ARMENIA, L’ALLARME DEGLI STUDIOSI: “C’È UN RISCHIO SIGNIFICATIVO DI GENOCIDIO” (GARIWO 28.10.22)
Riprendiamo la dichiarazione del Comitato Esecutivo dell’Associazione Internazionale degli Studiosi del Genocidio (IAGS) pubblicata il 24 ottobre 2022 che condanna gli attacchi perpetrati dall’Azerbaigian nei confronti del popolo e della cultura armena
Il Comitato Esecutivo dell’Associazione Internazionale degli Studiosi del Genocidio (IAGS), in una dichiarazione rilasciata lunedì 24 ottobre 2022, ha condannato l’Azerbaigian per l’attacco al territorio sovrano dell’Armenia avvenuto il mese scorso. Ha anche messo in guardia rispetto al “rischio significativo di genocidio” contro la popolazione di Artsakh.
L’Associazione ha invitato altri gruppi di accademici internazionali e attivisti per i diritti umani ad unirsi al coro di condanna alla continua aggressione da parte di Baku. Inoltre, viene chiesto all’Azerbaigian di ritirare le sue truppe dall’Armenia.
L’Associazione IAGS ha anche esortato la comunità internazionale a “ritenere il regime autoritario del presidente azero Ilham Aliyev responsabile per il crimine di aggressione, crimini di guerra e crimini contro l’umanità perpetrati contro l’Armenia e il popolo armeno da settembre 2020.”
Di seguito il testo completo della dichiarazione.
Il Comitato esecutivo dell’Associazione Internazionale degli Studiosi del Genocidio condanna fermamente l’invasione della Repubblica di Armenia da parte dell’Azerbaigian e l’aggressione in corso contro il popolo armeno nella Repubblica di Armenia e nell’Artsakh (nella regione del Nagorno Karabakh) ed esprime preoccupazione per il rischio di genocidio contro la popolazione armena. Il 13 settembre 2022 l’Azerbaigian ha lanciato un attacco al territorio sovrano della Repubblica di Armenia, usando artiglieria pesante, lanciarazzi multipli e droni da attacco; le forze azere hanno bombardato le città di Vardenis, Goris, Ishkanasar, Kapan, Sotk, Artanish e Jermuk e i villaggi circostanti nella Repubblica di Armenia. Questo attacco ha provocato oltre 210 morti confermate di soldati armeni e numerosi morti e feriti tra i civili. Nonostante un debole cessate il fuoco, la violenza dell’Azerbaigian continua, come dimostrano le accuse di esecuzioni di prigionieri di guerra armeni. Oltre 7.000 civili sono stati sfollati e le case dei civili e le infrastrutture locali sono state distrutte nel tentativo di eliminare completamente il popolo armeno da gran parte della Repubblica di Armenia.
Nella regione del Nagorno-Karabakh si possono riscontrare importanti fattori di rischio di genocidio che riguardano la popolazione armena: il precedente genocidio etnico contro il popolo armeno avvenuto tra il 1915 e il 1923 da parte dell’Impero ottomano (che divenne poi Turchia), e le relazioni tra la Turchia e l’Azerbaigian. Nel 1920, la Turchia cercò di disarmare gli armeni e armare gli azeri, con conseguente conflitto, esodo armeno e atrocità perpetrate contro gli armeni durante un’offensiva azera. La Turchia oggi continua a sostenere l’Azerbaigian nel conflitto del Nagorno-Karabakh (anche attraverso la fornitura di droni e mercenari). Il presidente turco Erdoğan ha definito gli armeni “occupanti”, nonostante secoli di storia degli urartiani e dei loro discendenti, gli armeni, nella regione.
I recenti atti di violenza fanno parte di un lungo processo di violenza da parte del regime azero contro la popolazione armena autoctona del Caucaso meridionale. Diversi i conflitti armati tra l’Armenia e l’Azerbaigian nel territorio del Nagorno-Karabakh, a partire dagli anni 1980-1990, recentemente, nel settembre 2020, che proseguono fino ad oggi, nonostante il presunto cessate il fuoco. Il conflitto attuale vede l’uso indiscriminato di armi, morti civili e sfollamenti.
Le autorità azere hanno apertamente pronunciato discorsi di odio contro gli armeni. Atti di incitamento all’odio e propaganda hanno preso di mira gli armeni. Il Comitato delle Nazioni Unite sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale (CERD) ha specificamente osservato che i seguenti atti sono considerabili fattori di rischio di genocidio:
- uso sistematico e diffuso e accettazione della propaganda che promuove l’odio e/o incita alla violenza contro i gruppi minoritari, in particolare nei media;
- gravi dichiarazioni di leader politici/persone di spicco che esprimono sostegno per l’affermazione della superiorità di una razza o di un gruppo etnico, disumanizzazione e demonizzazione delle minoranze, o la giustificazione della violenza contro una minoranza.
La propaganda dell’Azerbaigian prevede il discorso e la propaganda anti-armena, anche attraverso discorsi del governo e i media. Ad esempio, il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha rilasciato dichiarazioni come: “L’Armenia come paese non ha alcun valore. In realtà è una colonia, un avamposto gestito dall’estero, un territorio creato artificialmente sulle antiche terre azere.” Aliyev non riconosce l’integrità territoriale della Repubblica di Armenia che è invece internazionalmente riconosciuta: “Abbiamo forse cento volte più motivi per non riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia di quanto non abbiano per non riconoscere la nostra integrità territoriale. Perché tutti già lo sanno, e lo sa anche la comunità mondiale, che nel novembre 1920 le nostre terre storiche di Zangazur [Syunik], così come Goycha [Sevan], furono separate da noi e annesse all’Armenia. La città di Erevan fu ceduta all’Armenia il 29 maggio 1918. Quindi, ci sono molti fattori per noi, come si dice, per non riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia.” Aliyev usa anche un linguaggio disumanizzante, come: “Li abbiamo cacciati dalle nostre terre come cani. Ho detto che li avremmo inseguiti, che li avremmo inseguiti come cani, e li abbiamo inseguiti, li abbiamo inseguiti come cani.” Tali dichiarazioni indicano una campagna sistematica per porre fine alla presenza degli armeni in quella che è la loro patria storica e attuale. Queste e altre dichiarazioni dimostrano l’esistenza del rischio di genocidio, e costituiscono un incitamento al genocidio ed eventualmente anche altri crimini internazionali.
Vi è anche un discorso di distruzione culturale nel conflitto, che porta ad un significativo timore da parte degli armeni che dopo l’accordo di pace, che ha visto il ritorno della terra armena in Azerbaigian, i siti armeni vengano trascurati, profanati o distrutti. Alcuni monumenti e chiese armene hanno centinaia di anni, come la chiesa di San Nishan, il complesso del monastero di Dadivank e i khatchkar nei cimiteri, risalenti al IX secolo. È comune per l’Azerbaigian presentare storie ‘alternative’ per le chiese armene, sostenendo che si tratta di monumenti ‘caucasici albanesi’ ed erano ‘armenizzati’ solo nel XIX secolo. Tali affermazioni sono state tutte smentite al di fuori dell’Azerbaigian. La riscrittura della storia e la distruzione culturale sono caratteristiche chiave del genocidio. L’obiettivo dei génocidaires è quello di distruggere, in tutto o in parte, il gruppo preso di mira, e uno dei modi in cui i perpetratori lo fanno è attraverso la distruzione culturale: eliminando l’essenza stessa dell’identità del gruppo, viene eliminata qualsiasi traccia dell’esistenza del gruppo in quel luogo.
Il Comitato Esecutivo fa notare che la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) ha riconosciuto la gravità del discorso di odio e della distruzione culturale da parte dell’Azerbaigian nei confronti del popolo armeno e della cultura armena. Il 7 dicembre 2021 la ICJ si è espressa e ha accolto la richiesta dell’Armenia di valutare una possibile violazione della Convenzione sull’Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione Razziale (CERD) da parte dell’Azerbaigian e ha espresso preoccupazione per il fatto che tali violazioni ‘possano avere gravi e dannose ripercussioni’ nei confronti del gruppo protetto. Prima di esprimersi nel merito del caso, la ICJ ha ordinato all’Azerbaigian, inoltre, di: “adottare tutte le misure necessarie per prevenire l’istigazione e la promozione dell’odio e della discriminazione razziale, anche ad opera dei funzionari e delle istituzioni pubbliche, nei confronti di persone di origine nazionale o etnica armena; di prendere tutte le misure necessarie per prevenire e punire atti di vandalismo e discrezionalità che interessano il patrimonio culturale armeno, tra cui, a titolo esemplificativo, chiese e altri luoghi di culto, monumenti, cimiteri e manufatti.” Anche gli attacchi al territorio sovrano della Repubblica di Armenia possono costituire una violazione della Carta delle Nazioni Unite e violare l’Atto finale di Helsinki e l’accordo di cessate il fuoco firmato da Armenia, Azerbaigian e Russia il 9 novembre 2020, che pone fine alla seconda guerra del Karabakh di 44 giorni (27 settembre 2020 – 10 novembre 2020).
Per eliminare il rischio di genocidio, il Comitato esecutivo dell’Associazione Internazionale degli Studiosi di Genocidio chiede:
• alla comunità internazionale e le organizzazioni accademiche e culturali di condannare la violenza e i discorsi di odio sa parte del governo dell’Azerbaigian contro l’Armenia e adottare tutte le misure necessarie per costringere l’Azerbaigian a cessare le ostilità e i discorsi di odio contro la Repubblica di Armenia e gli armeni di Artsakh.
• all’Azerbaigian di conformarsi all’ordinanza della Corte internazionale di giustizia sulle misure provvisorie del 7 dicembre 2021.
• all’ Azerbaigian di rimuovere i suoi soldati dal territorio della Repubblica armena e di rispettare il diritto di autodeterminazione degli armeni di Artsakh come garantito ai sensi della Carta delle Nazioni Unite (Capitolo I, Articolo 2).
• alla comunità internazionale di ritenere il regime autoritario del presidente azero Ilham Aliyev responsabile per il crimine di aggressione (crimini contro la pace), crimini di guerra e crimini contro l’umanità perpetrati contro l’Armenia e gli armeni da settembre 2020.