Camera, i colloqui riservati dell’ambasciatore azero: ricordatevi del nostro gas (l’Espresso 25.01.23)
Quello che è accaduto stamane alla Camera spiega con nitidezza cosa vuol dire per l’Italia la dipendenza energetica da altri stati non propriamente democratici. Nel giorno di una delicata audizione in commissione Esteri sulla crisi umanitaria nel Nagorno Karabakh, il diplomatico Rashad Aslanov, ambasciatore dell’Azerbaigian di recente nomina, in numerosi colloqui di una decina di minuti, ha incontrato parlamentari e anche capigruppo di maggioranza e di opposizione per anticipare la sua versione dei fatti, per fornire risposte prima di ricevere le domande e soprattutto per ricordare agli amici italiani quant’è importante la collaborazione energetica col metano azero che approda sulle coste della Puglia attraverso il gasdotto Tap.
I deputati degli Esteri hanno convocato Aslanov per ottenere informazioni sul blocco del corridoio di Lachin nel Caucaso meridionale, regione controllata dal governo di Baku. Oltre 120.000 armeni che abitano nella non riconosciuta Repubblica dell’Artsakh, terra di guerra, di sangue, contesa da Armenia e Azerbaigian, sono in trappola, affamati, senza viveri, medicine, speranze. La grave crisi umanitaria ha mobilitato le organizzazioni internazionali e anche papa Francesco ha lanciato il suo appello. Ieri la Camera ha ascoltato l’ambasciatrice armena, quest’oggi era il turno del collega azero, di certo non lieto di dover giustificare il suo governo dinanzi agli amici/clienti italiani.
Non sono ancora mute le fanfare che hanno accompagnato la visita di Giorgia Meloni in Algeria e non sono ancora sgualciti gli annunci di opere meravigliose e occasioni fantastiche che potrebbero trasformare l’Italia in «hub» europeo del gas. Secondo i flussi del metano, calcolati con precisione da Nomisma, il crollo delle importazioni di gas dalla Russia è stato compensato in particolare dall’Azerbaigian e non dall’Algeria: Baku ha raggiunto i 10,2 miliardi di metri cubi con 3 miliardi in più sul 2021, mentre Algeri ne ha recuperati 2,3 miliardi in più passando da 21,2 a 23,7.
Oggi i contribuiti azeri sono equivalenti a quelli russi e in prospettiva possono crescere velocemente perché, a differenza degli algerini, hanno infrastrutture migliori e il progetto di un altro Tap. Perché negarsi un futuro grande come un «hub»? Intelligenti pauca.