Armi e petrocarburi nel Caucaso. Intrecci geopolitici tengono la pace e la libertà per l’Artsakh/Nagorno-Karabakh ancora lontane (Korazym 09.02.21)
Domenica 27 settembre 2020 l’Azerbajgian, con il supporto logistico della Turchia e l’impiego di mercenari jihadisti provenienti dalla Siria, attaccava la piccola Repubblica armena de facto di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Questo “Blog dell’Editore” era uno dei primi a raccontarlo [Presidente Arayik Harutyunyan: non è l’Azerbaigian, è la Turchia che combatte contro l’Artsakh. Circa 4.000 jihadisti della Syria combattendo con i turchi dalla parte azera – 28 settembre 2020]. Seguirono quarantaquattro giorni di violenti combattimenti e bombardamenti, un accordo di tregua mediato dalla Russia (firmato il 9 novembre 2020 dal Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev, dal Primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan e dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin), la vittoria per il regime del dittatore Aliyev e la pesante sconfitta armena.
Come abbiamo riferito successivamente in numerosi articoli, nella parte occupata dagli Azeri della Repubblica di Artsakh sta avendo luogo un genocidio culturale, nell’indifferenza pressoché generale dell’Occidente e nel assordante silenzio della Santa Sede. Abbiamo parlato di un dopoguerra ancora turbolento tra violazioni dell’accordo, prigionieri di guerra armeni non riconsegnati e problemi di confine tra le due ex repubbliche sovietiche. Ancora una volta nel contenzioso nel Giardino della Montagna Nera, su questo fazzoletto di terra nel Caucaso meridionale, la diplomazia cede il passo alle armi. Intrecci geopolitici, l’ombra inquietante della Turchia di Erdogan, questioni energetiche che toccano da vicino anche l’Italia, “caviar diplomacy”, exit strategy mancate e future vie d’uscita alla ricerca di una pace ancora lontana.
Di questo tratta Emanuele Aliprandi nel suo nuovo libro Pallottole e petrolio: Il conflitto del Nagorno Karabakh (Artsakh) e la nuova guerra che ha infiammato il Caucaso. I rischi per l’Italia e il fattore … mancate e ipotesi per un futuro di pace (2021, 194 pagine), preceduta da una breve disamina storica e giuridica della questione, la cronaca drammatica e attuale di un conflitto che ci riguarda da vicino molto più di quanto potrebbe apparentemente sembrare. Con tutti i rischi del caso.
Emanuele Aliprandi da anni studia la questione armena e in particolare il caso dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, tema sul quale ha tra l’altro pubblicato Le ragioni del Karabakh (2010).