#ArtsakhBlockade dell’Azerbajgian da sette giorni. Repubblica di Artsakh, la più grande prigione all’aria aperta del mondo (Korazym 18.12.22)
18.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nel settimo giorno del blocco dell’Artsakh, Papa Francesco ha espresso preoccupazione per la situazione umanitaria in Nagorno-Karabakh, creatosi dopo che l’Azerbajgian in pratica ha chiuso il Corridoio Lachin, con il blocco in forza dal 12 dicembre scorso sulla strada di montagna Stepanakert-Goris, che è l’unico collegamento dell’Artsak/Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il resto del mondo. Papa Francesco ha invitato tutte le parti a trovare “soluzioni pacifiche per il bene del popolo”. «Mi preoccupa la situazione creatasi nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso meridionale. In particolare sono preoccupato per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni, che rischiano ulteriormente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale. Chiedo a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone», ha detto Papa Francesco dopo la recita dell’Angelus Domini oggi in piazza San Pietro. Però, esprimere diplomaticamente preoccupazione non è sufficiente. Chiedere di porre fine all’#ArtsakhBlockade è il primo passo.
Oggi, 18 dicembre 2022 nella chiesa di Santa Gayane, poco distante dalla Cattedrale della Santa Sede di Echmiadzin, la città più sacra dell’Armenia, sede del Patriarca Supremo e Catholicos di Armenia e di tutti gli Armeni, Primate della Chiesa Apostolica Armena, a circa 20 chilometri a ovest della capitale Erevan, è stata celebrata una Santa Liturgia, presieduta da Sua Santità Karekin II, per la pace e la solidarietà per il bene dell’Artsakh. La Congregazione della Santa Sede di Etchmiadzin con i fedeli presenti ha pregato Dio per la pace dell’Armenia e dell’Artsakh, e per la vita sicura e protetta dell’intero popolo armeno.
Al termine, il Catholicos di Armenia e di tutti gli Armeni ha rivolto un messaggio al popolo dell’Artsakh e a tutti gli Armeni, sottolineando in particolare: “In questi giorni, con il cuore sconvolto e preoccupato, tutti i nostri occhi sono rivolti al mondo armeno dell’Artsakh. Da sette giorni le autorità dell’Azerbagian hanno chiuso l’unica via di comunicazione dell’Artsakh con l’Armenia e il mondo, con evidenti azioni provocatorie e false ragioni, lasciando la popolazione dell’Artsakh in un disastro umanitario. 120.000 dei nostri fratelli e sorelle dell’Artsakh che sono bloccati sono privati della possibilità di libera circolazione, molti pazienti sono privati delle cure mediche necessarie e la Repubblica di Artsakh è privata di rifornimenti vitali”.
Sua Santità Karekin II, riferendosi a queste tragiche realtà, ha affermato: “Oggi l’Azerbajgian sta cercando di spopolare l’Artsakh instillando paura. Non si può immaginare che nel mondo di oggi, che dichiara la persona e la sua vita dignitosa e libera come il valore più alto, sia possibile che simili manifestazioni anti-umane nei confronti di un intero popolo possano trovare posto ed essere tollerate”.
Notando che solo le parole di condanna non sono sufficienti per frenare le ambizioni espansionistiche dell’Azerbajgian e fermare il suo corso ostile, il Catholicos di Armenia e di tutti gli Armeni ha sottolineato che la Santa Chiesa Apostolica Armena continuerà a compiere sforzi affinché la comunità internazionale, gli Stati amici, le Chiese sorelle cristiane, le organizzazioni ecclesiastiche internazionali forniscono supporto all’Artsakh e ai bambini del popolo armeno dell’Artsakh.
Rivolgendosi al popolo dell’Artsakh, il Patriarca Supremo della Chiesa Apostolica Armena ha detto: “Cari cittadini dell’Artsakh, vi portiamo le nostre preghiere e il sostegno della Santa Sede di Etchmiadzin. La mia nazione armena è unita nella tua giusta richiesta di vivere libera, indipendente e sicura. Continua a rimanere imperterrito, forte nella fede e a vivere con l’ottimismo delle vittorie quotidiane grandi e piccole. Dobbiamo affrontare con coraggio tutte le calamità che ci hanno afflitto, in modo che Artsakh viva con lo spirito del popolo dell’Artsakh, con le grida dei bambini che nascono, con ricche testimonianze armene, edifici storici e santuari secolari”.
Sua Santità Karekin II ha fatto appello agli Armeni che vivono in Armenia e nella diaspora. “L’Artsakh e la protezione dei diritti degli Armeni dell’Artsakh è una questione di dignità del nostro popolo. È la questione della dignità di ogni Armeno, ovunque viva, in Armenia o nella diaspora. La nostra gente dell’Artsakh ha bisogno dell’attenzione e del sostegno di tutti. La soluzione dei problemi degli Armeni dell’Artsakh è una priorità non negoziabile e non può essere sostituita da nessun’altra preoccupazione. Rendiamoci conto che l’Artsakh è la nostra Patria, gli interessi dell’Armenia e dell’Artsakh sono identici e la sicurezza dell’Artsakh è indissolubilmente legata alla sicurezza dell’Armenia. Portiamo il nostro messaggio patriarcale a tutto il nostro popolo: scrollarsi di dosso ogni manifestazione di indifferenza, essere più decisi e attivi, perseguire e sostenere i diritti degli Armeni dell’Artsakh, la vita libera e indipendente dell’Artsakh con sforzi e responsabilità uniti. Questa è una lotta per preservare la nostra identità nazionale”.
Il Patriarca Supremo di tutti gli Armeni ha espresso il suo desiderio che, per buona volontà del Signore, si stabilisca una pace duratura e dignitosa in Armenia e nell’Artsakh, a beneficio della sacra Patria e del popolo armeno che ama Dio.
Circa 120.000 Armeni, di cui 30.000 bambini, vivono nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e la chiusura del Corridoio di Berdzor (Lachin) li ha isolati dal mondo e privati di cibo, medicine e generi di prima necessità. Delle famiglie sono state separate ed è impossibile raggiungere l’Armenia per cure mediche adeguate. Questo blocco illegale da parte dell’Azerbajgian crea condizioni umanitarie precarie, che si aggravano giorno dopo giorno. L’Unione Europea ha invitato l’Azerbajgian a garantire libertà e sicurezza di movimento lungo il Corridoio, in linea con la dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2022 (firmata da Armenia, Azerbajgian e Russia). I rappresentanti dell’Unione Europea hanno avvertito che il blocco del Corridoio causa notevoli disagi alla popolazione locale e potrebbe portare a una grave emergenza umanitaria. Negando l’evidenza, con la faccia di piombo l’Azerbajgian ha negato di aver bloccato il Corridoio.
Il popolo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh ha il diritto legale internazionale all’autodeterminazione e il diritto umano a vivere senza la minaccia costante e incombente del genocidio da parte dell’Azerbajgian. In copertina abbiamo messo il nuovo simbolo della dittatura, del fascismo e dell’aggressione del regime genocida azero. Quando un dittatore finge di essere pacifico, questo è quello che ci si può aspettare. Gli “eco-attivisti” azeri, che vicino a Sushi hanno bloccato l’autostrada Stepanakert-Goris, hanno lanciato in aria 44 colombe come “simbolo di pace”, una per ogni giorno della guerra di aggressione di fine 2020, con cui le forze armate dell’Azerbajgian hanno occupato gran parte della Repubblica di Artsakh.
La signora in pelliccia “attivista ecologista” azera con l’altoparlante in una mano, ritratta nella vignetta in copertina e qui sopra, ha letteralmente ucciso una delle 44 colombe, scuotendola istericamente con l’altra mano, mentre urlava nell’altoparlante. Ha poi lanciata la colomba morta in aria, finita sotto i piedi dei manifestanti. Il blocco illegale dell’Artsakh di questi manifestanti “pacifici” azeri, sta già avendo gravi conseguenze sulla vita dei cittadini. I pochi mezzi del contingente di mantenimento della pace russi non sono in grado di garantire di fornire assistenza con cibo, carburante, medicine, ecc. delle 120.000 persone che vivono nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, anche se riescono a far entrare e uscire il loro convoglio dall’Artsakh. Quella signora azera in pelliccia, che sventolava una colomba morta in mano, inneggiando alla pace con gli Armeni, è l’icona simbolica che i manifestanti azeri vedono per gli Armeni dell’Artsakh.
I due testi che seguono, rendono chiaro le intenzioni dell’Azerbajgian, secondo la politica ufficiale di Baku: per gli Azeri l’Artsakh è Azerbajgian. L’assicurazione di Baku di garantire la sicurezza degli Armeni in Artsakh una volta ritornato sotto il controllo dell’Azerbajgian, più che essere una promessa, suona come una minaccia.
Il primo testo è un appello del Consiglio di vigilanza dell’Agenzia per il sostegno statale alle organizzazioni non governative della Repubblica dell’Azerbaigian, rivolto un appello alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative straniere. A parte delle finte motivazioni ecologiste, il punto è che per Baku gli Armeni dell’Artsakh occupano “illegalmente” il territorio che l’Azerbajgian il suo, non possono fare attività mineraria e non possono difendersi nelle loro terre ancestrali. Inoltre, secondo Baku l’Artsakh non è stato bloccato e non è isolato dal mondo, che è una bugia e una calunnia inventata dall’Armenia, visto che qualche mezzo russo può passare.
Ecco, ampi stralci dall’appello del Consiglio di vigilanza dell’Agenzia per il sostegno statale alle organizzazioni non governative della Repubblica dell’Azerbaigian, nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
«(…) Organizzazioni non governative, ambientalisti e attivisti della società civile dell’Azerbajgian, in segno di protesta contro queste azioni delle forze di pace russe, nonché contro lo sfruttamento illegale e il saccheggio delle risorse naturali del nostro Paese, in particolare i depositi di oro e rame, e la commissione del terrorismo ambientale in questi territori, tengono un’azione pacifica sulla strada Khankendi-Lachin [tratto Stepanakert-Berdzor, che prosegue fino a Goris in Armenia].
La richiesta dei partecipanti all’azione è abbastanza semplice: porre fine allo sfruttamento illegale e al saccheggio delle risorse naturali dell’Azerbajgian; fermare il terrorismo ecologico commesso in questi territori e creare le condizioni per il monitoraggio di questi territori! (…)
Attualmente, le ONG del Paese chiedono di porre fine al trasporto illegale di armi e munizioni e formazioni militari verso il territorio sovrano dell’Azerbajgian [inteso il territorio della autoprocamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh] lungo la strada Lachin [il Corridoio di Berdzor (Lachin)] dall’Armenia, la sottrazione delle nostre risorse nazionali dal Paese, e il terrorismo delle mine.
Sfortunatamente, l’Armenia e la lobby armena stanno deliberatamente cercando di distorcere la natura dell’azione pacifica delle ONG azere, ingannare la comunità internazionale per evitare responsabilità e condurre una campagna di bugie e calunnie sugli eventi che hanno avuto luogo sulla strada Khankendi-Lachin.
La leadership politica dell’Armenia e i separatisti armeni [il popolo di Artsakh che scelto la via della autodeterminazione, fuori dall’Azerbajgian, secondo il diritto dell’allora Unione Sovietica e il diritto internazionale] inviano falsi appelli alle organizzazioni internazionali e all’estero, sostenendo che i partecipanti all’azione bloccano la strada di Lachin e interrompono la fornitura di gas naturale, organizzano un blocco degli Armeni che vivono a Khankendi [Stepanakert] e nelle aree adiacenti, ed esporli a una catastrofe umanitaria o alla pulizia etnica.
Dichiariamo con tutta la responsabilità che queste informazioni non hanno fondamento, sono tutte bugie e calunnie.
In risposta a questa menzogna, portiamo anche alla vostra attenzione che le ONG e gli ambientalisti non hanno creato alcuna restrizione alla libera circolazione di veicoli e persone lungo la strada di Lachin, un chiaro esempio del quale è la libera circolazione dei veicoli delle forze di pace e umanitarie russe forniture. (…)
Riteniamo che l’Armenia dovrebbe rinunciare alle sue rivendicazioni territoriali contro l’Azerbajgian [inteso l’auto-determinazione del popolo di Artsakh che si è dichiarato indipendente], adempiere a tutti i punti della Dichiarazione trilaterale firmata il 10 novembre 2020, in particolare, ritirare il resto delle sue forze armate illegali dall’Azerbajgian [Inteso l’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh], fermare lo sfruttamento illegale delle risorse naturali e porre fine al terrorismo ambientale.
In qualità di Consiglio di vigilanza dell’Agenzia per il sostegno statale alle organizzazioni non governative della Repubblica dell’Azerbajgian, facciamo appello a tutte le organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative di Paesi stranieri coinvolti nella protezione ambientale ed ecologica, comprese le ONG armene, e le invitiamo sostenere le ragionevoli richieste avanzate dalle organizzazioni non governative azere».
Il Portavoce per la politica estera del gruppo parlamentare CDU/CSU del Bundestag tedesco, Jurgen Hardt, ha invitato il governo dell’Azerbajgian a fermare il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) tra l’Armenia e l’Artsakh/Nagorno-Karabakh. “Anche se l’Azerbajgian insiste che sta cercando una soluzione diplomatica, il conflitto non si placa”, ha detto Hard. Ha osservato: “Ovviamente, i bloccanti sono supportati da Baku. Il governo di Baku dovrebbe porre immediatamente fine al blocco”. Anche il Portavoce della politica estera della frazione dei Verdi del Bundestag, Jurgen Tritin, ha chiesto all’Azerbajgian di interrompere immediatamente il blocco del Nagorno-Karabakh, altrimenti si rischia un disastro umanitario. “Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha bisogno di segnali chiari dall’Europa che dovrebbe liberare il Corridoio di Lachin. Il nuovo ruolo dell’Azerbajgian come importante fornitore di energia per l’Europa non dovrebbe portare a una reazione morbida da parte di Brussel”, ha affermato Tritin.
Riportiamo di seguito, nella nostra traduzione italiana dall’inglese, un articolo pubblicato da Open Democracy, a firma del giornalista azero, Bashir Kitachayev, che spiega perché il blocco dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh è una “tempesta perfetta”, che preannuncia un oscuro futuro per la regione.
Il blocco stradale azero ha tagliato l’accesso a cibo, carburante e medicine di decine di migliaia di persone
Una lotta per lea strada che collega l’Armenia al Nagorno-Karabakh ha visto i manifestanti bloccare rifornimenti vitali
di Bashir Kitachayev
Open Democracy, 16 dicembre 2022
L’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia è stata bloccata dal 12 dicembre – da lavoratori di organizzazioni statali azere. I manifestanti hanno detto che si stanno opponendo alle forze di pace russe di stanza nel territorio conteso, che sostengono stiano coprendo l’estrazione illegale su un territorio che formalmente appartiene all’Azerbajgian. Hanno montato tende e si sono rifiutati di sgombrare la strada – conosciuta come il Corridoio di Lachin – negli ultimi quattro giorni [sette giorni ormai]. Tra loro ci sono funzionari pubblici, lavoratori dei cantieri vicini e rappresentanti di ONG filogovernative, ma anche ex militari – uno dei quali è stato fotografato mentre faceva il noto gesto dei Lupi Grigi, un famigerato gruppo turco di estrema destra. Bloccando la strada, hanno minacciato di una catastrofe umanitaria le decine di migliaia di Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, dicono i rappresentanti armeni.
All’indomani della seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020, in cui l’Azerbajgian ha ripreso con successo il controllo di parte del Nagorno-Karabakh e dei distretti adiacenti precedentemente detenuti dall’Armenia. Il blocco dell’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia sembra essere un tentativo di isolare la sua popolazione dal mondo esterno – e spianare la strada per assumere il pieno controllo della regione. (La prima guerra del Nagorno-Karabakh risale agli anni ’90.)
Numerosi attacchi dal 2020 contro le aree abitate dagli Armeni del Nagorno-Karabakh (una regione senza sbocco sul mare all’interno della catena montuosa del Karabakh, spesso chiamata Nagorno-Karabakh (in questo pezzo uso i due termini in modo intercambiabile), così come contro l’Armenia stesso, hanno segnalato l’intenzione dell’Azerbajgian di forzare un insediamento sul territorio. Hanno anche dimostrato che ci sono poche forme di pressione internazionale disponibili contro il Paese ricco di risorse, che è sostenuto dalla Turchia.
Le forze di pace russe – che dovrebbero garantire l’accesso alla strada ora bloccata – sono di stanza nella regione dal 2020 e la Russia è garante di un accordo di cessate il fuoco che è stato violato numerose volte [dall’Azerbajgian].
L’Unione Europea, nel frattempo, ha firmato accordi per miliardi di dollari in gas e investimenti con l’Azerbajgian da quando la Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio.
Il blocco
Il blocco sta già colpendo gli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh. Hanno perso rifornimenti regolari di cibo, carburante e medicine. Il gas viene fornito alla regione attraverso un gasdotto dall’Armenia. La sera del 13 dicembre è stato riferito che anch’esso era stato interrotto – forse con una valvola presumibilmente installata dall’Azerbajgian durante i lavori all’inizio dell’anno – ma, dopo tre giorni, era stato comunicato che era stato ricollegato.
Il Ministero della Difesa russo afferma di essere in trattativa con i manifestanti per sbloccare la strada, ma ad oggi il comandante delle forze di pace russe si è rifiutato di incontrare gli “eco-attivisti” azeri. Il Cremlino non ha commentato la situazione, anche se i Presidenti russo e azero sono stati in contatto.
Sia il Dipartimento di Stato americano che l’Unione Europea hanno espresso preoccupazione per la “crisi umanitaria” e hanno invitato l’Azerbajgian a sbloccare la strada.
L’Azerbajgian vuole la pace alle sue condizioni
La seconda guerra del Karabakh si è conclusa nella notte del 10 novembre 2020 con la firma di un accordo trilaterale (Armenia, Azerbajgian e Russia), ma è stata ampiamente seguita da ulteriore caos e violenza [da parte dell’Azerbajgian].
Quell’accordo riconosceva il controllo di Baku sui territori che aveva preso con la forza all’interno del Nagorno-Karabakh, e restituiva il controllo sui territori [sotto controllo dell’Armenia] che confinavano con il Nagorno-Karabakh. In linea con quel documento, le forze di pace russe sono state portate nello stesso Karabakh per controllare la linea che separa gli Armeni del Karabakh dalle truppe azere, così come lo stesso Corridoio di Lachin.
L’accordo trilaterale obbliga l’Azerbajgian e l’Armenia a “sbloccare le comunicazioni” – strade, trasporti e collegamenti infrastrutturali – e garantire reciprocamente la libera circolazione delle merci attraverso i Paesi. Ma l’Armenia e l’Azerbajgian non sono d’accordo su cosa significhi “sbloccare”. Baku ritiene che lo “sblocco delle comunicazioni” dovrebbe significare che prende il controllo di una strada che attraversa la regione armena di Syunik, fino alla Repubblica Autonoma di Nakhichevan, un’exclave separata dal territorio principale dell’Azerbajgian. E Aliyev ha accompagnato le sue richieste per questo “Corridoio di Zangezur” – Zangezur è il nome azero di Syunik – con minacce. “Stiamo implementando il Corridoio di Zangezur, che l’Armenia lo voglia o no”, ha detto Aliyev nel 2021. “Se [l’Armenia] vuole, allora sarà più facile. Se [l’Armenia] non vuole, decideremo con la forza”. Questo piano, tuttavia, reciderebbe una striscia meridionale dell’Armenia e, con essa, il suo accesso all’Iran. Il desiderio di Baku di controllare il “Corridoio di Zangezur” è spesso citato come causa dei conflitti di confine.
Aliyev ha anche esercitato pressioni sull’Armenia durante i negoziati per firmare un trattato di pace. Per prima cosa, ciò richiederebbe alle parti di riconoscere reciprocamente l’integrità territoriale. Significa che l’Armenia dovrebbe finalmente abbandonare il Karabakh, che diventerebbe parte dell’Azerbajgian senza il diritto a uno status speciale. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, dopo i combattimenti al confine nel settembre 2022, ha espresso la sua disponibilità a soddisfare le richieste di Baku. La Repubblica non riconosciuta di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ha detto Pashinyan, potrebbe negoziare direttamente con le autorità azere sul suo status. Aliyev, tuttavia, rifiuta categoricamente di parlare con i rappresentanti delle autorità de facto del Karabakh, ostacolando l’accordo.
Inoltre, nello stesso Nagorno-Karabakh, gli Armeni non vogliono far parte dell’Azerbajgian. Le autorità e la popolazione locale temono vendetta da parte degli Azeri per i crimini di guerra che le parti hanno commesso l’una contro l’altra durante le due passate guerre per il Karabakh.
Mancanza di supporto internazionale
A differenza della guerra russo-ucraina, la comunità internazionale non si affretta a sostenere direttamente l’una o l’altra parte del conflitto. L’eccezione qui è la Turchia, che fornisce armi all’Azerbajgian, addestra il suo esercito e stipula lucrosi contratti con Aliyev. Il 10 dicembre scorso, un generale turco è diventato addirittura Consigliere del Ministro della Difesa dell’Azerbajgian.
Durante la seconda guerra del Karabakh, si dice che Ankara abbia inviato mercenari in Azerbajgian reclutati da gruppi islamisti controllati dalla Turchia in Siria, sebbene Turchia e Azerbajgian lo neghino.
Sullo sfondo, Armenia e Turchia hanno lavorato attivamente per ripristinare le relazioni diplomatiche interrotte durante la prima guerra del Karabakh.
Nel frattempo, l’Unione Europea sta attualmente tentando di fungere da piattaforma per i negoziati, sebbene abbia anche raggiunto un importante accordo sul gas con l’Azerbajgian. Il Capo della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha definito Aliyev “un partner affidabile dell’Europa” durante una visita a Baku all’inizio di quest’anno per firmare il contratto.
I leader dell’Azerbajgian e dell’Armenia si sono incontrati a Brussel, mediati dal Capo del Consiglio Europeo, Charles Michel. Questi incontri hanno portato a lavorare su un trattato di pace tra i due Paesi opposti. L’unico risultato è stato il riconoscimento da parte dei due Paesi della reciproca integrità territoriale, ma è ancora lontano da qualsiasi risultato significativo, poiché entrambe le parti si sono imposte ulteriori condizioni l’una all’altra. L’Unione Europea ha anche inviato un gruppo civile di osservatori al confine tra Armenia e Azerbajgian, anche se la sua presenza finirà presto e l’Armenia teme che ciò possa portare a una nuova aggressione da Baku.
Prima e durante la guerra del 2020, l’Occidente ha evitato di schierarsi a causa del ruolo del Gruppo di Minsk – Stati Uniti, Francia e Russia -dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che avrebbe dovuto guidare il processo negoziale sul futuro del Nagorno-Karabakh. Ma molti anni di tentativi di una soluzione diplomatica non hanno dato frutti e, dopo la guerra, Baku ha dichiarato che il Gruppo di Minsk dell’OSCE non poteva più occuparsi del conflitto armeno-azerbaigiano [perché considera la questione del Nagorno-Karabakh “risolta”, con la forza, essendo il Nagorno-Karabakh Azerbajgian].
Il Cremlino è dolorosamente consapevole che l’Unione Europea sta rimuovendo il monopolio di Mosca sui negoziati internazionali e la mediazione sul conflitto armeno-azerbaigiano, un ruolo svolto in precedenza dalla Russia. La posizione indebolita della Russia è stata ulteriormente smascherata dall’offensiva dell’Azerbajgian di settembre contro l’Armenia, quando quest’ultima ha chiesto assistenza alla Russia tramite l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), di cui l’Armenia è membro. Secondo una delle clausole dell’accordo, la CSTO è obbligata a fornire assistenza militare se uno dei suoi Paesi membri viene attaccato. Eppure la CSTO si è rifiutata di fornire assistenza militare o di definire l’Azerbajgian l’aggressore.
Quello che stiamo osservando è una tempesta perfetta: con poche forme di pressione sull’Azerbaigian, continuerà a esercitare il suo vantaggio sul Nagorno-Karabakh e le persone che vivono nel territorio soffriranno enormi difficoltà nel processo. Il loro futuro all’interno dell’Azerbajgian sarà cupo.
Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, a Martuni: «Dobbiamo trovare soluzioni intelligenti ed essere pronti a combattere»
Ieri, 17 dicembre 2022 il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, ha tenuto riunioni a Martuni, 41 km a est della capitale Stepanakert. Il Ministro di Stato era accompagnato anche dai deputati dell’Assemblea nazionale dell’Artsakh: Artur Harutyunyan, Capo della frazione “Patria Libera-CMD”; Davit Ishkhanyan, Membro della frazione “Alleanza Rivoluzionaria Armena”; Davit Galstyan, Capo della frazione “Giustizia”; Davit Melkumyan, Capo della frazione “Partito Democratico dell’Artsakh”.
Il Ministro di Stato e i Deputati hanno visitato l’azienda “Base Metals”, hanno avuto un incontro con la direzione e i dipendenti dell’azienda, e hanno risposto alle loro domande.
Parlando della situazione creata e della politica attuata dall’Azerbajgian, Vardanyan ha osservato che l’Azerbajgian è molto coerente, passo dopo passo, cercando di creare panico e fare pressione sulla gente dell’Artsakh affinché se ne vada da qui. “Lo fanno con una strategia speciale, facendo a pezzi il nostro Paese, usando la cosiddetta strategia dell’affettare il salame. È anche chiaro che uno dei passaggi per raggiungere il loro obiettivo principale è fermare il lavoro di questa azienda, perché fornisce alle persone reddito e occupazione”, ha detto Vardanyan. Ha notato che ci sono due scenari in questa situazione.
“Il primo scenario è combattere. Dobbiamo ammettere che dopo il 9 novembre non abbiamo pace, anzi la guerra continua. Ora è in corso una seria guerra di informazione. Vogliono convincere il mondo intero che qui c’è un problema ambientale, mentre la realtà è che questo è un blocco, una crisi umanitaria. Per vincere questa guerra, quindi, dobbiamo essere uniti e fare di tutto per far sentire ai nostri alleati che siamo forti. Puoi sperare in aiuto solo quando hai fatto tutto da solo, non quando dici: sono debole, sono piccolo, vieni ad aiutarmi”, ha sottolineato Vardanyan.
“Il secondo scenario è la versione sognata dall’Azerbajgian: la nostra partenza da qui, il che è inaccettabile. Non dovremmo mai permetterlo. La guerra continua, e in questa situazione dobbiamo essere in grado di resistere in modo organizzato. Dobbiamo trovare soluzioni intelligenti ed essere pronti a combattere. Sono venuto qui con voi, per combattere e vincere, per costruire la nostra vita e il nostro futuro in un Artsakh indipendente e sicuro”, ha proseguito Vardanyan.
Ha sottolineato che per la prima volta l’Artsakh è sotto un blocco completo, ma allo stesso tempo ha notato felicemente che non ha infranto la volontà e lo spirito del popolo dell’Artsakh.
I partecipanti all’incontro nei loro interventi hanno assicurato di rimanere fermi nella loro terra e di essere pronti a fare di tutto per proteggere la loro casa e la loro patria.
Presso il Palazzo della Cultura di Martuni, intitolato ad Artur Aghasyan, l’eroe dell’Artsakh, il Ministro di Stato e i Deputati hanno avuto un incontro con l’amministrazione locale, le istituzioni-imprese, i rappresentanti di varie istituzioni e la popolazione, e hanno risposto alle loro domande, che riguardavano principalmente la sicurezza dell’Artsakh, la situazione creata a seguito del blocco dell’Azerbajgian, i passi e le soluzioni per superarlo. “L’unico modo in cui possiamo andare avanti è diventare un pugno forte insieme, fidarci l’uno dell’altro, rispettarci l’un l’altro, realizzare la gravità della situazione. Dobbiamo capirti e renderci conto che siamo tutti uguali davanti alla legge. Per ripristinare la fiducia, abbiamo adottato uno stile di lavoro trasparente, per questo ci informo personalmente ogni giorno sui passi, in modo da superare anche la disinformazione”, ha detto il Ministro di Stato. I partecipanti all’incontro hanno espresso il loro sostegno all’idea di tenere una manifestazione nazionale annunciata venerdì dal Ministro di Stato, per mostrare al mondo che c’è un popolo che vive in Artsakh che non solo sopporta le difficoltà e il blocco azero, ma sono anche pronti a lottare uniti per il diritto di vivere nella loro patria.
A Stepanakert si è svolto un flash mob dal motto “La Strada della Vita”
Su iniziativa di Aram Harutyunyan, Presidente del comitato permanente per la scienza, l’istruzione, la cultura, la gioventù e lo sport dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh, ieri la sera, 17 dicembre 2022 si è svolto nell’area del memoriale “Noi siamo le nostre montagne” a Stepanakert un flash mob dal motto “La Strada della Vita”, che è stato raffigurato con le luci da entinaia di giovani dell’Artsakh hanno.
In una conversazione con Armenpress, Harutyunyan ha affermato che per il sesto giorno l’unica strada che collega l’Artsakh alla Madre Armenia è stata chiusa dall’Azerbajgian con l’obiettivo di intimidire, estorcere concessioni e infine privare gli Armeni dell’Artsakh del loro Paese. “Il nostro obiettivo e i nostri compiti sono di non permettere tutto questo e dobbiamo implementare ciò che dipende da noi.
Anche il flash mob “La Strada della Vita” e il video realizzato in tale contesto sono un’iniziativa di questo tipo per far conoscere al mondo il nostro problema”, ha affermato il Deputato Harutyynyan.
I giovani dell’Artsakh vogliono vivere in serenità e pace nella loro terra, secondo il diritto internazionale e i diritti dell’uomo, senza la minaccia di genocidio da parte dell’Azerbajgian.
I lavori di costruzione del tratto armeno della nuova autostrada Goris-Stepanakert (93,4 km), che collega l’Armenia all’Artsakh, sta proseguendo. Questa autostrada M12 Kornidzor-Tegh attraversa la municipalità di Tegh nella provincia di Suynik, fino alla frontiera con la Repubblica di Artsakh, all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin). La lunghezza totale della M12 è di circa 11,7 km (8,5 km dei quali passano in pianura, con una ripida discesa che inizia nell’ultimo tratto di 3 km), divisa di 3 lotti con tre società che stanno portando avanti la costruzione. Il Direttore esecutivo della Fondazione “Dipartimento Stradale”, Gor Avetisyan, ha detto che si prevede di realizzare il manto stradale a marzo 2023, per terminare i lavori ad aprile e che al momento i lavori non sono in ritardo rispetto a quanto previsto. Anche il Ministro dell’Amministrazione del territorio e delle infrastrutture armeno, Gnel Sanosyan, ha annunciato che la costruzione dell’autostrada M12 sarà completata entro la primavera del 2023. In precedenza, in quella zona c’era una strada sterrata, che ora è in fase di ampliamento e ristrutturazione; in sostanza, si sta costruendo una strada completamente nuova. In precedenza. il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha dichiarato che l’Azerbajgian aumentato le provocazioni in Artsakh nei giorni in cui è stata avviata la costruzione effettiva dell’autostrada M12.
Articoli precedenti
– L’Azerbajgian alza il livello dello scontro per portare a termine la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh armeno – 12 dicembre 2022
– Provocatori azeri, inneggiando ai lupi grigi mentre bloccano l’unica strada tra Artsakh e Armenia, tengono in ostaggio 120.000 Armeni – 13 dicembre 2022
– Dopo la chiusura del Corridoio di Lachin, l’Azerbajgian ha tagliato anche la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh- 13 dicembre 2022
– L’Azerbajgian da più di due giorni tiene l’Artsakh sotto blocco. Il Presidente dell’Arsakh decreta la legge marziale per far fronte all’emergenza umanitaria – 14 dicembre 2022
– Crisi umanitaria in Artsakh. Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian. Discorsi del Primo Ministro e del Ministro degli Esteri dell’Armenia – 15 dicembre 2022
– Il blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh con il mondo esterno condanna la sua popolazione armena ad una morte lenta. E Baku nega l’evidenza – 15 dicembre 2022
– È stata ripristinata la fornitura di gas all’Artsakh. Al momento il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane ancora bloccato – 16 dicembre 2022
– Sesto giorno del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) ad opera di Baku. L’Artsakh isolato dall’Armenia e dal resto del mondo – 17 dicembre 2022