Azerbaijan, le elezioni più imbarazzanti di sempre (Osservatorio Balcani e Caucaso 09.02.24)
Nonostante lo scontato trionfo dell’attuale presidente Ilham Aliyev, le elezioni presidenziali anticipate del 7 febbraio in Azerbaijan sono state segnate ancora una volta da violazioni, brogli ed atteggiamento aggressivo nei confronti di osservatori e giornalisti indipendenti
La tornata elettorale dello scorso 7 febbraio in Azerbaijan, per il presidente in carica Ilham Aliyev poteva essere un’occasione per provare a conquistare la vittoria senza compiere le solite violazioni e frodi elettorali . E per i sei milioni di aventi diritto poteva essere forse un’occasione per vivere, per una volta, elezioni eque e libere. Si è rivelata però un’occasione mancata, considerando le innumerevoli violazioni denunciate e documentate, tra cui voto carosello [elettori che si spostano di seggio in seggio per votare più volte], brogli e comportamenti aggressivi nei confronti di osservatori e giornalisti indipendenti.
Le elezioni si sono tenute in un contesto in cui “le libertà fondamentali di associazione, espressione e riunione pacifica sono state ristrette”, come si legge in un rapporto pubblicato lo scorso 23 gennaio dall’Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR). D’altra parte, parlando con i giornalisti, i tanti falsi osservatori , che sostengono di aver monitorato il voto per conto del leader del partito al potere, non hanno potuto nemmeno citare il nome di quest’ultimo.
Un’era tutt’altro che nuova
A gennaio, nel corso di un incontro con un gruppo di giornalisti dei media filogovernativi, attentamente selezionati, il presidente Ilham Aliyev, parlando dei motivi che lo hanno spinto a indire elezioni anticipate, ha affermato che la tornata elettorale si sarebbe svolta in “una nuova era”: per la prima volta nella storia dell’Azerbaijan le elezioni si sarebbero tenute in tutto il paese, compresi gli ex territori occupati, riconquistati dall’Azerbaijan dopo la guerra dei 44 giorni del 2020 e l’operazione militare del 23 settembre 2023. Quindi, le prime elezioni a svolgersi in quei territori, secondo Aliyev, dovevano essere quelle presidenziali. Per avvalorare la sua tesi, Aliyev ha portato la sua intera famiglia a votare a Khankendi (Stepanakert in armeno).
Inizialmente era previsto che le elezioni presidenziali si tenessero ad aprile 2025, dopo le politiche in programma a febbraio 2025 e le amministrative a dicembre 2024.
Tutti e sei i candidati che, oltre al presidente in carica, si sono presentati alle elezioni del 7 febbraio, hanno apertamente espresso il loro sostegno ad Aliyev, il quale invece durante la campagna elettorale non ha mai partecipato di persona a dibattiti televisivi con altri candidati, né tanto meno li ha appoggiati.
Musavat e il Fronte popolare sono stati gli unici partiti di opposizione ad aver boicottato il voto. Gli altri ventitré partiti presenti nel paese, compreso il partito di governo (Partito Nuovo Azerbaijan, YAP), hanno espresso solidarietà e sostegno ad Aliyev in una dichiarazione rilasciata nell’ottobre dello scorso anno.
In una sua analisi del contesto alla vigilia del voto, la ricercatrice Hamida Giyasbayli ha sottolineato che le speranze che il governo azero potesse introdurre alcune riforme dopo la seconda guerra del Karabakh sono state deluse, sollevando anche la questione della “direzione in cui si sviluppa la politica interna” dell’Azebaijan.
Dopo la guerra dei 44 giorni del 2020, la situazione in Azerbaijan è solo peggiorata, dalle intimidazioni online e offline nei confronti degli attivisti pacifisti che si erano opposti alla guerra del Karabakh del 2020, alle nuove leggi restrittive sui media, passando per il perseguimento delle critiche online e dei giornalisti e attivisti politici e l’utilizzo delle tecnologie di sorveglianza invadenti contro i membri della società civile, per citare solo alcune delle misure messe in atto. Ne sono seguiti ulteriori arresti e repressione contro gli oppositori della leadership di Baku.
L’anno scorso, le autorità hanno arrestato Gubad Ibadoglu, noto economista e professore. La scorsa estate le autorità hanno represso con violenza le proteste degli abitanti di un villaggio che denunciavano i danni ambientali causati da una miniera d’oro. Poi sono stati presi di mira molti attivisti per i diritti dei lavoratori , diventando vittime di arresti e intimidazioni . La situazione è poi ulteriormente deteriorata con una serie di arresti contro la piattaforma di informazione indipendente Abzas, a cui hanno fatto seguito l’ennesimo arresto di un esponente dell’opposizione e altre repressioni .
Nel frattempo, l’elenco degli arresti politicamente motivati ha continuato, e probabilmente continuerà ad allungarsi, considerando l’esito delle elezioni del 7 febbraio. Al tempo della pubblicazione di questo articolo, secondo la Commissione elettorale centrale (CEC), Aliyev è in testa con il 92,1% dei voti.
Il partito di opposizione Musavat ha chiesto l’annullamento delle elezioni, parlando di un “ambiente non libero e iniquo”.
Tutto come al solito
Interpellata da OBCT, la giornalista Ulviyya Ali, che ha seguito le elezioni appena concluse, ha affermato di essere stata sottoposta a pressioni da parte dei rappresentanti della commissione elettorale all’interno di alcuni seggi, notando che molti osservatori indipendenti hanno subito simili pressioni. “Da giornalista, sono stata più volte avvertita e mi è stato detto dove stare e cosa filmare”, ha affermato Ali. Un’altra giornalista indipendente, Lida Abbasli, ha dichiarato all’emittente Meydan che le è stato impedito di filmare e che è stata cacciata da un seggio elettorale.
Anche altri giornalisti che hanno seguito il voto hanno raccontato testimonianze simili, subendo un trattamento che, secondo Alasgar Mammadli, esperto di diritto dei media, è illegale. Molti giornalisti sono stati vittime di pressioni, nonostante nella giornata del voto Mazahir Panahov, presidente della CEC, abbia dichiarato che “non dovrebbero esitare a filmare qualsiasi problema”.
Alla vigilia del voto, almeno tre osservatori indipendenti hanno raccontato a OBCT di tentativi di violazione dei loro account su Telegram. Poi è giunta la notizia, riportata dall’emittente Meydan, che l’Università statale di Baku starebbe utilizzando WhatsApp per la propaganda elettorale. Notizia prontamente smentita dall’Università che ha negato di aver coinvolto i suoi studenti nelle attività di propaganda elettorale.
“Lei mi chiede perché sono qui? So perché sono qui”, ha risposto un elettore ottantenne ad un giornalista del servizio azero di Radio Liberty. Nello stesso reportage, una donna ha affermato di aver votato perché se non lo avesse fatto, i suoi figli avrebbero perso il lavoro. “Non raccontarmi favole”, ha risposto la donna quando il giornalista le ha chiesto quali fossero le sue aspettative nei confronti del nuovo presidente. “Sì, certo, nomineranno mio figlio presidente. Vattene. Non parlo più”, ha detto andandosene dopo essere uscita dal seggio elettorale.
Tuttavia, nessuna di queste storie, né le numerose prove di brogli elettorali, sembrano aver sconcertato un gruppo di osservatori internazionali che hanno spudoratamente elogiato le elezioni. Tra questi spicca Oracle Advisory Group, rappresentato da George Birnbaum, il quale, dopo aver condotto un’analisi del voto , ha affermato che l’esito delle elezioni rappresenta una “vittoria della democrazia”. Birnbaum è noto per essere l’uomo dietro alla campagna denigratoria contro Soros che, secondo un’inchiesta condotta da Buzzfeed “ha finito per scatenare un’ondata globale di attacchi antisemiti contro l’investitore miliardario”. Stando alla stessa inchiesta, Birnbaum sembra aver giocato un ruolo anche nell’ascesa di Orban al potere.
Anche Salvatore Caiata, membro della delegazione italiana, non sembra minimamente infastidito dalle violazioni registrate durante le elezioni. In un’intervista rilasciata ai media filogovernativi, Caiata ha dichiarato che i cittadini azeri, a differenza degli italiani, sono stati molto attivi il giorno del voto. Ha capito bene la parte dell’attivismo, ma non le motivazioni sottostanti: non è un compito facile organizzare il voto carosello e altri brogli, così come non è facile temporeggiare e impedire agli osservatori indipendenti di fare i loro lavoro, e infine votare se, alla fine di una giornata di lavoro dura e dinamica, si riesce ancora a trovare il proprio seggio elettorale.
Forse questa svista è dovuta al fatto che Caiata è membro di un gruppo interparlamentare di amicizia tra Azerbaijan e Italia all’interno del partito Fratelli d’Italia (FDI). È probabile che la controparte azera abbia dimenticato di menzionare come l’intera storia delle elezioni in Azerbaijan – amministrative, politiche o presidenziali che fossero – è macchiata di violazioni e frodi elettorali, poiché il paese non è mai riuscito a soddisfare gli standard fondamentali di elezioni libere, eque, democratiche e trasparenti. Gli esponenti di FDI lo avrebbero saputo se avessero prestato maggiore attenzione durante il loro viaggio in Azerbaijan l’anno scorso per celebrare il centenario della nascita dell’ex presidente Haydar Aliyev.
Date queste premesse, viene da chiedersi perché il presidente Aliyev durante le ultime elezioni abbia fatto ricorso a così tanti meccanismi di controllo? Probabilmente perché, non avendo alcuna esperienza nello svolgimento di elezioni libere ed eque, aveva paura e voleva evitare un risultato inaspettato. Ed è riuscito ad evitarlo. Questo sarà il quinto mandato del presidente Ilham Aliyev e probabilmente non l’ultimo se la salute gli consentirà di candidarsi anche nel 2031, quando compirà 69 anni.
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