Armenia, la tragedia raccontata con i fumetti (Il Messaggero veneto 12.06.24)

Il disegnatore friulano Paolo Cossi sta lavorando a un nuovo libro sull’eccidio. A Sacile un incontro con Antonia Arsland per i 20 anni del suo romanzo

MARIA BALLIANA

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Due immagini delle tavole realizzate per il libro dal friulano Paolo Cossi

SACILE. Appuntamento, mercoledì 12 giugno, nell’ex chiesa di San Gregorio a Sacile con “Festa per Antonia. I vent’anni della “Masseria delle allodole” di Antonia Arslan”.

L’Ute di Sacile rende così omaggio alla scrittrice padovana di origine armena che ha avuto il merito di far conoscere agli Italiani la storia del genocidio del suo popolo. Alle 16 l’autrice incontrerà il pubblico insieme con Paolo Cossi, il fumettista friulano che proprio alla storia del genocidio ha dedicato alcuni suoi lavori le cui tavole saranno esposte per l’occasione in San Gregorio.

Del suo interesse per gli Armeni parliamo con lui.

Alle volte le storie compiono giri particolari per arrivare a destinazione ovvero là dove possono mettere radici e dare frutti spesso inaspettati.

è capitato anche al fumettista friulano Paolo Cossi che, a distanza di 17 anni dal primo libro sugli Armeni, continua a occuparsi della tragedia che nel 1915 annientò 1 milione e mezzo di persone per volere del governo turco. Cossi, infatti, sta ultimando un nuovo lavoro, di cui è solo disegnatore, dedicato ad Armin Wegner, il tedesco che fu testimone oculare del genocidio armeno e lo documentò fotograficamente.

«Non sapevo assolutamente nulla di quello che era accaduto in Anatolia all’epoca della Prima guerra mondiale – racconta – Il primo a parlarmene fu l’alpinista bellunese Tito De Luca, reduce da una serie di esplorazioni sul monte Ararat durante le quali aveva rinvenuto delle ossa umane riconducibili a quei tragici fatti. Subito scattò in me l’esigenza di saperne di più, di conoscere quanto più potevo di questa storia che in Italia quasi tutti ignoravano e di cui i libri di storia non facevano neanche cenno».

Nel 2004 era uscito il dirompente romanzo di Antonia Arslan, “La masseria delle allodole” (divenuto film nel 2007 a opera dei fratelli Taviani) e quindi fu naturale che le loro strade si incrociassero.

«Incontrai Antonia più volte – racconta Paolo Cossi – e lei mi suggerì una serie di opere e fonti per documentarmi. A quel punto nacque il mio libro “Medz Yeghern, il grande male”, a cui poi seguì “Ararat, la montagna del mistero” e un altro lavoro, come disegnatore, uscito solo in Francia, Armenia e Usa, “Special mission Nemesis”».

Finalmente, nel 2012, Paolo Cossi si recò di persona in terra armena, invitato alla prima edizione del Festival del fumetto di Yerevan. «L’ambasciata di Francia, dove il mio libro era stato tradotto, aveva organizzato una presentazione. Ora avevo modo di vedere con i miei occhi quel minuscolo Paese che avevo solo immaginato nelle mie tavole un Paese dove vive gente mite e semplice che esprime una grande dignità e una cultura aperta e vivace».

Il libro di Cossi suscitò allora e in seguito molto interesse, ma anche le minacce dei Lupi Grigi, il gruppo estremista nazionalista turco (autore, tra l’altro, dell’attentato a papa Woytila nel 1981).

«Fecero recapitare a me, all’editore italiano e a quello francese una lettera minatoria che ci costrinse a usare la massima prudenza in alcuni luoghi o addirittura a evitarne altri. L’editore tedesco, che avrebbe dovuto pubblicare il mio libro, rinunciò perché in Germania vive un’importante comunità turca. E in Belgio, in occasione dell’assegnazione di un premio, dovetti uscire anzitempo da una porta posteriore ed essere scortato in albergo».

Accanto al forte impatto del romanzo di Antonia Arslan e al film dei Taviani, anche le graphic novel di Paolo Cossi hanno contribuito a far conoscere la storia del primo genocidio del Novecento.

Spiega il fumettista: «Come artista sentivo il dovere di raccontare qualcosa che era stato tenuto nascosto, di far conoscere alla pubblica opinione i fatti che sicuramente hanno ispirato i nazisti nell’ideare e organizzare l’Olocausto ebraico. Come si dice, un genocidio senza padre diventa padre di altri genocidi».

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