Azerbajgian ha raso al suolo storiche chiese armene a Sushi e a Mekhakavan nell’Artsakh occupato con la guerra di aggressione del 2020 (Korazym 28.03.21)
Le autorità armene hanno più volte avvertito la comunità internazionale di agire e prevenire la politica azera di sradicare l’eredità culturale e spirituale armena nel Nagorno Karabakh. Non si tratta, purtroppo, di casi isolati dopo la guerra di aggressione azero-turca dello scorso anno, che si è concluso con l’accordo di cessato il fuoco del 9 novembre 2020, molto doloroso per l’Armenia, che ha permesso l’esercito dell’Azerbajgian ad occupare buona parte della piccola Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Nella Regione di Hadrut, dopo aver distrutto una storica testimonianza armena cristiana nella città occupata di Shushi, la piccola chiesa di Surb Hovhannes Mkrtich (San Giovanni Battista) o Kanach Zham, l’esercito dell’Azerbajgian ha rasato al suolo anche la piccola chiesa di Zoravor Surp Astvatsatsin (Potente Santa Madre di Dio) a Mekhakavan, come ha documentato la BBC.
Ho riportato il 26 marzo 2021 la notizia [QUI], diffusa dall’Iniziativa italiana per l’Artsakh con un tweet: “Un’altra chiesa armena distrutta dagli azeri dopo la guerra in Artsakh. Giorno dopo giorno il patrimonio culturale armeno viene cancellato dal regime dell’Azerbaigian nei territori occupati. Un genocidio culturale che non può rimanere impunito”.
Avevo già documentato la profanazione della piccola chiesa Zoravor Surp Astvatsatsin (Potente Santa Madre di Dio) a Mekhakavan, di cui oggi non resta pietra su pietra, il 15 novembre 2020 [Una catastrofe per gli armeni cristiani e loro patrimonio dopo il passaggio di parte dell’Artsakh sotto controllo azero-turco islamico, dopo sei settimane di aggressione]: “Allāhᵘ akbar” [*] urlano i soldati azeri in cima e davanti ad una chiesa apostolica armena dopo la conquista di 20% del territorio dell’Artsakh. “Vergogna che qui nessuno fiati contro questa pulizia etnica e religiosa all’insegna della Mezzaluna turca” (Giulio Meotti).
“La Repubblica di Artsakh ha allertato la comunità internazionale in numerose occasioni sul terrorismo culturale orchestrato dallo Stato dell’Azerbajgian, i suoi sforzi per cancellare il patrimonio culturale armeno nei territori che sono sotto la sua occupazione militare, promuovendo ulteriormente la sua politica espansionistica genocida”, ha detto il Ministero degli Esteri dell’Artsakh. “Questa politica di genocidio è un crimine contro l’umanità, una grave violazione delle norme, delle convenzioni, delle risoluzioni e degli accordi internazionali e una minaccia per l’intero mondo civilizzato”, ha aggiunto il Ministero. “Chiediamo alle organizzazioni internazionali competenti di prendere tutte le misure necessarie per prevenire l’eliminazione del patrimonio culturale armeno e di condannare risolutamente la politica genocida dell’Azerbajgian. La non azione e l’indifferenza sono piene di conseguenze imprevedibili”, ha concluso il Ministero degli Esteri dell’Artsakh.
In un Tweet del 25 marzo 2021 la Commissione Nazionale Armena per l’UNESCO ha protestato per la distruzione della chiesa di Mekhakavan: “Condanniamo fermamente un altro atto di crimine culturale da parte dell’Azerbajgian. Quando la BBC ha scoperto che la chiesa armena è “scomparsa” dopo che l’Azerbajgian ne ha preso il controllo. La distruzione è completa. La stessa chiesa è stata vandalizzata durante la recente aggressione azerbajgiana. I monumenti armeni dell’Artsakh sotto l’occupazione dell’Azerbajgian sono stati vandalizzati e distrutti in stile ISIS. La chiesa armena “scomparsa” è stata in un primo istante vittima di un atto di vandalismo. #StopTerrorism”.
E l’Occidente cristiano, incluso la Santa Sede e il Papa regnante? Zitti e muti! Mentre la distruzione del patrimonio armeno cristiano nel Giardino della Montagna Nera continuerà sotto il grido di “Allāhᵘ akbar” [*]
A più riprese in passato abbiamo lanciato l’allarme per il patrimonio armeno cristiani nei territori della Repubblica di Artsakh occupati con il sostegno determinante della Turchia e militarizzati dall’esercito del dittatore dell’Azerbajgian Ilham Aliyev. A parte dell’articolo segnalato prima, alcuni altri articoli sul tema:
– Repubblica di Artsakh. A rischio i monumenti armeni per mano azera. Il Parlamento europeo condanna aggressione azera e ingerenza turca – 26 gennaio 2021
– Siamo preoccupati per la protezione dei beni culturali armeni sotto l’occupazione azera-turca nell’Artsakh. L’Azerbajgian è già inadempiente – 22 dicembre 2020
– La Chiesa apostolica armena lancia un accorato appello: “Salviamo dalla distruzione chiese e monasteri nell’Artsakh”. Chi lo ascolterà? – 17 novembre 2020
– Azeri-turchi hanno profanato la cattedrale del Santo Salvatore Ghazanchetsots di Shushi. Il monastero medievale di Dadivank messo sotto protezione della Russia – 16 novembre 2020
– L’Angelo di Ghazanchetsots distrutto dagli Azeri e il monastero di Dadivank abbandonato nelle loro mani. Con il cessate il fuoco gli Armeni cristiani dell’Artsakh non sono fuori pericolo – 14 novembre 2020
Un reporter della BBC ha rivelato la distruzione in un documentario pubblicato sul sito dell’emittente il 25 marzo 2021
Una settimana dopo che è stato rivelato che una chiesa di 200 anni a Shushi è stata distrutta dopo che gli Azeri hanno occupato la città, un giornalista della BBC ha indagato sulla distruzione di un’altra chiesa, questa volta a Mekhakavan, finita sotto controllo dell’Azerbaigian dopo l’accordo di cessato il fuoco trilaterale del 9 novembre 2020.
Il corrispondente della BBC, Jonah Fisher ha indagato sulla “sparizione” della chiesa di Zoravor Surp Astvatsatsin (Potente Madre di Dio) a Mekhakavan, poiché un video pubblicato online mostrava chiaramente che la chiesa era intatta quando la città fu catturata dalle forze azere.
Un poliziotto azero che accompagnava la troupe della BBC, rispondendo alla domanda su dove fosse la chiesa, ha detto che non lo sapeva. Pertanto, lo stesso giornalista della BBC, con l’aiuto del suo smartphone, si è recato con il cameraman nel luogo esatta della chiesa. Tuttavia, la collina sulla quale sarebbe dovuto essere la chiesa era vuota. Solo delle pietre giacevano ancora sul suolo, tutto quello che restava della chiesa.
Jonah Fischer ha confrontato il lugo con la vecchia foto della chiesa, assicurandosi che si trovasse nello stesso posto. L’unica differenza era che la chiesa non esisteva più. Il giornalista si è nuovamente rivolto ai poliziotti della scorta, chiedendo dove fosse la chiesa. I poliziotti azerbaigiani hanno risposto che forse la chiesa fu distrutta durante la guerra. Però, tale affermazione va contro prove inoppugnabili: “Non poteva essere distrutta durante la guerra, perché ci sono video che mostrano che gli azeri sono venuti qui”, ribatte Fischer. I video mostrano chiaramente che l’area era passata sotto il controllo azero quando la chiesa era ancora intatta.
Successivamente, durante un incontro a Baku con Hikmet Hajiev, Consigliere del Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev, Fischer gli ha mostrato una foto precedente della chiesa, ripresa nel 2017 e una foto della collina attualmente vuota, notando che la chiesa era completamente distrutta. In risposta, Hajiev ha espresso solo sconcerto, dicendo che non ne era a conoscenza e che le informazioni dovrebbero essere controllate. ¡jajajajajajajajaja!
La scorsa settimana è emerso anche un video che mostra la distruzione della chiesa di Surb Hovhannes Mkrtich (San Giovanni Battista), conosciuta come Kanach Dzham, a Shushi, dopo che il Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev si era recato nel Hadrut e ha ordinato la rimozione delle iscrizioni armene da tutte le chiese, chiamandoli “falsi”.
“Nonostante gli sforzi per presentarsi al mondo come un centro di tolleranza e multiculturalismo [QUI], l’Azerbaigian ha finora dimostrato la sua posizione di leader nella distruzione dell’eredità cristiana”, ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri dell’Armenia Anna Naghdalyan in una dichiarazione riguardante il documentario della BBC. “Condanniamo fermamente questo ennesimo caso di crimine commesso dall’Azerbaigian per motivi di odio religioso. Allo stesso tempo, i tentativi della leadership azera di giustificare questa barbarie sono ancora più preoccupanti, poiché mostra che questa manifestazione di vandalismo era di natura intenzionale e ricorda la distruzione sistematica del patrimonio storico e culturale del Nakhichevan “, ha aggiunto Naghdalyan. Ha detto che questo fatto, così come la distruzione della chiesa Kanach Zham a Shushi “dimostra che il vandalismo culturale portato avanti dall’Azerbaigian si basa su un solo criterio: l’odio verso il popolo cristiano armeno”. “La distruzione del patrimonio storico-culturale e religioso armeno dimostra ancora una volta che le assicurazioni sulla conservazione del patrimonio culturale cristiano da parte delle autorità azere sono false. La comunità internazionale dovrebbe intraprendere misure per fermare e condannare i crimini, compreso il genocidio culturale commesso dall’Azerbaigian dal 27 settembre dello scorso anno ad oggi”, ha aggiunto Naghdalyan.
Il Difensore dei diritti umani dell’Armenia Arman Tatoyan giovedì 25 marzo 2021 ha affermato che la distruzione della chiesa a Mekhakavan “è un’ulteriore prova che ciò che è accaduto con gli Armeni nell’Artsakh è stata una pulizia etnica derivante da una politica di genocidio”. “Durante la guerra, i militari azeri avevano pubblicato filmati che li mostravano cinicamente vandalizzando la chiesa armena”, ha spiegato Tatoyan, aggiungendo che lo staff del Difensore dei diritti umani aveva tradotto e analizzato il filmato, che dimostra chiaramente l’odio religioso e la loro intenzione di demolire la chiesa armena. “Questo incidente è un’altra manifestazione della politica di armenofobia e odio religioso in Azerbaigian, una grave violazione della libertà religiosa garantita a livello internazionale”, ha aggiunto Tatoyan.
Poi, riportiamo alcuni stralci dall’articolo “Nagorno Karabakh, il mistero della chiesa scomparsa. Dopo la fine del conflitto, continua la preoccupazione degli armeni per la perdita del loro patrimonio culturale” di Andrea Gagliarducci per ACI Stampa del 26 marzo 2021 [QUI], che riportando l’ultima notizia della scomparsa della chiesa di Mekhakavan, rileva la preoccupazione generale per «una sostanziale riscrittura della storia, che sta andando a cancellare, insieme agli edifici, anche la memoria della presenza armena nel territorio». Nelle regioni del Nagorno Karabakh sotto controllo dell’Azerbajgian, «sono state documentate a più riprese le scomparse di chiese e soprattutto di khachkar, le croci armene di pietra che più di tutto raccontano identità e presenza di quella che si fa chiamare “la prima nazione cristiana”. Si è parlato persino di “genocidio culturale” per raccontare questo sradicamento della cultura armena dal territorio – un timore che, con l’ultimo conflitto, si è particolarmente acuito». L’ultima guerra di agressione dell’Azerbajgian in Nagorno Karabakh «ha portato territori controllati dagli armeni in mano azera, con tanto di monasteri e chiese».
La distruzione di chiese e khachkar nel Nagorno-Karabakh per gli Armeni è la prova che la loro storia viene estirpata. E non è una cosa nuova, scrive Gagliarducci: «In questi giorni è stato pubblicato uno studio di Hratch Tchilingirian, che ha messo in luce come, da quando il Nagorno-Karabakh è stato assegnato all’Azerbaijan divenuto una repubblica sovietica, la regione è divenuta soggetto di una “autenticazione della storia” tipica proprio dei sovietici, che creavano narrative nuove per deformare la pubblica percezione riguardo l’altro e il nemico. Era – spiega lo studioso – un lavoro tipico, quello di costruire “storie nazionali”, e in particolare nel caso del Nagorno-Karabakh è stata usata la cosiddetta “connessione albanese”. Per Albania non si intende lo Stato nei Balcani, ma piuttosto il regno caucasico della regione, e a quel regno si riferisce la nuova storia del Nagorno-Karabakh che punta a presentare gli armeni come immigrati più recenti nel territorio».
Prosegue Gagliarducci: «Ma è davvero così? Tchilingirian ricostruisce la storia, nota che, poco dopo la conversione dell’Armenia al cristianesimo, il Regno di Albania, che includeva anche le province di Artsakh (ovvero il futuro Karabakh) si convertì al cristianesimo grazie allo stesso Gregorio Illuminatore che aveva evangelizzato l’Armenia, e che fu riportato nella regione dopo essere stato martirizzato nell’attuale regione del Daghestan in Russia, e seppellito ad Amaras, tuttora esistente.
Nell’attuale Nagorno Karabakh, tra l’XI e il XIII secolo, furono costruiti più di 40 monasteri e centri religiosi sotto il patrocinio dei principi armeni di Artsakh, nota Tchilingirian, mentre il monastero di Gandzasar divenne la sede dei Catholicos della Chiesa di Albania. Il catholicossato fu drasticamente ridotto nel XIX secolo, ma tra il 1820 e il 1930, il Karabakh “fu luogo di una vibrante vita culturale e religiosa”, grazie anche alla diocesi e a missionari svizzeri che “gestivano dieci scuole solo a Shushi” e fondarono nel 1828 la prima tipografia della regione.
Ma dal 1923, quando i sovietici si stabilirono nella regione, cominciarono a fare pressione sulle istituzioni religiose, e questo è provato da diverse lettere dei metropoliti armeni di Baku al Consiglio di Etchmiadzin, che notavano come i comunisti formalmente davano a tutti libertà religiosa e di coscienza, ma poi prendevano “misure estreme contro preti e chiese”.
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo c’erano “250 – 300 preti che servivano in Karabakh e nelle sue regioni, mentre nel 1996 c’erano solo sei sacerdoti, includendo il vescovo Barkey Martirossian”, sottolinea Tchiliingirian.
Le chiese in Karabakh cominciarono ad essere rinnovate quando, nel 1988, i comunisti fecero un decreto per lo sviluppo socio economico del Nagorno-Karabakh in risposta alle proteste a Yerevan e Stepanakert.
“Il primo obiettivo dei leader della chiesa in Karabakh era stato di rinnovare le chiese e fornire luoghi di culto” e fu data speciale attenzione alla riapertura di “monasteri importanti a livello storico, come Amaras e Gandzasar”. Molte sono state le iniziative culturali messe in campo in quegli anni, mentre la Chiesa Apostolica Armena aveva lavorato come avvocato del popolo e dei suoi diritti, come avevano fatto le chiese in Polonia e Germania dell’Est.
C’è anche questa storia da raccontare, quando di parla di Nagorno-Karabakh o Artsakh. Una storia che rischia di essere dimenticata».
Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh David Babayan ha definito la distruzione di Kanach Zham “genocidio culturale”, aggiungendo che “le azioni dell’Azerbaigian contro i monumenti storico-culturali armeni sono la continuazione e la manifestazione della loro politica fascista in modo disgustoso e pericoloso”. “Gli Azeri conoscono molto bene la nostra storia e la distruzione di quella chiesa non è altro che un messaggio del Presidente azero e dello Stato che faranno lo stesso se riusciranno a prendere il controllo di tutto l’Artsakh”, ha aggiunto Babayan. “Tali azioni degli Azeri non differiscono in alcun modo dalle azioni dei terroristi in Medio Oriente, che hanno distrutto monumenti universali”, ha detto Babayan, aggiungendo che l’unica differenza è che se in Medio Oriente alcuni gruppi terroristici sono responsabili delle atrocità, nel caso degli Azeri queste azioni sono sponsorizzate dallo Stato. Definendo la palese distruzione dall’Azerbaigian del patrimonio un disprezzo per il diritto internazionale, Babayan ha detto che “il mondo civilizzato dovrebbe prendere misure, perché se oggi stanno distruggendo il patrimonio culturale dell’Artsakh, l’indifferenza della comunità internazionale potrebbe portarli a bussare alle loro porte domani”.
Il 18 marzo 2021 il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha invitato la comunità internazionale, in particolare l’UNESCO, a intervenire per salvare nei territori dell’Artsakh occupati dall’Azerbaigian i monumenti che non sono stati ancora distrutti. “Durante l’occupazione azera della regione di Hadrut, gli insediamenti un tempo floridi con decine di migliaia di abitanti armeni furono completamente annientati e molti civili furono uccisi. La comunità internazionale, compreso l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e Human Rights Watch, hanno espresso la loro chiara posizione riguardo ai casi di palese violazione della Convenzione di Ginevra nella regione di Hadrut, quando i civili catturati sono stati sottoposti a esecuzione extragiudiziale “, il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha dichiarato. Ha aggiunto che le dichiarazioni di Aliyev ad Hadrut rivelano l’intenzione di distruggere gli insediamenti armeni e sostituirli con quelli azeri, che viola le disposizioni dell’accordo trilaterale del 9 novembre 2020, secondo la quale gli sfollati devono tornare nei loro luoghi di residenza. Dimostra anche che gli armeni dell’Artsakh non possono sopravvivere sotto il controllo azero. Il Ministero ha avvertito che, nell’ambito della sua politica di pulizia etnica, l’Azerbaigian sta adottando misure coerenti volte ad eliminare e appropriarsi del patrimonio culturale armeno dell’Artsakh.
“Le preoccupazioni che la parte armena ha espresso sin dai primi giorni in cui i monumenti storico-culturali armeni sono caduti sotto il controllo azero, si stanno materializzando. Questi fatti dimostrano che le assicurazioni dell’Azerbaigian che preserverà il patrimonio storico-culturale cristiano e che è disposto a collaborare con l’UNESCO sono completamente false “, ha dichiarato il Ministero degli Esteri dell’Armenia. “Nella situazione attuale, diventa urgente il tempestivo intervento della comunità internazionale, in particolare dell’UNESCO, per salvare i monumenti non ancora distrutti”.
“Non può esserci ‘pace’ solida e duratura costruita sulla base della distruzione degli insediamenti pacifici dell’Artsakh, del suo patrimonio storico-culturale, dell’annientamento della popolazione armena e della sostituzione dell’insediamento armeno con quello azero. Continueremo la nostra lotta per una pace giusta e dignitosa lavorando a stretto contatto con i nostri partner internazionali”, ha concluso il Ministero degli Esteri dell’Armenia.
[*] L’espressione araba “Allāhᵘ akbar” viene spesso e volentieri quasi esclusivamente associata all’estremismo islamico, perché viene pronunciata prima e durante degli attentati terroristici islamici. Quindi, che qualcuno abbia usato questa frase prima di un attentato viene considerato una garanzia del fatto che quell’attentato abbia motivazioni religiose. Cioè, è nata una sorta di automatismo: se sentiamo o sentiamo “Allāhᵘ akbar”, il primo pensiero che facciamo è rivolto di un attentato. Però, l’espressione che significa letteralmente “Dio è il più grande” non è esclusivamente legata al jihadismo e non è una specie di slogan esclusivo dei terroristi. Ha invece a che fare più generalmente con la religione ed è un’esclamazione di uso comune tra i musulmani.
“Allāhᵘ” è il nominativo di Allah, che vuol dire Dio. L’arabo classico segue le declinazioni come il latino: ci sono tre casi, nominativo, genitivo e accusativo. Il soggetto richiede la forma nominativa e la desinenza del nominativo viene indicata con il suono “u”.
“Akbar” non vuol dire semplicemente “grande”: è un’alterazione del grado positivo dell’aggettivo. “Akbar” è stato interpretato sia come un grado comparativo dell’aggettivo “grande” sia come un superlativo relativo: prevede cioè un termine di paragone, ma in entrambi casi le cose non tornano. Se si volesse dire “Allah è il più grande” sarebbe necessario, in arabo, l’articolo determinativo “al” prima di “akbar” che però non c’è. Dato che “al” non è presente sarebbe necessario esplicitare la comparazione: più grande, ma di che cosa? E questo qualche cosa dovrebbe seguire “akbar”.
L’interpretazione prevalente tra gli studiosi è dunque che l’intera frase sia ellittica. La traduzione risulta più problematica. “Dio è grande” potrebbe funzionare, ma non tiene conto del significato comparativo o superlativo che esprime la forma araba. Dire “Dio è più grande” lascerebbe in sospeso la domanda: “più grande di che cosa?”. Una buona soluzione, dunque, è dire “Dio è il più grande”.
L’espressione araba “Allāhᵘ akbar” – contenuta in un verso del Corano in cui si dice di magnificare Dio – è un “takbīr” (in arabo indica un’espressione generica della religione islamica, simile a quelle frasi ricorrenti presenti in altre religioni tipo “Dio Padre onnipotente” o “Lodate Dio”, cioè è un nome derivato che indica colui che compie un’azione, in questo preciso caso quella di essere il più grande) ed è una forma abbreviata della frase “Akbar min kulli shay” che vuol dire “Allah è più grande di ogni cosa”.
“Allah è il più grande”, per una religione monoteista come l’Islam, sta a significare che al di sopra di Dio non può esserci niente. Viene usata come invocazione per riconoscere i propri limiti di fronte a Dio, viene pronunciata dal muezzin per invitare alla preghiera, dai fedeli all’inizio delle preghiere, nelle cerimonie del pellegrinaggio, all’inizio dei riti religiosi. In generale viene usata dai musulmani in qualunque momento della loro vita per esprimere differenti sentimenti e anche come esclamazione per le situazioni più quotidiane.