Armenia, proteste nella capitale per il timore di una concessione del Karabakh all’Azerbaijan (Euronews e altri 3, 4 e 5 .05.22)
Nessuna concessione all’Azerbaijan sulla regione del Nagorno Karabakh, come invece ha lasciato intendere domenica il primo ministro armeno Nikol Pashinyan.
È questa la richiesta dei manifestanti che sono scesi per il secondo giorno di fila in piazza a Yerevan, capitale dell’Armenia, chiedendo le dimissioni di Pashinyan.
Il motivo delle proteste
Alla base delle proteste c’è il sospetto che Pashinyan voglia concedere la porzione di territorio del Karabakh a Baku, dopo aver annunciato domenica al parlamento che “la comunità internazionale si aspetta dall’Armenia una descalation”. Una dichiarazione che ha portato in piazza già ieri migliaia di persone, molti con cartelli con su scritto “Karabakh”.
“Qualsiasi concessione politica del territorio all’Azerbaijan per noi è inaccettabile“, ha affermato il vicepresidente del parlamento e leader dell’opposizione Ishkhan Sagatelyan. “Pashinyan ci ha tradito e se ne deve andare”, ha detto ai giornalisti durante le proteste di domenica, sostenendo che queste “porteranno al rovesciamento del governo molto presto. Invito gli studenti a non andare a lezione e i cittadini a scioperare. Il traffico verrà bloccato in tutta la zona centrale di Yerevan”.
Invito accolto questa mattina dai cittadini. A cui però hanno risposto le forze dell’ordine con svariati arresti. “La polizia ha ricevuto un ordine politico e quindi sta agendo con la forza della repressione“, ha denunciato questa mattina un deputato del partito di opposizione, che sta guidando le proteste. “Ma questo non ci fermerà”.
La regione contesa
Non sono nuove le rimostranze dei cittadini armeni contro il governo. Già nel novembre 2020 si erano accese rivolte subito dopo l’annuncio di un accordo siglato da Armenia, Azerbagian e Russia per il cessate il fuoco di un conflitto durato di sei settimane e causa di più di 6.000 morti.
Un accordo che Pashinyan definì “incredibilmente doloroso sia per me che per il nostro popolo”, in quanto prevedeva l’attribuzione all’Azerbaijan dei territori conquistati durante il conflitto.
“Oggi viene tracciata una svolta nella risoluzione del lungo conflitto. L’occupazione dei territori azeri sta giungendo al termine e la soluzione sarà vantaggiosa sia per il popolo dell’Azerbaigian, sia per il popolo dell’Armenia e per tutti i popoli della regione” dichiarò da Baku il presidente azero Ilham Aliyev.
L’impressione è dunque quella di una vittoria dell’Azerbaijan e di una sconfitta dell’Armenia. I due Paesi si contendo il territorio a maggioranza armeno dal 1921, da quando l’Unione sovietica lo assegnò all’Azerbaijan.
Nel 1991, crollata l’Urss e venuto meno il suo controllo, i cittadini armeni dichiararono tramite referendum, disertato dagli azeri, la Repubblica autonoma del Nagorno Karabakh, non riconosciuta dalla comunità internazionale.
Nella guerra combattuta tra il 1992 e il 1994 morironopiù di 30.000 persone. Finché nel 1994 venne siglato un accordo con la sovrintendenza di russi, francesi e inglesi del gruppo di Minsk, per una tregua che la guerra dell’autunno 2020 ha dimostrato fragile.
Passato un anno e mezzo di relativa tranquillità, dopo la guerra dell’autunno 2020, lo scorso marzo gli azeri hanno catturato un villaggio strategico occupato dai separatisti armeni, uccidendo tre battaglioni. Un attacco che ha spinto il governo di Yerevan a cedere sul territorio del Karabakh. “Il conflitto nella regione non è una questione territoriale, ma di diritti della popolazione locale di etnia armena”, ha detto il ministro degli esteri Ararat Mirzoyan.
Una soluzione non accettata dai cittadini armeni, che da due giorni riempono le piazze della capitale per far crollare il governo. E che, stando alle parole dei membri dell’opposizione, non si fermeranno prima di aver raggiunto l’obiettivo.
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