CALAMITÀ NATURALI, FATTORI DI PACE? (Gariwo 16.02.23)

Il professor Mauro Magatti, nell’articolo di spalla del quotidiano Avvenire del 12 febbraio 2023, sosteneva che per la concordia dei popoli non basta il fattore economico. Ad aprire spazi per la pace in questo mondo “scardinato” occorre, sosteneva, “la non-meccanica dello spirito”.

Vorrei sottolineare che nella catena deterministica di azioni e reazioni, esistono accadimenti naturali tragici, inattesi, richiami potenti alla nostra fragilità che possono sollecitare azioni, scelte umane, capaci di modificare il corso degli eventi. Dal passato al presente, ieri e oggi, terremoti devastanti. Più di trent’anni fa, nel 1988 in Armenia, allora repubblica sovietica, all’indomani del terremoto che fece ufficialmente 26.000 vittime, Michail Gorbaciov presidente dell’Urss che si trovava a New York, diramò un ordine, impensabile nell’epoca in cui la cortina di ferro era ancora attiva ed efficace: gli aiuti provenienti da tutte la nazioni potevano giungere senza problemi di autorizzazione in Armenia. Prima fra tutte le nazioni, gli Stati Uniti d’America che inviarono un gigantesco cargo all’aeroporto di Zvartnoz. Anche l’Italia fu tra i primi paesi a portare soccorso con la Protezione Civile, gli Alpini di Bergamo e l’ospedale mobile che fondò nell’area del terremoto il “Villaggio Italia”. Anch’io mi recai a Spitak, l’epicentro del terremoto, in qualità di medico interprete e grande fu la mia meraviglia quando, all’arrivo, vidi che si abbracciavano i militari della NATO con quelli del Patto di Varsavia. Ogni barriera era stata abbattuta, ogni inimicizia scomparsa, l’umanità aveva trovato se stessa.

Oggi assistiamo ad un altro grande evento. Il catastrofico terremoto in Turchia e in Siria ha fatto crollare l’ultimo tratto della “cortina di ferro” . Il confine fra Armenia e Turchia era chiuso da trent’anni, sbarrato da parte turca in seguito alla guerra nel Nagorno Karabagh. In questi giorni sono partiti due aerei cargo armeni con tecnici, operatori, medici, aiuti umanitari alla volta della Turchia orientale e della Siria; ma, fatto più importante, è stato aperto il confine terrestre fra Armenia e Turchia a Margara, nella regione di Armavir, il valico di frontiera più vicino alla Turchia da Yerevan. Lungo il ponte sul fiume Arax sono transitati cinque camion armeni con 100 tonnellate di soccorsi di ogni genere per le popolazioni colpite dalla tragica calamità. Ancora più strana e inimmaginabile è stata l’iniziativa di una colletta fra gli abitanti del Nagorno Karabagh, regione assediata e bloccata da due mesi da parte dell’Azerbaigian, stretto alleato della Turchia; una popolazione affamata, senza gas e elettricità, si mobilita per aiutare i terremotati turchi e siriani. Il bene è riuscito a prevalere in quest’epoca che appare irrimediabilmente attratta dal male.

Inoltre mercoledì 15 febbraio c’è stato un importante appuntamento: il ministro degli esteri dell’Armenia si è recato in Turchia per incontrare il ministro degli esteri turco Cavusoglu.

La capacità dei governanti di modificare il determinismo degli eventi di fronte alle calamità naturali, è frutto della voce della coscienza ? O di un “impeto di umanità” simile all’agire dei giusti che nel buio del male accendono luci di bene? E’ in ogni caso un esempio della “non meccanica dello spirito”. L’auspicio è che possa diventare un precedente per l’assunzione di un “impegno comune rispetto ai problemi planetari”.

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