Armenia, una storia che non si può cancellare (Repubblica 24.01.22)
Il Metz Yeghern, il Genocidio Armeno, coincise con l’annientamento di oltre 1.500.000 vite, assieme allo sterminio di molte altre centinaia di migliaia di cristiani assiri e di cristiani greci del Ponto.
Nella strategia lucida e determinata degli aguzzini, non andavano soppresse solo le vite, ma bisognava anche riscrivere il millenario passato di questo popolo e delle sue terre avite; alterare la Storia; cambiare i nomi propri; abbattere le vestigia o islamo-turchizzarle. La negazione (brutale o subdolamente soft) del Metz Yeghern coincide con un sistematico negazionismo di Stato, quello perpetrato da oltre un secolo dalla Repubblica di Turchia, con talora l’acquiescenza dell’Occidente e delle sue istituzioni.
La memoria di ciascun genocidio è preziosa e va preservata nella sua specificità. Se è possibile e doveroso studiare, analizzare, comparare i vari genocidi, è altrettanto indispensabile e vitale cogliere ed evidenziare unicità e discontinuità irriducibili, al fine di non smarrirsi o di viziarne la comprensione. Il Genocidio Armeno, ad esempio, è legato a doppio filo alla Shoah.
Si ha davvero appreso la lezione devastante di queste terribili storie vere, quando le si chiama per nome e ciò conduce a scelte coerenti con quanto si nomina. Non basta piangere i morti, armeni o ebrei: bisogna essere, nelle sfide presenti e future, per il popolo ebraico, per il popolo armeno. Se si è per, allora si è superato lo spettro genocidario e la memoria è senza ambiguità.
Fare memoria impartisce un’ulteriore lezione: il buon uso della libertà e responsabilità individuali, prime vittime di ogni regime, ma, al contempo, più tenace speranza per il futuro.
L’autrice
Antonia Arslan è una scrittrice e traduttrice italiana di origini armene. Il suo libro più famoso è La masseria delle allodole
Festival delle Memorie
Info www.teatrocomunaleferrara.it