Campagna “Memoria 100”
In occasione del centenario del genocidio armeno che ricorreva nel 2015, il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha lanciato una campagna denominata progetto “Memoria 100” che aveva l’intento di sensibilizzare le amministrazioni territoriali di tutta Italia affinché, con l’approvazione di una mozione di solidarietà, non si dimenticasse il dramma vissuto dagli armeni e si desse alla cittadinanza ed all’opinione pubblica un chiaro segnale di impegno civile.
A tal riguardo il Consiglio per la comunità armena di Roma ha inviato una lettera di sensibilizzazione ai maggiori comuni e capoluoghi italiani nonché ai consigli regionali allegando una fac simile di risoluzione base con la richiesta di presentazione a una seduta assembleare per sottoporla alla valutazione ed alla successiva votazione dei convenuti.
Il progetto “Memoria 100” aveva l’obiettivo di far si che durante l’anno del centenario, almeno 100 istituzioni Italiane avessero approvato una mozione di solidarietà al popolo armeno. Mozioni che poi sarebbero state trasmesse alla Direzione del Memoriale e del Museo del genocidio armeno a Yerevan (Armenia) per essere inserite nella lista dei Giusti per la Memoria armena.
L’obiettivo della campagna è stato raggiunto.
La targa di Roma Capitale a memoria del Metz Yeghern
Nel 2006, su iniziativa del “Consiglio per la comunità armena di Roma” viene scoperta una targa commemorativa del Comune Di Roma dedicata al Genocidio armeno (Metz Yeghern).
La cerimonia ufficiale ha luogo il 23 novembre nello slargo antistante la chiesa armena di San Nicola da Tolentino (salita san Nicola da Tolentino).
L’apposizione della targa rappresenta, per la comunità armena e i tanti italiani che hanno appoggiato l’iniziativa, un passaggio politico importantissimo che segue il solco tracciato dal voto nel 2000 dell’Assemblea capitolina che allora adottò una risoluzione di riconoscimento del genocidio armeno.
Lo scoprimento della targa conferma invero come il concetto di “riconoscimento” possa considerarsi ormai superato essendo il genocidio armeno un dato storicamente acquisito, ma sia invece importante insistere per la conservazione della Memoria, tragico monito per le generazioni future a non ripetere simili orrori.
La cerimonia di scoprimento della targa è stata seguita dall’inaugurazione della mostra fotografica “Luoghi e ritratti di Armenia” allestita nell’adiacente cortile del pontificio collegio armeno.
Un giardino per i martiri armeni
Un piccolo giardino a Roma dedicato ai martiri armeni del genocidio.
In Piazza Lorenzini (quartiere Portuense) è stata inaugurata il 28 maggio 2010 la nuova toponomastica “Giardino Genocidio degli armeni” alla presenza di autorità capitoline e dei rappresentanti del “Consiglio per la comunità armena di Roma”, promotore dell’iniziativa.
A seguito della delibera di approvazione dell’Amministrazione Roma Capitale erano giunte le consuete forti (e vane) pressioni diplomatiche da parte turca per il boicottaggio dell’iniziativa.
Dopo l’apposizione della targa nel 2006 dedicata ai martiri del Metz Yeghern nello slargo antistante la chiesa armena di s. Nicola da Tolentino si rafforza il legame culturale e di solidarietà tra la capitale italiana ed il popolo armeno.
UNA TRAGEDIA CHE NON HA PAROLE
In occasione degli anniversari del genocidio armeno, il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha realizzato campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica denominate “Una tragedia che non ha parole” con la pubblicazione di un manifesto in memoria delle vittime del Metz Yeghern.
Tramite accordo con la società che gestisce gli impianti video dei mezzi di trasporto del comune di Roma e di altre città italiane, è stata diffusa una proiezione su autobus e metropolitane.
Si tratta di una campagna unica nel suo genere che prevede oltre che alla pubblicazione del manifesto su alcuni quotidiani (free press ed a pagamento) anche la trasmissione, in formato spot, sui mezzi pubblici provvisti di video.
Il manifesto reca la dicitura stampata sullo sfondo di un primo piano di un uomo con la bocca cucita e gli occhi chiusi è un chiaro riferimento al silenzio che per lunghi anni ha caratterizzato l’immane tragedia che subì il popolo armeno agli albori del XX secolo e che la sottocommissione dei diritti dell’uomo dell’ONU aveva definito nel 1973 «il primo genocidio del XX secolo».
24 aprile, una tragedia che non ha parole.
Per non dimenticare e sperare ancora in un mondo migliore.
Cantando i poeti d’Armenia
La mostra, organizzata dal “Consiglio per la comunità armena di Roma“, ospitata nel chiostro del pontificio collegio armeno di Roma tra dicembre 2010 e gennaio 2011
Quando ci si riferisce al popolo del Libro o al popolo della diaspora o ancora al popolo del genocidio o dell’olocausto è a quello ebraico che subito si volge il nostro pensiero. Eppure tutti questi appellativi calzerebbero perfettamente anche al popolo armeno. Fu esso il primo ad abbracciare in massa il cristianesimo e a cercare nei suoi testi sacri, Antico e Nuovo Testamento (regina delle traduzioni è stata definita la Bibbia armena), il senso più profondo del proprio essere; il primo a essere stato vittima, un secolo fa, di un piano di distruzione fisica culturale memoriale attuato con spietata lucida razionalità dal gruppo dirigente del partito dei Giovani Turchi. Un milione e mezzo di vittime. Continua
Campagna di monitoraggio testi scolastici
Campagna 2006
Il “Consiglio per la Comunità Armena di Roma” ha lanciato una «campagna di monitoraggio» dei testi scolastici di storia in uso nelle scuole medie superiori italiane.
Scopo dell’iniziativa – che ha avuto vasta eco anche sui principali quotidiani e sui siti di settore – era quello di verificare quanti fra i più conosciuti manuali trattassero l’argomento del Genocidio armeno del 1915.
Nelle intenzioni dei promotori del progetto, una volta completato il riscontro, si sarebbe dovuto inviare una comunicazione, ad personam, per quei singoli testi che ignorassero l’argomento o lo trattassero in maniera estremamente superficiale.
Purtroppo, al termine di questo censimento, si è dovuto amaramente constatare come quasi tutte le opere fossero carenti di notizie sul Genocidio di un milione e cinquecentomila armeni.
I volumi consultati tralasciano di affrontare l’argomento oppure vi dedicano, salvo rare eccezioni, pochissime frasi insufficienti a far comprendere agli studenti la reale dimensione della tragedia consumatasi per mano del regime turco dell’epoca.
Per tale ragione, il “Consiglio per la Comunità armena di Roma“, ha ritenuto opportuno indirizzare un appello a tutti i più importanti editori di testi scolastici per sensibilizzarli alla questione.
Con la speranza che una maggiore conoscenza di quei terribili eventi, del “Metz Yeghern” (“Il Grande Male”, come lo definiscono gli armeni) possa aiutare le giovani generazioni di studenti a capire anche quelle terribili pagine della storia umana ed ad evitare che simili orrori si ripetano.
Perché, come è stato scritto, un Genocidio negato od ignorato finisce con il diventare “il padre” di un altro Genocidio; come l’olocausto ebraico e le altre pulizie etniche del ventesimo secolo ci hanno purtroppo insegnato.
Fermiamo la distruzione delle croci armene
Il “Consiglio per la Comunità armena di Roma” rende noto di aver rivolto un appello in data 22.12.05 alla COMMISSIONE NAZIONALE ITALIANA PER L’UNESCO affinché si adoperi, per tramite dell’Unesco e degli altri organismi internazionali eventualmente interessati, per far cessare le attività di distruzione e vandalismo poste in essere da militari azeri nel sito archeologico di Giulfa.
Non sono infatti venute meno le segnalazioni di scempio delle croci di pietra armene (katchkar) del cimitero armeno, nonostante gli appelli internazionali e le promesse del governo di Baku.
Delle dodicimila steli litiche, innalzate tra il tredicesimo ed il diciassettesimo secolo, con funzione commemorativa, celebrativa e funeraria, considerate fra le manifestazioni più originali della cultura e del costume religioso dell’Armenia medioevale, ne rimangono ormai poche centinaia, in precarie condizioni.
Il mondo civile, che non ha mai esitato a ergersi paladino del rispetto e della dignità della memoria di un popolo (come ,ad esempio, per il caso delle statue di Bhudda abbattute in Afghanistan dal regime talebano), deve esprimere ferma condanna verso l’attività di distruzione compiuta dal governo azero nel sito medievale armeno.
Nonostante gli appelli lanciati a livello internazionale l’azera furia barbara non si è arrestata. I più recenti documenti testimoniano che nell’area, trasformata in campo di tiro militare e spianata con le ruspe, non rimane più alcun reperto. I diecimila katchkar di Giulfa sono perduti per sempre!