Armenia, rincorse diplomatiche (Osservatorio Balcani e Caucaso 30.11.22)
L’Armenia è impegnata in una frenetica attività per garantire la propria sicurezza e integrità territoriale e lo fa in vario modo, dalle relazioni già consolidate con la Francia a quelle con l’Iran
A inizio novembre Marek Szczygieł capo missione dell’EUMM, la European Union Monitoring Mission, ha visitato l’Armenia. La missione è nata dopo la guerra in Georgia, dove è stanziale dal 2008, monitora il cessate il fuoco ed è coinvolta in vari meccanismi di gestione del conflitto con la Russia. L’esperienza dei monitor civili è stata traslata in accordo con l’Armenia al teatro centro caucasico, e una quarantina di monitor hanno ora l’incarico temporaneo di verificare il cessate il fuoco con l’Azerbaijan. La presenza dei monitor dal lato armeno del confine rientra nel quadro dei tentativi dell’Armenia di attivare dei meccanismi di garanzia del cessate il fuoco. Un semplice accordo fra le parti non scongiurerebbe secondo Yerevan possibili nuove escalation, ed è per questo che insiste su una presenza internazionale che garantisca il monitoraggio del rispetto di quanto concordato.
Washington condivide la posizione di Yerevan e non solo ha accolto positivamente il dispiegamento temporaneo dell’EUMM, ma ha sollecitato che si adoperasse in questo senso anche l’OSCE. Ed effettivamente a fine ottobre su invito dell’Armenia l’OSCE ha mandato un team di valutazione per verificare la situazione lungo il confine con l’Azerbaijan. Il capo missione, il colonnello Robert Arkadiusz Tkaczyk, ha incontrato il governatore della provincia di Gegharkunik e sono stati verificati gli effetti degli scontri del 13-14 settembre scorsi.
Latita invece l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, di cui l’Armenia fa parte e che sulla carta dovrebbe intervenire a sua difesa in caso di rischio per l’integrità territoriale del paese. L’Organizzazione ha tenuto un incontro a Yerevan dei suoi massimi vertici militari e politici il 23 novembre ma ne è uscito un nulla di fatto. Non solo è chiaro che non ci sarà nessuna missione che garantisca la sicurezza lungo il confine, ma è anche emerso che l’Organizzazione non attiverà nessun meccanismo alternativo né ha intenzione di assumere una chiara posizione politica a tutela dell’Armenia. Alcuni suoi membri, ad esempio il Kazakhstan, hanno rapporti e un sodalizio forte con Yerevan, ma Mosca – come avviene sin dal 2020, o forse dalla Rivoluzione di Velluto – rimane ambigua verso Yerevan. Solo una cosa non è ambigua: non ci sono garanzie di sicurezza.
Francia
Parigi ha sia visitato la regione che ospitato delegazioni armene. La Francia infatti non rinuncia al ruolo da protagonista nella risoluzione del conflitto che ha dai primissimi anni ’90 come membro del Gruppo di Minsk, nonché paese che ospita una numerosa diaspora armena e che coltiva rapporti storici con Yerevan. In autunno alcune dichiarazioni del presidente Emmanuel Macron, percepite da Baku come nettamente squilibrate a favore dell’Armenia, hanno fatto scandalo in Azerbaijan. Il presidente Ilham Aliyev non perde occasione anche in fora internazionali di muovere critiche non solo alla posizione francese, ma anche alle responsabilità storiche del paese anche in altri contesti, come il suo passato coloniale.
La tensione è cresciuta dopo l’annuncio dell’11 ottobre scorso da parte del Senato francese di voler mettere in calendario una mozione per imporre sanzioni all’Azerbaijan. Puntualmente la mozione è stata approvata il 15 novembre , 295 voti a favore e uno solo contrario. La mozione, con carattere non cogente, invita ad applicare sanzioni contro l’Azerbaijan e chiede l’immediato ritiro di Baku dal territorio armeno, di far rispettare l’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 nonché di promuovere ogni iniziativa volta a stabilire una pace duratura tra i due paesi. Riafferma inoltre la necessità di riconoscere la Repubblica del Nagorno Karabakh e di fare di tale riconoscimento uno strumento di negoziato al fine di stabilire una pace duratura.
Le reazioni non si sono fatte attendere: è stato convocato l’ambasciatore francese a Baku, il ministero degli Esteri ha commentato in termini molto espliciti il proprio disappunto, e il parlamento azero, il Milli Majlis, ha fatto appello al governo affinché impedisca alla Francia di essere coinvolta nel processo di pace, affinché vengano congelati eventuali beni di funzionari francesi in Azerbaijan, affinché le società francesi siano escluse da qualsiasi progetto realizzato in Azerbaijan e sia rivista la cooperazione con le imprese francesi nel settore dell’energia. Si sollecita inoltre a rivedere le relazioni politiche ed economiche esistenti e a sollevare la questione dei crimini coloniali della Francia del quadro del Movimento dei Non Allineati e di inserire la questione della politica islamofoba della Francia nell’agenda dell’Organizzazione per la cooperazione islamica e dell’Organizzazione degli stati turchi.
A causa delle tensioni fra Baku e Parigi è saltato l’incontro del formato di Bruxelles che si sarebbe dovuto tenere il 7 dicembre. Macron avrebbe dovuto partecipare insieme a Charles Michel e ovviamente Nikol Pashinyan, ma Ilham Aliyev ha chiarito che la presenza del presidente francese è quella che ha fatto saltare il banco.
Iran
Le relazioni armene-azere non stanno agitando le acque solo dei rapporti fra Azerbaijan e Francia. È un periodo anche molto complicato dei rapporti fra Baku e Teheran. L’Iran ha schierato il proprio esercito e condotto importanti esercitazioni sul confine con l’Azerbaijan, due volte in pochi mesi. Nei giorni in cui la Turchia apriva il proprio consolato a Shusha, riconquistata da Baku al Nagorno Karabakh, l’Iran ne apriva uno a Kapan, una delle zone più sotto pressione per le tensioni armeno-azere.
In questa occasione Hossein Amir-Abdollahian, ministro degli Esteri iraniano, presente all’inaugurazione, ha dichiarato che “l’Iran considera la sicurezza dell’Armenia e della regione come la propria sicurezza. La nostra politica è rispettare l’integrità territoriale, così come i confini riconosciuti a livello internazionale. (…) Consideriamo l’Armenia uno dei paesi più importanti situati sull’autostrada nord-sud.” E il console iraniano ha rincarato la dose accennando al consolato come un presidio di sicurezza: “Diciamo molto semplicemente che non riconosceremo ufficialmente alcun cambiamento di confine. Vogliamo un’Armenia pacifica e stabile. […] Lo dico ancora una volta alla gente di Kapan: non preoccupatevi, sono qui a Kapan”.
L’Azerbaijan ha accusato l’Iran di fomentare il secessionismo, i media dei due paesi hanno messo in pista campagne non certo reciprocamente lusinghiere. Entrambi gli ambasciatori sono stati convocati. A metà novembre Baku ha dichiarato di aver sgominato una rete terroristica iraniana nel paese che avrebbe fatto capo direttamente ai servizi segreti iraniani ed avrebbe avuto lo scopo di attaccare lo stato laico.