne, vecchi e soprattutto bambini. Lo sterminio veloce e diretto per annegamento veniva applicato nelle zone in cui incombeva l’avanzata russa per il timore che alcuni si potessero salvare.

–          Deportazioni e massacri. Si avviava la deportazione motivata dall’esigenza di spostamenti da zone non protette dalla guerra. Si costringevano gli armeni ad abbandonare le loro case e i villaggi che poi i curdi e i turchi confiscavano e depredavano dei beni. I convogli venivano privati dei carri per poter eliminare facilmente le persone per fatica e senza dover usare proiettili, venivano sempre attaccati e depredati e il bottino veniva diviso tra lo Stato e dato in premio agli esecutori materiali. Alle donne, se non venivano uccise e violentate, veniva data una possibilità di salvezza se si convertivano all’Islam, sposavano un turco ed affidavano i loro figli allo Stato. I pochi superstiti venivano portati nei campi di sterminio in pieno deserto, poi stipati in caverne, cosparsi di petrolio e bruciati vivi. Nel museo dell’olocausto a Yerevan abbiamo letto il rapporto del 1917 del medico militare tedesco Stoffels che racconta di avere visto, in grande numero di villaggi, chiese e case dove giacevano corpi bruciati e decomposti di donne e bambini. I corpi di queste vittime non sono stati identificati e non hanno trovato ancora sepoltura.

Il mausoleo innalzato dagli Armeni a Deir el-Zor a ricordo del loro olocausto è stato raso al suolo dai miliziani dell’Isis nell’autunno del 2014. L’Auschwiz degli Armeni non esiste più.

Abbiamo ancora negli occhi le foto che abbiamo visto nel Museo dell’Olocausto di Yerevan. Fotografie di stragi, violenze e carneficine di innocenti. Riflettendo su quanto abbiamo visto nei giorni della nostra permanenza in Armenia siamo sempre più convinti che la storia di questo popolo fatta di continue violazioni dei più sacrosanti diritti di umanità, di religione e nazionalità non morirà mai. Abbiamo fede che la giustizia per questo popolo risorgerà come le sue croci sempre di più e sarà sempre più viva.

Gli occhi delle persone che abbiamo incontrato in Armenia ci chiedono con la loro speranza, la loro gioia e la loro bellezza di continuare a parlare della loro storia e della loro verità. Un augurio per noi tutti, insieme alla nostra città, è di percorrere il ponte costruito dall’Uomo Santo Gregorio che ha dato tanta forza, identità e cultura al suo popolo e a noi tutti.

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VENEZIA – 22 febbraio 2018 – XII Giornata di Studi Armeni e Caucasici

XII Giornata di Studi Armeni e Caucasici

che si terrà il prossimo 22 febbraio  a Venezia,

Sala Berengo, Ca’ Foscari, Dorsoduro 3246.

Scarica brochure

Anche il Comune di Cagliari riconosce il genocidio armeno ed esprime piena solidarietà alle vittime della Diaspora

Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime la propria gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito all’approvazione delle delibera dimostrando coraggio e onestà intellettuale e scegliendo la strada della verità e della giustizia.


Il consiglio comunale di Cagliari

“Premesso che – tra il 1915 e il 1920 il popolo armeno è stato vittima di un genocidio, Metz Yeghèm (il Grande Male) perpetrato dall’allora governo turco che provocò circa 1 milione e mezzo di vittime;

– le istituzioni pubbliche degli Stati, ivi compresa l’Italia, hanno il dovere di proclamare con forza e ricordare questa verità storica, riconoscendo ufficialmente quel tragico genocidio; – nel novembre del 2000 la Camera dei Deputati ha riconosciuto il genocidio armeno approvando una mozione;

– il Pontefice Giovanni Paolo II ha ricevuto in Vaticano il Patriarca degli Armeni, ricordando quel genocidio che tante vittime ha creato sia nel clero che nella popolazione;

considerato che tale genocidio era stato organizzato con la volontà di cancellare la culla della cristianità in vista della creazione di uno Stato turco etnicamente omogeneo;

tenuto conto che la Turchia si rifiuta categoricamente di riconoscere ufficialmente il genocidio armeno, al contrario di quanto hanno fatto Germania ed Austria che hanno riconosciuto il genocidio degli ebrei, processando chi ha il coraggio di affrontare l’argomento appellandosi al famigerato art. 301 del codice penale che punisce chi offende la Turchia e il sentimento nazionale;

constatato che

– dopo anni di oblio molti Stati, tra i quali Francia e Italia, hanno riconosciuto ufficialmente il genocidio armeno e la Comunità Europea in data 18 giugno 1987 ha posto come conditio sine qua non per l’entrata della Turchia in Europa il riconoscimento del genocidio stesso;

– lo sterminio del popolo armeno è stato riconosciuto come un genocidio dalla sottocommissione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU nel 1985;

il Consiglio comunale riconosce il genocidio armeno ed esprime piena solidarietà al popolo armeno e alle vittime della Diaspora.”

Il Segretario Generale Giovanni Mario Basolu           –                Il Presidente del Consiglio Guido Portoghese


Scarica il testo della Mozione

Natale 2017 – Programma delle cerimonie religiose nella Chiesa Armena di San Nicola da Tolentino – Roma

DOMENICA 24 DICEMBRE – VIGILIA  DEL SANTO NATALE

Ore 17.00 – Lettura delle Profezie.

Ore 18.00 – Santa Messa Solenne nella Chiesa Armena di San Nicola da Tolentino – Salita di San Nicola da Tolentino, 17

Seguirà cena e scambio degli auguri con la comunità del Pontificio Collegio Armeno. 


LUNEDI 25 DICEMBRE – SANTO NATALE DEL SIGNORE

 Ore 11.00 – Santa Messa Solenne nella Chiesa Armena di S. Nicola da Tolentino – Salita di San Nicola da Tolentino, 17

Seguirà Scambio degli Auguri.


SABATO 6 GENNAIO 2018 – FESTA DELL’EPIFANIA DI NOSTRO SIGNORE

 Ore 11.00 – Santa Messa Solenne nella Chiesa Armena di S. Nicola da Tolentino – Salita di San Nicola da Tolentino, 17

Seguirà Scambio degli Auguri.


DOMENICA 7 GENNAIO 2018 – MESSA PER I DEFUNTI

 Ore 11:00 – S. Messa Solenne celebrata per tutti i defunti.


L’albicocco, la vite, il melograno – Nuovo Libro

Il testo racconta, con stile agile e compatto, a volte ironico altre più riflessivo, un viaggio a piedi attraverso l’Armenia, effettuato – da nord a sud, dalle pianure centrali al confine iraniano – nell’estate 2016. Il racconto è l’occasione per l’Autore di confrontarsi con la geografia, la storia e la cultura del paese, di analizzarne le caratteristiche fondamentali e di ripercorrerne alcune vicende nodali attraverso il confronto con il territorio, i richiami letterari, l’utilizzo attento della cronaca. Continua e puntuale, nei brevi racconti che compongono il testo, è l’aderenza stretta all’esperienza del viaggio – le fatiche e i piaceri del camminare, gli incontri con le persone e i luoghi, insomma i riscontri della strada – considerata come punto di partenza per la ricostruzione e la progressiva verifica di una personale geografia itinerante di un paese complesso e affascinante.


Faggi Pierpaolo

L’albicocco, la vite, il melograno

A piedi attraverso l’Armenia
prefazione di Antonia Arslan

Con stile agile e compatto, a volte ironico altre più riflessivo, l’Autore racconta un viaggio a piedi attraverso l’Armenia, effettuato da nord a sud, dalle pianure centrali al confine iraniano. La narrazione è l’occasione per confrontarsi con la geografia, la storia e la cultura del paese, di analizzarne le caratteristiche fondamentali e di ripercorrerne alcune vicende nodali.

«In ogni capitolo ti presenta nuovi paesaggi, e insieme ti rivela i tipi umani che li abitano, perché la sua affascinante prospettiva ‘dal basso’ parte sì dalle persone che incontra, ma si inserisce in un’accurata preparazione alla lettura e alla comprensione del paese: le sue pagine sono esaurienti e sistematiche anche quando sembrerebbero seguire una libera casualità» (dalla Prefazione di Antonia Arslan).

Anno: 2017 | Pagine: 144 | Collana: (FDM) | Edizione: Guerini e Associati

ISBN: 9788862507066

Disponibilità: Disponibile

€ 14,00

Novità in libreria: “Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male” di Matteo Nunner

L’essenza basilare della figura del protagonista Claude-Henri si evince facilmente sin dalle prime battute del suo travagliato percorso nel mondo: dagli aromi e dalle parole armene che galleggiano per le strade della città di Van sino al severo apprendistato nella disfunzionale quanto maledetta famiglia Dadrian. Le notizie della fine di un’era giungono attutite ai distanti margini orientali dell’impero: cosicché la stessa imminente deflagrazione di quest’ultimo, così come un’Europa affacciata sull’abisso, passano in secondo piano innanzi un microcosmo fatto di bizzarri personaggi e amori proibiti. Impossibile invece attutire l’assordante clamore generato dalle prime avvisaglie di quello che sarà ricordato come uno dei genocidi più occultati della storia, malinconico sfondo della corsa che condurrà Claude-Henri sino al traguardo della vita adulta. Il tutto sempre osservato dal ragazzo attraverso una personale lente deformante, che gli consente di applicare a ogni aspetto del suo vissuto la propria legge di binarietà, d’incontrovertibile dualismo.

 

Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male

Matteo Nunner

Editore: Undici
Anno edizione:2017
Pagine:156 p., Brossura
  • EAN: 9788894823110

I segreti del Duomo, il gioiello che cade a pezzi (Molfettaviva.it 28.11.17)

In Armenia a seguito della caduta del regno bagratide avvenuta nel 1045, si ebbero massicce invasioni di popolazioni nomadi tra cui i selgiuchidi e i mongoli, e gli armeni, onde evitare la pulizia etnica che si stava perpetuando nei loro confronti, furono costretti ad emigrare verso l’Occidente cristiano.

La storia della Chiesa Vecchia, esemplare unico del romanico in Puglia

La nostra storia ha inizio moltissimi secoli fa, in una piccola grotta che stando alle fonti, si sarebbe un tempo trovata nei pressi della spiaggia dove ora sorge il Duomo.

In essa infatti lo studioso don Graziano Bellifemmine avrebbe individuato tramite le sue ricerche, una casa preghiera, e cioè un luogo in cui si radunavano le prime comunità cristiane per pregare e celebrare la liturgia. Le prime case di preghiera di solito si costituivano nelle grotte, nei pressi della tomba di un santo, o in luoghi che in precedenza erano stati pagani “per fare entrare la luce dove precedentemente regnavano le tenebre”. Una prova del fatto che anticamente il Duomo sarebbe stato luogo di una casa preghiera, sarebbe rivenibile in alcune lapidi dedicative, due lastre di marmo presenti nella zona alla destra dell’altare del Duomo (note come l’epigrafe di Risando, primo vescovo del Duomo) che per forma e per grandezza ricordano le lapidi che si mettevano in questi luoghi di culto e che risultano troppo povere e prive di valore per poter costituire l’epigrafe del primo vescovo. Se così fosse, l’origine della nostra chiesa, risalirebbe addirittura al IV-V sec d.C.

Ma come si arrivò alla costruzione di una chiesa vera e propria?
Per capirlo, dobbiamo fare riferimento agli armeni, antico popolo indoeuropeo che si era stabilito in una regione dell’Asia sud-occidentale e che sarebbe strettamente legato alla nascita del nostro Duomo. Cosa accadde dunque?
In Armenia a seguito della caduta del regno bagratide avvenuta nel 1045, si ebbero massicce invasioni di popolazioni nomadi tra cui i selgiuchidi e i mongoli, e gli armeni, onde evitare la pulizia etnica che si stava perpetuando nei loro confronti, furono costretti ad emigrare verso l’Occidente cristiano. Arrivarono anche in Puglia e contribuirono molto allo sviluppo e alla crescita delle città in cui vissero. Tuttavia alcuni di loro erano già presenti nella zona di Bari sin dal IX secolo d.C.
Una traccia armena la si può trovare ancora oggi in alcuni diffusi cognomi pugliesi come ad esempio Armenio, Armenise, Amoruso, Caccuri, Susca, Marzapane, Zaccaria, Trevisani, Pascali e Oliviero.
Famose furono le opere architettoniche armene in tutta la Puglia, le loro maestranze erano difatti erano particolarmente esperte nell’ingegneria edilizia. Si stabilirono anche a Molfetta e poiché in quel periodo la popolazione stava aumentando, si ebbe l’esigenza di costuire una chiesa più grande e che fosse rappresentativa della città.
La chiesa di Sant’Andrea, sita ancora oggi nel centro storico, era diventata troppo piccola, e pertanto si decise di edificarne una nuova sulla grotta-chiesa.

Stando ai recenti studi così sarebbe nato il Duomo: una chiesa dall’architettura tipicamente orientale, costruita da immigrati benestanti per servire le colonie armene stanziate lungo le coste. Infatti, osservando attentamente il Duomo, possiamo notare che sono molti i richiami all’Oriente.
Nelle chiese orientali infatti, l’altare solitamente era sormontato da una cupola alla forma sferica perfetta che rappresentava la perfezione della volta stellata: la Gerusalemme del cielo rivolta verso la Gerusalemme della terra. Nell’abside centrale c’era il bema (una piattaforma rialzata) e un piccolo altare, poi lateralmente all’abside c’erano dei piccoli ambienti denominati “sagrestie”. Essi comparivano anche nella prima liturgia bizantina e si chiamavano pastophoria (che in greco vuol dire “appartamento del sacerdote” o “camera per il tesoro”): in quello sinistra si conservavano le offerte le i fedeli, in quello di destra, si custodivano i vasi e i paramenti sacri. Con l’avvento della liturgia bizantina tarda, I pastophoria caddero in disuso e vennero sostituti da altre due absidi aggiunte alla preesistente centrale: le absidi diventarono così tre a simboleggiare la Santissima Trinità. Nel nostro Duomo queste diverse stratificazioni storiche e costruittive ci sono tutte. Per capire ancora meglio l’origine orientale della nostra chiesa, bisogna dirigersi verso l’ingresso laterale del Duomo. Noterete sicuramente l’atrio che si trova subito prima del portone secondario della chiesa. In realtà quello spazio un tempo veniva chiuso e infatti all’entrata dell’atrio c’era una imponente porta di legno massiccio; se ci fate caso vedrete che ci sono ancora dei cardini in pietra in cui giravano i perni del portone. Quell’atrio rappresentava la soglia che dalla città profana immetteva nella città sacra, era il luogo in cui si offriva ospitalità ai pellegrini, la sosta che si concedevano prima di entrare in chiesa. Lungo le pareti della facciata sud sono infatti ancora visibili i segni di pellegrini che sono passati da qui, e se siete attenti, potrete notare incisioni di croci nella roccia.

Ma c’é qualcosa in più.
Rivogete il vostro sguardo verso l’alto, al di sopra dell’arco che sormonta l’ingresso dell’atrio: noterete che c’é una piccola nicchia vuota. Sui portoni degli atri e delle chiese di Oriente è comune infatti che si veda una nicchia al cui interno si trova o un affresco o una scultura raffigurante il Cristo Pantokrator (colui che tutto è, figura di Cristo benedicente). Ebbene la stessa cosa venne fatta a Molfetta: quello spazio vuoto un tempo era riempito da un affresco di un Cristo Pantokrator che è ora scomparso in quanto dipinto con colori naturali via via sbiaditi. Un altro esempio di riferimento all’Oriente é visibile sempre stando con lo sguardo rivolto all’ingresso laterale del Duomo e osservando in alto sulla parete: si scorge una scultura raffigurante il Cristosbadgher del Pantocrator, rappresentazione iconografica armena diffusa dal VI d.C. Rappresenta Cristo in trono, colui che tutto può e che tutto sa, che sembra quasi fissare il vuoto. Nel medioevo fino a quasi al 1100 le rappresentazioni scultoree e pittoriche non rappresentavano stati d’animo ma tutto si esprimeva tramite la gestualità, e ciò era volutamente in netto contrasto con le raffigurazioni pagane che invece sottolineavano tramite smorfie quasi grottesche, i sentimenti umani volubili, quindi caduchi. Il nostro Pantocrator, con la sua apparente inepressività era invece il simbolo immutabilità e di eternità e la fissità dell’immagine deriva da una immagine sacra tipica dell’Oriente: l’icona, chiamata badgher in armeno.

Dopo l’arrivo dei bizantini, anche il Duomo di Molfetta divenne per un breve periodo bizantino. Essi modificarono le porte esterne ed interne inserendo due “squadri a mensola” negli angoli dell’architrave come loro elemento di decoro tipico e poi iniziano a costruire un mosaico che si sarebbe dovuto trovare lungo la navata centrale. Ma non fecero in tempo.

Arrivarono i crociati che chiamarono il Duomo “Santa Maria Assunta” e vi crearono un vero tempio romanico gerosolimitano su modello di una chiesa presente a Gerusalemme, la chiesa di Sant’Anna. Dei simboli e dei significati nascosti presenti nel nostro Duomo, parlerò prossimamente.

Potete approfondire l’argomento leggendo un interessantissimo e accurato lavoro di ricerca che è stato fatto sul Duomo, e dal quale ho attinto gran parte delle informazioni per poter realizzare il mio articolo.

Questo lavoro si trova in un libro molto bello e che consiglio fortemente che si chiama “Il Duomo di Molfetta. Una chiesa fra Oriente ed Occidente” di Girolamo A.G. Panunzio.