L’ AZERBAIGIAN LANCIA ATTACCO MISSILISTICO CONTRO LA REPUBBLICA ARMENA DEL NAGORNO KARABAKH (ARTSAKH)

Comunicato stampa

L’ AZERBAIGIAN LANCIA ATTACCO MISSILISTICO CONTRO LA REPUBBLICA ARMENA DEL NAGORNO KARABAKH (ARTSAKH)

 

Da questa mattina è in corso un pesante attacco missilistico azero contro la repubblica del Nagorno Karabakh (Artsakh).

Colpiti insediamenti civili compresa la capitale Stepanakert. Si registrano morti e feriti tra la popolazione

Molti cittadini stanno trovando riparo nei rifugi.

Le forze armate armene hanno abbattuto diversi elicotteri e tre droni; distrutti anche alcuni carri armati.

Tutte le milizie armene sono strenuamente impegnate nella difesa dei confini in questo che risulta essere un attacco ancor più grave di quello del 2016. Proclamata nella repubblica la legge marziale e la mobilitazione nazionale.

 

Alla luce di quanto sta accadendo:

 

  • Condanniamo l’ennesima aggressione dell’Azerbaigian contro la popolazione armena e il nuovo tentativo di risolvere con la guerra il problema del contenzioso sul Nagorno Karabakh.
  • Esprimiamo preoccupazione per la immediata piena solidarietà della Turchia all’Azerbaigian e per il rischio di un coinvolgimento su scala regionale con conseguenze gravissime per la stabilità di un’area così critica come quella del Caucaso meridionale e per le forniture energetiche all’Italia
  • Ricordiamo che nello scorso mese di luglio l’Azerbaigian ha attaccato la repubblica di Armenia lungo il confine nord-orientale con scontri senza precedenti in quell’area e che nelle scorse settimane, nonostante gli inviti della diplomazia internazionale, Turchia e Azerbaigian hanno compiuto provocatorie manovre militari ai confini con l’Armenia
  • Sottolineiamo le notizie di questi ultimi giorni che informavano circa il trasferimento di miliziani sunniti pro-Isis in Turchia e Azerbaigian
  • Denunciamo il “fiancheggiamento” di taluni media e politici italiani che nello scorso mese di luglio hanno appoggiato senza alcuna cognizione di causa le provocazioni militari azere e hanno di fatto avallato la politica dello scontro militare in luogo della risoluzione pacifica.
  • Ribadiamo ancora una volta che la via della pace è l’unica praticabile, il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh e la fine della politica guerrafondaia della dittatura azera spalleggiata dalla dittatura turca
  • Preghiamo per la popolazione vittima degli attacchi e stiamo al fianco dei soldati armeni che difendono i confini della Nazione
  • Invitiamo le istituzioni italiane ad adoperarsi – nel quadro delle organizzazioni internazionali e dei format negoziali esistenti – affinchè cessi immediatamente l’aggressione azera contro il popolo armeno e venga espressa una netta condanna di ogni atto di violenza ai danni della popolazione
  • Chiediamo alla stampa italiana di non usare espressioni della propaganda azera quali “separatisti”, “ribelli armeni” ecc per descrivere la popolazione del Nagorno Karabakh che ha esercitato il proprio diritto all’autodeterminazione secondo la legge sovietica dell’epoca (in particolare legge aprile 90 “Norme sulla secessione di repubbliche dall’Urss”), ha proclamato la propria indipendenza dopo la fuori uscita dall’Unione della RSSAzera, ha visto confermato il suo pronunciamento dalla Corte costituzionale di <Mosca, ha tenuto un referendum confermativo nel dicembre 1991, ha tenuto elezioni politiche monitorate da osservatori internazionali nello stesso mese, ha proclamato ufficialmente la nascita dello Stato il 6 gennaio 1992, ha sottoscritto l’accordo di Bishkekh per il cessate il fuoco con i rappresentanti di Armenia e Azerbaigian. La repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh è uno Stato de facto con una popolazione di 150.000 abitanti buona parte dei quali non era neppure nata all’epoca della guerra degli anni Novanta che chiede di poter vivere in pace nella propria terra.

 

Ancora una volta ribadiamo che gli armeni vogliono la pace, turchi e azeri la guerra.

 

Consiglio per la comunità armena di Roma

www.comunitaarmena.it

BUGIE E NEGAZIONISMO, LA DURA VITA DI UN AMBASCIATORE AZERO ALLA CORTE DI UN DITTATORE

Nei giorni scorsi alcune testate giornalistiche, tra cui notiziegeopolitiche.net, (risposta)  politicamentecorretto.com, (risposta)  sardegnagol e  opinione, avevano pubblicato una lettera dell’Ambasciatore Azero in Italia alla quale ci siamo sentiti nel dovere di rispondere in quanto piena di notizie false e fuorvianti. 

Nel ringraziare le testate sopracitate per aver ospitato la nostra risposta, riportiamo qui di seguito il testo della nostra missiva, qui illink alla lettera dell’ambasciatore e una nostra nota di precisazioni inviata alla redazione di notizie geopolitiche.

 

———————————–

BUGIE E NEGAZIONISMO: LA NOSTRA RISPOSTA ALL’AMBASCIATORE AZERO IN ITALIA

Se la ride S.E. Mammad Ahmadzada, ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, citando la presunta abilità armena di contraffare la verità che a suo dire genera “ilarità”.

Fossimo in lui, rappresentante diplomatico di una delle peggiori dittature al mondo (Freedom press index colloca l’Azerbaigian al 167° posto su 180 nazioni, poco sotto la Corea del nord…), ci preoccuperemmo delle sorti del suo Paese dove l’opposizione è inesistente, i giornalisti e i membri delle ong non allineati vengono sbattuti in galera.

Nonostante i tanti soldi che regala in giro per l’Europa (Italia compresa), Aliyev rimane un dittatore al pari di Lukashenko o Kim Jong-un e la sua famiglia governa da più di trenta anni una nazione fatta crescere nell’odio contro gli armeni.

Accusa gli armeni, prima nazione al mondo ad aver abbracciato ufficialmente la fede cristiana nel 301, di essersi “appropriati della Chiesa dell’Albania caucasica” ma non spiega perché allora l’Azerbaigian ha distrutto tutti i monumenti e le chiese armene in Nakhichevan, comprese diecimila croci di pietra (katchkar) di epoca medioevale a Julfa. Come i barbari talebani in Afghanistan con i buddha di Bamiyan… E non sono gli armeni a proclamarsi primo popolo cristiano ma lo dice la storia della Chiesa.

Bugie continua a ripetere la feluca azera sulla storia armena e su quella del Nagorno Karabakh-Artsakh (che non è mai stato storicamente un territorio azero e che giusto un secolo or sono vantava il 95% della popolazione di etnia armena) mescolando a caso informazioni e propaganda, tanto su un tema così complicato e delicato il lettore medio difficilmente riesce a raccapezzarsi.

Sorvola sui massacri e le pulizie etniche che gli armeni residenti in Azerbaigian dovettero subire nei decenni scorsi da Sumgayt in poi e mente sugli antefatti storici della guerra che l’Azerbaigian scatenò contro la piccola repubblica del Nagorno Karabakh, territorio di circa 4000 km2 gentilmente donato da Stalin agli azeri negli anni Venti del secolo scorso.

Un tavolo negoziale per la soluzione pacifica del contenzioso è stato istituito con il Gruppo Minsk dell’OSCE ma dalle affermazioni dell’Ambasciatore si evince che il suo Paese è contrario al dialogo e non accetta il principio che la questione del Nagorno Karabakh possa arrivare a conclusione senza l’uso della forza.

“L’Armenia è un aggressore e l’Azerbaigian è una vittima” scrive l’esimio Ambasciatore al quale rinnoviamo due domande molto semplici: “Cosa ci faceva il 12 luglio scorso un veicolo militare azero nella zona cuscinetto sul confine azero armeno? Una gita fuori porta?”  E la seconda: “Cosa ci facevano i soldati azeri nella stessa buffer zone? Un pic-nic?”.

L’Azerbaigian deve capire che deve arrendersi all’evidenza che la Storia non può essere raccontata a suon di petrodollari…

Ma invero, se una ricostruzione di parte può anche essere scontata (visto il recente richiamo del dittatore Aliyev ai propri ambasciatori perché si diano da fare a livello di comunicazione…), appare tuttavia moralmente inaccettabile il richiamo negazionista – d’altronde buon sangue turco non mente – quando parla degli “eventi della prima guerra mondiale” riferendosi evidentemente al genocidio armeno perpetrato dall’impero ottomano contro la minoranza armena.

Ecco, vedere riportato su una testata italiana l’intervento di un rappresentante di uno Stato dittatura che mistifica la realtà e pronuncia frasi negazioniste sul genocidio di un milione e mezzo di armeni senza che la redazione senta il dovere di prendere un minimo di distanza da certe affermazioni fa male.

Quale reazione vi sarebbe, chiediamo, se l’ambasciatore di un Paese non democratico inviasse una nota nella quale tra l’altro nega l’Olocausto?

Viviamo in una nazione, l’Italia, nella quale per fortuna tutti hanno diritto di parola e la libertà di informazione è garantita. Ciò però non significa avallare pedissequamente un crimine contro l’umanità.

Distinti saluti

CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ ARMENA DI ROMA


Contro risposta a Notizie geopolitiche 30.08.20

A margine dell’articolo da noi inviato e pubblicato sulla testata è stata aggiunta questa “nota” alla quale abbiamo dato risconto come segue. 

Essendo stata citata la Redazione del nostro giornale, mi sento il dovere di ribadire l’assoluta indipendenza di Notizie Geopolitiche, che da sempre dà spazio a posizioni anche contrapposte. In questo intervento, che proprio per la libertà che ci distingue pubblichiamo, più che sul sarcarsmo e sulle accuse all’Azerbaijan di essere una dittatura (i fatti di cronaca recenti dimostrano come anche l’Armenia non scherzi), punterei a rispondere in merito alle citate quattro Risoluzioni Onu. D’altronde anche la Crimea era stata donata da Stalin all’Ucraina, ma questo non vuol dire che il dittatore Putin possa farla russa con un referendum farlocco. Enrico Oliari.

 

Egr. dott. Oliari,

La ringraziamo per la pubblicazione del nostro intervento in risposta alle affermazioni dell’ambasciatore azero. Non avevamo dubbi al riguardo.

Proprio perché consideriamo la Sua testata seria, qualificata e obiettiva ci siamo meravigliati che non sia stato fatto alcun cenno redazionale riguardo alle gravi affermazioni negazioniste del rappresentante dell’Azerbaigian che è arrivato a definire il genocidio armeno alla stregua di “eventi della prima guerra mondiale” accodandosi alla più becera immorale propaganda turca. Ma forse il passaggio è sfuggito.

La Sua cortese replica ci fornisce invero l’occasione per sottolineare – nello spirito di un dibattito costruttivo sui problemi sud caucasici a beneficio dei Suoi lettori – due aspetti che riteniamo significativi.

In primo luogo, è un dato di fatto che l’Armenia (e l’Artsakh) e l’Azerbaigian viaggiano su due diversi piani di democrazia pur essendo provenienti dalla stessa esperienza sovietica.

La già citata classifica mondiale sulla libertà di informazione (Freedom press index) colloca l’Armenia al 61° posto (venti gradini sotto l’Italia, 41a) mentre l’Azerbaigian è al 167° posto e la Turchia al 154°. Con tutti i limiti e le difficoltà di sviluppo della società civile e politica armena, il paragone evidenzia posizioni ben differenti. Non lo diciamo noi, ma le organizzazioni internazionali che chiedono la liberazione di giornalisti e attivisti azeri imprigionati a centinaia nelle carceri di Aliyev la cui famiglia – altro dato significativo – da oltre trenta anni governa il Paese.

Ecco perché continuiamo a sorprenderci ogni qual volta sulla libera stampa italiana vediamo riportate sic et simpliciter le dichiarazioni di un rappresentante di Baku.

Quanto alle citate quattro risoluzioni delle Nazioni Unite (822, 853, 874, 884), invocate dall’Azerbaigian in ogni occasione, è opportuno sottolineare che furono votate dal Consiglio di sicurezza fra l’aprile e il mese di novembre 1993 in una situazione contingente legata allo sviluppo progressivo della guerra in atto.

Le prime tre chiedono 1) la cessazione delle ostilità; 2) il ritiro delle forze armene dai territori che le forze armate azere in rotta abbandonavano (Kelbajar, Aghdam,  Fizuli e le regioni meridionali al confine con l’Iran); 3) la ripresa dei negoziati; 4) l’attuazione di tutte le misure umanitarie finalizzate ad alleviare le sofferenze delle popolazioni. La quarta, in aggiunta alle precedenti disposizioni, chiede all’Armenia di “usare la sua influenza nei confronti degli armeni del Nagorno Karabakh per l’applicazione delle precedenti risoluzioni”, di fatto avallando la neonata piccola repubblica di Stepanakert come soggetto sostanzialmente distinto (al punto che i suoi rappresentanti firmarono l’accordo del cessate-il-fuoco nel maggio 1994 con Armenia e Azerbaigian).

È pleonastico sottolineare che nessuna delle parti in causa rispettò le risoluzioni ONU a cominciare dalle forze armate azere che continuarono a combattere (e a perdere terreno a favore dei partigiani armeni). Quando dunque Baku invoca le citate pronunce del Consiglio di Sicurezza dovrebbe in primo luogo spiegare perché l’Azerbaigian per primo non rispettò le stesse e in secondo prendere atto che già le Nazioni Unite, sia pure con il linguaggio che si conviene ai diplomatici, consideravano acquisito de facto un embrione di statualità della repubblica del NK.

Erano comunque, ripetiamo, risoluzioni legate al contingente sviluppo degli eventi bellici; al pari di quella del Parlamento europeo che nel 1988 (e poi nel 1990) condannava i massacri degli a

armeni nell’Azerbaigian ed esprimeva il proprio sostegno alla popolazione del Nagorno Karabakh nella sua richiesta di unificazione all’Armenia.

La vicenda del conflitto del Nagorno Karabakh è, come ben sa, alquanto complicata e il dibattito a più voci sull’argomento quanto mai opportuno.

Lieti per questo proficuo scambio di opinioni, ci è gradita l’occasione per rinnovare i migliori saluti e auguri di buon lavoro.

Consiglio per la comunità armena di Roma

BASTA FALSITÀ! BASTA BUGIE. L’Azerbaigian mente

Basta falsità. Basta Bugie.

L’Ambasciatore azero Ahmadzada risponda a queste domande:

  1. a) cosa ci faceva il 12 luglio scorso un veicolo militare azero nella zona cuscinetto sul confine azero armeno? Una gita fuori porta?
  2. b) Cosa ci facevano i soldati azeri nella stessa buffer zone? Un pic-nic?

Altro che comunicati stampa diffusi urbi et orbi con notizie fuorvianti, false e pretestuose.

 

#AGGRESSIONEAZERA

 Consiglio per la comunità armena di Roma

www.comunitaarmena.it

 

 

L’Armenia vuole la PACE, l’Azerbaigian la guerra.

L’Armenia vuole la PACE, l’Azerbaigian la guerra.

In questi giorni l’Azerbaigian, dopo aver aggredito lo scorso 12 luglio militarmente l’Armenia cercando di violare il suo confine di Stato, ha dato avvio a una campagna di disinformazione in tutto il mondo, cercando di addebitare all’Armenia tale incursione e accusando, per ultimo, anche la Diaspora armena di aggressione verso i cittadini azeri.

Come invece la cronaca di questi ultimi giorni ci sta evidenziando le informazioni diffuse dalle sedi diplomatiche e dagli ambasciatori azeri presso gli stati stranieri si sono verificate del tutto infondate e menzognere, perché sono proprio gli attivisti turco azeri, incitati da Baku e dal Presidente dittatore Aliyev, a compiere atti di violenza verso le sedi diplomatiche armene e verso gli armeni.

Gli azeri prima aggrediscono, ricorrono ad atti di violenza per poi correre ai ripari con accuse infondate, mistificando addirittura la storia e la realtà, come sta facendo da qualche giorno l’Ambasciatore azero in Italia Sua Eccellenza Mohammad Ahmadzada, inviando lettere piene di fake news a testate giornalistiche e politici.

L’Armenia vuole la pace, l’Azerbaigian la guerra.

D‘altronde da un Paese che ha portato in trionfo come eroe nazionale un proprio ufficiale condannato per aver decapitato un soldato armeno durante un corso NATO a Budapest non c’era da aspettarsi un diverso atteggiamento.

L’Azerbaigian, agli ultimi posti nella classifica mondiale sulla libertà di informazione e tra i paesi più corrotti e corruttori, è stato già giudicato dal mondo libero e democratico.

Come Consiglio per la comunità armena di Roma, in quanto componenti della diaspora armena in Italia, denunciamo questa ennesima campagna di odio e di armenofobia portata avanti dal regime di Baku. Condanniamo tutti gli atti di violenza compiuti perché crediamo e siamo convinti che la via maestra sia il dialogo e la diplomazia e non l’aggressione e la violenza.

L’Armenia vuole la pace, l’Azerbaigian la guerra. Lo ribadiamo.

Invitiamo tutte le istituzioni, i politici e i media italiani a non prestare in alcun modo il fianco alle infondate accuse della dittatura azera spalleggiata dal regime di Ankara. E anche a verificare sempre la fondatezza delle comunicazioni diffuse e ad appoggiare la linea della non violenza, ribadita anche dal ministero degli Esteri armeno e dal gruppo di Minsk dell’OSCE.

L’Armenia vuole la pace, l’Azerbaigian (e la Turchia) la guerra.

Consiglio per la comunità  armena di Roma

 

Il Consiglio per la comunità armena di Roma condanna l’aggressione dell’Azerbaigian contro l’Armenia.

Mentre il mondo è alle prese con la battaglia contro la pandemia del Covid-19,  il presidente dittatore dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, che  si trova a fronteggiare oltre alla diffusione del coronavirus nel Paese, anche una crescente opposizione interna, fa ricorso alle armi e alla guerra pur di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalle forte difficoltà in cui si trova il Paese.

Domenica 12 luglio un attacco militare è stato sferrato sulla linea di confine con  l’Armenia (distretto di Tavush in Armenia e il distretto di Tovuz dell’Azerbaijan) che a oggi ha già provocato 16 vittime.

Le forze armate azere non hanno esitato a bombardare civili abitazioni nei villaggi armeni di confine e persino una fabbrica tessile che produce mascherine anti-covid.

Mentre la Turchia si è detta pronta ad affiancare l’Azerbaigian in caso di guerra, tutte le altre Le istituzioni internazionali hanno reagito invitando le parti a un immediato cessate-il-fuoco e all’attenuazione della tensione.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma, nel condannare fermamente l’ennesima aggressione dell’Azerbaigian contro la pacifica popolazione armena, si appella alle Istituzioni Italiane affinché si facciano portavoce nelle sedi opportune per il perseguimento di una soluzione pacifica al conflitto, così come auspicato dalle istanze internazionali  e da parte dell’Armenia stessa, attraverso le vie della diplomazia e del dialogo.

Il Consiglio esprime il più profondo cordoglio per i militari armeni caduti mentre stavano difendendo la propria patria.

Il Consiglio Comunale di Piombino si unisce alle oltre 130 istituzioni italiane nel riconoscere il Genocidio Armeno.

In data 30 giugno 2020 il Consiglio Comunale di Piombino sulla scia di altre istituzioni italiane ivi inclusa la Camera dei Deputati, ha riconosciuto con atto formale la verità storica del Genocidio Armeno, esprimendo

“la propria piena solidarietà al popolo armeno nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani”.

Il Consiglio  per la comunità armena di Roma accoglie  con enorme soddisfazione tale atto di solidarietà ed esprime profonda gratitudine e riconoscenza al Sig. Sindaco di Piombino e ai Consiglieri tutti che con questa mozione hanno scelto di stare dalla parte della verità, inserendo il Comune di Piombino nell’elenco dei “Giusti” per la Memoria del Medz Yeghern.


Il Consiglio per la comunità armena di Roma aderisce alla Campagna «COVID-19 Armenia: insieme contro la pandemia».

https://www.himnadram.org/en

Il Consiglio per la comunità armena di Roma

aderisce alla Campagna «COVID-19 Armenia: insieme contro la pandemia».

 

 All’inizio del mese di maggio l’ Ambasciata Armena in Italia aveva diramato il messaggio di seguito riportato, che avevamo divulgato a suo tempo e riproponiamo di seguito, appellandoci alla bontà del cuore di tutte le persone di buona volontà.

 

La Fondazione “Hayastan All Armenian Fund”, in stretta collaborazione con il Presidente della Repubblica d’Armenia, con il Presidente della Repubblica di Artsakh, con l’Ufficio del Commissario Generale per la Diaspora, con il Ministero della Salute ed il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica d’Armenia, continua la raccolta fondi «COVID-19 Armenia: superiamo insieme l’epidemia». 

Segnaliamo i link dei video (in inglese e in armeno) dedicati alla campagna della raccolta fondi con la descrizione delle opzioni per la donazione.

https://www.youtube.com/watch?v=6hs9CSDFbxw

https://www.youtube.com/watch?v=KW-v2ga-nwI

 

https://www.himnadram.org/en 

Tsovinar Hambardzumyan è la nuova Ambasciatrice armena in Italia

Dopo che il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella ha concesso in data 19 maggio 2020 il gradimento per la nomina di Tsovinar Hambardzumyan ad ambasciatrice dell’Armenia presso lo Stato italiano, il Presidente della Repubblica Armena Armen Sarkissian ha nominato, con decreto presidenziale, la Sigra Tsovinar Hambardzumyan Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica di Armenia presso la Repubblica Italiana,

Nata il 5 luglio del 1971, a Yerevan Sua Eccellenza Hambardzumyan ha ricoperto sin dal 1995 importanti incarichi nell’ufficio di Presidenza della Repubblica Armena e dal 2018 era stata nominata Capo del Dipartimento delle relazioni estere dell’Ufficio del Primo Ministro della Repubblica Armena.

Nel 2007 ha ricevuto la lettera di apprezzamento del Presidente della Repubblica Armena e nel 2017, una medaglia di gratitudine.

È autrice della monografia “Can Democracy Bring Security to South Caucasus?” monografia, NATO Defense College (90 pagine, Roma, 2010, in inglese), È anche autrice di “Women’s Economic and Social Rights Implementation and Monitoring Mechanisms: the Lessons Learned,” sito ufficiale dell’Associazione delle scuole politiche del Consiglio d’Europa (9 pagine, 2018, in inglese)

Dal 2008, è stata coinvolta come osservatore internazionale nelle missioni di osservatori OSCE / ODIHR per valutare i processi elettorali in diversi paesi

Ottima conoscenza dell’inglese e del russo, oltre che dell’italiano (a livello lavorativo).

Il Consiglio per la comunità armena di Roma dà il benvenuto a Sua Eccellenza Tsovinar Hambardzumyan augurandoLe buon inizio di missione diplomatica e buon lavoro.

La PRIMA REPUBBLICA INDIPENDENTE ARMENA del 1918 – Di Pietro Kuciukian

Più di cento anni fa, il 28 maggio 1918 la parte armena dell’effimera “Repubblica democratica federativa della Transcaucasia”, raggruppante deputati georgiani, azeri e armeni, proclamava la sua indipendenza. Non c’era scelta. Due giorni dopo gli eletti georgiani facevano esplodere quell’ insieme eterogeneo che era stato creato sulle ceneri dell’Impero Zarista. Defezionarono sperando di poter vivere sotto protezione tedesca, rimasero faccia a faccia gli armeni e gli azeri che dichiararono rispettivamente la loro indipendenza. E ciò, malgrado da parte armena la FRA Dashnagzutiun, partito maggioritario a quell’epoca, non avesse concepito nel suo programma politico l’indipendenza. Di necessità e virtù e, nel caos indescrivibile del momento caratterizzato dall’avanzata ottomana, dalla rivoluzione d’ottobre nel Caucaso del Sud e dalle conseguenze della guerra mondiale, nasceva l’indipendenza. Questa indipendenza sarebbe rimasta lettera morta se, con l’energia della disperazione, ciò che restava del popolo armeno a pezzi, non fosse riuscito il 26 maggio a bloccare la progressione dell’invasore turco e a impedire l’annientamento totale della nazione. A Sardarabad, a Bash-Abaran e  a Karakilisa, nel maggio del 1918 un popolo forte della sua disperazione, fermò l’avanzata delle forze ottomane che stavano per annientare i sopravvissuti al genocidio, gli armeni di Yerevan e dei territori circostanti. L’offensiva della III armata turca di VehibPashaaveva un chiaro obiettivo: stabilire una congiunzione con i fratelli azeri e insieme concludere l’impresa genocidaria. La resilienza di Sardarabad fu un miracolo. Grazie a questa vittoria sul panturchismo, poteva  nascere la prima Repubblica Indipendente d’Armenia. Doveva ancora darsi delle frontiere e un’organizzazione statuale. Sopravvivrà 2 anni e mezzo, in un contesto apocalittico, prima di essere afferrata dal vento della storia che impose per 80 anni l’egemonia del potere sovietico su tutto l’ ex Impero zarista e anche oltre. Ma le basi dello stato armeno erano state gettate e, malgrado la dominazione di Mosca, andranno rafforzandosi con la Repubblica Socialista Sovietica d’Armenia che partorirà nel 1991, l’Armenia attuale, dopo l’autodistruzione dell’Unione Sovietica. Oggi questa seconda Repubblica indipendente suscita fierezza, si iscrive nel patrimonio nazionale armeno e tutti gli armeno del mondo, otto milioni in diaspora e tre in patria si riconoscono orgogliosamente in essa.

Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia

28 MAGGIO, FESTEGGIAMO L’ANNIVERSARIO DELLA PRIMA REPUBBLICA DEMOCRATICA DI ARMENIA!

Il 28 maggio ricorre il 102° anniversario della fondazione della Repubblica democratica di Armenia nota anche come Prima repubblica armena.

L’istituzione della prima Repubblica armena ebbe luogo in uno dei periodi più cruciali della storia della nazione armena.

Avendo appena subito un genocidio e nel mezzo di una crisi umanitaria, il popolo armeno e i suoi leader furono costretti ad affrontare una nuova enorme sfida con l’esercito turco-ottomano che avanzava verso Yerevan.

Le battaglie cruciali a Sardarabad, Bash-Abaran e Gharakilisa nel maggio 1918 fermarono l’avanzata delle forze ottomane e le respinsero, creando così un rifugio sicuro sia per i sopravvissuti al genocidio sia per gli armeni russi a Yerevan e nei territori circostanti. Entrambe le popolazioni erano in difficoltà disperate dopo la caduta del regime zarista in Russia e il successivo caos politico e militare nel Caucaso. L’eroica resistenza armena e la sconfitta turca hanno dato l’opportunità ai leader armeni di proclamare una Repubblica armena indipendente dopo proclami simili da parte dei georgiani e dei turchi azeri.

IL 28 MAGGIO 1918 NASCEVA LA PRIMA REPUBBLICA ARMENA!