Armenia: proteste che non si possono sfruttare contro la Russia (Osservatoriosullalegalita 14.06.24)
Dunque, l’Armenia. Le manifestazioni da più di un mese si susseguono a Erevan e sono del tutto (correggetemi se sbaglio, naturalmente) ignorate dai media occidentali.
Mentre quelle in Georgia sono state seguite con estrema attenzione, per queste in Armenia, al contrario, non pare esservi interesse nonostante la polizia si stia comportando in maniera più violenta dei colleghi georgiani.
La ragione di questo silenzio è molto semplice: la manifestazioni in Armenia non possono essere inserite nell’unica dinamica che interessa i nostri media, ossia pro- o anti-Russia. Le manifestazioni, chiariamo subito, sono antigovernative, o ancora meglio dirette contro il Primo Ministro Nikol Pashinyan.
Il suo atteggiamento antirusso è noto: ha più volte accusato la Russia di non aver difeso l’Armenia dall’Azerbaijan, criticato la presenza dei peacekeeper russi come inutile (infatti non sono più presenti nel paese, avendo ultimato il ritiro nelle ultime settimane), stretto legami sempre più forti sia con l’UE che, soprattutto, con gli Stati Uniti, e nelle ultime 24 ore dichiarato che l’Armenia uscirà dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (non adesso, ‟quando le autorità lo riterranno necessario”) e sparato a zero contro la Bielorussia, dichiarando che nessun funzionario armeno la visiterà finché Lukashenko è presidente e addirittura richiamando oggi l’ambasciatore da Minsk ‟per consultazioni” (la colpa di Lukashenko, apparentemente, sono le relazioni cordiali con l’Azerbaijan).
Le manifestazioni contro di lui, ad ogni modo, non hanno niente a che fare con tutto questo – non sono, in sintesi, ‟pro-russe”: hanno a che fare con il suo atteggiamento rinunciatario (per non dir di peggio) nei confronti dell’Azerbaijan dall’inizio del suo mandato, e soprattutto con l’annuncio, dato il 19 aprile dal portavoce del Ministero degli Esteri azero Aykhan Hajizada che l’Armenia è disposta a cedere all’Azerbaijan quattro villaggi di confine occupati durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh.
Questa è stata la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso, e dalla fine di aprile le manifestazioni sono quasi quotidiane, con la presenza anche delle autorità religiose. La risposta di Pashinyan sostanzialmente non è pervenuta, nel senso che non è oggettivamente possibile trovare un punto d’intesa: se si vogliono normalizzare le relazioni con l’Azerbaijan, cosa che va nell’interesse di tutti inclusa l’Armenia (e qui Turchia, Russia e Iran ovviamente hanno spinto parecchio, e anche la povera Bielorussia che è l’unica con la quale Pashinyan se la può prendere) tutte le questioni in sospeso vanno risolte: e a norma di diritto internazionale, vanno risolte a favore dell’Azerbaijan, perché è il suo territorio che è stato occupato all’inizio degli anni ‛90. Naturalmente i nazionalisti armeni e i profughi dell’Artsakh non accettano questo discorso, ed è chiaro che la tensione è molto alta.
Pashinyan ci sta anche mettendo del suo: in un discorso al Parlamento ieri si è scagliato contro la Chiesa armena, l’opposizione parlamentare che ha definito ‟parassita”, l’OTSC che ha accusato di complottare contro l’Armenia insieme all’Azerbaijan (l’Azerbaijan non fa parte dell’OTSC), e i manifestanti, soprattutto i profughi dell’Artsakh, accusandoli senza mezzi termini di essere pagati per scendere in piazza – ha indicato anche la cifra, 5000 dram ossia 13 €. Insomma, un bel ginepraio: ulteriormente complicato, per noi, dal fatto che a noi l’Azerbaijan serve eccome, per via del gas, nonostante ci stia più simpatica l’Armenia (ai francesi soprattutto).
Ma, appunto, siccome in piazza bandiere UE o USA non ce ne sono (e come potrebbero essercene, visti gli splendidi rapporti tra UE e Azerbaijan), siccome nessuno se la prende con la Russia (Pashinyan a parte) e siccome non ci sono solo studenti a manifestare, meglio non smuovere troppo le acque e ignorare la cosa: il che, per il momento, sta riuscendo perfettamente.
Armenia. Pace con Baku e rottura con Mosca: scontri e feriti a Erevan (Pagineesteri)