In questi giorni, una delegazione di parlamentari della Repubblica italiana, ha affrontato (peraltro in piena emergenza Covid) un singolare viaggio in Azerbaigian, uno fra i Paesi più corrotti al mondo e che figura nella classifica mondiale sulla libertà di informazione (Freedom press Index, 2020) al 168° posto su 180 nazioni (l’Italia si colloca al 41° posto, l’Armenia al 61°, la Turchia al 157°).
Un viaggio organizzato all’indomani del cessate il fuoco firmato dai Presidenti della Russia e dell’Azerbaigian e dal Primo Ministro dell’Armenia che metteva fine all’aggressione militare iniziata lo scorso 27 settembre dall’Azerbaigian, con l’ausilio della Turchia e di jihadisti e mercenari filo-turchi, contro la piccola repubblica de-facto del Nagorno Karabakh, abitata da 150 mila armeni.
Alcuni membri della delegazione italiana, che risulta essere una delle prime a livello internazionale ad aver visitato i territori del Paese aggressore, si sono vantati di questo primato, mentre il dittatore azero Aliyev ha dato loro il benvenuto definendoli “amici” che dimostrano la “vera amicizia nei momenti difficili”.
Ovviamente non ci è dato sapere quali siano questi momenti difficili vissuti dall’Azerbaigian che durante i 44 giorni di guerra:
- non ha esitato a prendere di mira, abitazioni e infrastrutture civili, inclusi ospedali, scuole e luoghi di culto;
- violando il diritto internazionale umanitario e forte dell’appoggio del padrino Erdogan, non si è scoraggiato a utilizzare armi non convenzionali, incluse bombe a grappolo e al fosforo bianco, anche contro la popolazione civile;
- ha promesso una paga di 2000 dollari al mese ai Jihadisti mercenari, fatti arrivare dalla Siria con il supporto turco, più un benefit di 100 dollari per ogni armeno ammazzato;
- ha promosso esecuzioni sommarie di civili armeni e decapitazioni da parte delle truppe regolari, fatti ripresi e distribuiti sulle reti sociali senza il minimo tentativo di celare l’identità dei carnefici;
- ha torturato e continua a torturare sia prigionieri inermi civili che militari, postando i video di tali atti criminali anche su reti sociali, senza alcun rispetto delle più basilari norme dello jus belli e delle Convenzioni di Ginevra;
- ha distrutto e continua a distruggere i beni ed il patrimonio culturale, storico, artistico e religioso armeno;
- continua ad essere una vera minaccia per gli armeni in quel fazzoletto di terra dell’Artsakh per il quale urge un riconoscimento internazionale al fine di scongiurare l’annientamento della popolazione, così come aveva fatto capire lo stesso presidente Erdogan in un suo recente discorso, dichiarando di voler portare a termine con i fratelli azeri il lavoro iniziato dai loro padri, cioè il genocidio del popolo armeno.
Si tratta di fatti ampiamente denunciati sia da parte di alcuni paesi membri dell’UE e alleati NATO, dai media internazionali e nazionali, che da Amnesty International e Human Right Watch. Mentre il gruppo dei parlamentari italiani si prestava alla propaganda del dittatore azero, diventando esso stesso uno strumento di propaganda, autorevoli organizzazioni internazionali stanno concludendo le fasi preliminari delle indagini sui crimini di guerra azeri. I membri della delegazione italiana, in quanto rappresentanti politici eletti di una nazione che ripudia la guerra e punisce l’incitamento all’odio sia etnico che religioso, sapevano quanto sopra descritto, ma hanno scelto l’omertà e la dantesca ignavia per intraprendere questo viaggio.
Per noi, cittadini italiani di origine armena, l’unico scopo moralmente accettabile della missione dei nostri parlamentari sarebbe stato quello di documentare e denunciare i crimini di guerra, recarsi in Nagorno Karabakh, dopo aver goduto del lusso del dittatore azero. Invece, i parlamentari italiani hanno giustificato tale missione con ragioni economiche, non le loro ben inteso, ma quelle di aziende italiane che possono essere coinvolte nel processo di ricostruzione. Operazione, per il momento, di pessimo gusto e inopportuna, dato che l’emorragia delle vittime civili non si è ancora fermata, le decapitazioni degli armeni, neanche. Inoltre, il 9 novembre scorso è stato raggiunto un accordo di tregua, non è ancora stato firmato alcun trattato di pace. Comprendiamo che le commesse per le aziende italiane sono importanti, ma le testimonianze pubbliche nei quali parlamentari italiani si schierano apertamente con la parte azera e avallano le bugie storiche della propaganda di Baku generano effetti boomerang, rendono insostenibile qualsiasi commessa commerciale, allontanano la pace.
Il gruppo dei nostri parlamentari, guidato dal Sen. Ettore Rosato (Italia Viva) ha confuso la politica estera di una nazione del G7 con il commercio internazionale.
Ciò che ci lascia perplessi, infatti, sono le dichiarazioni dei parlamentari, foto e video postati sui loro canali social, che hanno suscitato non poche reazioni di sdegno da parte di tanti nostri connazionali italiani nel vedere i loro rappresentanti prestare il fianco alla dittatura azera in nome di un “interesse”.
Ci piace ricordare che benché l’Azerbaigian rimanga un fornitore primario di gas per l’Italia, i soldi spesi per quella fornitura sono sempre dei contribuenti italiani; i quali, nell’apprendere che quel denaro è stato utilizzato per “finanziare” i mercenari jihadisti che seminano morte e terrore, anche in certi Paesi europei, potrebbero non condividere le scelte fatte da parte di questi rappresentanti del popolo.
Noi, in quanto cittadini italiani di origine armena, di certo non lo condividiamo.
#IoStoConlArmenia
Consiglio per la comunità armena di Roma
QUESTI I PARLAMENTARI ITALIANI IN MISSIONE A BAKU:
On Ettore Rosato (Italia Viva), capo delegazione
Sen. Alessandro Alfieri (PD)
On. Rossana Boldi (Lega)
On. Pino Cabras (M5S)
Sen. Gianluca Ferrara (M5S)
Sen. Maria Rizzotti (Forza Italia)
Sen. Adolfo Urso (Fratelli d’Italia)