COP29 – APPELLO PARLAMENTARE BIPARTISAN PER IL RILASCIO DEI PRIGIONIERI ARMENI

Appello Parlamentare

Premesso che dall’11 al 22 novembre 2024 l’Azerbaigian ospiterà COP29, conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico;

Considerato che l’Italia ha ottimi rapporti commerciali e politici con Baku e intrattiene una proficua collaborazione anche nel campo energetico, il che ci posiziona fra i primissimi partner europei dell’Azerbaigian;

Valutato che è interesse dell’Italia che l’area sud caucasica sia pacificamente stabilizzata e pertanto vengano incoraggiate tutte le azioni che promuovano un aumento di fiducia tra Armenia e Azerbaigian e la firma di un definitivo accordo di pace;

Preso atto che, dopo i recenti conflitti, risultano ancora trattenuti, con differenti motivazioni, a Baku, 23 prigionieri di guerra armeni e altri detenuti le cui famiglie attendono da tempo il ritorno a casa;

Considerato che il loro rilascio rappresenterebbe un segnale positivo nelle relazioni fra i due Paesi e avrebbe ulteriori positive ricadute su tutta l’area regionale e sulla stessa COP29;

i sottoscritti, deputati e senatori della repubblica italiana chiedono al Governo

• di sensibilizzare il partner azero affinché in concomitanza con l’evento COP29 proceda, quale gesto di buona volontà e in segno di amicizia con l’Italia, alla liberazione di tutti i prigionieri e detenuti armeni;

• di curare, qualora necessario anche con mezzi propri, il ritorno a casa degli stessi;

di comunicare ad Armenia e Azerbaigian l’impegno dell’Italia finalizzato al raggiungimento di un accordo definitivo di pace nella regione.

On. Alessandro Battilocchio -FI
On. Brando Benifei- PD Eurodeputato
On. Deborah Bergamini- FI
On. Simone Billi- Lega
Sen. Stefano Borghesi-Lega
Sen. Susanna Camusso-PD
On. Andrea Casu- PD
On. Giulio Centemero- Lega
Sen. Gian Marco Centinaio – Lega
On. Alessandro Colucci- Noi moderati
Sen. Andrea De Priamo- FdI
On. Gianmauro Dell’Olio- 5 Stelle
On. Benedetto Della Vedova – + Europa
Sen. Graziano Delrio – PD
Sen. Gabriella di Girolamo – 5 Stelle
On. Piero Fassino- PD
Sen. Aurora Floridia- Alleanza Verdi e Sinistra
On. Paolo Formentini- Lega
Sen. Mariastella Gelmini- Gruppo Civici d’Italia – UDC- Noi moderati
On. Giorgio Lovecchio- FI
On. Lorenzo Malagola- FdI
On. Stefano Maullu- FdI
Sen. Roberto Menia- FdI
Sen. Elena Murelli- Lega
Sen. Luigi Nave- 5 Stelle
On. Federica Onori- Azione
On. Andrea Orsini- FI
On. Andrea Pellicini- FdI
On. Catia Polidori- FI
On. Emanuele Pozzoli- FdI
On. Erik Pretto – Lega
Sen.    Tatjana Rojc – PD
On. Massimiliano Salini- FI Eurodeputato
Sen. Ivan Scalfarotto – Italia Viva
Sen. Filippo Sensi – PD
Sen. Luigi Spagnolli- Gruppo Per le Autonomie
Sen. Francesco Verducci- PD
Sen. Sandra Zampa – PD
On. Gianpiero Zinzi – Lega

Comunicato stampa – L’Armenia tra le destinazioni Best in Travel 2025 di Lonely Planet

L’Armenia figura tra le 30 migliori destinazioni da visitare nel 2025 selezionate da Lonely Planet a livello globale, insieme alle tendenze emergenti nel mondo dei viaggi

23 ottobre 2024 – Lonely Planet, uno dei principali brand mondiali nel settore dei media di viaggio, annuncia il rilascio del tanto atteso Best in Travel 2025 – le previsioni degli esperti Lonely Planet su dove viaggiare nel prossimo anno. L’Armenia ha guadagnato un prestigioso posto tra le migliori destinazioni 2025, celebrata per i suoi spettacolari paesaggi, la vibrante cultura e le esperienze indimenticabili. Una destinazione facilmente raggiungibile dall’Italia grazie ai voli diretti da Milano, Roma e Venezia.

“Siamo onorati di essere riconosciuti da Lonely Planet come una delle mete imperdibili per il 2025”, ha dichiarato Susanna Hakobyan, direttore ad interim del Tourism Committee dell’Armenia. “Questo riconoscimento mette in luce il fascino unico, la storia e l’ospitalità che rendono l’Armenia speciale. Che si tratti delle nostre città animate, della campagna pittoresca o delle tradizioni locali, qui c’è qualcosa da scoprire per ogni tipo di viaggiatore. Non vediamo l’ora di accogliere visitatori da tutto il mondo per esplorare percorsi meno noti. Non a caso, The Hidden Track è il nostro slogan.”

L’Armenia, incastonata nella regione del Caucaso, è una terra di paesaggi affascinanti, ricca di storia e rinomata per la sua calorosa accoglienza. Questo gioiello nascosto offre una vasta gamma di esperienze uniche, fondendo meraviglie naturali con tesori antichi, attività moderne e delizie culinarie. Dalla vivace capitale Yerevan, sede di monumenti come il Complesso Cascade e il Matenadaran, alle acque scintillanti del Lago Sevan, l’Armenia ha qualcosa da offrire a tutti. Gli appassionati di storia rimarranno incantati da siti come il Monastero di Geghard, patrimonio dell’UNESCO, scavato nella roccia, o il Monastero di Tatev, che si erge scenograficamente sopra la Gola del Vorotan.

Gli amanti della natura possono esplorare paesaggi diversificati, dalle foreste verdi e lussureggianti del Parco Nazionale di Dilijan alle falesie rosse della regione di Vayots Dzor, offrendo avventure emozionanti come escursionismo, arrampicata su roccia o persino rafting lungo il fiume Debed. In inverno, i paesaggi si trasformano in un incantevole paese delle meraviglie, dove i visitatori possono divertirsi a sciare, fare escursioni con le ciaspole tra panorami tranquilli o rilassarsi in sorgenti termali naturali, rendendo l’Armenia una destinazione perfetta per tutto l’anno.

La gastronomia è sicuramente da non perdere; dal gustare piatti tradizionali come il tolma e il pane lavash all’esplorazione dell’antica eredità vinicola, l’Armenia promette un indimenticabile mix di cultura, bellezza e avventura.

Il Best in Travel 2025 presenta 30 destinazioni straordinarie tra paesi, città e regioni di tutto il mondo, insieme a dieci tendenze emergenti nel settore dei viaggi. Ogni anno, la selezione delle destinazioni del Best in Travel parte dalle nomination della vasta comunità di collaboratori di Lonely Planet, che comprende dipendenti, autori e partner editoriali di tutto il mondo. Ogni meta viene scelta per la sua attualità, le esperienze uniche e l’effetto “wow”, con un focus su destinazioni che dimostrano un impegno verso la sostenibilità nei viaggi.

“Best in Travel 2025 è l’ultima edizione della lettera d’amore annuale di Lonely Planet al mondo. Consapevoli delle nostre responsabilità e dell’impatto come viaggiatori, siamo orgogliosi delle destinazioni, dei viaggi e delle esperienze qui presentate e siamo entusiasti di condividere l’esperienza locale e gli approfondimenti che sono al cuore di queste raccomandazioni”, ha dichiarato Nitya Chambers, Senior Vice President, Contenuti e Direttore Esecutivo di Lonely Planet. “Ovunque tu sia nel mondo, siamo fiduciosi che Best in Travel offrirà nuova ispirazione per l’anno a venire.”

www.lonelyplanetitalia.it/best-in-travel

Photo gallery Armenia

Per informazioni:

Nadia Pasqual

Media Relations & PR Italia

Armenia Tourism Committee

+39 349 2131565

nadia.pasqual@markpr.it

Tsitsernakaberd, la Fortezza delle Rondini (Sienapost 07.10.24)

Testimonianza del martirio armeno, le cui vittime vengono ancora quantificate con approssimazione di centinaia di migliaia

Sabato ho partecipato alla splendida iniziativa di Diario Balcanico, durante la quale sono stati proiettati due film del regista bosniaco Ado Hasanovic. In un’altra parte di questo giornale, il Direttore ha già parlato dell’evento. A me, la storia di questo genocidio ha riportato alla mente una giornata trascorsa a Yerevan, teatro di un altro genocidio che non si può nominare. Vi racconto la storia di quel giorno, sperando di invogliare qualcuno a visitare queste bellissime e martoriate terre.

Un giorno a Yerevan. Tsitsernakaberd, la Fortezza delle Rondini

Il mattino è carico di grandi aspettative. Mi preparo per la partenza verso Yerevan; devo ancora fare i bagagli, e l’aereo di mezzanotte sembra ancora così lontano. Lavoro da casa, ma le ore non passano. Cerco di risolvere problemi che non riuscirò a completare, e persino le cose più semplici si complicano. È una battaglia. Mi difendo strenuamente: il telefono mi assale, la tastiera del computer sembra di piombo, con i tasti incollati tra loro, non rispondono. Cerco di uscire dal gorgo dell’ordinario, annaspo, e poi la vedo lì, sul pavimento: la mia fedele, indistruttibile Ortlieb, con la bocca spalancata che mi attende. Afferro un po’ di biancheria, qualche cambio. Quando la vedo satolla, tiro la cerniera: la pesante tela impermeabile si sigilla, e l’aria esce in un soffio, simile a un respiro sollevato. Prendo il lucchetto, la chiudo, e lo schiocco rassicurante del metallo sancisce l’inizio del viaggio.

Sul sedile dell’A320 mi abbandono a un sonno profondo. Al risveglio, dopo quattro ore, il collo, storto dalla posizione innaturale, mi duole, le ginocchia bruciano e i piedi gonfi aderiscono alle scarpe come guanti. Yerevan scorre sotto le ali dell’aereo. Atterriamo, recupero i bagagli. Qui è già giorno inoltrato, tre ore avanti a noi. Mi avvio all’uscita e vengo circondato da decine di trasportatori abusivi che mi tirano per la maglia, ognuno cerca di accaparrarsi un cliente. Ne scelgo uno a caso, con poco raziocinio, solo perché ha una faccia simpatica.

Deposito la borsa in hotel, faccio una doccia e mi incammino per Yerevan. La città appare confortevole, sembra metterti a tuo agio. Il centro è a pochi isolati da dove alloggio. Un prete sull’uscio di una chiesa, in un perfetto italiano, mi chiede da dove vengo e mi invita alla messa. Sembrava cercare proseliti, lo ringrazio e declino l’invito stringendogli la mano.
Tamanyan Street è sorprendente. Hanno costruito un museo di arte contemporanea all’aperto lungo l’alberato viale. Ogni angolo è un piacere per gli occhi: la “Mujer Reclinada” di Botero, una donna dalle generose forme che, alla maniera dell’artista, rappresenta la sensualità in modo esagerato, ti accoglie morbidamente. Poco più in là, il “Guerrero”, un corpulento omaccione con l’elmo, sembra farle da guardia. Piccoli locali nascosti dagli alberi invitano a sederti. Affronto la grande scalinata di marmo alla fine della via: l’arte armena di scolpire la pietra è evidente a ogni passo lungo la salita.

Dalla cima della collina, la vista spazia su una moderna città: ordinati palazzi si disperdono nella valle e, sullo sfondo, un po’ nascosto dalle nubi, l’Ararat, la montagna cara agli Armeni. Le strade sono progettate per puntare al colosso di pietra, strappato a questa nazione dai Turchi, insieme all’anima e alle vite di migliaia di persone. Questa sera, anche se sarò distrutto, voglio visitare il memoriale del genocidio.

Per ridiscendere la Cascade, l’enorme scalinata di pietra, passo sotto la struttura, all’interno c’è il Centro per le Arti Cafesjian, percorrendo una lunga scala mobile che dà sollievo alle mie gambe. Il mecenate Gerard L. Cafesjian, nato in America ma di origine armena, ha raccolto e donato alla città opere messe assieme in una vita. Ad ogni sosta del percorso mi perdo tra le opere di artisti contemporanei. La gente passeggia tra le sale, sorride: sembra un buon inizio, un sereno viatico per il viaggio che farò in questa regione del mondo. Le sale sono piene di fantastiche opere di Jaume Plensa, François-Xavier Lalanne, Peter Woytuk, Barry Flanagan, David Breuer-Weil, Maylee Christie. Di alcuni artisti non conoscevo nemmeno il nome, ma devo dire che tutto è estremamente piacevole.

Percorrendo una strada laterale, vedo una ragazza in un piccolo laboratorio, piegata su una grande pietra squadrata. Cesella, bulina, disegna curve e figure; con una pompetta toglie la polvere, ha un’aria concentrata. Mi fermo ad osservare la grossa bruna arenaria su cui lavora. La lastra ha una grana fine. Le chiedo se posso fare una foto, e lei risponde con un sorriso. Mantiene viva la millenaria tradizione delle khachkar, le grandi lastre scolpite che si trovano in ogni angolo di questo paese. Potrei guardarla per ore, ma voglio ancora visitare il Mercato degli Artisti, in uno spazio ampio alla fine di un viale alberato. Durante il weekend, espongono le loro opere, ma oggi le bancarelle sono piene di paccottiglia di dubbio gusto e cimeli di ogni tipo: vecchie macchine fotografiche, spille con i simboli della Madre Russia, monete, oggetti di archeologia. Mi perdo tra i banchi, ogni metro offre qualcosa di curioso.

Guardo l’ora: è già tardi. Voglio dedicare il pomeriggio al Tsitsernakaberd, la fortezza delle rondini, il memoriale del genocidio, che non si può nominare.

Per scrivere questa nota, ho dovuto attendere la sera, che le emozioni si acquietassero, che la mente ritrovasse raziocinio. Camminare sul grigio tufo del Tsitsernakaberd e uscirne con il cuore indenne è impossibile. Conoscevo la storia del genocidio armeno, ma con colpevole disattenzione l’avevo relegata in un angolo remoto della memoria, un luogo dove si ripongono gli orrori, ciò che di più doloroso l’animo allontana per non annichilirsi nel raccapriccio.

Su un cartello ho letto, con incredibile insofferenza, una disquisizione tra storici che cercavano di definire il numero dei morti: 1,2 milioni, 1,7 milioni, forse più probabile 1,5 milioni. Numeri senza senso, vite spezzate, squartate, fatte morire volutamente in marce estenuanti verso un luogo senza domani. Fermarsi a riflettere, per non dimenticare, è l’unica cosa che posso fare, accarezzando la pietra come unico piccolo gesto di compassione.

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The Hidden Track -Armenia pronta ad accogliere la Conferenza globale sul turismo del vino delle Nazioni Unite

COMUNICATO – Cerimonia della 109° ricorrenza del Genocidio Armeno a Roma

Il 24 aprile è la giornata della Memoria del popolo armeno e come ogni anno gli armeni del mondo si sono riuniti per commemorare le vittime di quel che fu definito il “primo genocidio del XX secolo”.
Anche a Roma come ogni anno la piccola comunità armena della capitale ha voluto onorare i propri martiri e lo ha fatto con una cerimonia svoltasi nel giardino che la città di Roma ha voluto intitolare al “Genocidio degli Armeni”, in p.zza Augusto Lorenzini.
Il triste anniversario della 109° ricorrenza del genocidio armeno è stata occasione per ribadire ancora una volta l’importanza della Memoria come antidoto all’indifferenza e al silenzio che sono spesso causa dei mali che affliggono l’umanità.
Non sono pochi infatti gli studiosi che affermano che l’impunità del genocidio del 1915 e il silenzio al quale è stato sottoposto per lunghi anni e la sua dimenticanza con la sua negazione sono stati il deterrente che hanno permesso a Hitler di pianificare il suo piano criminale contro la popolazione ebraica con la sua affermazione: “Chi si ricorda oggi del massacro degli armeni”, e ha fatto sì che il XX secolo venisse definito il secolo dei Genocidi.
Alla cerimonia iniziata alle ore 11,00, erano presenti autorità civili, politiche e religiose, tra cui il Vice Premier Matteo Salvini, gli Ambasciatori della Repubblica di Armenia presso la Repubblica Italiana Sua Eccellenza Tsovina Hampartsumyan e presso la Santa Sede Sua Eccellensa Boris Sahakyan, il Delegato del Sindaco di Roma, esponenti del Parlamento italiano e rappresentanti del Governo armeno nonché rappresentanti di comunità straniere in Italia, tra cui quella Ruandese.
Dopo gli inni nazionali, il Rettore del Pontificio Collegio Armeno Mons. Kachig Kouyoumdjian coadiuvato da Padre Athanas della chiesa armeno apostolica hanno presieduto una breve preghiera dedicata ai martiri del Medz Yeghern, alla quale è seguito il saluto di benvenuto dell’esponente del Consiglio per la comunità armena di Roma che ha espresso gratitudine a tutti i presenti per la vicinanza e la condivisione, sottolineando l’importanza della determinazione del popolo armeno e la sua battaglia contro l’indifferenza e contro l’oblio.
Lo slogan scelto per la giornata era infatti “LA FORZA DI UN POPOLO CHE SFIDA L’OSCURITA’ DELL’INDIFFERENZA”.
Dopo i saluti istituzionali dell’ On.le Federico Rocca a nome del Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri e dell’Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia Sua Eccellenza Tsovinar Hampartsumyan, ha preso la parola il Vice Primo Ministro, il Senatore Matteo Salvini, esprimendo la sua vicinanza e la SUA solidarietà al popolo armeno, unendo la sua voce al “mai più” contro ogni violenza, contro ogni crimine E reiterando il suo impegno per la pace.
Hanno preso poi la parola vari rappresentanti delle istituzioni capitoline, nazionali e europee e tutti hanno voluto ribadire la loro scelta di stare dalla parte giusta della storia, denunciando i crimini commessi contro il popolo armeno sia quelli del lontano 1915 sia quelli più recenti a danno del popolo dell’Artsakh – Nagorno Karabakh.
E’ intervenuto per primo il Consigliere Delegato alla città metropolitana di Roma Capitale l’ON. Daniele Parrucci al quale è seguito l’intervento della Senatrice Sandra Zampa (PD) e ex Presidente del Gruppo di amicizia parlamentare Italia Armenia.
Hanno preso poi la parola l’attuale Presidente del Gruppo di amicizia On.le Giulio Centemero, il Senatore Andrea De Priamo, l’ Eurodeputata Senatrice Anna Cinzia Bonfrisco, il Senatore Luigi Spagnoli, l’Ambasciatore Bruno Scapini.
L’ultimo ad intervenire sul palco è stato il figlio di un testimone del genocidio armeno, l’arch. Misha Wegner figlio dell’ufficiale tedesco Armin Wegner, il quale a costo della propria vita aveva documentato con le fotografie quello che stava accadendo nell’impero ottomano 109 anni fa. Misha ha promesso di portare avanti il testimone lasciatogli in eredità da suo padre.
La cerimonia si è conclusa con la deposizione delle corone sotto la targa del giardino e con un minuto di silenzio dedicato alle vittime armene.
Abbiamo tante volte gridato che il silenzio uccide e siamo qui per ribadirlo ancora una volta: il silenzio uccide. Ma se il silenzio e l’indifferenza sono dei mali, il loro rimedio è la Memoria. Siamo qui per fare Memoria e per dire insieme, con una voce unica e corale il nostro mai più. Mai più alla violenza, ad ogni violenza, mai più ad ogni ferita inferta alla dignità di un uomo, mai più crimini e mai più, mai più la guerra.
 

COMUNICATO STAMPA Nuove inqualificabili dichiarazioni del viceministro Cirielli: si dimetta subito!

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” esprime ferma condanna per le ultime dichiarazioni rilasciate dal viceministro italiano degli Esteri, Edmondo Cirielli, che ancora una volta fa da cassa di propaganda al regime dell’Azerbaigian.

L’esponente di governo è arrivato ad attaccare il ministro francese Stephane Sejourne, perché in una conferenza stampa congiunta con il Segretario di Stato USA Blinken aveva invitato l’Azerbaigian a cessare la sua retorica di minaccia contro l’Armenia.

Il viceministro italiano si allinea così, ancora una volta, alla retorica minacciosa del regime di Aliyev che in queste ultime settimane sta attaccando pesantemente la Francia per il suo sostegno all’Armenia, contrasta la recente politica dell’Unione europea nel Caucaso meridionale e, di fatto, scavalca il ministro Tajani.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” chiede al ministro degli Esteri, Antonio Tajani se:

  • è al corrente di queste dichiarazioni fatte dal suo vice che vasta eco, negativa, stanno avendo non solo da parte armena e francese;
  • condivide questo attacco rivolto a un Paese membro dell’Unione Europea;
  • non ritiene opportuno rettificare le stesse ed esprimere solidarietà alla Francia per l’attacco rivolto al ministro di Parigi;
  • non ritiene che il viceministro Cirielli debba essere rimosso dal suo incarico in quanto incompatibile a quel principio di imparzialità e correttezza che dovrebbe contraddistinguere la sua missione diplomatica.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” chiede al parlamento italiano di condannare questo ennesimo sostegno di Cirielli, eventualmente sollecitando un’audizione del viceministro al fine di chiarire le ragioni “personali” di tali ripetute esternazioni a favore del regime di Aliyev.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ricorda, a questo riguardo, che qualsiasi rapporto economico e commerciale tra Italia e Azerbaigian non implica la sottomissione alla propaganda di quella che è la nona peggiore dittatura al mondo (fonte “Freedom house”).

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” chiede ai media di porre in giusta evidenza il comportamento di Cirielli che, oltretutto, rilascia dichiarazioni proprio in un momento di grave crisi su più fronti mondiali.

Consiglio per la comunità armena di Roma

Segreteria

www.comunitaarmena.it

Che accade nella Diocesi del Papa? Una commemorazione ed una Messa per gli azeri musulmani che ora stanno sterminando i cristiani in Nagorno (ll Messalino 02.03.24)

Il 26 febbraio scorso la Parrocchia romana di S. Maria della Mercede ha ospitato una commemorazione organizzata dall’Ambasciata dell’Azeirbaigian presso la S. Sede (QUI il testo completo della comunicazione ufficiale dell’ambasciata). 

Tutto questo mentre chiese cristiane vengono distrutte dai governanti azeri, e cristiani vengono perseguitati e uccisi.

Pubblichiamo la lettera di protesta della comunità armena al parroco: “Ci sorprende, ci amareggiae indigna anche altre comunità cristiane, che codesta parrocchia abbia ritenuto opportuno ospitare un evento fondamentalmente politico, patrocinato da uno Stato che proprio ora sta abbattendo tutti i simboli religiosi cristiani nel Nagorno Karabakh (Artsakh) occupato dagli azeri lo scorso settembre e da cui tutta la popolazione cristiana armena è stata costretta a fuggire, per la quale anche Papa Francesco ha lanciato diversi appelli“.

Il Vicariato non ha nulla da dire?

Grazie ad una nostra cara amica per la segnalazione.

Luigi C.

LETTERA ALLA PARROCCHIA SANTA MARIA DELLA MERCEDE

Alla c.a. di P. Giuseppe Celano, parroco di Santa Maria della Mercede e sant’Adriano

Reverendo padre Celano,

abbiamo appreso, con stupore, da organi di stampa e da segnalazioni di amici italiani, che la Sua parrocchia ha ospitato un evento organizzato dalle ambasciate dell’Azerbaigian in Italia e presso la Santa Sede per commemorare le “vittime del genocidio di Khojaly”.

Ora, in quanto cristiani, siamo ben consci che la pietas per i caduti (tutti, senza alcuna distinzione) sia un valore superiore che deve superare ogni steccato e divisione.

Tuttavia, è d’obbligo sottolineare come il governo dell’Azerbaigian utilizzi queste “commemorazioni” unicamente come forma di propaganda e di odio contro gli armeni.

In verità la morte di un numero imprecisato di civili azeri, è avvenuto in circostanze molto controverse e presumibilmente addebitabile alle stesse forze armate azere con motivazioni di rivalità politica all’interno dell’Azerbaigian. Per approfondimenti consigliamo questa pagina dedicata: https://www.karabakh.it/la-verita-su-khojali/

 

Ma il punto non è ovviamente la ricostruzione storica e propagandistica del regime azero (peraltro agli ultimissimi posti nei report mondiali su libertà di informazione e tutela dei diritti civili e politici).

Ci sorprende, ci amareggiae indigna anche altre comunità cristiane, che codesta parrocchia abbia ritenuto opportuno ospitare un evento fondamentalmente politico, patrocinato da uno Stato che proprio ora sta abbattendo tutti i simboli religiosi cristiani nel Nagorno Karabakh (Artsakh) occupato dagli azeri lo scorso settembre e da cui tutta la popolazione cristiana armena è stata costretta a fuggire, per la quale anche Papa Francesco ha lanciato diversi appelli.

Notizie di abbattimenti di croci, di “restauri” di chiese trasformate in moschee, di atti vandalici nei cimiteri sono purtroppo all’ordine del giorno, per i quali alleghiamo qualche foto testimoniale.

Il governo dell’Azerbaigian, che si definisce “tollerante e multiculturale”, continua a professare odio verso gli armeni, minaccia l’esistenza della stessa Armenia (prima nazione a riconoscere il Cristianesimo nel 301!); Aliyev qualche anno fa proclamò che “la spada scintillante di Allah ruoterà sopra Erevan” (la capitale armena).

Siamo convinti che l’autorizzazione alla cerimonia sia stata concessa in totale buona fede ma temiamo che l’evento sia stato strumentalizzato a fini propagandistici e politici di cui è vittima anche la Sua comunità parrocchiale.

Grazie per l’attenzione e in attesa di Suo gradito riscontro porgiamo i nostri migliori saluti.

Consiglio per la comunità armena di Roma

www.comunitaarmena.it

 

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Comunicato stampa: Anche il grande Charles Aznavour vittima del vandalismo azero!

Il busto dedicato al grande cantante franco-armeno Charles Aznavour è stato abbattuto dagli azeri a Stepanakert nel Nagorno Karabakh (Artsakh) finito sotto controllo dell’Azerbaigian dopo l’ennesimo attacco militare nel settembre scorso.
Il monumento era stato inaugurato nel 2021 e si trovava nei pressi del circolo francofono della città.
Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” denuncia questo ennesimo atto vandalico, frutto di odio contro gli armeni, che purtroppo segue molti altri compiuti in questi mesi di occupazione.
Statue, katchkar (croci di pietra), chiese, tombe, iscrizioni di ogni genere vengono abbattuti in una furia alimentata dal regime di Aliyev che ha il solo scopo di eliminare – in un vero e proprio genocidio culturale – ogni traccia della millenaria presenza armena nella regione.
L’abbattimento del monumento a Charles Aznavour (di cui il prossimo 22 maggio ricorre il centenario della nascita) è un insulto alla musica e alla cultura mondiale.
Il Consiglio invita i media, anche italiani, a denunciare con fermezza queste intolleranti azioni di demolizione che nulla hanno a che fare con le discussioni politiche ma esprimono solo odio, razzismo e inciviltà.
CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ ARMENA DI ROMA
Segreteria

ANCHE LE FORMICHE NEL LORO PICCOLO SI VENDONO?

Ci perdoneranno Gino & Michele se abbiamo parafrasato il loro fortunatissimo libro di battute ma la storia che andiamo a raccontarvi ha il sapore (tragico) della commedia all’italiana.

C’è “Formiche”, una testata prestigiosa, molto seguita non solo in ambito politico, fondata da Paolo Messa che fino a poco tempo fa è stato Executive Vice Presidente responsabile delle Relazioni Geo-Strategiche con gli Usa di Leonardo.

Leonardo, per quei pochi che non lo sapessero, è una società pubblica italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza. Il suo maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze italiano, che possiede circa il 30% delle azioni. E fa ottimi affari con l’Azerbaigian dell’autocrate Aliyev che è fautore della destabilizzazione del Caucaso meridionale.

Orbene, proprio sul tema del Caucaso meridionale Formiche fino ad alcuni mesi fa aveva tenuto un corretto ed oggettivo posizionamento con diversi articoli a firma di Francesco De Palo.
Poi, verso l’agosto 2023, la testata ha cominciato a spostarsi verso Baku sempre più velocemente: sempre a firma di De Palo, sono usciti diversi articoli che riportavano prevalentemente la posizione azera, ha ignorato totalmente l’ultimo attacco all’Artsakh e il dramma della popolazione sfollata, ha cominciato a utilizzare termini (come ad esempio “Garabagh”) che denotavano un’attenzione solo ed esclusivamente alle tesi di Baku.

Un paio di altri pezzi un po’ più equilibrati non hanno cancellato l’impressione di un repentino cambio di rotta politica della testata.

Il capolavoro fu l’intervista al viceministro degli esteri italiano, Edmondo Cirielli, che – forse per mettersi in bella mostra con la leadership di Aliyev – sciorinò una sequela di castronerie storiche e politiche condite da velati insulti alla comunità armena anche italiana.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” protestò, inviò una lettera che, almeno a quanto riferito dalla redazione, sarebbe stata pubblicata. Poi ovviamente non se ne fece più nulla.

L’ultima perla viene da un pezzo del 14 febbraio scorso a firma di Paolo Falliro che, a onor del vero, due giorni prima aveva anche scritto un articolo sull’Armenia che guarda all’Occidente (ripetendo però l’errore sulla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia…): incredibilmente, l’attacco azero alla postazione di soldati armeni (4 morti) viene rovesciato e la colpa – nel titolo – scaricata sui soldati armeni. Inutile cercare qualche traccia nell’articolo sulla ricostruzione dell’accaduto, o il fatto, per esempio, che i soldati dell’Azerbaigian occupano porzioni del territorio sovrano della repubblica di Armenia. Unica concessione dell’autore sono due righe nelle quali si riporta la notizia data dal ministero della Difesa di Yerevan. Il resto del breve paragrafo “Qui Yerevan” è occupato dalle dichiarazioni di Baku… 

Era ampiamente prevedibile che all’indomani della schiacciante vittoria di Aliyev alle elezioni in Azerbaigian ci potesse essere un nuovo episodio di tensione con l’Armenia. E gli spari da parte armena contro i soldati azerbaigiani lo testimoniano” così attacca incredibilmente l’articolo di Formiche con tanto di foto del dittatore.

Non possiamo non rilevare che quello di Formiche è, in questo caso, un pessimo esempio di giornalismo. Il magazine denota una evidente sottomissione ai voleri dell’azienda di riferimento (Leonardo) e forse anche al governo italiano che evidentemente ha tutto l’interesse a curare buone relazioni con il regime di Aliyev.

Con il paradosso di una testata che nei colori e negli slogan si dichiara apertamente a favore dell’Ucraina, ma poi appoggia uno Stato (l’Azerbaigian) che ultimamente ha fatto della partnership con la Russia uno dei suoi punti di forza (anche esportandone il gas in Italia).

Ci si vende non solo accettando materialmente il “caviale” azero, ma anche scrivendo (obtorto collo) simili articoli per compiacere un dittatore?

A farne le spese è, purtroppo, il giornalismo: quello serio, che cerca la verità dei fatti, che indaga e non ha paura di quel che scrive.

 

@formichenews

LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE NON ABBONDONI GLI ARMENI DELL’ARTSAKH

Comunicato stampa

LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE NON ABBONDONI GLI ARMENI DELL’ARTSAKH

Ancora una volta l’Azerbaigian è ricorso alla violenza delle armi e a nulla sono valsi gli appelli internazionali rivolti al dittatore Aliyev.

Come armeni della diaspora non possiamo che essere terribilmente addolorati per la sorte dei nostri fratelli in Artsakh vittime ancora una volta della feroce campagna militare dell’Azerbaigian e già provati da mesi di malnutrizione a causa del criminale blocco del corridoio di Lachin imposto dal regime azero.

Stanti le ultime notizie che parlano di una resa pressoché incondizionata delle autorità di Stepanakert di fronte alle perdurante minaccia delle bombe azere, e di una possibile pulizia etnica, siamo molto preoccupati per la sorte dei 120.000 armeni della regione costretti a lasciare patria, case, lavoro per fuggire altrove oppure destinati a vivere come sudditi odiati nella dittatura di Aliyev che (report 2023 di “Freedom house”) è fra le peggiori al mondo per rispetto dei diritti civili e politici.

Anche il destino del patrimonio culturale e religioso armeno (già vandalizzato o distrutto nei territori conquistati dagli azeri durante la guerra) è fortemente a rischio.

Al riguardo, siamo addolorati che il monastero di Amaras dove nel 406 il monaco Mashtots coniò l’alfabeto armeno sia ora occupato dai soldati dell’Azerbaigian che avranno probabilmente già provveduto a danneggiarlo.

Chiediamo alla comunità internazionale e ai media di non abbandonare al loro destino gli armeni dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e di vigilare perché i loro diritti siano sempre tutelati, agendo con gli opportuni strumenti coercitivi, giuridici e politici.

Non possiamo dimenticare che l’inerzia e/o la complicità di vari attori internazionali sta portando la popolazione di un Paese libero a vivere in una delle peggiori dittature al mondo.

Se, come sembra, ci si avvierà verso una obbligata integrazione dentro lo Stato azero non è difficile immaginare come la vita degli armeni sarà segnata da sempre maggiori restrizioni e progressivamente lingua, cultura e storia saranno bandite.

In questi tragici momenti non possiamo che rimarcare la penosa figura del ministro degli Esteri italiano, Tajani, che a New York twitta con il collega azero definendo “partner importante” proprio mentre i soldati di Aliyev stavano bombardando città e villaggi dell’Artsakh, provocando decine di vittime, bambini compresi.  

Ci lascia stupefatti anche il silenzio assordante del governo italiano, che non ha speso nemmeno una parola durante i nove mesi di blocco della regione con la popolazione ridotta alla fame.

Certi atteggiamenti politici, privi di dignità politica, portati avanti da lobby di affari ben individuate, non possono che rappresentare una complicità con i crimini di guerra di Aliyev.

Il nostro ultimo pensiero va a coloro che hanno perso la vita, ai feriti, ai rifugiati e a tutti coloro che aspirano a vivere in libertà.

NON ABBANDONATE GLI ARMENI DELL’ARTSAKH

Consiglio per la comunità armena di Roma